Buio. Apri gli occhi,
guarda la luce. Affidati ad essa, lasciati avvolgere, cullare. Fidati.
Continua a percorrere
questo cammino sconfinato, guardalo è lì. Brilla
davanti a te, è lì. Lo puoi toccare? Lo puoi
toccare. Basta allungare un braccio, tendere le dita…
Suonò la sveglia.
Spalancò gli occhi. Un sogno, di nuovo. Il suo braccio
ancora teso verso l’alto nel tentativo di afferrare qualcosa
di lontano. Troppo lontano.
Quella luce un giorno l’avrebbe scottato o
l’avrebbe portato alla salvezza?
Si alzò dal letto, aveva ancora indosso i vestiti del giorno
prima. Andò in bagno e si guardò allo specchio.
La sua faccia era un po’ sciupata, deboli occhiaie avevano
cominciato a segnargli gli occhi.
A che ora era andato a dormire la notte prima? In realtà non
ricordava nemmeno di averlo fatto.
Riku bagnò la mano sotto il rubinetto aperto e se la
passò sul viso una, due volte.
In fondo non era cambiato niente.
- Riku, aspettami! - chiamò una voce affannata.
- Sora - salutò Riku senza rallentare.
Il ragazzo sorrise all’amico spostando lo zaino con i libri
dalla spalla destra alla sinistra.
- Ehi Riku, hai delle occhiaie! - esclamò Sora osservando
Riku preoccupato.
Il giovane voltò la testa verso di lui, scostandosi una
ciocca di capelli argentati da viso, gli puntò gli occhi
addosso. Sora era uguale, sempre uguale, ma il suo sguardo preoccupato,
l’affetto nei suoi confronti… Accidenti.
Accelerò il passo prima di rischiare di perdersi
nell’immenso cielo del ragazzo.
- Non ho dormito molto questa notte.
I due continuarono a camminare, ora lentamente ora più
veloce. Infondo mancava ancora molto tempo prima dell’inizio
della scuola, in effetti Riku si chiedeva come mai entrambi fossero
già in cammino a quell’ora della mattina.
- Guarda Riku! Il cortile è deserto! - gridò Sora
attraversando il cancello di ferro dell’istituto.
Riku non rispose e si limitò a camminare avanti. Sora lo
raggiunse subito trafelato e gli si parò davanti.
- Riku, cosa succede? - domandò diventando improvvisamente
serio.
- Cosa dovrebbe succedere? - domandò il ragazzo puntandogli
contro gli occhi freddi come il ghiaccio e dello stesso colore.
- Non lo so… - mormorò Sora avvicinandoglisi. -
Non ti riconosco più sei… sembri di nuovo
sull’orlo di un baratro oscuro.
I due si fissarono e questa volta Riku non riuscì subito a
distogliere lo sguardo. Si preoccupava Sora, cercava di irradiare con
la luce anche la sua oscurità, ma infondo entrambi sapevano
che non ci sarebbe riuscito.
Il giovane allontanò il Sora con una lieve spinta.
- L’alba - gli disse - è il passaggio che collega
la notte al giorno. Non cercare di abbatterla con i raggi del sole - si
girò e scappò via.
L’ex custode del Keyblade invece rimase lì fermo,
immobile. Cercando si capire cosa avesse inteso dire Riku e cercando di
costringere il suo corpo a non corrergli dietro per raggiungerlo e
fermarlo.
Riku non tornò a scuola quella mattina. Sora
l’aspetto, lo cercò, ma lui non venne.
- Stai bene? - domandò qualcuno.
Sora aprì gli occhi e alzò la testa, si era quasi
addormentato sul banco. Kairi era in piedi davanti a lui e sorrideva,
aspettando che l’amico le dicesse qualcosa.
- Non so… non credo.
- Vuoi parlare? Dov’è Riku?
Sora abbassò lo sguardo, afflitto.
- Oh, si parlerebbe di Riku? - sorrise Kairi comprensiva.
Il ragazzo annuì. - Lui… è strano
ultimamente. E’ strano con me: non mi parla quasi
più, fugge via e talvolta mi guarda con estrema durezza come
se non sopportasse la mia vista - gemette senza accorgersene. - La cosa
mi fa male, mi fa molto male. È cambiato da quando siamo
tornati sull’isola…e anche io lo sono. Stento
quasi a riconoscermi.
Kairi prese una sedia e si sedette davanti al banco di Sora.
- Beh, io credo che dovresti parlarne con lui.
- Ma se non vuole parlare! - protestò.
- Dai Sora! - lo rimproverò lei. - Sai farti benissimo
ascoltare dalla gente se lo vuoi, questo lo sai anche meglio di me. Il
punto è: vuoi davvero chiarire le cose?
- Co…certo! È ovvio! Ovviamente!
Perché non dovrei? - esclamò Sora sconcertato.
Kairi puntò sul ragazzo i suoi enormi occhi blu. - Forse non
vuoi capire perché tu sei strano.
- Ma certo che… - cominciò Sora, poi si
fermò. Voleva sapere perché anche lui era strano
da quando erano tornati sull’isola? - Certo che voglio!
Kairi si alzò in piedi compiaciuta. - Bene -
sentenziò. - Allora credo che ti basterà pensarci
un pochino e ci arriverai da solo. Io adesso vado a cercare Selphie.
La ragazza si allontanò lentamente, ondeggiando
aggraziatamente la testa canticchiando una canzone a mezza-voce.
- Aspetta, Kairi! - la fermò ancora Sora. La ragazza si
voltò. - Tu conosci già la risposta?
Kairi sorrise, trionfante. - Credo che tu ormai sia l’unico a
non averla ancora capita! - esclamò. - Ah, comunque, se
cerchi Riku, credo lo troverai in quella certa caverna. Ciao ciao! - lo
salutò prima di varcare la soglia.
Pensarci un pochino? E cosa cavolo voleva dire che lui era
l’unico a non aver ancora capito?? Riku già aveva
tutte le risposte? Cos’era successo al loro ritorno
sull’isola?
Ma no, forse non era il ritorno in sé… era stato
prima. Ma quanto prima? Quando era iniziato questo cambiamento? Quanto
indietro doveva tornare? Poi davanti a sé vide
un’immagine, no, in realtà un ricordo. Calde
lacrime che dal viso scivolavano su una mano dalla pelle scura,
olivastra. Di chi era? Oh, certo: l’Heartless di Xenahort, il
corpo in cui aveva vissuto Riku per poterli ritrovare. Era stato
quello? Quando il pianto gli era scoppiato nel petto e non aveva potuto
far altro di lasciarlo uscire? Era quello?
Qualcosa gli diceva che c’era stato anche
qualcos’altro…la spiaggia. Quel luogo di
oscurità dove erano rimasti
’imprigionati’ dopo la battaglia finale. Erano
stati lì a lungo, quanto tempo? Potevano essere poche ore,
ma a lui erano sembrati mille anni. Sì è stato
quello il momento del cambiamento, ma perché? In quel luogo
d’ombra dove l’unica luce era rappresentata dai
loro cuori che battevano nel petto erano stati vicini, vicini come mai
erano stati in tutta la loro vita. Strettamente a contatto, dipendenti
completamente l’uno dall’altro mentre permettevano
ai loro cuore di toccarsi. Per Sora era stato uno dei momenti
più profondi della sua intera esistenza. Era stato felice,
puramente felice, nonostante quel luogo di disperazione. Ma allora
perché?
Ora erano tornati, tutto era tornato alla
normalità… tutto come prima. Ecco.
Facile. Stupido. Ovvio. Ma soprattutto stupido, era un sciocco cretino,
ecco cos’era.
Sora balzò in piedi e schizzò fuori dalla classe
proprio quando la campanella della fine dell’intervallo aveva
suonato. Correndo per i corridoi era andato a sbattere contro Tidus.
- Vado via - gli urlò senza fermarsi. - Coprimi con il prof!
Che sciocco, che stupido, che cieco era stato. Cosa gli era successo,
senza il Keyblade non era più capace di guardarsi dentro? Il
problema era che avvertiva la mancanza di quel contatto che era stato
possibile tra lui e Riku su quella spiaggia. Si sentiva incompleto.
Doveva parlargli, doveva assolutamente, soprattutto quello che era
riuscito a capire. La necessità di non lasciare andare Riku,
o di seguirlo, ovunque volesse andare. Fosse il giorno o la notte. E
non per amicizia. L’amicizia non c’era
più da molto tempo, quando aveva cominciato a trasformarsi
in qualcos’altro?
Alba.
Certo, ecco cosa aveva inteso prima Riku. Il suo cammino ormai non
apparteneva più al giorno, ma non avrebbe più
toccato le tenebre. Era la via di mezzo, quella dell’alba,
che d’ora in avanti avrebbero percorso insieme.
Perché non era andato a scuola? Era scappato via, si era
rifugiato in quel posto. La caverna, il luogo che una volta era solo di
loro due e di nessun altro.
Doveva smetterla di comportarsi da idiota. Doveva riuscire ad avere un
atteggiamento normale con Sora, almeno per non faro preoccupare; ma
ormai gli sembrava impossibile.
Tutto era cambiato quando si erano seduti insieme sulla spiaggia in
riva al mare nero. Beh, da prima in realtà, da molto prima.
Già da quando tendendogli la mano gli aveva chiesto di
seguirlo nell’oscurità. E alla fine, per ironia
della sorte, era stato proprio lui a donargli la sua luce e
permettergli di scegliere una nuova strada, illuminata
dall’aurora.
Sora comparve improvvisamente davanti a lui, il fiato grosso, la divisa
scolastica in disordine.
Per un istante credette fosse frutto della sua immaginazione ma poi si
accorse che era realmente lì davanti a lui.
- Riku… - mormorò il ragazzo avvicinandoglisi. -
Ho pensato a una cosa.
- Che cosa? - domandò Riku costringendosi a non
indietreggiare mentre Sora gli si faceva sempre più vicino.
Troppo vicino. Ormai non sapeva più se a bruciarlo sarebbe
stata la fulgida luce del ragazzo oppure il proprio petto in fiamme,
col cuore che si agitava e si dibatteva come un uccellino terrorizzato.
- La spiaggia.
- La spiaggia? - ripeté Riku, non certo di capire dove
volesse andare a parare il ragazzo.
- Sì, la spiaggia. Il mare nero, calmo, le onde che si
infrangevano sul bagnasciuga… - disse Sora portando una mano
accanto al viso di Riku. - Riku ci è successo qualcosa
là e io credo di aver capito che cosa.
Riku smise si ascoltarlo. La parte di guancia sfiorata dalle dita di
Sora gli sembrava essere andata a fuoco, ormai era perso
nell’immenso cielo degli occhi di Sora, senza sapere che
anche per il piccolo ragazzo castano era la stessa cosa. Riku
afferrò dolcemente con una mano quella di Sora e se la
portò alle labbra. Chiuse gli occhi e la baciò.
Sentì un brivido di piacere attraversargli il corpo.
Con gli occhi chiusi era di nuovo buio. Adesso aveva paura di aprirli,
temeva quello che avrebbe potuto vedere ma si preparò ad
accogliere la luce. Alzò lentamente le palpebre e
incontrò lo sguardo si Sora, adorante, che sicuramente era
il riflesso del suo.
Senza pensare a nulla, Riku si chinò sul ragazzo e
posò un bacio, delicato come una farfalla, sulle sue labbra
socchiuse.
- Sì, qualcosa del genere - assentì Sora
schiudendo le labbra e invitando Riku ad un bacio ben diverso.
Poi, i due si staccarono e si guardarono negli occhi. - Dovremmo
parlarne adesso?
- Non credo che servano le parole a questo punto - decise Riku. - Forse
più avanti, un giorno.
Si sorrisero.
- Ehi, sei scappato da scuola? - domandò poi il ragazzo dai
capelli d’argento.
- Anche tu l’hai fatto - gli ricordò Sora.
- Dovremmo rientrare.
- E’ il tramonto ora. Aspettiamo l’alba, poi
cammineremo insieme.
Ecco qui...è
la mia primissima Shounen-ai, non credevo. Chissà come mi
è venuto in mente di scriverla...
E' anche la mia prima fan fiction su Kingdom hearts...ah no c'era anche
Maybe one day...
Vabbé ormai farnetico! Ditemi come vi sembra!!
*Ayame*
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