Questa storia nasce da
un’idea. Particolarmente amante della Russia del
seicento/settecento, e soprattutto di Caterina La Grande, ho deciso di
scrivere qualcosa interamente dedicato a lei e alla sua
personalità ambigua e controversa (secondo gli storici).
Ho soltanto qualche premessa importantissima
da fare: l’inserimento dei due protagonisti, Lev e Anija,
all’interno della fiction, ha comportato rilevanti modifiche
riguardo al processo storico; perciò, molti avvenimenti - di
cui parlerò poi nei capitoli specifici per non fare spoiler
- non sono veramente accaduti. Questa è un’opera
di fantasia, volta al sol scopo di raccontare uno sprazzo di vita di
una donna che ha rivoluzionato completamente una nazione.
La fiction sarà divisa in due parti:
la prima riguarderà i personaggi principali, quali Caterina
La Grande, Lev e Anastasia; la seconda, invece, si
svilupperà in modo totalmente diverso, a partire dal
differente periodo storico in cui è collocata. Ma questo
è un particolare che approfondiremo più avanti,
nel corso della narrazione.
Specifico, inoltre, che, nonostante abbia inserito
il rating arancione, saranno presenti alcune
scene di sesso (non propriamente descrittive), e soprattutto particolari
episodi che potrebbero turbare la sensibilità dei lettori.
Ulteriore avviso: siccome ho un’altra fic “in
corso”, mi farebbe davvero piacere sapere se
questa vi ha incuriosito; se trovate che
l’idea sia banale o non abbia suscitato particolarmente la
vostra attenzione, gradirei saperlo (anche tramite
messaggio privato qui su EFP, su Facebook o su Ask). Prima di lasciarvi,
approfitto della situazione per invitarvi a leggere la
mia prima storia, Duo cerebra, di cui ho pubblicato
già i primi capitoli.
A
m o r e s
⁓⁓
L a
S e r a m i d e d e l N
o r d
di Michelle
Vérace
«Nitimur in
vetitum semper cupimusque negata.»
─
III, 4, 17, Amores, Ovidio ─
P r
o l o g o
29 febbraio 1782,
Pietroburgo
Mio caro
Síevers,
è con grande gioia che rispondo alla vostra
lettera.
È da anni ormai che non mi giungono nuove sul
vostro conto e, come vi è dato sapere, gli impegni di
un’imperatrice sono di un’importanza tale che si
trovano ben al di sopra di ogni altro che riguardi il privato.
Immaginate la mia sorpresa, quindi, quando un paio di giorni
addietro, è venuto a pormi i suoi più sentiti
omaggi, qui a corte, un vostro ex compagno della Guardia, il comandante
Popov, e il mio piacere nel recapitare le vostre missive.
La mia mente e il mio cuore non riuscivano a darsi pace; ed
il ricordo del nostro ultimo incontro, avvenuto nel lontano inverno del
1776, mi ha perseguitato per così tanto tempo che la mia
memoria, adesso, nonostante risenta di tutto ciò che
è accaduto nel corso della mia vita, porta ancora con
sé quei momenti trascorsi insieme, come se non fossero altro
che istanti di un eterno presente.
Ci siamo lasciati con la speranza di rivederci presto; e
invece questa speranza, ben presto, si è trasformata in
un’amara illusione, un’illusione che, in gran parte
e nell’incoscienza dell’animo, è
riuscita ad alleviare tutti quei macigni che ogni giorno ero costretta
a trascinare sulla mia schiena già afflitta e sempre meno
resistente col trascorrere del tempo.
A quegli anni il mio cuore era ancora giovane.
La mia spregiudicatezza e la mia voglia di vivere e di
assaporare il mondo con i miei occhi mi impedivano di comprendere
ciò che era ben più importante dei miei stessi
desideri.
Sfuggiva a me stessa il compito di una vera imperatrice.
E voi sapete meglio di chiunque altro quanto detesti la
violenza. In ogni circostanza ho sempre preferito seguire la via della
dolcezza e della moderazione.*
Ma c’è stata un’occasione in
cui ho dato ben mostra di quanto poco credessi, all’epoca, o
meglio, quanto poco fossi stata fedele a questi miei medesimi principi;
c’è stata un’occasione in cui sono
venuta meno ai miei doveri, e ho lasciato al mio rammarico e alla mia
rabbia di prendere il sopravvento sulla mia autorevolezza.
Perché c’è una cosa sulla
quale vi ho mentito, mio caro Síevers.
Ho avuto due grandi amori nella mia vita, e uno di loro mi ha
tradito...
NOTE FINALI.
È divertente il fatto che le NdA siano molto più
lunghe del prologo stesso ma, per esigenze di narrazione, siccome ho
dovuto dividere il prologo/lettera a metà, su alcune cose
è bene che vi faccia chiarezza io ─ onde evitare spoiler
spiacevoli.
Partiamo da Caterina La Grande: non vi scriverò la sua
intera biografia; chi volesse saperne qualcosa in più per
avere un’idea più chiara del periodo storico in
cui ci troviamo invito a leggere QUI, però le cose
essenziali è meglio che le sappiate.
Nata a Stettino il 2 maggio del 1729, dal principe Cristiano Augusto di
Anhalt Zerbst e da Giovanna di Holstein-Gottorp, fu battezzata coi nomi
di Sofia Amalia Federica. Sulla sua personalità sappiamo
poco e tanto; era una ragazzina dal carattere vivace, estroverso e
cocciuto, in alcuni momenti anche impudente. Aveva una
curiosità innata che i suoi coetanei non possedevano, non
amava le bambole, trastullo consueto della bambine, preferendo giochi
meno tranquilli, a volte pericolosi. Non era bella, nel vero senso
della parola, ma la sua intelligenza, la sua lungimiranza, la sua
sicurezza e la sua determinazione, nel corso della sua vita, riuscirono
a catturare l’attenzione di un gran numero di uomini, la
maggior parte divenuti suoi amanti. A quattordici anni fu chiamata a
Pietroburgo, essendo stata prescelta dalla zarina Elisabetta Petrovna,
per sposare il nipote di lei, il granduca Carlo Pietro Ulrico, erede al
trono russo. Sofia abbracciò la religione ortodossa,
nonostante sapesse che il padre, luterano convinto, ne avrebbe sofferto
e assunse il nome di Ekaterina Alekseevna: il matrimonio avvenne
nell'anno 1745. L'unione non fu felice e probabilmente non fu mai
consumata. Pietro, oltre ad essere brutto, col volto devastato dal
vaiolo, era maniaco brutale e quasi certamente impotente, e inoltre
cominciò a mostrare un'inspiegabile avversione per la
moglie. La trascurava e si circondava pubblicamente di donne di ogni
sorta, volgari e poco avvenenti, umiliandola ogni volta che gli si
presentava l'occasione propizia. Quando Pietro prese il posto della
zia, diventando imperatore, e cominciando a tiranneggiare tutti quelli
che gli capitavano a tiro, Sofia capì che era il momento di
intervenire. Approfittando del malcontento che serpeggiava nella
Guardia e nei circoli di corte, anche per le idee filo-prussiane che
Pietro ostentava, capeggiò la congiura del 1762, con l'aiuto
dei fratelli Orlov e altri, che detronizzò il consorte.
Questi fu imprigionato e morì strangolato in carcere. Il 22
settembre del 1762 Caterina fu incoronata imperatrice, a Mosca: ormai
era padrona assoluta del campo ma non esultava, in cuor suo sapeva
troppo bene che non era stato facile prendere il potere, ancor meno
sarebbe stato mantenerlo**.
Amores è
ambientata più di un decennio dopo l’inizio del
suo regno; nel 1774, con la pace di Kücük Kainarge,
che concedeva alla Russia le steppe meridionali fino al fiume Bug, si
concluse la prima guerra tra la Turchia e la Russia, con la conseguente
vittoria di quest’ultima, per la spartizione della Polonia.
In questo periodo, Caterina ha quarantacinque anni, mentre il cavaliere
della Guardia Imperiale, Lev, ne ha ventiquattro, (poco meno della
metà degli anni di lei, quindi). Ora so che tutti gli amanti
della nostra imperatrice fossero pressoché suoi coetanei, ma
immaginiamo che si sia presa una bella “cotta” per
un giovane avvenente e straordinariamente maturo per la sua
età. Sul personaggio di Lev (e anche su quello di Anastayia)
ho deciso di far luce nel prossimo capitolo, quando verranno entrambi
presentati.
Adesso aspetto un vostro giudizio e più consensi per andare
avanti con questa storia. Se non dovessi averne, entro una settimana la
cancellerò. Non è molto facile da scrivere, e
siccome ho un’altra originale in corso portarne avanti due
è piuttosto difficile. Proprio per questo, vi invito ancora
una volta a commentare.
Al prossimo capitolo,
Michelle
Vèrace
*:
«Sapete meglio di chiunque altro quanto detesti la violenza.
In ogni circostanza ho sempre preferito seguire la via della dolcezza e
della moderazione». I diritti di questa frase
vanno proprio a Ceterina, in una delle sue lettere al suo amico e
consigliere Síevers.
**: La maggior parte della biografia di Caterina La Grande è
stata ripresa da quella che trovate a questo link.
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