Collana rossa, collana della libertà

di Ginny Lily Potter
(/viewuser.php?uid=28653)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Collana rossa, collana della libertà

 

 

 

 

 

 

Mi piacerebbe avere una collana rossa, di quelle lucide e non tanto lunghe.

La metterei appena uscita di qui, simbolo della mia libertà.

Per ora, però, credo che dovrò aspettare, non ho ancora svolto il mio lavoro e non posso andarmene.

Prendo in mano il fedele ago, piccolo, sfuggente, arrugginito.

Infilo uno spago spesso nell’asola e lo taglio.

Ora sono pronta.

Ricomincia la routine quotidiana, il ritmo che scandisce le mie giornate.

Cuci, taglia, cuci, taglia, cuci, taglia…

E intanto borse, palloni e scarpe magicamente creo, come una fata.

Canticchio un poco, forse convinta che questo giorno sarà veramente l’ultimo che passerò qui dentro.

Sono allegra, come non lo sono mai stata, finalmente rivedrò mamma e papà, e anche i miei fratelli.

 

Sono passate tante ore dall’inizio di questo lavoro.

C’è quasi il buio che oscura l’orizzonte, che pian piano si avvicina furtivo a noi.

Poggio l’ago e il filo accanto a me, per riposarmi un attimo e mi asciugo il sudore dalla fronte.

Sono stanca, ora.

Voglio solo la mia collana rossa e andarmene a casa.

Oh no! Arriva il padrone!

Svelti, svelti, ognuno ai propri posti!

Ma non faccio in tempo a prendere l’ago, che già Lui è qui.

Mi squadra truce, con in mano il bastone, che si picchietta sulla mano grande.

Non ho fatto bene il lavoro, mi dice, troppo visibili le cuciture.

Altri tre anni.

Ed io mi alzo e urlo, lancio per terra le sue scarpe e le sue borse, strappo i fili mentre lui cerca ti tenermi ferma.

Ecco, sta chiamando quei due, quelli che mi terranno ferma mentre lui mi picchierà.

Mi fanno girare di schiena, e vogliono che tutti vedano.

Alzano la mia maglia e, prima di quel dolore lancinante che ti squarcia il petto, sento solo la sua risata.

Mi bastonano anche sul collo, meno forte però, perché potrei morire e non servirei più.

Mi scaraventano per terra e mi dicono di continuare a lavorare, che ci

saranno altri tre anni per piangere.

Siedo.

Prendo in mano l’ago, lentamente, cercando di rimuovere le immagini di prima dalla mia testa.

Sento il sangue scendere tutto il collo, freddo.

E poi scivola sul petto, come una collana.

Eccola, la mia collana rossa, la mia collana della libertà.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=221050