Capitolo I - Sorprese
Quella che segue è
la traduzione di una storia scritta in lingua inglese e pubblicata su
Fanfiction.net da theredrobin.
Potete leggere l'originale,
"In the Depth of Winter", cliccando qui.
Al momento in cui pubblico, la storia originale ha collezionato 185
recensioni, 97 seguaci e 339 preferitori ed io personalmente credo
che meriti il successo ottenuto. Spero che apprezzerete anche voi. Se
sì, all'autrice va ogni plauso, le eventuali critiche invece -
specie se
inerenti allo stile - vanno addebitate alle mie scarse
capacità da
traduttrice.
Note dell'autrice:
non avrei
mai pensato di poter osare scrivere a proposito di questo libro, eppure
eccoci qui. Questa storia si comporrà di quattro capitoli.
Probabilmente un po' fuori stagione, ma quando mai le mie idee sono
state
logiche?
- Capitolo I -
Sorprese
Ci sono tanti generi diversi di sorprese.
Ci sono tipi piacevoli, che ti fanno
arrossire per il
calore e ti lasciano percorrere da un formicolio che nasce dalla punta
delle dita e va dritto fino al cuore. Ci sono quelli che ti lasciano
momentaneamente pietrificato mentre cerchi di realizzare cosa, in nome
del cielo, sia effettivamente avvenuto. Ma ci sono anche quei generi di
sorprese che sono semplicemente le più indesiderate cose al
mondo e si propagano dentro di te in uno shock che è quasi
troppo da tollerare.
Elizabeth era eccitata e nervosa fino
all’impazienza mentre sedeva in biblioteca in attesa di
Darcy, di
fronte a un fuoco scoppiettante.
Questo sarebbe stato il primo inverno
con lui a
Pemberley, e desiderava preparargli qualcosa di speciale.
L’idea
le era sorta circa tre settimane prima, proprio dopo che la prima
spruzzata di neve era scesa a gelar il terreno, ed ella si era
immantinente messa a lavoro per riuscire a realizzare i suoi piani in
tempo. Con somma delizia di Elizabeth, ogni cosa sembrava andare a suo
favore.
Da allora, aveva nevicato due volte,
l’ultima
delle quali era stata solo la sera prima, sicché tutta
Pemberley
era coperta di bianco.
Questo era il giorno in cui avrebbe
finalmente potuto
svelare quel che aveva pianificato per lui. Solo un’ora
prima,
era andata da Darcy, nel suo studio, e lo aveva persuaso ad andare con
lei, avvalendosi di un sorriso civettuolo e la promessa di una
sorpresa. Un ampio sorriso gli aveva piegato le labbra alla vista di
lei, ed egli le aveva promesso di raggiungerla non appena avesse
potuto, visto che affari urgenti non glielo permettevano al momento.
Elizabeth era a questo punto
abbastanza irrequieta
per tutto il tempo che lo sbroglio di questi affari stava richiedendo,
e stava già per alzarsi e andare a chiamarlo, che una mano
le
toccò il braccio. Lei si alzò dal divano e poi
arrangiò il viso ad un insolito cipiglio.
“Davvero,
Fitzwilliam!” disse, una rabbia
simulata nel tono . “Pensavo che non saresti mai
venuto.”
Darcy, comprendendo che la sua
irritazione era
fittizia, decise di stare al gioco. “Elizabeth, non
è con
me che dovresti essere arrabbiata, ma con gli avvocati a Londra. Se
dipendesse da me, preferirei pure vedere la casa di città
distrutta, se significasse venir prima da te.”
Lei rise, ma riassunse in fretta
un’espressione
altezzosa ed irritata per continuare la farsa. “Molto bene.
Ti
perdonerò ad una condizione.”
“Che sarebbe?”
“Per le prossime ore, tu mi
ascolterai totalmente ed obbedirai a qualunque cosa io dica.”
Il sorriso di Darcy sorse allora
ampio e spontaneo,
mentre faceva un cenno d’assenso col capo. Elizabeth,
interrompendo finalmente la messinscena, si alzò sulle punte
per
baciarlo, ed egli rispose nel momento stesso in cui le labbra di lei
toccarono le sue.
Mentre le sue dita affondavano nei
riccioli della
nuca, ella si chiese pigramente perché mai si fosse
disturbata a
cercarsi qualche altra attività quando era perfettamente
contenta di continuare così per tutto il pomeriggio. Prima
che
lui potesse attirarla a sé e distrarla interamente dai suoi
propositi per la mattina, a fatica ella se ne distaccò per
sussurrare, con accenti da cospiratrice: “Va’ a
prendere il
cappotto.”
Ciò detto, si
allontanò di corsa, lasciandosi dietro un Darcy in stato di
leggero stupore.
***
Darcy indugiava di fronte alle porte
d’ingresso aspettando che Elizabeth facesse la sua ricomparsa.
In uno slancio compulsivo, aveva
afferrato anche
sciarpa e cappello quando ero andato a prendere il cappotto, come lei
aveva richiesto, per farsi trovar preparato nel caso qualunque cosa
Elizabeth avesse in mente li costringesse a stare nella fredda aria
invernale per qualche tempo.
Darcy fu felice di averci pensato
perché
quando Elizabeth arrivò infagottata all’ingresso,
vide che
anche lei si era munita di cappello guarnito di pelliccia e
sciarpa… due, in effetti.
Osservò la sciarpa in
più che reggeva
in mano, e lei si accorse di aver catturato la sua attenzione. Sorrise
allora maliziosamente.
“Piegati, Fiztwilliam. Sei
troppo alto perché io riesca altrimenti.”
Cautamente, egli si
abbassò verso di lei. Con
pochi, lesti movimenti, gliel’arrotolò intorno
alla testa,
coprendogli gli occhi. Gli rubò un bacio veloce prima di
dirgli
che poteva rialzarsi.
“Riesci a vedere
qualcosa?” venne la voce di Elizabeth da qualche
parte alla sua sinistra.
“Niente.”
“Perfetto. Resta fermo lì, mi
prenderà solo un momento.”
Sentì i passi di lei
mentre si precipitava
altrove e, dopo un minuto, tornava di nuovo. Poi la sua piccola,
guantata mano s’insinuò dentro la sua ed egli
l’avvolse fra le dita.
Il rumore delle grandi porte di
quercia che si
aprivano cigolando fu accompagnato dallo spiffero gelido che
s’intrufolò attraverso la fessura.
Elizabeth lo stava ora tirando per la
mano, ma si fermò. “Sei abbastanza al caldo
così?”
“Sì.”
“Bene. Non
sbirciare.”
Senz’altro aggiungere, lo
fece uscire tirandoselo dietro, e virò a destra, verso il
bosco.
Stava molto attenta a guidarlo fra
gli alberi e i
banchi di neve. Quasi mai gli esili rami dei cespugli e della bassa
vegetazione gli raschiavano il cappotto, giacché ella
prestava
molta attenzione nell’allontanarli da Darcy perché
non lo
graffiassero. Bendato e guidato da Elizabeth, egli si sentiva sicuro
come se fosse lui stesso a poter vedere e guidare i propri passi.
Avevano vagato a questa lenta ma
costante
velocità per quasi un’ora e mezza quando lei lo
fece
fermare e lasciò la sua mano.
“Puoi guardare
adesso,” disse la sua voce da dietro. “Siamo
arrivati.”
Darcy allentò il nodo che
aveva dietro la testa e si tolse la sciarpa.
Si trovavano nel mezzo di una radura
abbastanza
grande, che gli era particolarmente familiare. Doveva essere alle
estremità dei terreni di Pemberley. Gli alberi che
gli si
accalcavano d’intorno e creavano quasi un sipario di fitta
vegetazione erano vecchi e robusti, ma qui e lì piccoli,
giovani
ramoscelli spuntavano fuori come per reclamare un posto per
sé.
Era un luogo molto silenzioso, ogni suono era attutito dallo strato di
neve che scintillava su ogni cosa e faceva apparire tutto immacolato e
puro. Proprio nel centro della radura c’era una polla
d’acqua, che raggiungeva quasi la Sala da Ballo di Pemberley
per
lunghezza e larghezza, ed era tutta gelata.
Tutto a un tratto Darcy
ricordò.
Sapeva perché quel posto
gli sembrava familiare: c’era già
stato prima, molte volte in effetti. I suoi genitori lo avevano portato
lì per pattinare sul ghiaccio quando era un ragazzo, e
più tardi con loro venne anche Georgiana.
All’epoca, lei
era appena capace di stare in piedi sulle sue paffute, instabili gambe
sul solido terreno, figuriamoci sulla scivolosa superficie di ghiaccio.
Ricordava il giorno in cui Georgiana era sfuggita dalle braccia di loro
madre e aveva spiccato una corsa sul ghiaccio da sola, come per provare
che anche lei poteva farlo, come il resto di loro, solo per poi
scivolare e cadere e sbucciarsi considerevolmente le ginocchia. Non era
stato nulla che una tazza di cioccolata calda, una volta tornati a
casa, non aveva potuto riparare, ma quel giorno, per un’altra
ragione, sarebbe sempre rimasto scolpito nella sua memoria, come un
ricordo dal gusto ad un tempo dolce e amaro. Era stata
l’ultima
volta che la sua famiglia si era ritrovata lì per intero, e
lui
non era più tornato da allora.
Egli si voltò per guardare
Elizabeth.
Lei lo fissò a sua volta
ansiosamente,
studiandolo come se lui fosse disgustato da qualcosa. “Sei
adirato con me? Non intendevo rattristarti.”
Darcy si decise a muoversi e
andò a prenderle
la mano. “Adirato? No. È solo che… come
hai…?”
“La signora
Reynolds,” concluse per lui,
un’espressione imbarazzata sul viso. “Mi
è venuta
l’idea, e lei mi ha raccontato che venivi qui un tempo con
tua
madre e tuo padre e tua sorella. L’ho mandata a Londra per
noi
perché potessimo…” Mostrò
due scatole che
stavano per terra, proprio dietro di lei. Sollevò il
coperchio
di quella più alta e rivelò, nascosto in una
nuvola di
carta velina, quel che sembrava un paio di stivali da equitazione con
lame sottili installate sulle suole.
Egli realizzò che doveva
esser questo quel che lei era andata a prendere dopo averlo bendato a
casa.
Nel frattempo, Elizabeth lo studiava da sotto le sue
ciglia, mentre lui guardava dentro la scatola. “Pensavo che
fosse
un piano meraviglioso all’inizio, ma dopo, ho iniziato a
pensare
che forse non era il luogo ada─ mph!”
Era stata senza tante cerimonie
interrotta quando
Darcy era accorso per baciarla risolutamente sulla bocca,
effettivamente quietando ogni dubbio così come la
necessità di finire la frase.
“Grazie,
Elizabeth,” disse lui, distaccandosi, ma reggendola ancora a
sé.
Gli occhi di lei
sfavillarono quando gli sorrise, rassicurata ed eccitata che lui fosse
felice per il suo regalo.
“Vieni!”
gridò, ruotando poi su se
stessa per liberarsi delle scarpe ed indossare i pattini ed
allacciarseli stretti ai piedi. Quel tono accattivante che lui amava
così tanto sentire rintoccava di nuovo nella voce di lei,
mentre
si faceva strada verso il ghiaccio. “Sei pronto per mostrarmi
come si fa?”
“Sono pronto, dopo anni di
totale mancanza di
pratica, a provare a mantenermi in equilibrio sul ghiaccio solo per
sembrare un infante ai suoi primi passi?” Sorrise.
“Solo se
lo fai anche tu con me.”
La risata di Elizabeth
risuonò come uno
scampanellio, alto e spensierato per tutta la radura, e talmente
contagioso che Darcy vi si unì mentre si piegava per
indossare i
pattini e la raggiungeva sul ghiaccio.
Lei non aveva mai udito lo schiocco
affilato del
ghiaccio che si spezza e, ignara dell’ammonimento, si
ritrovò improvvisamente immersa nelle nere acque ghiacciate
dello stagno.
Ci sono tanti generi diversi di
sorprese.
E nel giro di dieci secondi, Darcy li sperimentò
tutti.
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