Uno sbuffo aspro di fumo e lei compare; piccola, misera, come
l'immagine e l'idea che di lei mugola incessante nelle mie orecchie e
davanti ai miei occhi. Un corpicino esile, tanto fragile da sentirne lo
scricchiolio d'ossa, del resto muto nel suo rimirarsi incerto e
sublimato davanti allo specchio della propria fame.
Innocente nella sua caparbia povertà, e per questo ancora
più odiata, presuntuosa e avvolta nelle vesti di una mente
che è cappa dorata, creazione barocca, che è
borghesia arricchita.
Ancora un'altra nube grigia mi abbandona il palato, lei scompare e
riappare e forse il viso non è più il suo; si
confonde, triste e beffardo, con le mille altre facce della mia paura,
ma di lei conserva ancora qualcosa, un nonsochè di piccolo e
di spento che contamina il mio disprezzo, lo respinge ancora su di me.
e per un attimo è come se l'amassi anch'io, povera figuretta
e regina ignota di sfere nascoste.
Il crepitio ribollente del sangue mi gonfia le guance e sputo disperata
anche l'ultimo strascico di fumo freddo; la guardo ancora, ma adesso
sembra un po' velata, non lo so, forse sono le mie lacrime o forse
presto sarà sposa, le auguro gioia e dolore mentre candida
incede verso l'altare, piccola e misera e regina, in vesti barocche,
ancora le sue ossa scricchiolano e i miei occhi piangono - ma forse
è solo il fumo che mi ha velato gli occhi, che
sì, mi ha velato gli occhi...
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