N/A:
Future
fic che va a braccetto con questa e questa;
questa volta ho provato a vedere le cose dalla prospettiva di Shin.
Come al solito, mi rifaccio a quel (poco) che si sa del
presente/futuro, in cui Shin è diventato un attore. Le citazioni sono
prese da Layla di Eric Clapton; scritta
con il prompt #244.
un amore ricordato di 500themes_ita.
Di Kaori gli piace la risata, chiara e limpida, priva degli artifici
tipici delle donne che fanno il suo lavoro. Le attrici sono belle, ma
alla lunga il loro nascondersi sempre dietro modi affettati ed eleganti
stufa, e si arriva a preferire di gran lunga una giovane assistente di
produzione sempre incline allo scherzo.
Lei e Shin si frequentano ormai da
più di un mese, ma questa è la prima notte che passano insieme:
bruciare i tempi in quel modo da adolescente l'ha reso un adulto capace
di godersi le attese, così ora le sfila ogni capo d'abbigliamento con
calma, senza fretta.
Kaori fa lo stesso, il sorriso
brioso che continua ad aleggiarle sulle labbra; gli sbottona piano la
camicia, e le sue dita sottili indugiano sulla catenina che di solito
tiene nascosta sotto agli abiti.
“E questa?” sussurra, sfiorando
curiosa la circonferenza dell'anello. “Un rubino?”
Shin sorride, sibillino. Le infila
una mano tra i corti capelli castani, avvicinandola di più a sé fino a
fare aderire perfettamente i loro corpi e costringerla a mollare la
presa. La sua mano le risale lungo il fianco, si insinua sotto la
maglietta, raggiunge il gancio del reggiseno.
“E' un ricordo” sussurra al suo
orecchio. “Il ricordo di una persona che non c'è più”.
Più tardi, mentre Kaori si gira su
un fianco nel dormiveglia, ripensa alle sue parole.
Una
persona che non c'è più. L'ha davvero descritta così, come se
fosse morta, come se non esistesse più.
Invece Reira esiste eccome, a
distanza di migliaia di chilometri; esiste da qualche parte oltre i
confini della sua vita, e forse è questo il problema.
A volte sente di odiarla. La odia
perché spunta fuori nei momenti più improvvisi, come quando sta per
fare l'amore con la sua ragazza, e il suo ricordo si infiltra nelle
mille crepe dei suoi pensieri e lo infesta, rendendolo di nuovo
l'adolescente al primo innamoramento di tanti anni prima; ma non può
davvero prendersela con lei, perché la colpa è solo sua. E' lui che
continua ad indossare quell'anello, lui che si scopre a chiedersi, di
tanto in tanto, che cosa ne sia di lei. Se sia felice, se sia sola;
chissà.
Per la maggior parte dei giorni,
riesce a pensare a lei con un certo distacco. Ovviamente capita che gli
torni in mente, ma di solito affronta questi pensieri con calma, quasi
serenità; si sente molto Yasu, in quei momenti.
Poi, però, ci sono i giorni in cui
la cicatrice torna a fare male, come se fosse un reduce di guerra che
si tormenta per le vecchie ferite. Lei è a tutti gli effetti la bomba
che gli è esplosa tra le mani, e di cui porta ancora i segni.
Quella sera rientra nella prima
categoria. Accende una sigaretta – fuma ancora, anche se non con
l'assiduità di una volta – e pensa che chiamarla così, una persona che non c'è più, è una
cattiveria. Che la ferirebbe sentire parole simili.
Si scopre a sentirsi in colpa, come
se lei fosse davvero lì a chinare i suoi occhi tristi, e con un sospiro
rassegnato si rende conto per l'ennesima volta di quanto Reira Serizawa
sia ancora presente nella sua vita.
Succede poi che passino alla radio
Layla di Eric Clapton, mentre è in macchina di ritorno dal set con
Kaori.
Lei lo guarda canticchiare con un
sorriso, lo stesso con cui lo ascolta strimpellare con la chitarra
qualche sera in cui si risveglia il suo amore per la musica.
Layla, you've
got me on your knees.
“Mi piace questa canzone” le spiega
lui, al ritornello.
“Lo so. La canti sempre” dice
Kaori. Ormai sono tre mesi che stanno insieme, e lo conosce parecchio
bene. “Di' la verità, ti ricorda qualche vecchia fiamma?”
Lo chiede allegra, senza alcuna
gelosia, e Shin risponde con la medesima tranquillità.
“Sì”.
I tried to give
you consolation.
“La stessa dell'anello?”
Fare due più due è facile, e Kaori
è un tipo così intuitivo. Le sue domande non sono mai insistenti, anzi,
lo mettono a suo agio.
“Esatto”.
Lei non commenta, non mostra né
sorpresa, né fastidio.
“Ti va di dirmi che è successo?”
chiede, con delicatezza.
Like a fool, I
fell in love with you.
Scatta il verde, Shin mette la
prima.
“Siamo stati insieme per un po', ma
eravamo molto diversi. C'erano troppi ostacoli, ed è finita” dice. “E'
stato molto tempo fa”.
Quando arriva a casa e si corica a
letto, solo, Shin si fa un esame di coscienza e ammette a sé stesso di
aver detto un'altra mezza verità: lui e Reira non sono mai stati
diversi, tutt'altro. Erano così simili da riuscire a capirsi e
sostenersi a vicenda; gli ostacoli, però, c'erano eccome, sin dal
principio.
Torna a sedere, e tra i CD che
tiene sul comodino ne cerca uno in particolare; preme il tasto play, e
la voce di Eric Clapton riempie anche il suo appartamento, come tante
altre sere.
Let's make the
best of the situation, before I finally go insane.
Di relazioni, Shin ne ha avute
tante; alcune sono stati solo momenti di transizione, e a mala pena le
ricorda; altre, invece, seppur finite, gli hanno lasciato qualcosa che
ora contribuisce a definire la sua identità.
Il problema con Reira è che gli ha
lasciato troppo. L'anello, la
canzone, il filo rosso del destino: anche a distanza di tempo, continua
a trovare frammenti di lei in ogni cosa.
Non la ama – non come prima; ama
Kaori adesso, e prima di lei ha amato altre ragazze. Ora, però,
comprende la natura del suo amore per Takumi, perché sperimenta sulla
sua stessa pelle quell'attaccamento morboso che tempo e spazio non
riescono ad intaccare.
Per lui, Reira è la melodia di
sottofondo che non conosce fine; bassa, a tratti quasi impercettibile
perché sovrastata dal suono di altre note più recenti ed acute, ma
sempre e per sempre presente.
Please, don't
say we'll never find a way.
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