Questo è l'ultimo capitolo, per fortuna. Questa fic
mi ha fatto sudare sette camicie (anzi T-shirt, visto che io di camicie
non ne porto) ed è dir poco. Non mi imbarcherò
mai più in una storia
difficile da scrivere come questa. Grazie alle anime buone che l'hanno
seguita finora: alla mia fida lyrapotter,
a HarryEly,
a Rainsoul
e a Nonna Minerva
con cui ho potuto fare conoscenza proprio grazie a questo tormento di
storia *eeeh! la vita*... oltre a chi l'ha inserita nei preferiti e se
n'è rimasto buono buono a leggere (però dai,
almeno adesso venite fuori^^).
Perdonate se ci faccio entrare sempre i soliti personaggi. E' che non
riesco a fare a meno di parlare di lei,
anche se per due righe. Il mio psicologo dice che sotto sotto mi
identifico in lei,
il che mi rincuora: se sognassi di essere Bellatrix
o Moaning Myrtle mi preoccuperei. E poi vi avevo detto che non sarebbe
stata una CR, mica che 'Mona non ci sarebbe entrata... *grin* Non
soltanto non avrei mai ucciso Slugs in questa fic, ma non
ho voluto lasciarlo solo^^
Grazie per aver sopportato questo obbrobrio senza capo né
coda,
in cui ho dimostrato di essere una vera "regina delle ellissi". Ah...
le parole in verde non le pensa soltanto Remus, ma anche la
sottoscritta. Con tutto il cuore.
Saki
Dovunque tu sia adesso, spero
che riuscirai a perdonarmi.
Ma
sai, viviamo davvero in un mondo incredibile. Gli
amici diventano nemici, e viceversa. Non possiamo mai fidarci soltanto
dei nostri occhi, veri o magici che siano. La verità
è
quasi sempre il contrario di ciò che riusciamo a percepire.
E io non mi sono mai nemmeno sforzato di capirti, Severus.
La verità non coincide con il sogno... Quasi sempre.
Perché quando, pochi mesi dopo, Alastor si trovò
di
fronte alla sua creatura, realtà e aspettative d'improvviso
si
incontrarono, per non separarsi mai più. La vita che gli si
schiudeva davanti era priva di ombre, si sentiva euforico, avrebbe
voluto gridare di gioia, ma allo stesso tempo l'emozione gli impediva
di esprimere tutto ciò che provava.
- Non è di cristallo, sai - lo rassicurò Hestia,
stanca ma sorridente, notando lo sguardo insicuro del marito.
- Lo so. Ma se le faccio paura?
- Sei suo padre. Non potrebbe mai avere paura di te.
La bimba sembrava ipnotizzata dall'Occhio magico, perfettamente a suo
agio tra le sue braccia.
- Allora, questo nome? - insisteva Gwenog, che aveva mollato al
Cauldron il cavaliere di turno per vedere subito la nipotina. -
Possibile
che non vi
siate ancora decisi?
- Dovrebbe deciderlo la madrina - brontolò lui.
Gli occhi di Gwenog presero a luccicare.
- Eh, no! Ho capito che hai in mente, tu non sei affidabile!
Abbiamo già chiesto a Tonks - continuò Alastor,
giusto
per mettere in chiaro le cose.
Neanche a farlo apposta, in quel momento si udì un gran
fracasso nel corridoio dell'ospedale.
Hestia e Alastor si scambiarono un'occhiata complice.
- Mi sa che è arrivata...
- Allora tolgo il disturbo, se non sono gradita... humpf! -
sbottò Gwenog, e si Smaterializzò.
La piccola, infastidita dal rumore di fuori, aveva iniziato a
lamentarsi.
Remus e Dora piombarono nella stanza, seguiti da un'infermiera
arrabbiatissima che prese a sbraitare qualcosa su un carrello
rovesciato e scarpe infangate.
- Ecco, si parlava giusto di te - sorrise Hestia. - Avete fatto pace
sì o no?
Remus guardò la compagna con aria di sufficienza. - Diciamo
che sto ancora valutando se perdonarla.
Per unirsi alla grande battaglia di Malfoy Manor, Nymphadora era
fuggita dalla Tana, seguendo i fratelli Weasley, infischiandosene della
promessa che gli aveva fatto. Aveva fatto
la sua gran figura combattendo e ne era uscita
sana e salva, ma da allora Remus non perdeva
occasione di rinfacciarglielo.
- Sai, ci ho pensato un po', riguardo al nome. Che cosa può
nascere da una dea e un demone?
- Che fantasia, Tonks... vediamo - rifletté Remus. - Una
fata, o una ninfa... Merlino, vuoi chiamarla come te?
Lei saltò su come se si fosse seduta su una pianta spinosa.
- Ma no, che orrore! Volevo dire il nome
di una ninfa. Melissa, per esempio. Vuol dire ape: i colori di
Hufflepuff - e così dicendo strizzò l'occhio alla
neo-mamma, che approvò.
Alastor si leccò le labbra, come per assaporare il pensiero
di
quella parola. Guardò sua figlia, i capelli scuri arruffati
e le
guance rosa come quelle di Hestia. - Melissa Moody... -
sussurrò. La piccola smise di piagnucolare, e per un attimo
parve ricambiare il suo sguardo. - Ti presento la tua madrina, la
più spericolata tra gli Auror del Ministero.
- A proposito, signor
Ministro - gli ricordò Tonks. - Arthur
preferirebbe che non gli lasciassi tutto sulle spalle. Quando torni,
ehm, al lavoro?
"Quando mi sarò saziato di stare con la mia famiglia" fu sul
punto di rispondere lui, ma si rese conto che sarebbe stato
impossibile.
- Hmmm, facciamo dopodomani?
***
Non appena aveva cessato di essere una stella del Quidditch, gli
articoli del Prophet
su di lei si erano trasferiti dalle pagine sportive a quelle del
gossip. La Skeeter aveva gettato via i labili freni che fino a quel
momento le avevano impedito di rivelare ufficialmente la
verità,
e si era lanciata in un'approfondita ricerca in quel di Glasgow per
scovare le "prove". Nulla di più semplice per un segugio
della
sua risma.
Così un giorno, mentre cominciava a rendersi conto di
annoiarsi
tremendamente senza un lavoro, Gwenog aveva aperto il giornale per
trovarsi tutto quanto sbattuto in faccia.
Forse non sarebbe giusto dire che rimase shockata. Piuttosto, fu come
un déjà-vu... oppure l'ultima tessera di un
puzzle che
finora aveva incosciamente cercato di completare. Era pur vero che,
all'inizio del suo terzo anno a Hogwarts, aveva sentito quella strana
stretta allo
stomaco alla vista del Professor Snape al tavolo degli insegnanti,
mentre la sua amica Leannan la informava con noncuranza che si trattava
del nuovo Direttore di Slytherin.
- Eh-oh? - era stata la sua reazione. Leannan si era messa a ridere e a
fare battutine sul fatto che finora era stata la "cocca" di Slughorn e
d'ora in poi tutto sarebbe cambiato...
Ma non era cambiato niente. Adorava studiare Pozioni almeno quanto
volare sulla scopa, e quell'anno avrebbe fatto di tutto per entrare in
squadra. Soltanto adesso riusciva a capire a che cosa fosse dovuto quel
senso di nostalgia.
Uscì dall'ufficio della Preside, e cominciò a
cercarlo dappertutto: nel suo ufficio, nel magazzino, in sala
insegnanti. Stava ormai perdendo la speranza quando la voce
indisponente ma familiare del custode si era levata da dietro le sue
spalle:
- Cerca qualcuno?
Gwenog si voltò. - Sì, grazie, signor Filch. Sa
dov'è il professor Slughorn?
Argus socchiuse gli occhi e ghignò. - Può darsi.
Sentì qualcosa muoversi ai suoi piedi, ed ebbe un sussulto.
Era
Mrs. Norris, che faceva le fusa strusciandosi contro di lei.
- E' raro che il mio tesoro provi simpatia per qualcuno -
borbottò lui, grattandosi la testa. - Davvero molto raro,
signorina.
Lei sorrise.
Non era abituata ad essere gentile, tantomeno con gatti-spia e vecchi
Magonò. Ma se voleva cominciare bene il suo lavoro, sarebbe
dovuta cambiare. Tanto valeva esercitarsi da subito, giusto?
- Se non mi sbaglio, beh... provi dietro il castello. E' un po' di
tempo che gira intorno alle serre, nemmeno ci fosse il miele... o le
api.
Quell'allusione le era familiare: sua sorella le aveva detto del nome
che Tonks aveva scelto per la bambina. Strano che quel brontolone del
Ministro non si fosse opposto.
Helga chiama a
sé tutti gli altri, diceva la canzone del
Cappello al suo primo anno, e lei era stata così fiera di
non essere tra questi altri.
Di avanzare a testa alta fino al tavolo di Slytherin, e poi di portare
la
squadra della sua Casa alla vittoria per quattro volte consecutive. Ma
adesso, mentre usciva nel parco e si avviava dove Filch le aveva
indicato, ricordò che Caradoc Dearborn era stato un
Hufflepuff.
Pensare a lui
(al suo viso forte. alla sua gentilezza d'altri tempi)
le faceva ancora venire i brividi.
L'aveva baciato.
Aveva baciato un uomo che...
Scacciò quel pensiero, mordendosi le labbra.
Non ci sarebbe stato nessun altro per molto tempo, si era detta.
Avrebbe continuato a uscire con un certo numero di maghi bellocci e
noiosissimi, ma il suo cuore non si sarebbe più aperto in
quel
modo.
- Scusate se interrompo! - esclamò, spalancando la porta
della
serra numero tre. I due insegnanti, impegnatissimi ad amoreggiare, si
ricomposero, l'una aggiustandosi il cappello, l'altro scrollandosi
qualche fogliolina dal gilet.
Credeva di riuscire a mantenere la sua solita baldanza, ma quando i
loro occhi si incontrarono, perse la voglia di scherzare.
- Gwen... cioè, signorina Jones... che s-sorpresa. Che cosa
la porta qui a Hogwarts?
"Oh, che grande faccia tosta. Che faccia da schiaffi, caro il mio
paparino"
- Prova a indovinare, vecchio kamikaze
- rispose, con le labbra che tremavano. - Dovevo
venirlo a sapere da un articolo della Skeeter? E' stato un modo un po'
squallido. Perché doveva passare tanto tempo prima che...
Pomona Sprout alzò le sopracciglia e con un sorrisetto
uscì dalla serra, non prima di aver aggiustato il cravattino
al
suo fidanzato e buttato lì un generico "vi lascio soli...".
- Dovevi stare in una famiglia come si deve. E l'hai avuta, giusto? Non
ero in grado di... cioè...
Gwenog sospirò.
- Ho sbagliato a chiedertelo. Non potevo aspettarmi altro che delle
stupide scuse - lo interruppe lei. - In realtà non
m'importa.
Voglio dire, abbiamo del tempo da recuperare, non è
così?
- Hai lasciato le Harpies. - Horace cambiò discorso,
confuso. - Anche questo
era sul giornale. Non riesco a capire come mai.
- Sono un po' cresciuta, no? Era ora di smetterla di giocare e trovarmi
un lavoro serio.
- E l'hai trovato?
Lei sorrise, ritrovando l'entusiasmo alla prospettiva di stupirlo.
- A quanto pare dovrai sopportarmi per un bel po'. Vengo ora
dall'ufficio della McGonagall. Ta-daaan! Hai
davanti la tua futura assistente... che non vede l'ora di
scoprire tutti i segreti del mestiere, anche quelle cosucce che
né tu né Snape avevate nel programma didattico!
Dopotutto, facevo parte del Club, prima che andassi in pensione e
lasciassi noi affezionati studenti nelle grinfie di quel coso lugubre, dico
bene?
Commosso come un bambino, Horace Slughorn accolse tra le braccia la sua
Gwenie, la sua ragazzona che inspiegabilmente gli perdonava trent'anni
di silenzio e
assoluto menefreghismo.
- Vecchio scemo di un dandy...
- gli sussurrò all'orecchio lei, che in realtà
era ben lontana dall'intenzione di scusarlo del tutto, per ora.
- Che hai detto, piccola impertinente?
- Ho detto "ti voglio bene, papà"*.
Quel coso lugubre
era fuggito
lontano da tutti loro, dalle celebrazioni per la vittoria, dai
riconoscimenti, dalle frasi di circostanza. Non aveva resistito alla
necessità di chiarire i suoi intenti, e ora mai
più l'avrebbero considerato un vigliacco e un
traditore:
ma sentiva di non avere più alcun ruolo nel Mondo
Magico.
Fino all'ultimo era stato costretto a versare sangue.
Basta.
Viveva sotto un altro cielo, in una città dove nessuno
conosceva la sua storia.
Una metropoli Babbana, dove passare inosservati è la norma e
non esiste la curiosità.
Dove anche un volto rigido, giallastro, con due occhi
così
neri da inghiottire ogni timido raggio di luce, non suscita la minima
impressione.
E chissà che, immerso nell'anonimato, quel viso possa
trasformarsi,
distendersi, e quel cuore indurito dalla sofferenza lentamente
si apra ad una tiepida pace.
Se
l'amore per Hestia è riuscito a
trasformare Mad-Eye, se l'amore per sua figlia è riuscito a
regalare coraggio a Slughorn, se persino io, un licantropo fin
troppo razionale e senza uno zellino, mi sono lasciato trascinare da
Tonks in questa grande avventura dei sentimenti, perché non
dovrebbe succedere a te? Davvero, perché no?
Nulla è impossibile, Severus, se ti lasci andare.
Con tutte le mie
scuse, e la mia eterna stima,
Remus Lupin
THE END
****************
*Vi
assicuro che il gioco
di parole non era voluto. Me ne sono accorta più tardi, che
traducendo queste tre frasi in inglese, viene fuori un "pun" secondo
me delizioso:
- Old foolish dandy...
- What did you say,
little bratty girl?
- I said "I love you, Daddy"
****************
|