PRIMO
CAPITOLO
-Signor
Paciock! Potrei sapere che cos'è quella brodaglia nel tuo calderone, che
inutilmente cerchi di chiamare pozione?- domando con voce disgustata ed il
ragazzo abbassa gli occhi iniziando a tremare visibilmente. Come sono
crudele.
Comincia
a balbettare cose senza senso ed io con un solo colpo di bacchetta faccio
sparire il liquido non ben identificato.
-venti
punti da grifondoro! E le assicuro signor Paciock che le darei volentieri una
punizione se non fosse che non sopporto la sua inutile presenza- mi correggo,
sono molto crudele.
Abbandono
la mia vittima preferita per continuare il mio giro tra i banchi.
-ottimo
lavoro signor Malfoy, cinque punti a serpeverde- avrei voluto assegnarne dieci,
ma creerei favoritismi.
Sento
un bisbiglio e con mio grande piacere è uno, anzi una stolta grifondoro che
cerca inutilmente di suggerire ai suoi ancor più stolti amici.
-Signorina
Granger, noto che nonostante i miei rimproveri continui, lei tenta di aiutare i
suoi compagni ancora una volta, molto bene, altri dieci punti da grifondoro!-
non mi avvicino a Potter o a Weasley, anche se la tentazione di sottrarre altri
punti è forte, e torno alla cattedra sedendomi.
Finita
la lezione gli studenti portano i campioni delle loro pozioni e, naturalmente non
posso non umiliarli con battute acide e canzonatorie.
Usciti
tutti dalla classe mi reco nel mio studio adiacente all'aula. Apro il primo
cassetto della scrivania, quello chiuso a chiave, e ne tiro fuori una boccetta
con all'interno un liquido trasparente. Con un movimento secco la apro e,
lasciando cadere il tappo a terra l'avvicino alle labbra ed ingerisco il
suo contenuto.
Immediatamente
avverto una sensazione di pienezza e il mal di testa diminuisce notevolmente.
Non è paragonabile ad un pasto completo, ma con la Umbridge in giro non mi è
più possibile farlo e non suscitare sospetti. Così mi devo accontentare di una
pozione calmante.
Con
il ritorno di Voldemort poi sono ancora più sorvegliato, non sopporto più
questa situazione! Gli scorsi anni era molto più facile farla franca.
Guardo
distrattamente l'orologio e mi rendo conto che manca poco all'inizio del
pranzo. L'anno passato mi sarei preso la libertà di non presentarmi, ma non
voglio che “l'inquisitore supremo” mi riempia di domande. Così afferro il
mantello ed esco dalla stanza, assicurandomi che gli incantesimi anti intruso o
meglio, ficcanaso siano attivi.
Entrato
in sala grande mi reco al tavolo degli insegnanti, quando con mio orrore, noto
che l'unico posto libero è rimasto quello alla destra del preside. Accidenti a
me ed ai miei ritardi!
Vedo
Albus che con un cenno della mano mi indica di sedermi ed io non posso fare
altro che ubbidire, sperando in un qualche miracolo che renda Silente muto o in
alternativa incapace di fare domande o qualunque tipo di proposta.
-allora
Severus come ti senti oggi?- cosa è una battuta?
-mai
stato meglio- rispondo sarcasticamente
-guarda
che mi sono accorto che in questo periodo sei più stanco e sciupato del solito,
è successo qualcosa?-
-niente,
va tutto bene sono solo un po' stanco ma...-
-secondo
me non mangi abbastanza- questo poco ma sicuro, senza rendersene conto a preso
in pieno il problema
-dovresti
ingerire più zucchero! Ecco, perchè non assaggi il dolce di oggi, è davvero
squisito!- afferma mentre mi porge una porzione.
Perchè
a me? Non ho né la forza né la voglia di iniziare un dibattito con Albus,
quindi cedo e mangio la torta.
Non
ho mai commesso errore più grande! Eccomi qui due ore dopo a rigettare il
pranzo nel WC.
Io
sono intollerante a qualsiasi tipo di dolciume e la prossima volta che Silente
decide di offrirmene uno lo rimpiangerà per tutta la vita!
Mi
sciacquo la faccia e quando alzo lo sguardo mi vedo riflesso nello specchio. È
incredibile, ma ormai sono abituato a pensare a me con questo aspetto, alla mia
parte sbagliata. Tutti gli errori che ho commesso non significano più nulla
ormai, eppure sono rimasto attaccato alla mia vita. Preparare pozioni e
insegnare sono tutto quello che ho e al momento in cui potevo sparire e
ricominciare non sono stato capace di abbandonare tutto. Facendo così mi sono
ritrovato a dover mentire a tutti, persino a Silente, l’unico che mi abbia
accettato per quello che pensa io sia.
Esco
dal bagno e mi siedo sulla poltrona di fronte al camino, è inutile rivangare il
passato, ormai quello che è stato fatto è fatto, niente ripensamenti. Anche
perché sarebbe inutile.
Volendo
potrei andare via, lontano da qui e non farmi più trovare, ma sono troppo
legato ad Hogwarts e non avrei mai il cuore di abbandonare Albus e l’ordine
proprio ora che hanno bisogno di me. E dopo la guerra avrò comunque tutto il
tempo di fare ciò che desidero.
Perché
se c’è una certezza è che non morirò.
Ho
controllato personalmente in ogni libro che parla di creature oscure e non c’è
alcuna informazione su come uccidere un vampiro.
Tutti
gli alunni che ho avuto fino ad ora hanno supposto, scherzando che fossi un
vampiro, se sapessero la verità rimarrebbero leggermente shockati.
La
mia trasformazione è avvenuta durante le vacanze estive tra il mio sesto e
settimo anno di istruzione ad Hogwarts.
Non
abbiamo partecipato alla scorsa guerra contro Voldemort e non penso che questa
volta sarà diverso. I vampiri si ritengono una specie superiore ai conflitti
nati tra maghi e specialmente babbani, questi ultimi ci credono addirittura
creature fantastiche. Non abbiamo mai creato problemi a nessuno, apparte alle
nostre vittime è chiaro, e questo ha fatto dimenticare la nostra pericolosità.
Anche se in effetti non siamo rimasti in molti.
I
miei pensieri vengono interrotti da una fitta all’avambraccio sinistro. Ci
mancava solo questa!
Esco
dalle mie stanze e raggiungo l’ufficio del preside.
-vieni
entra pure Severus-
-devo
andare- gli dico seriamente
-capisco,
va e non preoccuparti, con la Umbridge me la sbrigo io- faccio un cenno
affermativo ed rientro nel mio studio. Afferro la maschera, il mantello, ed un
paio di boccette. Infilandomele nella tasca dei pantaloni mi teletrasporto nel
luogo dell’incontro.
Ho
usato un potere vampirico si, ma non avevo il tempo di uscire dai confini della
scuola per smaterializzarmi.
Giungo
in un salotto, che riconosco come quello della casa di Lucius, non siamo molti
mangiamorte, io, i Lastrange, Avery, Nott, ed infine i padroni di casa. Al
centro della stanza si trova un tavolino e a capo tavola c’è il signore
oscuro, il quale ci invita ad accomodarci.
-dimmi
Severus, ci sono novità riguardo alle mosse dell’Ordine della Fenice?- mi
domanda con una voce troppo calma
-sono
spiacente mio signore, ma riceverò altre informazioni alla riunione di
Natale tra una settimana- continuo a fissarlo negli occhi, non farlo sarebbe
come dirgli “mi dispiace caro Voldie, ma dato che sono dalla parte di Silente
non posso rivelarle altro” e sarebbe piuttosto stupido.
Dopo
una manciata di secondi di silenzio assoluto, nei quali ha continuato a
scrutarmi imperterrito, decide di cambiare argomento e di chiedere a Bellatrix
com’è andata la sua missione. Da questo capisco che per stasera niente
Cruciatus.
Sposto
lo sguardo ed incrocio quello di Lucius
“complimenti”
“grazie”
faccio
un sorriso obliquo da sotto la maschera, ma lui sembra notarlo e come risposta
mi strizza un occhio.
È
mezzanotte passata, la riunione è finita e dato che Albus mi copre le spalle
con la Umbridge, potrei approfittarne per fare una cena completa e
soddisfacente per una volta. Mi smaterializzo nei sobborghi della Londra
babbana e mi dirigo verso i bassifondi riprendendo il mio aspetto reale.
Entro
in locale squallido ed inquadro un uomo sulla quarantina completamente ubriaco.
Perfetto.
Mi
siedo al bancone ordinando un caffè, aspettando che la mia preda esca.
Jonson
Mark era un uomo rispettabile, ben visto da tutti e con un’ ottima carriera di
avvocato tra le mani. Fino a quella mattina. Gli avevano affidato un incarico
piuttosto importante, ma lui si era fatto ingannare accettando delle bustarelle
e quando tutto questo è venuto a galla è stato licenziato in tronco. In più gli
hanno fatto causa e ha speso tutto il suo denaro per cercare di far cadere le
accuse non riuscendoci.
La
sera della sua disfatta si è recato in un locale per cercare un po’ di sollievo
nell’alcol inconsapevole di ciò che sarebbe successo.
Aveva
bevuto per più di tre ore, ormai si è fatto tardi, pensando questo Jonson si
alza dal suo posto barcollando e lasciati i soldi sul tavolo si accinge ad
uscire.
Fuori
lo accoglie un freddo pungente, il Natale è alle porte, e tirandosi su il
bavero del cappotto si avvia verso casa. Decide di passare in un vicolo per
accorciare la strada. Non c’è nessuno e la vittima ha una strana sensazione di
pericolo. Si gira di scatto, ma vedendo che è solo inizia a ridere
nervosamente. L’alcol quella sera gli faceva uno strano effetto!
Torna
sulla sua strada ma essa è interrotta da un ombra scura. Due occhi color del
ghiaccio lo stanno guardando freddamente, ma con desiderio. Vorrebbe scappare a
gambe levate quando la sagoma si avvicina e mostra la sua natura, però è come
se fosse paralizzato.
È
un giovane con la pelle diafana vestito completamente di nero, ha i capelli del
medesimo colore che gli arrivano sotto la vita. La cosa che spaventa Jonson,
però, non sono gli occhi decisamente inumani, ma i canini mostruosamente
lunghi, talmente bianchi da splendere alla mancanza di luce.
Mi
avvicino alla mia vittima e noto con piacere che non tenta inutilmente di
scappare. Lo afferro per il collo e lui come risvegliatosi di colpo cerca di
liberarsi dalla mia presa. Inizia a scalciare freneticamente, ma io evito i
suoi colpi e lo alzo da terra, lanciandolo contro il muro.
Emette
un gemito di dolore al quale io sorrido sadicamente. Lo vedo arrancare cercando
di alzarsi in piedi, allora lo prendo per le braccia ed avvicino la sua faccia
alla mia
-è
tutto inutile, ti conviene rilassarti- gli sussurro all’orecchio.
Con
la mia lingua gli bagno il collo sino ad arrivare alla sua base, lì inserisco
lentamente i miei denti nella sua carne. Immediatamente percepisco il suo
liquido vitale riempirmi la bocca e una scarica di adrenalina percorrere il mio
corpo.
Mi
ero scordato quanto è piacevole ed eccitante allo stesso tempo.
Mi
separo da lui quando ormai è solo un guscio vuoto.
Mi
lecco le labbra gustandomi le sue ultime gocce di sangue e riporto i canini alle
loro dimensioni normali.
Lascio
lì il cadavere ed abbandono il vicolo smaterializzandomi nei confini di
Hogwarts.