“Avanti il prossimo.” borbottò Verena brandendo un mestolo
come se fosse una scimitarra spaziale.
“Patate e fagioli. Amore mio, sei uno splendore oggi.”
Verena non alzò nemmeno gli occhi: scodellò patate e fagioli
in un piatto fondo con consumata perizia, lo allungò sul tavolo dove venne
prontamente agguantato da una mano con le unghie lerce e sospirò: “Anche la tua
french manicure è uno splendore.”
“Trovi?”
“Sì. Quella striscia di terriccio sotto le unghie è davvero
fashion. Che tuberi ci stai coltivando?”
“Ti farò sapere quando spunta qualcosa.”
“Non vedo l’ora. Avanti un altro.”
“Minestrone. Cocca, quand’è che ci beviamo qualcosa insieme
io e te?”
Verena arrischiò uno sguardo rapido sul tizio davanti a lei:
odorava di putrefazione e le sorrideva mostrando denti radi e barcollanti come
lo steccato di una fattoria abbandonata. Gli passò il minestrone senza fare
nemmeno una piega.
“Credo che preferirei morire disidratata. Avanti il
prossimo.”
“Patate e fagioli. E se ce l’hai, anche un milione di euro.”
Risate sguaiate seguirono la battuta ma Verena inarcò appena
il sopracciglio.
“Ce l’avevo sotto il banco da un mese, mi domandavo giusto
se qualcuno l’avrebbe mai chiesto. Mangia i fagioli e contieniti, spiritosone.
Avanti un altro.”
“A me minestrone, gioia: i fagioli mi fanno scoreggiare come
un aereo a reazione.”
“Che meravigliosa notizia. Non so che dire, Giorgione, hai
provato con un tappo di sughero?”
“Oh, oh, la bella musona ha fatto una battuta! Presto, fotografatela!”
Verena, suo malgrado, si lasciò sfuggire un mezzo sorriso e
Giorgione alzò le braccia al cielo, radioso.
“E ha anche sorriso! E’ proprio Natale, che Dio mi fulmini.
Ehi, Osvaldo, la bella musona ha sorriso, non sei felice?”
Osvaldo, il senzatetto che aveva litigato con Verena la
prima volta che era andata al centro di accoglienza, si strinse nelle spalle e
fissò la ragazza con aria malevola.
“Sarà stato un crampo” borbottò convinto “A me minestrone.”
“Aspetta il tuo turno, c’è prima Cavallo Pazzo.”
Cavallo Pazzo era una specie di gnomo ingobbito con la
faccia da adolescente psicopatico che camminava sempre attaccato al sedere di
Giorgione: Verena non aveva mai sentito la sua voce nemmeno per dirle se voleva
il minestrone o la pasta e fagioli. Si limitava sempre a guardarla con due
acquosi occhioni grigi, con una faccia così devota e mistica neanche lei fosse la Madonna pronta a redimerlo.
“Cavallo Pazzo ha una cotta per te, musona.” le aveva
rivelato Giorgione una volta: secondo lui l’aveva detto sottovoce in
confidenza, in realtà l’aveva praticamente urlato col megafono, col risultato
che tutti al centro di accoglienza la conoscevano come “la musona fidanzata di
Cavallo Pazzo”. “Il che è esattamente quello che ti meriti” dichiarò
Vocetta1 saccente “Dopo Verena dalla Clava fidanzata di Scaturro, Musona
fidanzata di Cavallo Pazzo era l’unica alternativa possibile.”
Verena scodellò un bel piatto di minestrone e lo porse al
senzatetto.
“Tieni, Cavallo Pazzo.” disse con voce più dolce e proprio
in quel momento Cavallo Pazzo le allungò un voluminoso pacco sul bancone,
arraffò il suo piatto con entrambe le mani e claudicò via, ingobbito e
rattrappito.
Verena osservò sospettosa il pacco incartato con carta di
giornale come se fosse una bomba a orologeria.
“Cos’è?” chiese a Giorgione che la guardava sogghignando.
“Un regalo di Natale” confidò lui: il suo vocione tonante
rimbombò nella sala e lo sentirono tutti, dall’Irlanda all’Algeria “Aprilo, ci
lavora da settimane!”
“Un regalo dal fidanzato psicopatico e barbone!”
cinguettò Vocetta2 con velata ironia “Wow, questo sì che sarà un Natale da
ricordare!”
“Cos’è?” chiese di nuovo aggrottando le sopracciglia: non
voleva offendere Cavallo Pazzo, ma il regalo che le aveva fatto per Santa Lucia
era stato un piccione morto e Verena non voleva ripetere la performance con un
altro cadavere, magari di roditore, per finire in bellezza il Natale.
“Niente di organico, ho controllato.” rispose Giorgione
allegro e Verena si preparò a scartare il pacco, usando solo la punta delle
dita e preparandosi a scattare all’indietro.
Era una scatola da scarpe di cartone: dentro c’era un’altra
scatola che pubblicizzava un aggeggio per la depilazione; dentro c’era un’altra
scatola più piccola.
“Non è che il regalo è proprio questa matrioska di
scatole?” si domandò Vocetta1 dubbiosa, ma dentro l’ultima scatola Verena
trovò una specie di cuscinetto fatto con fazzolettini di carta appallottolati
con sopra un cerchio di lamiera intrecciata e un pezzo di vetro incastrato in
mezzo. Verena elaborò in fretta qualche ipotesi, ma alla fine si arrese.
“Cos’è?” chiese per la terza volta, sottovoce.
“E’ un anello!” esclamò Giorgione al settimo cielo “Non lo
vedi?”
Un anello. Era enorme! Neanche se avesse avuto gli zoccoli
da cavallo le sarebbe andato bene.
“Oh, ehm… che bello…”
“Proprio una richiesta ufficiale” grugnì Osvaldo malevolo
“Mi dai il mio minestrone, adesso?”
Richiesta ufficiale. Richiesta ufficiale?
“Mio Dio, è un anello di fidanzamento!!” gorgogliò
inorridita Vocetta2.
“Non posso accettare” balbettò Verena mollando l’anello
dentro la scatola come se si fosse di colpo trasformato in un serpente velenoso
“Dì a Cavallo Pazzo che ho fatto voto di castità e che non posso fidanzarmi con
lui.”
“Non credo che capirà.” la avvisò Giorgione dubbioso.
“Ti conviene prenderlo” commentò invece Osvaldo pragmatico
“Di meglio non trovi, con quella riserva di acido muriatico che hai per
lingua.”
“Ha parlato il budino alla crema” rispose immediatamente
Verena, punta sul vivo “Più che il minestrone dovrebbero darti
dell’antiparassitario, il tuo odore di primule arriva fino in Guatemala.”
“Mi dispiace offendere il tuo odorato, principessa sul
pisello” ribatté Osvaldo incupito “Adesso me lo dai o no quel cacchio di
minestrone?”
“Te lo darei più volentieri se solo ti lavassi le ascelle
con l’idraulico liquido!” rispose Verena altrettanto aggressiva: riempì un
piatto di minestrone, lo posò con forza sul bancone e si tolse un pacchetto
dalle tasche del grembiule.
“Tò questo.” grugnì poi quasi tirando il pacchetto in testa
a Osvaldo.
Questi lo prese per riflesso condizionato, la faccia
comicamente sconvolta di sorpresa.
“Cos’è?” chiese anche lui.
“Un regalo!” tuonò Giorgione che non se n’era ancora andato
via “La bella musona ha fatto un regalo a Osvaldo!! Questo sì che è amore!”
Lo sentirono tutti, nell’intera provincia bolognese: Osvaldo
continuava a guardare il pacchetto come se fosse un brano di carne cruda.
“Ti do un indizio” specificò Verena arrossendo leggermente
mentre Osvaldo scartava il pacco con titubanza “E’ liquido ma non si beve, a
meno che non abbiano problemi di odorato anche le tue tonsille: nel tuo caso,
dovrebbero farti di tutto, dalla lavanda gastrica al clistere.”
Era un bagnoschiuma: Osvaldo deglutì a vuoto un paio di
volte guardandolo e i suoi occhi cisposi furono di colpo stranamente arrossati.
Ma si ricompose in fretta e fece sparire rapidamente il flacone nei meandri del
suo largo cappottone spelacchiato.
“Potevi almeno prendermi il Felce Azzurra” sbuffò afferrando
il piatto di minestrone senza alzare gli occhi su di lei “Questo qui ai frutti
tropicali è da checca.”
“Ringrazia il cielo che non ci ho messo dentro dello
sturalavandini” rimbeccò Verena altrettanto burbera “Buon Natale, puzzone.”
Osvaldo camminò via borbottando fra sé e Giorgione ammiccò a
Verena, sorridente.
“Non hai paura che Cavallo Pazzo diventi geloso?” domandò
amabilmente.
“Il mio fidanzato ha vedute aperte” rispose altezzosa Verena
puntando il naso per aria “Non è mica un buzzurrone come voi.”
Giorgione rise facendo tremare le pareti del locale; lo fece
con tanta partecipazione che Verena non poté fare a meno di imitarlo.
Fu così che la vide Teo entrando nel centro di accoglienza:
grembiulone macchiato, capelli tirati su con un fazzoletto, mestolo in mano e
sorriso timido a illuminarle il viso come il sole nel cielo d’agosto.
* * *
Rimase per un attimo sulla soglia a fissarla folgorato,
mentre il cuore gli circumnavigava gli organi interni prima di tornare nella
sua solita sede.
Verena era così bella, constatò Teo incantato: ogni volta
che sorrideva, a ogni comparsa di quelle fossette meravigliose si sentiva
rimescolare tutto dentro e fuori, come se un portentoso massaggiatore svizzero
lo ribaltasse con un massaggio particolarmente invasivo. Verena gli aveva fatto
quell’effetto da subito, quando era entrata nella sua vita con quella sberla
apocalittica e quel bacio da far arricciare le dita dei piedi; solo che forse
per la sorpresa, forse per la paura di innamorarsi davvero, Teo non aveva
capito subito cos’era successo.
Si chiese come avesse mai potuto pensare di poter stare
senza lei, così divinamente bella anche con solo l’ausilio di un mestolo e di
un grembiule bisunto;
si chiese anche vagamente perplesso se fosse normale non
riuscire a respirare continuando a guardare quelle fossette;
si chiese poi come avrebbe potuto sopravvivere senza
l’immagine di lei che scodellava minestrone verdastro ai barboni;
si chiese infine, con angosciata trepidazione, se il suo
cuore avrebbe retto un possibile rifiuto e quando lei finalmente girò gli occhi
scuri su di lui, inchiodandolo alla porta, si rispose mestamente di no.
No, non avrebbe retto. Perché quel maledetto aspide, da
quando l’aveva sorpreso con un ceffone ben piazzato, non si era più schiodato
dal suo cuore; e lui poteva sforzarsi di mettere camicie sempre più pazzesche,
di pettinarsi i capelli col gel più cementifero della storia, di mangiare
camionate intere di panini… rimaneva il fatto che senza di lei niente aveva più
colore e sapore; niente aveva più senso senza Verena Bassi dalla Clava, nessun
ramo aggiunto.
Teo rimase quindi in piedi sulla soglia, impotente e
disarmato come mai in vita sua, sentendosi particolarmente nudo, ridicolo e con
le mani assurdamente sudate.
Verena lo guardò a lungo con indifferenza, come se non lo
riconoscesse; poi, il suo sorriso si spense di colpo. Mollò il mestolo dentro
al pentolone, si strofinò distrattamente le mani sul grembiule e marciò decisa
verso di lui.
Teo rimase immobile, inchiodato sul posto dallo sguardo cupo
di Verena: il cuore gli batteva così forte e così alto in gola che con un colpo
di tosse avrebbe potuto sputarlo sul pavimento. Gli arrivò davanti e lui aprì
la bocca per parlare.
“Verena cara, io…”
Verena bilanciò il braccio destro e mollò a Teo una tale
sberla che gli girò la faccia di 180°.
“Perché non mi hai chiamato?” strillò poi puntandosi i pugni
sui fianchi: la sua voce, pur sferzante e trasudante rabbia, tremava in
sintonia col mento aggressivamente alzato.
Teo si portò una mano alla guancia offesa e sbatté le ciglia
in faccia a Verena.
“Ahio!” gorgogliò stupefatto: era doverosamente folgorato
dalla sorpresa ma anche vagamente risentito.
“Perché non mi hai chiamato!” ripeté Verena con un ringhio
“Sono passati mesi… dico, mesi interi! Giorni su giorni, settimane su
settimane… e non hai sprecato nemmeno un cazzo di secondo per prendere in mano
quella cazzo di cornetta e farmi una telefonata del cazzo?!?”
“Và che lessico da baronessa che c’ha la musona, quando
vuole!” gorgheggiò Giorgione appostandosi comodamente di fronte ai due per
godersi meglio lo spettacolo “Chi è questo sfringuellino biondo? Il tuo
moroso?”
Cavallo Pazzo si avvicinò minaccioso a Teo e sembrò quasi
ringhiargli dietro; Verena fece un gesto secco della mano senza schiodare gli
occhi, come a dire di lasciarla in pace.
“Allora?” berciò poi incattivita.
Teo stava ancora cercando di raccapezzarsi: non era di
sicuro così che si aspettava il suo primo incontro con Verena. Le sue fantasie
erano andate da lei che gli correva incontro piangendo a svariate varianti di
baci appassionati modello Winslet/di Caprio in Titanic. L’ultima cosa che si
aspettava era quel manrovescio da competizione e quel discreto pubblico di
barboni che odorava come una fogna aperta in riva al Gange.
“Che sberla” balbettò tra l’offeso e il costernato “Ho come
un dejà vu: mi sembra di essere nel corridoio del primo piano della scuola...
Dov’è Scaturro?”
“Rispondimi, cerebroleso!”
“Non mi ricordo cosa hai chiesto.” ammise Teo, francamente
imbarazzato: aveva perso la domanda per strada e Verena per poco non gli rifilò
un altro schiaffone.
“E’ troppo scemo per essere un moroso” annunciò Osvaldo a
sorpresa da un angolo seminascosto del locale “E con quella camicia, poi…”
“Sarà un parrucchiere” tentò di nuovo Giorgione “Sono tutti
finocchi quelli lì.”
“Zitti, cazzo!” strepitò Verena mentre una solerte e
incuriosita suor Giacinta si avvicinava a loro con un timido sorriso di
circostanza “Oltre a ignorarmi per settimane e mesi come se nemmeno esistessi…
oltre a mandarmi in frantumi il cuore ogni cazzo di volta che ti incrociavo a
scuola, hai anche il coraggio di venire qui a fare il deficiente del cazzo?!?”
“Ehm, Verena…?” si intromise suor Giacinta vagamente
imbarazzata dall’evidente turpiloquio della ragazza, la quale naturalmente la
ignorò.
“Che diavolo ne sapevo io!” si decise a difendersi Teo,
alzando la voce “Mi avevi detto… tue testuali parole, mi avevi detto che sono
completamente senza cuore e che non volevi vedermi mai più! Cosa dovevo fare,
strisciare ai tuoi piedi come un ramarro zoppo e supplicare di perdonarmi?”
“Sarebbe stato un buon inizio!” strillò di rimando Verena
stringendo furiosamente i pugni.
“Non mi sembra che mi avessi dato qualche speranza di
riconciliazione!”
“Infatti non ne avevi! Ciò non toglie che avresti dovuto lo
stesso provare, accidenti a te!”
“E secondo te sapendo che non vedevi l’ora di battermi come
un tappeto dovevo correre qui subito! Magari con il gatto a nove code oliato di
fresco per farmi punire meglio! Ti rendi conto di quanto siano deliranti i tuoi
ragionamenti?”
“E tu hai una idea… hai anche solo una vaga idea di quello
che ho passato in questi mesi?”
Preso in contropiede, Teo aggrottò le sopracciglia.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che qualcuno doveva dirtele quelle cose,
maledetto canarino… ficcanaso… manipolatore del cazzo! E io te le ho dette,
anche se ho sofferto come un cane morto e tu… tu dovevi venire a chiedermi
scusa! Dovevi strisciare proprio come un ramarro del cazzo e promettere che mai
più… che mai più mi avresti fatto stare male così!”
“Ehm Verena?” tentò di nuovo suor Giacinta quando si avvide
che Cavallo Pazzo, vedendo la propria amata così evidentemente sofferente,
stava quasi per avventarsi su Teo, trattenuto blandamente da Giorgione.
“Che vuole questo?” chiese Teo inquieto mentre Cavallo Pazzo
quasi gli abbaiava dietro.
“Ti vuole azzannare” sibilò Verena “Ognuno ha gli alleati
che si merita: tu hai Otello, io ho Cavallo Pazzo.”
“E’ un po’ geloso” spiegò Giorgione garrulo col suo vocione
da imbonitore “E’ innamorato anche lui della musona e secondo me ha capito che
siete in competizione. Non è da scompisciarsi?”
E rise, effettivamente, provocando una scossa tellurica di
notevole magnitudo. Teo cercò di fare mente locale anche se mai come in quel
momento si era sentito ottuso e fuori dal mondo.
“Verena, ascolta” disse deciso “Sono venuto qui non per
farmi prendere a sberle e nemmeno per essere azzannato dal tuo mastino guardia
del corpo, ma per dirti che… dirti che…”
Si impappinò: come poteva dirle che moriva dalla voglia di
baciarla davanti a un romantico pubblico di barboni puzzolenti?
“Dirle che?” tuonò Giorgione incoraggiante.
“Se sei venuto solo per farti prendere a sberle, possiamo
concludere il lavoro io e Cavallo Pazzo.” si stizzì anche Osvaldo che non si
era perso una sillaba dal suo angolo quasi nascosto.
“No, niente sberle. Io sono qui perché devo dirti che…
Verena cara…”
Perché era così maledettamente difficile? Perché gli
sembrava di avere davanti un muro di cemento armato invalicabile?!?
“Dirmi che?” si spazientì Verena: quell’incertezza era una
tale tortura sottopelle che le sembrava di avere la scabbia.
“Dirti che…”
“Uff, che mortimpiedi.” grugnì Giorgione gonfiando le guance
esasperato.
“Dirti che mi dispiace” buttò fuori Teo d’un fiato “Mi sono
davvero comportato come uno stronzo meschino e manipolatore. Non ho scuse né
parole per dirti quanto… quanto mi dispiace.”
“Bene.” rispose Verena dopo aver deglutito a vuoto. “Sta
chiedendo scusa” evidenziò l’ovvio Vocetta2 “E’ una cosa buona, no?”
Certo che lo era. Allora perchè le sembrava di avere appena
ingoiato un intero stagno di rospi?
“Perché delle scuse non te ne frega una cippa lippa
quando vorresti qualcos’altro.” rispose Vocetta1 lugubremente.
“Sì, è così. Voglio chiederti scusa, Verena cara. Spero che
tu possa perdonarmi.”
“Quindi sei qui per metterti la coscienza a posto.”
“Solo per la tua cacchio di coscienza.” specificò
Vocetta1. Ti pareva.
“Beh…” tentennò Teo.
“Ok” tagliò corto Verena sbrigativa “Normalmente ti direi
che ti sei comportato talmente da merda con tutti, a partire dal tuo degno
gemello per arrivare a Mariacarla della Mirandola NonSoNemmenoSeSonoAlMondo,
che personalmente ti appenderei per lo scroto al muro con un gancio uncinato,
ma siccome è Natale e per qualche assurda ragione tutti tranne me ti hanno
perdonato, farò finta di essere magnanima e non ti sparerò in bocca
frantumandoti tutti quei bei denti di ceppo finlandese che hai. Ora, se non hai
nient’altro da dire, te ne puoi anche andare.”
Bruscamente girò le spalle a Teo: non ne poteva davvero più
di annegare in quei due maledetti laghetti finlandesi… non aveva più la forza
di opporsi all’impulso irresistibile di saltargli al collo e di stordirsi di
profumo di more.
“Brava ragazza!” approvò Giorgione entusiasta “Che bel
discorso! Sei originaria di Corleone?”
“Verena…”
“Ho detto vattene o ti sguinzaglio dietro il mio nuovo
fidanzato!”
Teo girò lo sguardo intorno e incontrò il viso di Cavallo
Pazzo che sembrava quello di Santa Cecilia in estasi mistica.
“Lui?” trasecolò “Stai scherzando, vero? E’ così brutto che
se si avvicina a una macchina parte l’antifurto! E fa svenire anche solo il
pensiero di respirargli vicino!”
“Magari puzza come una mandria di gnu” ammise Verena “Ma
almeno non racconta balle universali, lui.”
Fece due passi in allontanamento e Teo fu preso dal panico.
“Fermala!” gli ordinò un redivivo quanto inaspettato Grillo Parlante
nella testa e Teo sapeva che aveva ragione: se lei andava via, il suo cuore non
avrebbe retto… il suo cuore…
“Verena, aspetta!”
“Buon Natale, sporca savusilakka, e addio.”
“E salutaci Cenerentola!” sghignazzò Osvaldo.
Un altro passo: il cuore in bilico su uno strapiombo di
vetri rotti.
“Verena, aspetta… io… io ti odio!”
Verena si fermò di colpo, schiena rigida e immobile.
“Bell’inizio” commentò Osvaldo sottovoce “Questo qui non vuole
solo un’altra sberla, ma un’intera manica di botte.”
“Non può essere” soffiò invece Vocetta1 incerta.
“Io ti odio” continuò Teo con voce più ferma, il cuore che
gli batteva in petto come le percussioni di una rock band “Sottovoce, con
inchiostro e parole che non sapevo di avere…”
La schiena di Verena tremò; “Non può essere” ripetè
Vocetta1 subito surclassata da una esultante Vocetta2 “E invece è, eccome!!”
“Che dice?” balbettò Giorgione spaesato “Che c’entra
l’inchiostro? E’ per caso un tipografo?”
“Sarà una vaccata mielosa abbinata a quella camicia da
checca.” ipotizzò Osvaldo corrucciato.
Stranamente, Verena nemmeno li sentì: il cuore le era
piombato in fondo ai piedi e poi era partito a razzo per conficcarsi in gola a
ostruirle il respiro e a rombare come il motore di una Maserati.
“La poesia di Scaturro!” ansimò Vocetta1, ma anche
questo non era vero, come tutto il resto. Non era la poesia di Scaturro; era di
Teo. Anche quelle parole dolci e struggenti che le avevano toccato il cuore…
anche quelle erano sue. Come il profumo di more, come le erre rotolose, come la
fame cronica e le camicie spumeggianti… come tutto quello che amava di lui, con
una elementare potenza da spezzare il cuore. Teo, sempre Teo. Logico. Col senno
di poi, le sembrava addirittura di averlo sempre saputo.
“Odio pensare che non devo pensarti e così ti penso.”
continuava intanto Teo facendo un passo verso di lei.
“Eri tu” mormorò Verena quasi con rabbia “Eri sempre tu… ed
era sempre per qualcun’altra!”
“Non era qualcun’altra ma qualcos’altro” ammise Teo con
disarmante sincerità “Era il sogno di qualcuno che ancora non esisteva. Eri tu,
solo che ancora non lo sapevo. Perché solo a te, Verena cara, avrei davvero
potuto dire che ti odio con tutto il cuore.”
“Ragazzi, Dio consiglia pace e amore…” balbettò suor
Giacinta che non sapeva da che parte girarsi.
Ma Teo non aveva ancora finito.
“Odio i tuoi pazzeschi vestiti di gomma e il tuo patetico
reggiseno delle Winx” continuò con voce sognante “Odio il tuo modo di piegare
la testa e osservare le cose con aria disgustata; odio la tua mania di
raddrizzare le cornici; odio quando mi sgridi perché guido da schifo, odio le
tue fossette… odio dover dipendere da te per respirare.”
Verena girò appena il viso, come attirata da una forza
invisibile: “Così non vale” pensò Vocetta1 accorata “E’ troppo,
troppo savusilakkoso!!”
“Odio ricordarmi di te ogni santa volta che prendo in mano
il vaso della Nutella” continuò Teo a voce sempre più bassa e rauca, così
vicino che Verena sentì sulla schiena il calore della sua vicinanza “Odio dover
litigare con te per ore e poi non capire lo stesso una parola di quello che hai
detto. Odio vederti rabbrividire per le mie erre. Odio quando mi dai della
savusilakka e dici che vorresti darmi una sberla, ma hai le guance rosse e io
lo so… io lo so che vorresti baciarmi.”
“Sei un bastardo” mormorò Verena con voce rotta e tremante,
così liquida che sembrava provenire da sott’acqua “Sei un infido bugiardo
egoista che caccia solo balle! E sono io… io che ti odio!”
La mano di Teo si posò sulla spalla di Verena: lei avrebbe
voluto scostarla, ma non ci sarebbe riuscita nemmeno per salvare il mondo da
una guerra nucleare.
“E fai bene” mormorò Teo mentre Osvaldo, Cavallo Pazzo,
Giorgione e suor Giacinta si guardavano l’un l’altro, indecisi se mollare i due
ragazzi alle proprie confessioni o ufficializzare l’allegra combriccola dei
barboni guardoni “Fai bene perché sono stato così scemo a non accorgermi subito
di amarti che andrei preso a sberle da qui all’eternità.”
“Ecco, vedi che anche… eh?”
Verena, gambe come pappa d’avena e meteorite fumante
incastrato sul piloro, si girò verso Teo: trovarsi così repentinamente avvolta
dal tiro incrociato di profumo di more e occhi turchini supplicanti le scatenò
in testa un tale concerto di gorgheggi di Masini che le parole si inabissarono
miseramente in gola.
“Ho detto che fai bene” mormorò Teo attirandola verso di sé:
Verena atterrò sul suo petto morbidamente, la bocca semiaperta in una buffa
espressione attonita, così tenera che a Teo venne voglia di mangiarla come un
dolcetto alla crema “Fai bene a odiarmi e a prendermi a sberle e a darmi della
savusilakka. Non chiedo altro che questo. Perché io sono completamente,
irrimediabilmente innamorato di te, Verena cara, e farei di tutto… subirei di
tutto pur di starti vicino.”
“Wow.” mormorò uno dei barboni lì intorno, doverosamente
colpito.
“Oh, beh” sospirò Vocetta1 di ottimo umore “Questo
taglia la testa al toro, non è vero?”
Era vero.
Il viso di Verena si accartocciò tutto e dagli occhi
spuntarono due lucide gemme trasparenti che si aggrapparono alle sue ciglia.
“Volevi la favola e hai avuto l’intera bibliografia dei
fratelli Grimm!” cinguettò Vocetta2 estasiata “Che diavolo vuoi,
ancora?!?”
Niente: quel momento era tutto ciò che aveva mai desiderato in
tutta la sua vita.
“Ci voleva tanto per dirlo?” ruggì allora aggressiva.
Poi, con una specie di ringhio esausto, prese fra le mani in
viso di Teo, lo attirò verso il suo e lo baciò. Ci mise un tale trasporto che
lo costrinse a ondeggiare per rimanere in piedi.
“Olè!” esclamò Giorgione continuando a trattenere Cavallo
Pazzo che si era messo letteralmente a ululare “Tra un minestrone e una sberla,
c’è scappato nientemeno che il bacio con la lingua!! Tre urrà per la bella
musona e il canarino!”
“URRA’!” approvarono entusiasti i barboni, corroborati dal
cibo caldo e dal Natale imminente.
“Oh, sì, ehm…” tentennò suor Giacinta: in realtà non le era
mai capitato di assistere a una scena del genere in tanti anni di onorata
carriera ecclesiastica e non sapeva bene come comportarsi.
“Potremmo, ehm, innalzare una preghiera al Signore…”
Teo strinse Verena a sé con forza, fianchi contro fianchi;
una mano salda dietro la nuca, una mano alla base della sua schiena, ogni
singolo centimetro di corpo a contatto…
“Occhio ragazzi!” strillò Giorgione garrulo “Se mi fate
ingorillire sta mandria di bufali, rischia grosso anche quello scorfano di Suor
Giacinta!”
Suor Giacinta arrossì come una camionetta dei pompieri.
“Ehm! Ragazzi?” si affannò a strillare tra i fischi sempre
più acuti ed espliciti degli astanti “Preghiamo per il Natale che ci rende
tutti più buoni…”
“E più arrapati!” ghignò Giorgione al settimo cielo “Và il
canarino con la camicia da showman che spettacolino che tira fuori… Buono,
Cavallo Pazzo, te dei lavori così non li devi neanche vedere… rimani sulle
campanelle e le renne di Natale, che è meglio!”
Verena, incurante di qualsiasi cosa, stordita dal profumo di
more e da una felicità così grande che era impensabile quantificare, si
aggrappò al collo di Teo, baciandolo dappertutto, assaporando la sua pelle del
viso, le palpebre, le labbra, gli zigomi…
“Altro che minestrone” sghignazzò Giorgione “Tra un po’ la
bella musona si mangia il canarino vivo! ANCORA URRA’ PER LO SHOW, gente!”
“URRA’!” parteciparono tutti ridendo.
“RAGAZZI!” si decise a strillare suor Giacinta “Un po’ di
contegno, corbezzoli! Siamo in un centro di accoglienza, non in un luogo di
perdizione…”
“… che sarebbe un bel po’ più divertente!” esclamò Giorgione
facendole l’occhiolino “Qui è una tale messa da morto che aspettavamo solo la
salma. Meno male che questi due ci hanno dato una botta di vita!”
“Ma se continuano così, tra un po’ avranno bisogno di una
branda.” annunciò Osvaldo con aria di rimprovero.
“Vado a chiamare il parroco!” si decise suor Giacinta e
scappò via da quel cancanaio improvviso e quasi blasfemo.
“Ve-re-naaaa!” biascicò all’improvviso Cavallo Pazzo
affranto e Giorgione lo incoraggiò con un leggero pat pat sulla spalla.
“Stai buono, Cavallo Pazzo” disse di ottimo umore “Le donne
credimi, è meglio perderle che trovarle. Quella sciroccata della musona, poi,
era troppo pazza persino per te. Giusto, Osvaldo?”
“Cazzate” si schifò Osvaldo, in netta controtendenza “La
musona eletta a eroina romantica… con questa le ho viste proprio tutte. Natale di
merda!”
Girò le spalle al chiasso generale, prese il suo piatto di
minestrone lasciato metà e lo sorbì con il dignitoso contegno di un vero lord
inglese.
* * *
“Verena cara…” mormorò Teo staccando per un attimo le labbra
dalle sue.
“Uhm?”
“Devo dirti una cosa.”
“Purchè sia piena di erre, vai pure.”
Erano soli, sulla Teo mobile: ci erano arrivati dopo il
cortese ma fermo invito di don Peppino a levare le tende al più presto e
dirottare il loro evidente entusiasmo verso opere di bene. Era successo più o
meno un’ora prima (un’ora che erano sembrati tre secondi, a dire il vero) e forse
la Multipla verde cancrena non era il posto più comodo e discreto del mondo per
pomiciare, soprattutto in mezzo a un milione di passanti incuriositi e con un
freddo polare che premeva dall’esterno, ma a Verena sembrava di stare su una tiepida
nuvola di ovatta.
“E’ una cosa che ti dovevo dire da un sacco di tempo.”
“Guarda che lo so che non ucciderai Otello solo perché lo
odio con tutto il cuore” rispose semiseria disegnando con l’indice il contorno
della bocca di Teo “Non ti preoccupare, assolderò un killer per quello.”
“Vedremo” sorrise lui radioso “No, è una cosa seria.”
“L’obolo annuale?”
“Dai, non scherzare. E’ quello mensile.”
Verena lo guardò in fondo agli occhi celesti, seri e
radiosi, maliziosi e scanzonati, così azzurri che sembravano appena dipinti:
sospirò, così colma di soddisfazione che le traboccava fuori da tutti i pori. “Non
è normale sudare felicità!” la avvisò Vocetta2 garrula.
“Credevo che avessi raggiunto l’apoteosi dopo aver ammesso
di essere uno stronzo meschino e manipolatore.”
“Quella? Era solo una frangia per farti venire a letto con
me.”
“Comportamento tipicamente savusilakkoso, ma l’idea di base
è ottima. Allora, questa cosa seria?”
“Olen pahoillani*.” disse Teo con la faccia da cucciolo.
Aveva ancora la mano sulla sua guancia e le accarezzava le
labbra distrattamente con il pollice: forse lui non lo sapeva, ma l’effetto era
altamente devastante, per le povere sinapsi di Verena.
“Era giusto quello che stavo pensando.” approvò lei seria.
“Sai cosa ho detto?”
“Che hai i calzini spaiati.”
“Non esattamente.”
“Sì, invece: uno è blu e uno è nero.”
“Intendevo quello che ho detto io.”
“Se parli in finlandese, mi sento in diritto di rimanere in
silenzio: comunicherò solo in presenza del mio avvocato.”
“Olenpa tyhmä**.” continuò Teo imperterrito.
“Come no. Ne ho un paio di camoscio a casa che sono una
bellezza.”
“Anna anteeksi***.”
“Davvero romantica questa lingua, musicale come una
motofalciatrice al minimo. A dire il vero, preferisco quando mi inondi di
erre.”
“Olet kaunis****.”
Verena inarcò un sopracciglio dubbiosa.
“Oh, sganciamo munizioni pesanti?”
“Questa l’hai capita?”
“Ho studiato qualcosina” ammise Verena arrossendo suo
malgrado “Non molto tempo fa volevo dirti di andare a fare in culo nella tua
lingua madre, ma Internet non è molto ferrato sugli insulti. Ho deciso di farmi
bastare savusilakka, è così evocativo che non mi serve altro.”
Teo sorrise, poi la attirò a sé e la baciò dolcemente.
“Sarà anche una savusilakka e frou frou, ma bacia come un
Dio!” cinguettò Vocetta2 estasiata.
“Mi chiedevo se ti andasse di passare la vigilia di Natale
da noi” le chiese poi salottiero mentre lei era ancora in shock anafilattico
“Ci saranno anche Oleana e Mariacarla.”
“Uhm” meditò Verena “Come si dice bacio in finlandese?”
“Suudella. Ne vuoi dare uno a Otello?”
“Suudella?” si schifò Verena “Mamma mia, sembra un nuovo
insaccato! Un incrocio tra il salame e la mortadella. Comunque, me ne dai
un’altra?”
“Di cosa?”
“Di suudelle.”
Teo la accontentò con lenta passione, accarezzandole i
fianchi e facendole scoprire di avere sensori tattili persino sopra i vestiti:
quando si staccò da lei, Verena era ansimante e vagamente anestetizzata dal
collo in giù.
“Allora, vieni?”
“Oh, ah… dove?”
“A casa mia la vigilia di Natale.”
“Cucina tua madre?”
“Sì. Ma alla fine della cena se proprio il kalakukko non ti
piace, puoi sempre spalmare lo zio Timo di Nutella e leccarlo tutto. Credo che
non farebbe obiezioni.”
“Oddio, c’è lo zio Timo?”
“Zio Timo, zia Virpi e zio Aarto, nonché isoisä e isoäiti.”
“I barboncini nani di zia Virpi?”
“Nonno e nonna.”
“Oh, tutto il sacro ceppo finlandese al completo. Credo di
aver bisogno di un’altra suudella per affrontare il discorso.”
Teo gliene diede tre o quattro: finirono per trovarsi
aggrovigliati al cambio, ansimanti, rossi sulle guance e decisamente distratti.
“Mi dici che cosa ci infili in quelle suudelle?” mormorò
Verena con voce rauca “Feromoni concentrati?”
“Parlerò di questo argomento solo con le tue Winx.” rispose
Teo nello stesso tono; aveva gli occhi lucidi e languidi e il desiderio che vi
si leggeva dentro era come una inondazione di erre.
“Mi sa che Osvaldo aveva ragione” commentò Vocetta1
compunta “Vi serve urgentemente una camera!”
“Allora, questa cena…” gorgogliò in fretta Verena per
neutralizzare la marea di pensieri sconci che le era balenata in mente.
“Non sarà una passeggiata” disse Teo con franchezza “Isoäiti
è un po’, come dire, fuori di testa…”
“Che strano” commentò candidamente Verena “Voialtri Ferri
invece siete così posati e razionali.”
“E Otello quando c’è tanta gente si agita e vomita
dappertutto…”
“Che meraviglia” sospirò Verena e lo pensava davvero “Le
begonie saranno tutte in fermento per l’occasione.”
“Per favore, vieni. Devo farti conoscere tutti.”
Verena aveva una domanda, ma aveva quasi paura di farla.
“E con che titolo mi presenteresti, scusa?” buttò lì alla
fine, arrossendo lievemente “Verena Bassi dalla Clava non è di mio gradimento.”
Teo, con aria seria e le ciglia giudiziosamente abbassate
sugli occhi, le prese una mano e cominciò laboriosamente a contarle le dita.
“Se nel frattempo non hai violentato altri studenti nel
corridoio del primo piano a scuola, per me è ancora valido quello che ti dissi
davanti a Vincenzina” buttò poi lì a bruciapelo “Quindi, se non ti disturba,
potrei dire che sei la mia ragazza.”
Il cuore di Verena fece un po’ di bungee jumping tra la gola
e l’addome prima che lei riuscisse di nuovo a parlare.
“Visto che non hai nessuna alternativa migliore…” borbottò
infine con voce malferma.
“Se ti presentassi come la dog sitter di Otello non saresti
credibile.” spiegò Teo con aria seria.
“Vero.”
“Allora verrai? Ti ho convinta?”
“Non proprio. Visto che ci sono anche Mariacarla della
Mirandola SantaScarpaFirmata e la Odescalchi ramo Riccobono, che figura ci
faccio io senza nessun ramo aggiunto?”
“Te ne presto uno dei miei” propose Teo amichevole “Devi
vedere che germogli sono spuntati a forza di innaffiare il mio ceppo
finlandese!”
Verena gli lanciò un lungo sguardo indagatore, ma nelle
iridi turchine di Teo non c’era ironia e nemmeno titubanza: c’era solo una
immensa, traboccante felicità.
“Verena Bassi dalla Clava in Fab Frou, ramo Savusilakka?”
meditò cogitabonda “Non male. Potrei anche prendere in considerazione l’ipotesi
di venire. Ma tu cosa mi dai in cambio?”
“Una fornitura di suudelle?” propose Teo maliziosamente.
“Quella era implicita.”
“Il vaso da dieci chili di Nutella?”
“Anche quello era abbinato alle suudelle implicite.”
“Narcotizzo Otello per due ore?”
“Per cominciare. Poi?”
“Ti recito la filastrocca dei trentatre trentini finchè non
mi casca la lingua?”
“Uhm… adesso si che si ragiona… ”
“Poi che altro?” rispose lui con modestia “Ti ho già dato tutto,
dal mio ultimo panino al prosciutto alla maglietta di zio Timo. A parte un paio
di boxer con sopra la torre di Pisa, ma quelli conto di regalarteli presto…”
Ammiccò e Verena fu lì lì per violentarlo sul sedile della
macchina.
“Nient’altro?” glissò col cuore che andava a mille.
“Nient’altro. Un paio di camicie coi volant, un gemello
cerebroleso... un topocane mutante…”
Le lanciò uno sguardo abbagliante.
“Il mio cuore è già tuo da un pezzo, Verena cara.” aggiunse
poi quasi timidamente.
“E che cazzo” berciò Vocetta1 mentre Verena sbatteva
le ciglia e deglutiva a vuoto per non commuoversi “Così è come sparare sulla
croce rossa!”
“Mi accontenterò di una savusilakka.” concesse infine Verena
quando recuperò un minimo di facoltà mentali, e lo baciò di nuovo con
inconfutabile trasporto.
Fine
13/03/2008
* Olen pahoillani = mi dispiace
** Olenpa tyhmä = sono uno stupido
*** Anna anteeksi = scusami
**** Olet kaunis = sei bellissima
NOTE DELL’AUTRICE:
Siamo così giunti alla fine. Naturalmente io sono già qui
che miagolo e spargo liquido lacrimale modello fontana di Trevi perché odio dover
finire una storia! Innanzi tutto, rinnovo tutti i miei sentiti ringraziamenti e il mio imperituro amore alla mia insostituibile beta ROMINA, alla quale mando un abbraccio con tanto bene che non ha confini. Poi, so che avevo detto che non avrei fatto saluti ad personam, ma
come faccio ad ignorare le ultime new entry?
Quindi, grazie infinite a MissRibellina92 che ha fatto due
recensioni in un colpo solo… non potevo dirle GRAZIE! dal profondo del cuore!
La sempreverde TARTIS, l’incredibile KABUBI, KRISMA il mio
bocciolo, quella pazza scatenata di DANCE, la dolcissima __Miriel__, la mia
paparazza riccioluta del cuore MARZY, Lely 1441 che viene dal passato, ERDA
(buona vita anche a te, mia carra!!), quella scoppiata di KOKKY, SUNI che si è
persa il commento dell’altra volta, così doppia razione di baci per lei!, la
mia cuoca personale NENACHAN, la mia diletta LONDONLILYT che amo e adoro con
tutto il cuore, la delirante AURORA, la meravigliosa S chan, la nuova,
psicotica 78kira (che peccato non averti conosciuta prima!), il mio cucciolino
KATE91, la new entry Maryalia che ringrazio sentitamente con tutto il cuore, la
bravissima LADY VIBEKE che ammiro ed onoro con adorante soggezione , grazie
grazie grazie!!, il mio uomo cannarolo preferito LAURAROBERTA87 che in realtà è
una gnocca fantasticamente femmina, la mitica BLACK che sarà anche bionda e
flautista, ma per niente Santomirandolese…
E poi tutti gli altri!!
Roby, Rik, Reader, Nisibella, Chocolate Fairy girl, Kyaelys,
Nathalie S, Evan88, Dicembre, Piccola dea, Killer, Marika, Maharet, Aprril
Bell, EleninaFF, Arendhel Minyatur, PatoPato, Armonia, Kalindra, Vernita, Teo,
Queen of Night, nainai, Arista, BambolinaROssa, Kiss, S., Arianrhod, Greta91,
Pinzyna, Saraj, Mikayla, Marty2803, I_S, Fattucchiara, Lady Alice, 78kira
akane_val, aki_penn, ale87, Alinne, Altair76, becky cullen,
Briseide, Carola13, ciocco, EgabryT, ellemyr, fenice87, Gallina isterica,
gugugu, Hey J, laicachan, Little jewel, Luce Daitenji, Lunitari, meddy,
Miranda, Miyuki_Lin, nene, obsession, piccoladonna, RobyLupin, sasamy,
scarabbokkio, Shari_Aruna, SoporAeternus, Tallis, Veronica91, winny_lally,
_Ellie_...…
E tutti quelli che non riesco a citare, quelli che ho già
citato, quelli che ho dimenticato, quelli che non hanno mai recensito, quelli
che non sanno cosa dire, quelli che si vergognano e quelli che pensano che
abbia scritto solo stronzate…
A tutti, chi prima e chi dopo, grazie per aver letto. Spero
che questa storia abbia divertito voi come ha divertito me, e spero,
naturalmente, di rivedervi presto!!
Un bacio sincero a tutti voi, savusilakke!!
Elfie