Quando Tyki aveva posato le sue auree
iridi su quel bracciale, mentre passeggiava con Road per le bancarelle
sul lungo mare di un afoso venerdì sera, non aveva potuto fare a meno
di pensare che sarebbe stato divinamente avvolto al polso di Ellen. Lo
comprò senza pensarci due volte. Era economico ma molto bello: tre
grosse maglie d’argento che si intricavano tra loro e si richiudevano
con un gancetto; nessun pendaglio, nessun colore oltre al grigio.
Semplice e d’effetto.
Road sorrise e fece finta di essere troppo impegnata a contemplare
dei
carinissimi orecchini a forma
di zucca per aver notato l’acquisto
dell’altro Noah. Sapeva bene a chi l’avrebbe donato e lei non voleva
intromettersi in un gesto così privato. Ne era certa: Tyki lo avrebbe
tenuto con sé, attendendo l’occasione
buona per darglielo.
E quell’occasione non tardò a presentarsi.
***
Ormai l’afa era un lontano ricordo, soppiantata dal gelo invernale,
portatore di neve.
Ellen, Miranda e alcuni Finder avevano appena terminato la loro
missione per controllare se degli strani fenomeni – rivelatisi poi solo
delle stupende aurore boreali – erano in qualche modo interconnessi con
i frammenti dell’Innocence, e avevano approfittato di quella mezza
giornata libera per starsene al calduccio nella hall della loro baita
ad attendere che si facesse l’ora per scendere a valle a prendere il
treno.
Miranda era vicina al fuoco a riscaldarsi e chiacchierare con un
Finder
sul fatto che per una volta si erano fatti una vacanza, lontano dai
Noah e dagli Akuma.
Ellen li ascoltava rivolta alla finestra, guardando la fine coltre
bianca che aveva ricoperto nuovamente tutto durante la notte. C’erano
alcuni bambini che giocavano lì vicino, mentre gli adulti spalavano la
neve e qualche coraggioso camminava in mezzo ad essa senza aspettare
che le strade venissero pulite dalla macchina spalaneve. Fu proprio una
di queste persone a catturare la sua attenzione.
«Esco un po’», disse lei, andando verso il portone principale,
prendendo il cappotto dell’Ordine lungo strada, seguita dal suo fidato
golem.
«Dove vai?», domandò Miranda.
«A fare un giro», rispose, senza volerla allarmare. Non c’era
traccia
di Akuma nei dintorni – lo poteva sapere con certezza grazie al suo
occhio maledetto ancora inattivo – e prima voleva accertarsi di quel
che aveva notato.
«Tra due ore dobbiamo incamminarci, nobile Esorcista», gli ricordò
educatamente un Finder. Ellen disse che avrebbe fatto ritorno in
tempo e uscì. Il freddo la accolse con un abbraccio che sapeva di morte
– lo sbalzo termico tra dentro e fuori era molto più forte di quanto la
ragazza avesse sospettato –, ma questo non la fece tornare indietro e
camminò nella direzione che aveva preso un uomo passato da poco lì
davanti.
Ci mise un bel po’ a raggiungerlo e quando fu a pochi passi da lui
attivò la sua Innocence e fece diventare il braccio una spada che puntò
alla schiena dell’uomo, toccandogliela senza fargli male.
«Fermo», intimò con voce decisa. L’uomo obbedì ed Ellen fece
scorrere
la spada fino a posandogli la lama sulla spalla con la parte tagliente
sul collo. «Sei l’unica persona che io conosca che riesce a camminare
sulla neve senza lasciare tracce dietro di sé. Tyki», il suo nome fu
detto con uno sbuffo divertito.
Il Noah ridacchiò e sollevò le braccia in segno di resa. «Ciao,
piccola. Qual buon vento?»,
domandò con voce ovattata dalla sciarpa,
riconoscendo subito la sua amata nemica Esorcista. Lui non stava
camminando nella neve ma sulla
neve, non volendo ghiacciarsi le gambe.
«Vento di tempesta, Tyki, se non mi dici subito che cosa ci fai
qui»,
rispose, rimanendo a debita distanza da lui e tenendo ben salda la
presa sull’elsa dell’arma. Non si fidava di lui, ma non voleva
attaccarlo finché non fosse stata attaccata.
Il Noah annuì. «Posso girarmi o dobbiamo parlare così?», chiese, non
volendo fare mosse avventate; aveva già avuto il (dis)piacere di
provare quella spada nel petto e non ci teneva particolarmente a
ripetere l’esperienza.
«Lentamente», acconsentì lei, ferma, tenendo immobile il filo della
spada contro il collo di Tyki mentre lui si girava in modo che fossero
faccia a faccia. Oltre la sciarpa e la cuffietta, Ellen vide che la
carnagione di Tyki era abbronzata e i capelli tenuti scomposti; unito
alla sua espressione da farfallone sembrava un perfetto istruttore di
sci, gli mancava solo la tuta.
I due si guardarono per qualche secondo negli occhi, ma non
riuscirono
a reggere per molto quel contatto visivo.
«Allora, Tyki? Che ci fai qui?», domandò ancora l’Esorcista.
Timcanpy si andò a posare sulla cuffietta in lana dell’uomo, come
per
ricordargli la sua presenza. In caso di combattimento ci sarebbe stato
anche lui.
«Mah… in realtà sono qui a fare spese…», iniziò a dire, ma Ellen
premette un po’ di più la spada contro la sua gola.
«In un villaggio dove c’è a malapena un emporio?», domandò scettica.
Tyki deglutì. «Ok, ok. Ero in missione», ammise, agitando le mani.
Non
era in una bella situazione e si diede dello stupido per aver abbassato
la guardia, ma in fondo era contento per quel fortuito incontro. Erano
mesi che non si vedevano. «Ma a quanto pare non ho trovato nessuna
Innocence», puntualizzò. «Se credi che abbia trovato il frammento prima
di te, puoi perquisirmi… in maniera approfondita».
Nonostante il suo
sorriso malizioso fosse coperto dalla sciarpa, Ellen non si dovette
sforzare per immaginare come fosse lascivamente arricciato, aiutata
dalla luce negli occhi chiari. Fu Timcanpy a ristabilire lo status quo,
dando un colpo di coda in testa al Noah: nessuno doveva permettersi di
essere volgare con la sua amica Esorcista.
La ragazza sorrise appena alla scena. «Mi fido», disse, guardando
Tyki
che si lamentava. «Così è stata per tutti una grossa perdita di
tempo…», quasi sbuffò, allontanando la spada dal Noah, che la guardò ad
occhi sgranati. «Va’, i miei compagni non sanno che sei qui».
Glielo doveva da quella volta in treno, quando avrebbe potuto
affrontarla ma non l’aveva fatto. Stava solo ripagando un debito, era
questo che si ripeteva mentalmente. Non era una traditrice.
Tyki la guardò con occhi complici, ben lontano dallo sguardo che si
dovrebbe riserbare a un nemico. «Mi lasci andare così?», domandò.
«Non farmene pentire», rispose lei, allontanando l’arma ma tenendo
l’Innocence attiva. Anche Timcanpy si allontanò da lui, volteggiando
lento attorno a Ellen.
L’uomo annuì. «Ma così sarò in debito, ragazzina…», disse,
sprofondando
le mani nelle tasche del giubbotto e usando, non visto, il suo potere
Noah per giungere fino alla tasca dei pantaloni, dove teneva nascosto
l'oggetto dal quale non si era mai separato in tutti quei mesi.
«La prima ed essere stata in debito ero io, ora siamo pari», spiegò
lei. Era nervosa e aveva fretta. Non voleva che la vedessero in
circostanze così amichevoli con lui, quindi i suoi toni potevano
sembrare freddi e distaccati, ma solo perché, in fondo, aveva paura –
paura di se stessa e di quel sentimento che aveva da sempre provato per
Tyki, fin dalla prima volta che si erano visti e che non era mai
cambiato nonostante la guerra.
«Permettimi di offrirti un regalo, allora. In modo che tu mi sia
ancora
debitrice, per tempi in cui ce ne sarà più bisogno», disse, allungando
verso di lei la mano con il pugno chiuso.
Lo sguardo di Ellen, da incerto e preoccupato, divenne sorpreso,
quasi
felice, quando Tyki aprì le mostrò il palmo e poté vedere il semplice
bracciale in argento. «Per me?», domandò lei, incerta.
«Solo per te», confermò lui, annuendo. «Forse sarebbe stato meglio
un
anello, piccola? Ma cosa avresti detto a tutti gli altri quando te lo
avrebbero visto?», ridacchiò.
Pensando che potesse trattarsi di una trappola, Tim si mosse più
velocemente del cuore candido e puro di Ellen, e andò di persona a
prendere il gioiello, mordendolo tra le fauci e volando nuovamente
dall’Esorcista.
Tyki non disse nulla, nonostante avesse voluto che Ellen si
avvicinasse
a lui in modo da poterle mettere lui stesso al polso quel dono.
La ragazza se lo fece posare sul palmo della mano e sorrise,
accarezzando l’argento come se fosse l’oro più puro. Lo strinse forte
nel pugno, come a non volerlo perdere né farlo vedere da alcuno, e
rivolse nuovamente lo sguardo avanti. «Gra—», ma le parole le morirono
in gola quando vide che davanti a lei non c’era più nessuno. «Tyki?!»,
chiamò usando un tono di voce un po’ più alto del normale.
La neve ancora perfettamente pari, senza alcuna orma a testimoniare
l’accaduto, come se non fosse mai successo. «Tim?», chiese lei, mentre
si guardava attorno, sperando che il golem avesse registrato qualcosa,
ma la creauturina dorata scosse il corpo a intendere un “no” – in quel
momento stava guardando l’espressione di Ellen, non il nemico. Il Noah
capace di manipolare la materia doveva aver preferito sprofondare nella
neve piuttosto che sapere se Ellen avesse gradito o meno il regalo.
Perché Tyki era un uomo bugiardo e codardo, ma nonostante questo
Ellen non
riusciva davvero a cancellare quel sorriso dolce pitturato sulle
labbra. Si portò la mano destra al cuore e ridacchiò appena.
Lo avrebbe indossato alla sinistra, cosicché Tyki avesse potuto
vederlo
sull’elsa della sua spada al prossimo incontro e avesse potuto capire
che il regalo le era davvero piaciuto.
«Non vedo l’ora che questa guerra finisca, Tim…», sussurrò piano
l’Esorcista, sospirando. Forse allora quel suo sentimento non sarebbe
più stato un peccato e avrebbe potuto saldare quell’infinito debito
posando finalmente le labbra su quelle di Tyki.