Here, beneath my lungs

di beesp
(/viewuser.php?uid=60707)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Non so come questa storia andrà a finire - in tutti i sensi. Ho appena cominciato, forse è un po' assurda. Spero che Margherita non sembri Mary Sue, speciale or something. E' /davvero/ una ragazza comune, solo che per adesso è la protagonista e quindi le tocca sorbirsi le sfighe e le seghe mentali.
Ho presto il titolo della storia dalla canzone "Welcome home, son", Radical Face. (In realtà non so neanche se andrò avanti).
Qualsiasi riferimento a cose/persone/luoghi reali è puramente casuale. Nulla di biografico, Margherita è puro frutto di fantasia e c'è un omaggio alla Margherita di Stefano Benni, con cui ha comunque poco a che fare.
Buona lettura.











Nulla di speciale accadde quel giorno a Margherita. Come il giorno prima, e quello prima ancora.
Margherita si sveglia, si lava, indossa gli abiti scelti la sera prima, fa colazione, raccoglie lo zaino dal pavimento dell’ingresso e va a scuola. Facilmente descrivibile con quelle frasi già pronte che s’imparano nei primi approcci ad una lingua straniera.
È una ragazza di diciassettenne comune. Indossa sciarpe e cappotti quando ha freddo e magliette di cotone quando ha caldo. È figlia di una coppia donna-uomo, eterosessuali, separati e vive a stretto contatto con una cugina di centesimo grado, Alice, ed il suo gatto pigro e grasso.
Trascorre i suoi giorni studiando – lo stretto indispensabile –, girando la città per un motivo o per l’altro e cercando del tempo tra le sessioni di spreco di tempo – per lo più su internet a cercare video di cuccioli o divertenti, o entrambi.
Non sa cosa vuole essere da grande e un po’ ha paura, ma in fondo manca ancora un anno al diploma. Si sente un foglio bianco.
Però ha un segreto.
 
Una macchia sulla pagina formato A4, quasi immacolata.
 
Margherita pensa di essere pazza.
Non è sicura, perché è uso comune dire che chi lo è non sa di esserlo. Il dubbio le viene perché certe volte dice e fa cose che poi, quando ci pensa, non riesce a riconoscere come sue. Non è pentimento, sia ben chiaro. È come una sensazione – un’immagine, magari – come se sapesse, avesse visto, qualcun altro fare e dire quelle cose. Invece giurano sia stata lei.
È un segreto, nessuno lo sa, nessuno al di fuori degli amici del microuniverso in cui vive su internet. È un rapporto particolare, labile, però in fondo sono persone che non conosce. Racconta tutto, a volte ridendo di se stessa. Loro ridono con lei, le consigliano di consultare uno specialista, lei ripete che un giorno lo farà, lo promette, ma non adesso.
“Perché mamma e papà hanno appena cominciato le pratiche per la separazione, sapete com’è, non voglio dare altre preoccupazioni”.
Salta da una scusa all’altra. La psicologia le puzza di fregatura, ecco tutto.
 
C’è stato un pomeriggio in cui le hanno detto che qualche anno prima ha spinto via una sedia, a scuola, perché. Non lo ricordava minimamente, eppure i suoi ormai ex compagni di classe sapevano perfino la motivazione, anche se lei ormai non la conosce più.
È capitato che abbia urlato a caso contro un paio di persone che passavano di fronte casa sua.
 
Ha dei sogni. Non sono vividi, non spesso, non riesce a dare loro un senso particolare, ha solo incubi indefiniti che dimentica in fretta, le lasciano un senso di amarezza, di ansia e di tristezza addosso per tutta la giornata.
Va a scuola. Sorride spessissimo, davvero, però c’è qualcosa che non va.
 
Per essere una ragazza della sua età, con dei genitori abbastanza avanti con gli anni, è fortunata.
Non ha mai perso nessun caro, è andata ad un solo funerale nella sua vita, i suoi nonni sono tutto sommato in buona salute. Ha degli amici con cui riesce a parlare e divertirsi.
Quand’è sola ed ha paura, si consola dicendosi che tutti i suoi coetanei devono sentirsi così. Soli. Persi. Incompresi. Spaventati dal futuro, dal mondo, da ciò che non conoscono e mai raggiungeranno, dai sogni infranti e dalle aspettative delle persone care. Allora perché non vivere tutti insieme, giorno e notte, arrabbiarsi, litigare, avere qualcuno di estremamente vicino che sappia esattamente qual è il problema.
No. La sua stanza è buia e un po’ fredda – soprattutto d’inverno – ed è grande e vuota.
 
Margherita è felice.
Torna a casa, il professore di matematica è soddisfatto del suo compito di matematica.
Com’è strana la vita di una persona che non dà nulla.
Sì, perché se ci pensa bene, lei al mondo non offre niente. Sta solo lì, in quella sua casa sempre pulita ed ordinata, quell’appartamento quasi perfetto, se non fosse per le tende – sua madre vorrebbe prendere delle tende per le finestre di alcune stanza, le tende fanno la differenza.
Le pare che sia trascorsa una vita – e ne trascorreranno altre tre o quattro – e lei sarà sempre in quel posto, a sistemare le sue cose e a farsi venire male agli occhi a forza di stare al computer. È una strana emozione. La sua vita non è brutta, non è lussuosa, ma riesce ad ottenere quello che vuole. Ha dei passatempi, degli interessi.
 
Quando si rannicchia sul letto e le sembra che le mura della casa si stiano chiudendo attorno a lei, non chiama nessuno. Non chiede neanche a se stessa cosa stia accadendo. Nessuno ha la risposta.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2212087