RM
Leucofobia.
Graecia capta ferum victorem
cepit.
Orazio.
Si abbandonava inerme sul suo candido sporco calore, affondava fronte
ed artigli nel suo grembo, come un animale moribondo, e ringhiava fra i
denti. Da quanto tempo andava avanti quella storia?
-Nessuno ti ha mai detto che mangio le persone?-
Myrcella calò le sue dita a scorrere dolcemente fra quei
capelli fulvi, zanne di leone dietro le labbra tenere.
-Mio audace guerriero... mio prode carceriere. Da troppo tempo non
scorre sangue su di me, mio lord.-
Rickon disegnava con l'indice fantasie astiose sulla pelle annerita di
polvere, mugugnava sottovoce, quasi che così gli dei non
potessero udirlo.
-Non ti devi preoccupare di questo. Un giorno caverò
le membra dal tuo ventre e le scardinerò con le
unghie. Un
giorno leccherò le tue ossa nude e infilerò le
mani nelle
fosse spolpate del tuo corpo, poi ingollerò la tua linfa
vitale
fino ad ubriacarmene e mi si spanderà sul mento, e io
riderò. Un giorno ti aprirò a morsi questo bel
petto
bianco, sì, a morsi, e cercherò il tuo maledetto
cuore di
Lannister, e lo sbranerò quando sarà ancora
fumante...-
Rickon ricordava ancora
il giorno in
cui egli stesso l'aveva trovata, nella torre più alta della
Fortezza Rossa, sciolta in ginocchio a tossire lacrime e preghiere,
perchè Myrcella l'aveva già percepito, l'effluvio
della
pira della sua famiglia, le loro ultime grida soffocate in un pietoso
gorgoglio d'agonia; quando la fanciulla l'aveva visto irrompere nella
stanza, non aveva detto una parola: lo stava aspettando. S'era alzata
in piedi, fiera d'un nome che s'era innalzato fino al trono e che ora
le spade facevano sanguinare, forte di forza domata, orgogliosa
d'orgoglio oltraggiato, in attesa che una lama le squarciasse la gola.
Purtroppo, Rickon aveva altri progetti per lei.
Frustrate ed imploranti si aggiravano quelle grinfie sulla pelle
nivea violata di sconcezza; affogavano nella saliva, i suoi denti, e le
mascelle scattavano a divorare quel profumo, quel profumo di morte
-Myrcella profumava di morte, come lui. Debiti d'altri sul collo e nomi
altrui negli occhi, gli occhi di mostro buono di Myrcella. Un lutto
unanime, perchè quel velo nero ordito di colpe antiche e
sangue
essiccato lo portavano entrambi.
-Non oggi.- La voce di Myrcella aveva la musicale intonazione d'un
canto e la sommessa devozione d'una preghiera. -Non domani. Quando ti
sarai stancato di me.-
Umili e dimesse le sue parole, brandelli logori le sue vesti, ma era
ancora una principessa, Myrcella Lannister; c'era ancora l'imperio
nella sua fronte d'alabastro ed il rigore nel collo eretto. Un leone
non bisogna addomesticarlo, nutrirlo, stuzzicarlo: ucciderlo,
prima di offrirgli un'occasione per azzannare la gola.
Ma Rickon rise, una risata brutta di ruggine, una risata roca di
disillusione. -Avrei dovuto divorarti prima. Prima, quand'ero ancora in
tempo.-
E fece un cenno largo e vago con la mano, spiegando che quel
prima era mai. Non era la sua schiava di lusso, Myrcella, non era una
collana di smeraldi da giocherellare fra le dita. A tal punto ella lo
affamava di altra
fame, che doveva ottenere ogni giorno la grazia della sopravvivenza,
perchè perduta la
vita una volta non avrebbe potuto perderla mai più, e il
gioco
allora avrebbe avuto fine -l'ameno supplizio d'un
predatore, mentiva Rickon; l'istinto di sopravvivenza d'una
preda,
tale era l'ultima speranza di Myrcella.
Queste catene ingannano, pensava Rickon, non è lei la
prigioniera.
Non sapeva chi volesse prendere possesso di chi mentre liberava il suo
esile corpo, puro e laido come un gambo di margherita, di quei pochi,
maledetti stracci che la coprivano, mentre il sorriso di Myrcella
ammiccava compiaciuto e magnanimo ed ella si lasciava benevolmente
sfogliare come una rosa -lacerare come una carogna- perchè
non
stava seducendo un ragazzo ma nutrendo una bestia, perchè
tutto
funzionava come previsto.
Questo non piacerà a Bran, no, non gli piacerà,
protestava Rickon; perchè Myrcella, da bambina, s'assopiva
al
suono delle Piogge di Castamere, e questa era l'unica cosa che davvero
doveva contare nel buio d'una cella. Ma c'era soltanto da odorare la
fuliggine nei
capelli di lei, l'ultimo oro dei Lannister, da squarciare
quelle
labbra di frutto e quelle braccia di seta, da oltraggiare quel bianco e
quel nero nel trionfo del rosso, da credere di starle facendo del male
-da perdere l'ennesima battaglia. Per
quanto tempo ancora sarebbe andata avanti quella storia?
Fra le tenebre delle segrete, il carnefice urlava e la vittima
sorrideva.
Note dell'Autrice: Provate ad immaginare che materia stavo studiando
mentre postavo questa flashfic? XD Cioè: una citazione in
latino. Ma che tristezza.
E che crack pairing sia... *-* Che dirvi? Li trovo disgraziatamente
belli insieme. Grazie mille per aver letto, chi volesse recensire mi
farebbe un gran regalo. ^-^
Lucy
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