.:CAPITOLO 1:.
Premessa: la
storia è ambientata nel bosco Atro nel periodo
dell'adolescenza di
Legolas
ma
vengono presi elementi de "Lo Hobbit" (come, ad esempio, il
bianco consiglio).
Vengono
utilizzati i termini "Laes" e “Hen” per indicare un
piccolo elfo dato che mi è stato segnalato che
così è
corretto.
Adar
= padre; Ada = papà
Era
una bella serata, la luna brillava tenue vegliando sul bosco, che
sembrava godersi le ultime ore di una quieta giornata autunnale.
Il
bosco Atro sonnecchiava pacifico riflettendo l'umore degli Elfi che
lo abitavano. Ormai vicini alla sera, si affaccendavano chi ad
accendere il focolare per riscaldare la notte, chi a richiamare i
bambini rimasti fuori a giocare fino a tardi, chi ancora a tornare a
casa dopo il lavoro.
La
Terra di Mezzo non si poteva certo definire un posto pacifico e privo
di rischi, ma ogni popolo si sentiva al sicuro circondato dai propri
confini ben sorvegliati dalle guardie che ad ogni ora pattugliavano,
alla costante ricerca di qualcosa che non andasse e ognuno riponeva
la sua fiducia verso chi aveva l'arduo compito di controllare che
ogni cosa andasse bene. Che ogni abitante potesse continuare a vivere
al meglio. Tutto ciò non differiva per gli Elfi del Bosco
Atro,
nonostante il loro territorio era stato vittima di pesanti
infiltrazioni da parte del male e questo gli avesse conferito una
reputazione oscura, loro erano tranquilli. Il loro re, sire
Thranduil, era un elfo forte e severo, raramente lo si vedeva in giro
e ancor più raramente era concesso parlare con lui, ma
nonostante
tutto aveva sempre adempiuto al meglio ai suoi doveri di sovrano e il
popolo lo amava per questo.
Tutti
comprendevano perché quell'elfo a tratti tanto misterioso
non fosse
simile, ad esempio, a Lord Elrond di GranBurrone che passava ore del
suo tempo ad accogliere cordialmente i viandanti e a discutere
all'interno del bianco consiglio, il cui scopo era di tenere al
sicuro l'intera Terra di Mezzo.
Tutti
erano consapevoli che il loro re non li avrebbe trattati come vecchi
amici ma, anzi, sarebbe stato freddo e distaccato, nessuno
però
pensava di fargliene una colpa. Nella sua mente vorticava fremente la
sicurezza del regno e del suo popolo. Quindi chi avrebbe potuto
chiedere di più ad un re che eseguiva così
esaurientemente il suo
compito? Nessuno, verrebbe da dire.
Eppure,
all'interno non solo del bosco, ma addirittura dello stesso castello
dove Thranduil dimorava, qualcuno lo pensava e, se fino a quel giorno
lo aveva sopportato, adesso aveva deciso che voleva un cambiamento.
L'elfo in questione era un Laes di cinque anni, alto si e no un
metro. Il piccolo, come si poteva facilmente dedurre dal suo aspetto,
era il secondogenito del Re, il suo nome era Estel, che in lingua
corrente significa “speranza”; tale nome gli era
stato assegnato
come buon auspicio verso quel regno che tanto veniva bersagliato e
che, sempre meno, permetteva la nascita di nuove creature.
Normalmente,
nonostante il carattere acceso e vivace Estel non era particolarmente
capriccioso e passava le sue giornate giocando fra gli alberi o
seguendo il fratello maggiore, Legolas, durante i suoi allenamenti.
Ma
si era stancato. Non era giusto che gli altri bambini potessero
passare tanto tempo coi propri genitori mentre lui a stento li
vedeva. Thranduil era sempre chiuso nel suo studio a progettare
mentre la madre era partita per un viaggio oltre i grigi porti.
Quella
sera rimuginava su come potesse fare qualcosa, spesso aveva tentato
di andare a bussare alle porte dello studio ma mai questo gesto era
finito con qualcosa di diverso da un “Estel sono occupato,
non mi
disturbare” detto freddamente da dietro una porta chiusa.
Questo
era doloroso. Faceva davvero male.
La
situazione doveva cambiare ma il modo in cui potesse farlo non era
facile da trovare. Stava seduto sul suo letto facendo scattare gli
occhi da una parete all'altra della stanza troppo grande per un
bambino, la testa era vuota e lui cominciava a sentirsi solo.
Allora
decise di fare un nuovo tentativo, sarebbe andato davanti alle porte
dello studio e avrebbe bussato, chissà se quello sarebbe
stato il
giorno giusto. Le cose però non seguirono i suoi piani dal
momento
che, una volta arrivato davanti alla porta, appena bussò,
questa
cominciò ad aprirsi lentamente fino a fermarsi dopo pochi
centimetri. Si guardò in giro, non c'era nessuno, cosa non
strana
contando che l'ala in cui il Re e la sua famiglia vivevano, e nel
quale si trovava anche lo studio, era separata da quella dove si
svolgevano le attività e si riceveva la gente. Decise di
entrare,
magari suo padre aveva lasciato aperto per... per... bhè, il
motivo
non era importante infondo, aveva lasciato aperto ed era una
situazione talmente fortunata che se non l'avesse colta se ne sarebbe
pentito sicuramente.
Avanzò
piano e chiamò:
“Adar?”
Nessuna
risposta venne dall'interno. Questo era ancora più strano.
Cercando
di fare meno rumore possibile entrò nello studio e in quel
momento
realizzò di non averlo mai visto.
Era
davvero una bella stanza: le pareti non si vedevano nascoste dalle
imponenti librerie in legno colme di libri, al centro c'era un grande
banco con su delle cartine e degli strumenti che Estel non riconobbe,
appoggiata sul fondo della stanza c'era una scrivania piena di
pergamene ma nonostante tutto ordinata, ciò che non veniva
nascosto
dalle librerie era costituito da semplici travi di legno che
scricchiolavano leggermente sotto i passi. Nulla di più.
Sire
Thranduil però non era seduto alla sua scrivania.
Estel
abbassò lo sguardo. Era di nuovo solo in una grande stanza.
Si
era illuso che quella potesse essere la volta buona e invece era
andata peggio del solito.
Tutto
il suo entusiasmo scemò.
Adesso
cosa avrebbe fatto? Andarsene era un peccato, ormai era li, decise
quindi di sedersi al posto del padre e attenderlo, sarebbe
sicuramente tornato per chiudere lo studio prima di ritirarsi per la
notte, lo faceva sempre.
Avvicinandosi
alla scrivania però notò qualcosa che il suo
sguardo prima non
aveva colto. Appoggiata dietro a grandi libri luccicava tenuemente la
corona. La preziosa corona di Re Thranduil.
Improvvisamente
un'idea illuminò Estel. Un re non può
più essere tale senza la sua
corona. Se Thranduil non fosse più stato un re avrebbe avuto
tempo
per stare con lui e Legolas.
Sembrava
davvero l'idea perfetta.
L'avrebbe
presa e regalata a qualcun altro così il faticoso compito
avrebbe
gravato sulle spalle di un altro elfo.
In
un lampo la prese ma al contatto col metallo freddo tornò un
po' in
se. Si sarebbe arrabbiato, davvero tanto e chiunque lo conoscesse
sapeva quanto questo poteva essere pericoloso. Indugiò
ancora un
attimo ma riprese coraggio e la sollevò portandola via, non
avrebbe
mai saputo che era stata colpa sua e quindi non l'avrebbe sgridato,
al massimo avrebbe pensato che a rubargliela era stato il nuovo
sovrano ma ormai sarebbe stato tardi, il re era un altro.
Arrivato
alla soglia della porta si trovò davanti qualcosa di azzurro
e gli
ci volle qualche secondo per realizzare che quella cosa era la tunica
di suo padre.
Alzò
gli occhi sgranati dalla sorpresa ma, preso alla sprovvista, una
volta che li ebbe incrociati con quelli calmi del re prese a correre
più che poteva.
Non
sapeva dove andare, non ci sarebbe voluto molto prima che Thranduil
si accorgesse dell'assenza della sua corona.
Salì
le scale arrivando al piano superiore e riprese a correre verso
l'unica stanza stanza che gli sembrò sicura: quella di
Legolas.
Entrò
velocemente e subito notò il fratello che seduto
tranquillamente sul
letto leggeva un libro.
“Dovresti
bussare sai?”
Legolas
era un buon fratello e di solito teneva in grande considerazione
ciò
che gli diceva, ma in quel momento Estel pensò che bussare
era
davvero l'ultima cosa che gli importava.
Il
Laes si avvicinò alla finestra pensando che se non avrebbe
potuto
usare la porta sarebbe scappato da la ma affacciandosi si accorse di
essere davvero in alto.
“Estel?
Volevi qualcosa?”
Estel
però non ebbe il tempo di rispondere.
Sire
Thranduil aprì con forza la porta e dopo essere entrato la
lasciò
sbattere dietro di se. Lo sguardo fisso sul suo figlio più
giovane.
“Buona
sera Adar” disse Legolas che iniziava a sospettare che il suo
fratellino fosse nei guai, insomma, se Thranduil era arrabbiato era
difficile non notarlo.
“Estel
restituisci ciò che hai preso” disse il re in tono
risoluto.
Se
Legolas fosse stato al posto del fratello avrebbe ubbidito. Conosceva
quel tono e sapeva che prometteva una sola cosa: tempesta, per cui,
di buona norma è bene correre ai ripari prima che la
tempesta possa
imperversare, ma questo Estel non lo sapeva, non che non si fosse mai
messo nei guai, anzi, era abbastanza solito combinare marachelle in
giro ma quasi mai aveva avuto l'onore di essere rimproverato dal
padre, di solito questo compito spettava al loro mentore.
Estel
strinse fra le mani la corona che teneva al riparo sotto la veste e
si lasciò sfuggire dalle labbra un leggero:
“No”.
Istintivamente
Legolas chiuse il libro e si mise seduto composto sul letto, come
sull'attenti.
Lo
sguardo di Thranduil si assottigliò mentre si avvicinava al
figlio.
“Non
fare in modo che te lo debba ripetere!”
L'ultimo
avvertimento era molto simile all'ultima occasione di farsi perdonare
senza incorrere nell'ira del padre. Estel però ignorava
anche
questo.
“No”
disse in modo più convinto.
Il
re sospirò stringendo ancora di più gli occhi
Legolas
non sapeva cosa fare, assisteva alla sfida fra i due: un bambino che
faceva i capricci ed un padre molto, molto arrabbiato.
“Estel,
rendimi la corona. È un ordine”
A
sgranare gli occhi questa volta fu Legolas. Metà per
l'essersi reso
conto del motivo per cui suo fratello era nei guai, ed era davvero un
gran motivo e metà per la parola
“ordine” quella era una parola
che il re usava quando non c'erano altre possibilità e
significava
che stava dando l'ultimo, generoso appiglio per salvarsi.
Prima
che il fratello potesse rispondere si mise in mezzo, sperando che il
suo intervento avrebbe rimesso in moto il cervello del più
piccolo
sicuramente bloccato per la paura:
“La
corona? Dai ridagliela lo sai che le cose di adar non si devono
toccare” il suo tono era gentile ed effettivamente
sembrò arrivare
a svegliare Estel che però, resosi conto dei guai in cui si
trovava,
si agitò ancora di più.
La
sua voce si alzò, leggermente più stridula:
“NO! Non voglio!”,
Stringeva
forte la corona che ancora teneva nascosta ma puntò gli
occhi verso
il pavimento e quindi notò troppo tardi il padre che gli si
era
avvicinato.
“Ho
esaurito la pazienza! Cosa ti fa pensare di poter disubbidire ai miei
ordini?” Thranduil non stava urlando ma il suo tono era
severo e
fermo.
“P-perché
voi non la d-dovete più usare” al contrario il
tono di Estel, se
pur determinato, era molto simile a quello di una persona che sta per
scoppiare in lacrime.
“Non
la dovrei più usare? E per quale motivo il re non
può usare la sua
corona?”
Altre
domande, non c'era mai da fidarsi quando il re, arrabbiato in quel
modo, faceva domande, erano come trappole. Legolas sperò
davvero che
Estel usasse il cervello, ma le sue speranze furono vane.
“Perché...
perché se voi non avrete più l-la corona non
sarete più re”
ormai il tono era spezzato da lievi singhiozzi, aveva paura ma
cercava di resistere come se avesse un gran motivo per quello che
aveva fatto ma, sinceramente, Legolas dubitava dell'esistenza di un
motivo abbastanza buono per convincere loro padre a calmarsi,
nonostante questo tentò di aiutare il fratellino ma non
poté
neanche pronunciare la prima sillaba che la voce imperiosa del padre
lo bloccò:
“E,
di grazia, quale sarebbe il motivo per cui io non dovrei più
essere
re?”
Ora
era davvero arrabbiato. Non amava che il suo ruolo fosse messo in
discussione. Nonostante lo avesse ereditato aveva sempre fatto del
suo meglio per poter essere un re degno di tale titolo.
Quel
tono però fece breccia anche in Estel che sembrò
perdere
definitivamente la calma.
Alzò
gli occhi e li puntò direttamente in quelli del padre ed
usò
sicuramente un tono ben più alto di quello che avrebbe mai
dovuto:
“SE
VOI NON SARETE PIÙ IL RE RIMARRETE SOLTANTO ADAR”
La
scena si gelò.
Legolas
aveva capito perfettamente cosa il fratello intendeva ma non dubitava
che l'avesse fatto nel modo sbagliato, eppure quel pensiero tanto
innocente ed ingenuo lo toccò a tal punto da fargli credere,
per un
solo momento, che potesse aver ragione.
Anche
il re sembrò essersi leggermente calmato.
Il
silenzio della stanza era rotto solo dal leggero tirare su col naso
di Estel che ogni tanto singhiozzava e si asciugava le lacrime.
Se
quella frase aveva quasi tranquillizzato gli altri aveva agitato lui
che sembrò essersi reso conto dell'inutilità del
suo gesto.
“Estel,”
riprese Thranduil “quello che hai fatto è grave,
la corona è un
simbolo importante e non puoi cercare di prenderla per qualche strana
idea”
Il
suo tono sembrava comprensivo ma Estel si sentì pervaso
dall'ira, e
tirando fuori la corona cominciò a scuoterla come se volesse
farne
uscire qualcosa di malvagio.
“Non
era STRANA! VOI lo siete! Vi interessa solo questa stupida
COSA!”
detto questo con rabbia buttò la corona per terra come se la
disprezzasse.
Ciò
che venne dopo fu veloce e spiazzante.
Thranduil
si abbassò fino a quasi inginocchiarsi e tirando Estel per
un
braccio lo appoggiò sulla gamba e gli diede uno sculaccione.
In
verità non gli fece male, non molto almeno, ma nonostante
questo,
l'Elfilng scoppiò in lacrime rannicchiandosi ai piedi del
padre.
Il
re non era violento, nel corso degli anni aveva picchiato qualche
volta Legolas, ma sempre come finale di un gesto davvero grave. Per
Estel era la prima volta e probabilmente non ci sarebbe neanche stata
se non avesse fatto un gesto tanto irrispettoso come buttare il
simbolo della nobiltà del padre per terra come se fosse un
oggetto
orripilante.
Questo
però bastò anche per far scattare Legolas che si
alzò velocemente
e senza riflettere si mise in mezzo ai due prendendo in braccio
Estel. Appena se lo avvicinò al petto sentì che
tremava. Realizzò
che quel pianto non era tanto perché il padre lo aveva
picchiato ma
più per la paura che aveva avuto nel fare quel gesto
impulsivo. Però
ormai si era messo in mezzo ed era deciso a proteggere suo fratello.
Le
parole non uscivano dalla bocca chiusa di Legolas, aveva avuto quello
scatto di coraggio ma adesso lo sguardo cupo del re lo intimoriva
notevolmente.
“Questo
cosa significa?” chiese Thranduil prendendo parola per primo.
“È
solo che, ecco,” espirò profondamente
“solo che non è corretto,
Estel è troppo piccolo per essere picchiato, dovreste
ascoltarlo di
più” Legolas finì la frase con una
rinnovata nota di audacia.
“Come
osi dirmi come devo educarvi? Oltre ad essere vostro padre sono anche
il vostro Re! Tu non hai il diritto di criticare ciò che
faccio!”
ormai gli occhi del signore Elfico erano ridotti a due spiragli di
intensa luce azzurra.
“Padre
è solo un bambino, non potete esigere che ragioni come un
adulto”
disse il principe tentando nuovamente di difendere il più
piccolo.
“Solo
un bambino? Non è solo un bambino Legolas! Lui è
un principe di
Bosco Atro! Lui, un giorno, si troverà a regnare sul reame!
Lui
dovrà assumersi la responsabilità di tutto
ciò che avviene entro i
nostri confini! Lui dovrà essere assolutamente responsabile
e tu non
puoi pensare di proteggerlo dalle sue stesse sciocchezze o prima o
poi vi ritroverete a dover guardare in faccia un popolo che si
dispera per i vostri errori superficiali!”.
Istintivamente
Legolas strinse più forte Estel che, se possibile, aveva
cominciato
a tremare più forte. Come faceva loro padre a parlare
così senza
pensare a come si sentivano? Era evidente che Estel si era pentito ed
adesso era solo spaventato dal tono gelido che i re stava usando.
“Quello
che dite è impossibile! Estel sarà un principe ma
questo avverrà
fra molto tempo, adesso dovrebbe solo cresce normalmente, senza
sentire il peso del regno su di se! Dovreste smetterla di essere
tanto-”
“Re?” concluse Thranduil per lui.
In
verità Legolas stava per dire “esigente”
ma annuì d'impulso
alle parole del padre.
Lo
sguardo di Thranduil divenne ancor più gelido e, dopo aver
alzato
velocemente il braccio diede un forte schiaffo al figlio maggiore che
barcollò all'indietro fino a ritrovarsi seduto sul letto. Si
rese
conto di aver chiuso gli occhi e, appena li aprì, si
trovò davanti
quelli grandi e pieni di lacrime del fratellino che per la sorpresa
aveva perfino smesso di tremare.
“Io
sono un re come sono vostro padre! Non ammetto che mi si manchi di
rispetto! Vi ho cresciuti ed educati al meglio, e adesso è
così che
vi comportate?”
Legolas
non sapeva cosa dire, guardava in basso e pensò che avrebbe
voluto
anche lui mettersi a piangere, ma non poteva, doveva dare coraggio a
Estel.
“Non
hai più nulla da dire? Tu e tu fratello avete portato ad un
infimo
livello ciò per cui io e i vostri avi abbiamo dedicato gran
parte
della vita. Avete messo in dubbio l'autorità che nessun
altro
avrebbe osato mettere in discussione. Avete deciso che il regno non
meritava tutte le attenzioni che gli attribuisco. Secondo voi cosa
significa essere sovrani? Forse unicamente chiudersi in uno studio a
compilare pergamene e studiare cartine? Provate invece a pensarci
più
attentamente! Se io non facessi ciò che faccio il nostro
bosco
sarebbe invaso dai mostri, la gente vivrebbe in miseria, nessuno
potrebbe più vivere tranquillamente e tutto ciò
che conoscete
verrebbe meno!”.
Adesso
si che avrebbe davvero voluto piangere. Si sentiva uno stupido. Loro
padre si impegnava per garantire al regno una vita dignitosa e in
quel regno ci vivevano anche loro, Thranduil non l'avrebbe mai
ammesso ma Legolas sembrò percepire, ben nascosto fra le
righe un
vago “tutto questo lo faccio anche per voi”. Adesso
era chiaro.
Quello era il modo di Thranduil per essere un buon padre:
consentirgli di vivere bene e in tranquillità, lontani dagli
orrori
del mondo esterno.
Anche
Estel sembrò aver percepito il messaggio perché
si calmò
sospirando.
“Adar...”
Thranduil
rimase in attesa che il figlio maggiore finisse la frase.
“Sono
stato uno stupido egoista. Avete ragione. Mi dispiace davvero
molto”
Legolas finì la frase con il tono più sincero che
probabilmente
avesse mai usato, era dispiaciuto e lo era davvero.
“Capisco.
Ti perdono” Thranduil non era uno che conservava la rabbia, e
questa era una caratteristica che Legolas amava, se le scuse erano
sincere lui avrebbe capito.
Mancava
ancora qualcosa però.
“Estel
chiedi scusa a nostro padre, lo so che ai hai capito di aver
sbagliato” nuovamente il tono di Legolas era gentile ma
ancora una
volta non ebbe il risultato che aveva sperato.
Estel
continuava a rimanere chiuso nel suo silenzio.
“Estel?”
Niente.
Provò
a scuoterlo leggermente per le spalle.
Non
avvenne comunque nulla.
“Padre,
lui...” cominciò incerto Legolas.
“Lui
cosa?”
“Non
vuole dire nulla” concluse stupidamente.
“Davvero?
Non me ne ero proprio accorto” ironia. L'ironia non era un
buon
segno, normalmente il re non la tollerava, la vedeva come un inutile
modo per prendere in giro le persone atteggiandosi in modo superiore.
In altre parole, un offensivo modo per mettersi sulla difensiva. Se
lui stesso decideva di utilizzarla c'era una sola spiegazione: non
sapeva cosa fare, e, sicuramente, era una cosa che non gli capitava
spesso.
Non
era più arrabbiato come prima, negli occhi azzurri
però si poteva
leggere un vago senso di delusione. Estel era piccolo ma normalmente
si dimostrava molto sveglio e probabilmente il re si era aspettato
che lo capisse senza che lui dovesse costringerlo con la forza.
“Va
bene, se il silenzio è la tua risposta lo
accetterò come tale.”
Legolas
rimase spiazzato. Sinceramente si era aspettato che il re gli
attribuisse un castigo o un compito e invece niente. Si era arreso.
Senza
aggiungere altro sire Thranduil tornò sui suoi passi
sparendo oltre
la soglia della camera, lasciandosi alle spalle un silenzio teso e
pesante.
Anche
Legolas non sapeva cosa dire, si limitò ad abbassare lo
sguardo e
puntarlo verso il fratello, solo allora si accorse che i piccoli
pugni erano stretti alla sua tunica, gli occhi erano chiusi, le
guance arrossate e l'espressione concentrata.
“Ehy,
cosa stai combinando? Al posto di perderti nella tua mente avresti
dovuto dare retta ad Ada”
“No”
“Perché
“no”?”
“Perché dovevo riflettere”
“Ah, e su cosa
se si può sapere?”
“Sulla
mia idea”
“Si,
meraviglioso, allora sei arrivato ad una conclusione?”
“Si”
“Si...
cioè?”
“La
mia idea non era sbagliata”
“Estel,
santo cielo, non puoi pensarla ancora così!” il
tono di Legolas
stava diventando più severo.
“E
invece si! L'idea non era sbagliata è che l'ho interpretata
male.”
Gli occhi di Estel erano assorti, come se per arrivare a quella
conclusione avesse davvero dovuto sforzarsi molto.
“L'interpretazione
non era esatta, capisco. Allora quale sarebbe quella
corretta?”
cominciava davvero a spazientirsi.
“Non
ho tempo per dirtelo! Devo andare!”
Detto
questo Estel scattò in piedi, scese dal grembo del fratello
e
raccolta la corona da terra corse via.
Legolas
temendo che volesse davvero sbarazzarsene gli corse dietro, ma il
Laes non stava andando fuori ben sì nella stanza da notte
del Re.
La
porta era chiusa ma per Estel non sembrò essere un problema,
entrò
senza neanche bussare e si fermò solo dopo essere arrivato
davanti
al padre.
Thranduil
era infondo alla sala, impegnato a togliersi la pesante tunica che
utilizzava di giorno, si accorse dell'intrusione soltanto quando
sentì qualcuno tirarlo per la veste leggera che gli era
rimasta
addosso. Non abituato ad essere chiamato in quel modo si
voltò
dubbioso fino a trovarsi davanti ad un bambino dall'aria stanca ma
stranamente fiera. Sicuramente l'ultima espressione che avrebbe
voluto vedergli dopo una discussione simile.
“Sedetevi”
disse Estel con determinazione
il
re rimase basito: “Prego?”
“Sedetevi!
...Per favore”
Sbuffando
Thranduil si sedette sul bordo del letto, non era sicuramente
dell'umore di assecondare le richieste del bambino, che fino ad un
attimo prima si era rifiutato di ragionare ma, d'altro canto, non
aveva neanche voglia di cominciare una discussione. Si sentiva
stanco, quel genere di stanchezza che viene quando non si ha voglia
di fare nulla perché sembra inutile.
“Ci
ho pensato e ho solo una cosa da dirvi!”
Il
tono autoritario di Estel fece tornare a ribollire la rabbia di
Thranduil che si stava già sforzando di non sbatterlo fuori.
“Rendimene
al corrente allora”
In
un attimo Estel era salito sul letto e, dopo aver tentato di
allacciare le braccia intorno alle spalle del padre,
sprofondò il
viso nell'incavo del suo collo e, con una voce un po' più
timida
mormorò semplicemente “vi amo ada, tutti
quanti”.
Legolas
che, appoggiato ad una parete assisteva alla scena, sorrise.
“Tutti
quanti?” Thranduil non riusciva a comprendere cosa intendesse.
“Sì,
tutti quanti. Ho fatto quella cosa perché pensavo che quando
eravate
un re smettevate di essere ada ma adesso l'ho capito che non
è così.
Siete sempre ada ma un ada più grande! L'ada di tutto il
regno!”
dicendo questo Estel si sbracciava come se volesse mimare qualcosa di
gigantesco.
Il
re non sapeva cosa dire, e anche quello, a voler ben guardare, era
abbastanza raro. Rimase ancora in silenzio ad osservare suo figlio
che prendeva la corona e gliela appoggiava sul capo e rimaneva a
fissarlo con un mezzo sorriso stampato in viso.
Legolas
si avvicinò al letto e si sedette di fianco al padre.
“Quando
sei scappato via pensavo volessi buttare la corona”
“Non
volevo fare quello!” puntualizzò il più
piccolo con una punta di
offesa nella voce.
“Sì
adesso l'ho capito, ma allora perché non hai chiesto scusa
subito?”
“Io...”
il sorriso mutò in un piccolo broncio, in quel momento
sembrava
davvero un qualsiasi bambino: “Mi vergognavo”
Legolas
sorrise, addolcito.
“Non
ridere! Ada fa paura quando è arrabbiato, l'hai visto no?
È taaanto
alto e gli occhi gli si chiudono e-e-e...oh.” L'entusiasmo
messo
nella frase si fece piccolo piccolo insieme al suo proprietario
mentre ricordava che l'elfo “alto e spaventoso” era
proprio
davanti a lui.
“Comunque!”
Riprese, ansioso di cambiare argomento, “Non sapevo come
farlo.
Adar ha detto tante cose e io ho capito che erano giuste
però ormai
avevo detto quelle parole e poi avevo preso la corona e l'avevo
buttata per terra e, e, e poi tutti parlavate e-” Il Laes
parlava
quasi senza respirare, con la faccia diventata tutta rossa per
l'agitazione: “E Legolas poi si stava arrabbiando e adar era
strano
e poi lo ha picchiato e poi è caduto e lui parlava ancora
tanto e la
corna era per terra e il metallo era freddo mi dispiaceva ma era
tardi e non lo sapevo e,e,e,-
“Estel”
Lo interruppe Thranduil, tentando di fermare il fiume di parole
sconnesse e senza senso che stava pronunciando.
“Ma
ada poi io volevo dire scusa ma non usciva! Era tipo s s s s s come i
serpenti”
“ESTEL”
Il
bambino si sgonfiò come un palloncino punto da un ago e
abbassò la
testa appoggiandola al petto del padre.
“Mi
dispiace adar”
Thranduil
si sfilò la corona e la ripose sul comodino, poi
tirò su Estel e,
appoggiando la schiena alla testiera del letto lo mise nuovamente a
sedere sul suo grembo e lo tenne su con un braccio mentre con l'altro
fece cenno a Legolas di raggiungerlo.
Un
volta che gli furono vicini tutti e due sospirò tranquillo.
“Quello
che è successo oggi è stato perdonato ma mi
aspetto che dalla
prossima volta userete più criterio nello scegliere come
agire”
Entrambi
i suoi figli annuirono ma non sembravano davvero attenti: Legolas
aveva appoggiato la testa sulla spalla del padre mentre Estel gli si
era accoccolato addosso sfregando il naso sulla pelle liscia che la
scollatura della tunica gli metteva a disposizione.
“Lo
so che per voi non è facile ma dovete comprendere qual
è il vostro
ruolo e imparare a comportarvi come si conviene ad esso. Essere a
capo di un reame è qualcosa di profondamente complesso e che
comporta doveri che spesso assorbono tutto il tempo disponibile della
giornata, compreso quel tempo che si vorrebbe trascorrere
diversamente” il re però non continuò
il suo discorso dato che
ebbe modo di constatare come il respiro dei due si fosse appesantito
segno evidente che si erano addormentati. Su di lui. Inevitabilmente
però il suo sguardo si fece più dolce mentre li
guardava riposare.
A causa dei suoi doveri si perdeva spesso momenti importanti in
famiglia e non gli capitava che rare volte di poter stare
così in
pace con i suoi figli. Si sentiva stranamente rilassato, era tanto
abituato ad essere circondato da gente che anelava il suo potere, che
lo seguiva per paura, che tentava di tradirlo quando solo avesse
abbassato la guardia che apprezzò profondamente quella
serata,
inclusa la litigata perché, anche se goffamente, aveva
dimostrato
quanto per quei due lui era importate e quanto tenessero ci
nonostante il suo carattere fin troppo freddo e distaccato.
Passarono
i minuti e nessuno sembrava intenzionato a svegliarsi così
il re
prese a scuotere leggermente Legolas e a convincerlo ad alzarsi ma,
quello che seguì lo lasciò perplesso: Legolas si
alzò, aprì
l'armadio, prese una delle vecchie camice del padre, e se la mise al
posto della tunica da giorno, poi, sempre in tutta
tranquillità
scostò le coperte dal letto e vi si infilò sotto.
Thranduil l'aveva
osservato per tutto il tempo con il sopracciglio inarcato cosa che il
figlio aveva evidentemente notato dato che rispose alla sua domanda
inespressa:
“Permetteteci
di farvi compagnia per questa notte”
il
temperamento del re gli imponeva di rifiutare e di mandarli nelle
loro camere ma invece sul su viso gli occhi si addolcirono
definitivamente e sorrise.
I
marmocchi l'avevano avuta vinta questa volta, ma infondo una volta
ogni tanto non sarebbe stato troppo male, pensò il re mentre
tentava
di spogliare Estel senza svegliarlo per poi metterlo fra se e
Legolas.
Erano
davvero ancora degli Hen, tutti e due. Questo pensiero lo
rasserenava.
Alla
fine appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi,
sentì il
figlio minore attaccarsi al suo fianco mentre l'altro gli teneva una
mano.
“Vi
vogliamo bene ada” sussurrò il maggiore.
“Tutti
quanti” completò l'altro.
Il
re non poté fare a meno di farsi sfuggire una leggera risata
mentre
istintivamente strinse la mano a Legolas e feceva una carezza sulla
testa di Estel.
***
THE END ***
Salve
a tutti! Era davvero molto che non pubblicavo niente
°A° (e forse
era meglio così ^^""""""""").
Il
capitolo è stato rivista a causa di sviste all'interno della
storia,
ammetto che non tutte sono state corrette (soprattutto quelle
riguardanti la punteggiatura, purtroppo in questo capitolo non ho
l'aiuto delle mie prodi guardiane salva punteggiatura e quindi me la
sono dovuta cavare da me, e ricordo che prima o poi imparerò
ad
usarla ma: NON È QUESTO IL GIORNO!! ...scusate mi
è scappato^^”,
comunque in sintesi: abbiate pazienza, gli altri capitoli hanno una
punteggiatura migliore). Per tutti i suggerimenti ringrazio Maiwe che
ha avuto la pazienza di segnalarmi ogni cosa!
Questa
fanfiction non ha pretese, sono episodi principalmente a sé
stanti
che vogliono raccontare la vita all'interno del castello di Re
Thranduil. Se riscontrerò che a nessuno danno noia le
inesattezze
che si possono riscontrare e/o altre cose verranno aggiunti altri
capitoli.
Tutta la storia è nata grazie ai bellissimi
disegni di G_Elizabeth che hanno portato in vita tutti gli episodi
che verranno narrati (qui lascio il link alla sua pagina per chi
fosse interessato a darci un'occhiata -cosa che consiglio vivamente
ù_ù-:
https://www.facebook.com/ElizabethsWings?fref=ts )
Bene,
non ho nient'altro da aggiungere quindi torno a ricollegare il
cervello alla lezione!
A presto!
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