DALLA PARTE GIUSTA
Sono solo stasera senza di
te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.
(Jovanotti)
- Severus?... Severus?! – la voce
di Harry lo tolse, con sollievo, al suo sogno: il bambino lo stava anche
scuotendo, sebbene in maniera delicata. Il mago aprì finalmente gli occhi per
trovarsi davanti quelli di Lily: lo fissavano incuriositi, un poco preoccupati.
- Perché urlavi?-
Si mise a sedere sul letto
recuperando quasi completamente la coscienza: era ancora un po’ stordito, come
fosse reduce da una bella sbornia.
- Mi dispiace Harry, non volevo
svegliarti, torna a letto. –
- Non mi hai mica svegliato, ero
andato in bagno e ho sentito che parlavi e poi hai gridato. – Severus cercò di
far chiarezza nel suo cervello. Il
piccolo era ancora lì, in piedi a fianco del letto, che lo osservava.
- Hai fatto un brutto sogno
Severus? Puoi bere un po’ di quello sciroppo che mi dai ogni tanto no? –
- E’ una pozione Harry… - si
passò una mano fra i capelli prima di girarsi verso il bambino: - Avanti torna
a letto adesso, il sogno è finito. – Harry non accennava a muoversi di un
passo. – Torna a letto…. domani la sveglia suona prima, vai in gita non
ricordi? –
- Che sogno era? –
Uhhhh… Perché era così cocciuto?
Non aveva voglia o intenzione di svelare dettagli della sua raccapricciante
vita onirica a Harry: primo perché era ancora un bambino, secondo perché il
sogno lo riguardava, terzo perché meno ci pensava meglio era. Non era un sogno,
era un incubo, sempre quello, l’incubo delle fredde notti di gennaio.
- E’ inutile che aspetti Potter,
rischieresti di trascorrere il resto della notte in piedi e a meno che tu non
sia in grado di dormire come fanno i cavalli il mio consiglio è quello di
girare i tacchi, lasciare la mia stanza e recuperare il tuo letto. Ti do 10
secondi… uno, due, tre… -
Il piccolo si decise ad ubbidire,
non senza aver sbuffato.
- Non è giusto, io i miei sogni
brutti te li racconto sempre. – furono
le ultime parole pronunciate a voce alta quella notte. Quando tornò il silenzio
il professor Piton si lasciò cadere pesantemente in posizione supina e fissò a
lungo il soffitto nero sopra di sé. Il bagliore bianco della luna piena che
riusciva a forare le piccole finestre della camera da letto invece che mitigare
l’oscurità la rendeva spettrale. Non lo avrebbero mai abbandonato: i fantasmi
di ciò che era accaduto 8 anni prima tornavano puntualmente a fargli visita in
quel periodo, togliendogli ore di sonno e autocontrollo. Il sogno era sempre lo
stesso: ombre asfissianti, sensazione di panico crescente, incapacità di
muovere un muscolo mentre le fiamme, con le sembianze del marchio nero,
divoravano Lily ancora viva. E lui che inutilmente, urlando, implorava pietà.
Quel sogno aveva la capacità di togliergli energia: si alzava al mattino con
grande fatica e restava di cattivo umore (peggio del suo solito) e svogliato
fino al tramonto. Ma quella notte il sogno era cambiato: Lily, morente nel rogo
di sé stessa, gli aveva gridato il nome di suo figlio. Non era mai successo,
non aveva mai nominato Harry mentre si consumava tra le fiamme. Forse non
voleva significare nulla, ma l’inquietudine si era adesso insinuata fra i
pensieri del professore. Severus era un grande mago, un capacissimo pozionista,
la sua arte si basava sullo studio, la sperimentazione e l’applicazione. Non
credeva ai sogni e alle divinazioni, erano cose per maghi creduloni, non
migliori dei babbani che leggevano gli oroscopi sui giornali come faceva
Petunia… Si sforzò di ignorare quel malessere.
Giunse mattino e, come da copione
dopo una notte trascorsa a ricacciare in fondo alla mente ricordi troppo
dolorosi, Severus si alzò dalla parte sbagliata del letto. Non disse una parola
a colazione e salutò frettolosamente Harry che, al contrario, fremeva di
eccitazione per la prossima visita al museo etnografico e di scienze naturali.
- Mi raccomando, non toccare
nulla di ciò che non si deve toccare, ubbidisci all’insegnante e non
allontanarti mai dal gruppo hai capito? – Queste furono le sole parole che gli
uscirono di bocca mentre attendevano l’auror accompagnatore.
- Perché sei arrabbiato? –
- Non sono arrabbiato. –
- Non hai neanche mangiato i
biscotti, lo fai sempre quando sei arrabbiato. –
- Ti sfugge mai qualcosa bambino
insopportabile? – Harry gli sorrise con
sfacciataggine: aveva imparato che quando gli dava del ragazzaccio in fin dei
conti non lo pensava sul serio. Piton non lo rimbeccò ulteriormente. Incrociò
solo le braccia al petto ergendosi in tutta la sua statura:
- Comunque non sono arrabbiato,
almeno non con te. E adesso fila, che rischi di far fare tardi anche al signor
Weasley… cosa c’è adesso Potter? Perché mi guardi come un topo a cui han tolto
di bocca il formaggio?–
- Perché non sei voluto venire in
gita? –
- Ti sembro uno da gita
scolastica? Ho già i miei alunni da sopportare tutti i giorni. – La risposta
gli parve un po’ troppo cattiva, quindi tentò di rimediare:
- Lo sai che non posso farmi
vedere troppo in giro. E’ per la tua incolumità. Mi racconterai tutto stasera.
– Il piccolo annuì, ma era chiaro che il rifiuto di Severus, tra l’altro
discusso e chiarito più volte in quei giorni, lo lasciava un po’ amareggiato.
Il piccolo aveva imparato ormai a gestire i rifiuti del suo tutore ma in certe
situazioni ancora non li capiva e faticava ad accettarli. L’euforia per
l’imminente esperienza però prese il sopravvento. Raggiunse con entusiasmo il
camino dove era già comparso Arthur Weasley.
- Severus noi ci vediamo nel
tardo pomeriggio per la riunione. –
-Devo proprio? – Una riunione
straordinaria dell’Ordine era il degno modo per rendere pessima una giornata
cominciata già male.
- Credo tu non abbia scelta. I
bambini dovrebbero tornare suppergiù a quell’ora, così vi fermate tutti a cena
dopo. Buona giornata professore. – Arthur sparì tra le fiamme con Harry che
ancora sventolava la mano in saluto.
-Bell’affare… pure la cena.
Meglio recuperare del whisky incendiario perché prevedeva l’arrivo di forti mal
di testa. Ma Piton non lo poteva sapere che una cena dai Weasley sarebbe stato
il male minore della lunga giornata che si apprestava a trascorrere.
Al termine della sua prima
lezione con una classe di Tassorosso, buoni a nulla e ottusi quanto un esercito
di gnomi, il Preside si presentò alla sua porta.
- Avanti.-
Per chiunque fosse stato al di là
dell’uscio dell’aula di pozioni il tono di quell’invito sarebbe apparso
tutt’altro che incoraggiante, ma Albus Silente conosceva il suo rampollo
d’adozione da tanto di quel tempo che non ci fece caso e aprì la porta
riempiendone lo spazio con tutta la sua imponente figura e un’aria da chi sente
cantare gli uccellini anche in mezzo a una tormenta di neve.
- Ah, sei tu. – Severus grugnì. Vedere il Preside a quell’ora non
era buon segno.
- Mio caro professore, so che hai
pausa adesso… che ne dici di un giro nel parco? –
- Ci sono 2 gradi fuori. –
- Ma la giornata è splendida. Il
sole ci scalderà… - e ci aggiunse quel sorrisetto che Severus non sopportava.
- Non puoi parlarmene qui? – Di
fronte allo sguardo sorpreso di Silente il pozionista sospirò annoiato:
- Ti conosco bene anch’io, lo so
che mi devi dare qualche notizia che non mi piacerà. – Gli balenò un sospetto.
- E’ successo qualcosa al
bambino? –
- No, stai sereno. – Il suo
sorrisetto si allargò. - Ma in un certo senso è qualcosa che lo riguarda.
Insisto col dire che è meglio se facciamo due passi. –
Ora Severus iniziava a covare un
po’ d’ansia. Harry era con lui da più di quattro anni ormai e non poteva più
evitare di preoccuparsi. Di malavoglia si alzò, prese il mantello di scorta che
teneva in un angolo dell’aula e seguì Albus sotto i raggi del sole. I due maghi
si avviarono lentamente fuori dal castello: la giornata era davvero radiosa ma
pungente. Piton teneva lo sguardo a terra, aspettava che fosse il Preside a
parlare adesso.
- So che non ami particolarmente
questo periodo dell’anno Severus. Stamattina quando ti ho incrociato fuori
dalla sala grande avevi l’aspetto di chi non ha dormito bene…-
- Vieni al dunque Albus, i miei
incubi non sono l’argomento di questa passeggiata. O sbaglio? –
- Infatti… Remus Lupin è tornato.
–
Seguirono un paio di minuti di
assoluto silenzio. Si udiva solo il fruscio delle vesti dei due uomini e il
verso degli uccelli che svernavano nella foresta proibita.
- E quando sarebbe accaduta la
sventura? – Severus scelse di riprendere il discorso con sarcasmo ma pensieri
ed emozioni gli erano esplosi dentro come fuochi.
- E’ tornato da cinque giorni, ne ha passati due al san Mungo per
i controlli di routine e uno al Ministero per depositare il lavoro svolto. –
- Sa che Harry vive con me? –
- Lo sa. Come immaginerai non è
stato facile fargli capire il perché delle nostre scelte. –
- Delle tue Albus. – lo corresse
acidamente Piton.
- Beh, le abbiamo condivise tutti
a un certo punto, te compreso… hai forse qualche rimorso Severus? – Piton si
fermò di scatto perché non avevano mai smesso di camminare. Guardò Albus con i
suoi occhi scuri ed erano carichi di risentimento.
- Non parlare a me di rimorsi! –
- Hai ragione, perdonami. -
Severus si placò e tornò a
guardare davanti a sé. - Sai che amo quel bambino. – aggiunse piano.
Quelle parole gli uscirono
spontanee, forse nemmeno sapeva di essere in grado di pronunciarle. Silente
ebbe il tatto di non rovinare quella confessione inaspettata e mantenne quindi
un silenzio quasi religioso. Severus si
rese conto immediatamente di aver detto troppo, un’ammissione che gli era
costata anni di sofferenza e di piccole conquiste.
- Vorrei che questa conversazione
restasse fra me e te. –
- Non vuoi che Harry sappia cosa
provi per lui? –
- I miei sentimenti mi
appartengono. E ho un profilo da mantenere. Harry mi confonde già troppo con
suo padre.–
- Ti fa onore il fatto di voler
mantenere il ruolo di tutore senza sconfinare in quello di genitore per il bene
di Potter, ma i sentimenti non sempre ragionano con le nostre regole. -
Erano arrivati ai margini della
foresta. Nel folto della selva il sole spariva. Severus si voltò di nuovo verso
il Preside.
- Su un punto hai sempre avuto
ragione: il bene di Harry è il nostro primo obiettivo, il resto è tutto
accessorio, anche i miei sentimenti. E pure quelli di Lupin… -
- Se ti riferisci al fatto che potrebbe
chiedere la custodia di Potter beh sì, lo ha fatto…- adesso negli occhi del
pozionista c’era rabbia. Albus continuò:
- E so anche che per il bene di
Harry tu lo avresti concesso ma fortunatamente Remus è sempre stato molto
ragionevole e quindi ha rinunciato all’idea. – La bocca di Severus si piegò in
un angolo, in un’espressione tra lo sdegnoso e il sollevato. Non era poi così
sicuro che avrebbe rinunciato ad Harry tanto facilmente. Era felice di non
dover essere messo alla prova.
- Immagino che stasera lui verrà.
–
- Ci sarà, deve relazionare anche
all’Ordine sulle ricerche che ha svolto in questi anni fra i Carpazi e il
Bosforo. Lo troverai molto provato Severus, non è stata una passeggiata la sua.
La magia oscura è ancora fortemente all’opera. –
- Se ti dico che non mi sento
particolarmente affranto per lui non te ne hai a male vero? – adesso aveva la
sua solita espressione sprezzante, quella conosciuta dagli studenti e indossata
un tempo per servire Voldemort.
- Potresti anche sembrare
convincente Severus… - e con un sorriso benevolo invitò il suo insegnante a
tornare verso il castello. Nel tragitto di ritorno Albus si interessò alla gita
di Harry. Piton gli spiegò che era un percorso didattico storico-scientifico:
al museo i bambini avrebbero sperimentato la vita primitiva dei babbani. E
mentre il Preside sembrava davvero incuriosito dalle tecniche di insegnamento
babbane, Severus non perdeva invece un attimo per denigrare i suoi pseudo
colleghi sottolineando che quando i babbani primitivi erano ancora alle prese
con i rudimenti della vita in società, la comunità magica aveva già imparato a
dominare i quattro elementi.
La riunione dell’Ordine iniziava
alle 17 ma Severus e Albus arrivarono con mezz’ora di anticipo: Harry e Ron
avrebbero dovuto rientrare in quel momento e c’erano due parole che Severus
voleva fare col bambino. La presenza di Remus doveva essere adeguatamente
preparata, Piton non voleva che l’uomo entrasse nella vita del suo protetto
come un uragano, rischiando di scardinare porte e finestre e fare più
confusione di quella che ne sarebbe sicuramente originata. L’idea di dover
affrontare il migliore di amico di Potter e Black sul suo delicatissimo ruolo
nei confronti di Harry lo innervosiva. Sapeva di non aver nulla di cui doversi
giustificare, nulla da rimproverarsi. Tutta la faccenda era stata sapientemente
giostrata da Silente fin dal principio e dallo stesso Silente già presentata a
Lupin nei dettagli. Se la cosa avesse potuto essere risolta solo fra loro due,
fra sé stesso e il licantropo, Severus non avrebbe esitato a vomitargli addosso
tutto il suo disprezzo, ma c’era il piccolo di mezzo e non aveva alcuna
intenzione di coinvolgerlo nelle proprie beghe. Albus lo aveva accusato di
essere prevenuto nei confronti di Remus, ma sapeva che Lupin lo sarebbe stato
altrettanto.
Lo scalpiccio di piedi e la
vocina entusiasta di Ron che lamentava di avere una fame da lupo, tanto per
restare in tema, ruppero i pensieri del pozionista che indugiava davanti alla
finestra della cucina. Si voltò in attesa di vedere entrare i due eccitati
marmocchi ma di marmocchio ne vide solo uno: dietro di lui, dietro Ronald,
Arthur era di un pallore mortale.
- Severus, Harry non era con gli
altri bambini. –
A Piton parve di venir meno. Per
qualche frazione di secondo i suoi sensi sembrarono abbandonarlo e fu come se
non sentisse più e non vedesse altro che nero. Poi la reazione si capovolse e
tutto iniziò ad andare veloce, il cuore, i pensieri e la lingua. Si scagliò
contro il giovane Weasley.
- Cosa è successo a Harry! – Gli
uscì con tale impeto che Arthur circondò d’istinto il figlio con un braccio,
attirandolo a sé. Ron guardava Piton con paura, non lo aveva mai visto in
quello stato. Non era arrabbiato, era agitato, molto agitato.
- Ronald l’ho già interrogato io.
La sola cosa che sa è che a un certo punto la maestra ha detto ad Harry che
erano venuti a prenderlo prima e lo ha accompagnato fuori.–
- Harry non era mica tanto
contento di andar via prima, non aveva neanche finito di preparare il suo
lavoretto da portare a casa… - Ron si sentiva osservato e adesso non aveva più
neanche tanta fame. Tutti nella stanza, i Weasley, il Preside e gli auror che
nel frattempo erano arrivati rimanevano in silenzio e avevano delle facce
strane. Molly ruppe per prima, timidamente, la tensione.
- Non potrebbe essere che
qualcuno di noi si sia sbagliato col turno ed è andato a prendere il bambino al
posto tuo Arthur?–
- Se anche fosse il bambino
avrebbe già dovuto essere qui…- Arthur pensò che era meglio licenziare Ron: -
Vai dai tuoi fratelli Ronald, vi chiamiamo per cena. –
- Ma Harry allora non è ancora
tornato… dopo viene però? Ho le sue cose da dargli. Il suo lavoretto. Lo deve finire. –
- Certo che verrà amore, vuoi che si perda la zuppa di zucche con i
crostini al burro? – e Molly uscì insieme al figlio: non voleva darlo a vedere
ma la notizia l’aveva scossa.
Tutti in cucina adesso tacevano e
guardavano Severus. Si era seduto e fissava il pavimento. Forse per non far
vedere che il suo corpo si era fatto improvvisamente di gelatina e che, come
poche volte gli era successo in vita sua, sentiva il panico divorargli le
viscere.
- L’ha preso sicuramente uno di
noi, un mago. Gli insegnanti babbani hanno l’obbligo di consegnare i bambini
solo ai genitori o a qualcuno con una delega. Deve essere stata usata una confundus, o una imperius.... – Kingsley aveva espresso ad
alta voce quello che era il pensiero di tutti. La voce di Piton giunse
cavernosa, i toni talmente bassi che si faticava ad intenderlo:
- Dovevo capirlo… -
- Cosa avresti dovuto capire
Severus? – Albus era in difficoltà questa volta a mantenere la sua solita
calma.
- Che era un avvertimento.. che
il bambino andava protetto. –
- Qualcuno ti ha avvertito
Severus? Chi? … Severus?! Cosa fai adesso? – il Pozionista si era alzato e avviato
verso la porta.
- Vado a cercarlo. Se l’ha preso
un mangiamorte so a chi rivolgermi. –
Arthur si parò davanti alla
porta.
- Severus dobbiamo pensare prima
di agire, e muoverci insieme. –
- Lo sai che ci metto meno di un
secondo a levarti di torno. Spostati. -
- Arthur ha ragione. - Albus
aveva ripreso in mano la situazione dopo il primo smarrimento.
- Non potrebbe esserci un’altra
spiegazione? In fin dei conti gli ex mangiamorte che il Ministero monitora non
fanno un passo senza che ne siamo messi al corrente… - la giovane Ninfadora si
intromise con circospezione . .
- Non ho nessuna intenzione di
rimanere chiuso qui mentre Harry si trova chissà dove e chissà con chi! –
- Severus, il Ministero ci ha
assicurato… –
- Arthur non è tuo figlio ad essere
sparito! E’ il…- Non terminò la frase, attese qualche frazione di secondo
mentre attorno a lui tutto cadeva nel silenzio.
- Harry è affidato a me
maledizione!-
Arthur gli poggiò una mano sulla
spalla e strinse quel tanto per far capire all’uomo che comprendeva benissimo
il suo stato d’animo.
- Lasciaci fare prima dei
controlli Severus. C’è un’unità di sorveglianza che rileva tutti gli usi
impropri di magia fra i babbani. Sono bravi, se avessero usato un incantesimo lo sapremmo subito e sapremmo
anche chi è stato. Li contatto immediatamente. –
Weasley lasciò la stanza. Severus
si voltò verso il Preside.
- Dovevo andare con lui a quella
stramaledetta gita. Quante volte me lo avrà chiesto? Cinque? Sei? Se gli è
successo qualcosa non avrò mai pace! – Si sedette di nuovo appoggiando la
fronte alle mani giunte e chiudendo gli occhi. Aveva ancora il respiro corto.
- Aspetto al massimo mezz’ora,
dopodichè, farò a modo mio… -
Nessuno dei presenti aveva voglia
di parlare. Severus era fuori di sé. E non era uno spettacolo a cui erano
abituati. Quali probabilità c’erano che gli ex Mangiamorte avessero individuato
Harry, considerato che di lui si erano perse le tracce da 8 anni? Harry si
mescolava benissimo ai bambini babbani, la cicatrice era perennemente nascosta
da un apposito cerotto mimetizzante e dai capelli ribelli. Che avessero
sbagliato qualcosa? Aveva abbassato troppo la guardia, illuso che quella
parvenza di vita normale che conduceva insieme al giovane Potter fosse la vita
vera, la possibilità concessa ad entrambi di avere un domani. Man mano che i
minuti passavano Severus sentiva crescere la frustrazione. Ripensava al sogno
della notte precedente, a Lily che chiamava Harry: semplice coincidenza o
l’anima di Lily aveva davvero provato ad avvertirlo del pericolo? Rientrò
Arthur confermando che era stata utilizzata la confundus.
- E da chi? – chiese Silente
anticipando tutti ma Weasley sembrava in difficoltà a rispondere. Non aveva
però la faccia di chi sta per emettere una sentenza infausta.
- Da chi Arthur, parla
maledizione! – Severus si alzò con uno scatto che fece rovesciare la sedia.
- Da me. – Remus Lupin si
presentò sulla soglia della cucina. Chi lo vedeva per la prima volta dopo la
lunga assenza non poteva non notare il
suo aspetto sciupato ma in quel momento, ciò che maggiormente colpiva, era il
suo sguardo sconfitto. Piton con due passi fu a mezzo metro da lui. Albus si
mise nel mezzo per evitare l’inevitabile, benché anch’esso ora faticasse a
nascondere una certa irritazione. Le parole di Severus giunsero aspre:
-Come ti sei permesso! Ma ti
rendi conto in che stato ci hai messi tutti quanti! E dov’è il bambino ora?! –
Piton spinse di lato il Preside: i suoi occhi avrebbero potuto trafiggere una
parete. Non mise le mani addosso a Lupin solo perché due auror lo bloccarono
per tempo, disarmandolo anche della bacchetta.
- Severus cerca di calmarti. –
Arthur sapeva che erano parole inutili in quel momento ma sperava di smuovere
Albus che adesso non dava più segni di reazione.
Decise di far sapere lui a Piton
dove si trovasse Harry, visto che Lupin taceva, immobile, lo sguardo fisso in
quello del pozionista, come fossero due duellanti intenti a studiarsi:
- Harry è corso di sopra coi
bambini Severus. –
E finalmente Albus parlò.
- Non posso credere che tu abbia
potuto fare una sciocchezza simile Remus! – La voce di Silente sembrò dare una
scossa anche all’immobilità del licantropo.
- Dovevo vederlo da solo! –
- Dov’è finita tutta la tua
ragionevolezza? Sai benissimo che non è un bambino qualsiasi! –
- Sono stato lontano anni, ho
fatto una vita da inferno per tentare di dare un senso a quello che è accaduto
8 anni fa, poi torno e trovo Harry affidato a lui! – tornò a guardare con
sdegno Severus.
- Ti ho già spiegato… -
- Non mi bastavano le tue
spiegazioni Albus! Volevo sentirmelo dire da Harry! –
- E hai saputo quello che volevi?
O non era quello che avresti voluto sentire? –
Remus sembrò placarsi. Era
umiliante in un certo senso. Dover ammettere davanti a tutti i presenti che si
era sbagliato sul conto di Piton. Guardò di nuovo Severus. Non riusciva a non
disprezzarlo nonostante tutto, nonostante avesse interrogato Harry e non
contento gli avesse perfino applicato una legilimens. Ma quello che aveva visto
era esattamente quello che il piccolo Potter gli aveva raccontato. Stava bene,
era un bambino contento, aveva una casa e qualcuno che lo amava. L’uomo che
Remus aveva visto nei ricordi del figlio dei suoi migliori amici era così
diverso da quello che aveva lasciato dopo la loro morte. Non voleva crederci, era
più comodo probabilmente pensare a Severus come a un essere condannato
all’oscurità dai suoi errori. Qualcuno da incolpare. Qualcuno da odiare
carnalmente. Gli avevano tolto anche questo, perché Severus adesso, suo
malgrado, era il centro del mondo per Harry e per il bene di Harry lui ne
avrebbe dovuto prendere atto.
Severus intanto aveva lasciato la
stanza: sapeva che Harry non era ferito ma doveva vederlo. Per calmarsi.
I bambini stavano confabulando
fra loro seduti sul tappeto della camera da letto dei gemelli: quando Harry si
accorse dell’alta figura del suo tutore che occupava lo spazio della porta
trasalì come colto in flagrante e nascose velocemente ciò che teneva fra le
mani sotto il letto più vicino. Severus era così felice di vedere il bambino nel
posto esatto in cui avrebbe dovuto essere già da un paio d’ore che nemmeno si
accorse del gesto furtivo.
- Tutto bene Harry? – la voce,
per chi lo avesse ascoltato con attenzione, tradiva l’emozione del sollievo.
- Sì. Perché non sei alla
riunione? –
- Deve ancora iniziare. So che il
signor Lupin è stato gentile con te ma hai qualche cosa da chiedermi? –
Harry non capiva quella domanda e
infatti guardò Severus con aria perplessa. Severus se ne rese conto e riformulò
il suo dubbio:
- Non so cosa ti ha setto il
signor Lupin ma se ci fosse qualcosa che non ti è chiara mi piacerebbe che ne
parlassi con me. –
- Il signor Lupin mi ha detto che
era un amico della mamma e del papà e che è stato via per lavoro tanti anni.
Poi ho parlato quasi sempre io. – Harry non sembrava affatto turbato.
- Dai adesso, vai alla riunione
che qui dobbiamo finire una cosa? – Il mago sollevò il sopracciglio: la piccola
insolenza appena commessa non procurò ad Harry alcun rimprovero questa volta.
Ma Severus non voleva comunque tradire la sua fama di uomo arcigno e rigoroso
quindi se ne andò ricordando al bambino che sarebbero comunque tornati
sull’argomento in un momento più consono e fra le mura domestiche.
Scese le scale con lentezza, non
aveva voglia di ritrovarsi faccia a faccia con Lupin: il pensiero di quello che
era accaduto gli metteva ancora addosso una scarica di adrenalina troppo
nociva, per sé stesso e per chi gli stava attorno. L’Ordine ora era al completo
e la riunione iniziò proprio con la relazione di Remus. Durante i pochi minuti
d’assenza di Severus l’ex malandrino aveva dovuto farsi perdonare da Silente e
dal resto dei presenti. L’affetto che provavano per lui e il rispetto per il
lavoro svolto in quel lungo periodo di ricerche furono sufficienti a far
tornare l’atmosfera del gruppo piuttosto serena: Remus aveva sempre avuto un
buon carattere e la sua licantropia, invece di farlo sentire speciale lo aveva sempre indotto a una certa
timidezza e delicatezza di modi, quasi a voler beffare quella natura che lui da
sempre viveva come una condanna. Era una persona amata e benvoluta, il gesto
commesso venne presto giustificato. Il solo con cui adesso si sentisse a
disagio era proprio il suo vecchio nemico, quel Mocciosus che in passato gli
era anche capitato di difendere dall’esuberanza poco gentile di Sirius e James
e dalle vigliacche emulazioni di
Peter. Lo osservò rientrare nel
salotto predisposto per la riunione, immaginava che era stato da Harry. Ancora
non si dava pace per ciò che aveva scoperto. Ma quello a cui avrebbe assistito
d’ora in avanti non avrebbe fatto altro che confermare quella inattesa verità.
Non appena i lavori furono
terminati la porta non fece nemmeno in tempo ad aprirsi che i bambini entrarono
rincorrendosi nella stanza. La gioiosa invasione, con tutto il suo seguito di
grida, risate e rumore, mise momentaneamente fine ai discorsi seri. La signora
Weasley ne approfittò per un break e servire delle tartine, prendendo i soliti
George e Fred per un orecchio e trascinandoli fuori. Harry per sfuggire all’inseguimento
dei gemelli terribili si era nascosto dietro al suo tutore. Remus osservava la
scena divertito da tutta quella giovane esuberanza che tanto gli era mancata
nelle peregrinazioni in incognito di quegli anni: poi puntò l’attenzione sul
piccolo Potter.
- Casa, casa, io sono a casa! –
stava dicendo con il fiatone mentre si arrampicava sulle ginocchia di Severus.
– Qui non mi potete far niente! – Il Severus che Remus ricordava non avrebbe
mai tollerato una simile occupazione del suo spazio. Era davvero uno shock
guardarlo sistemarsi Harry sulle gambe mentre rispondeva a una qualche domanda
postagli da Kingsley. Sembrava lo facesse da sempre, che Harry ci fosse nato su
quelle ginocchia. Finché Potter si lasciò scivolare a terra, confabulò per qualche
secondo con Ron e poi si rivolse educatamente al suo tutore.
Remus osservò Severus interrompere la conversazione con Kingsley e
sporgersi verso il bambino: c’era una tale familiarità in quegli sguardi e in
quei gesti che Remus ne fu ferito, ma allo stesso tempo anche consolato.
Quell’amore era autentico, maledettamente ma felicemente autentico. Piton nel
frattempo aveva passato con incredibile naturalezza un braccio attorno alla
schiena del bambino posandovi una mano. Adesso Harry era quasi abbracciato a
lui: notò che Severus annuì ad una probabile richiesta, Kingsley sorrise
compiaciuto e il bambino fece un saltino di contentezza. Se non baciò il
pozionista prima di tornare dal clan Weasley fu solo perché Severus sicuramente
gli aveva proibito di farlo in pubblico. Ma Lupin sapeva che quando i due erano
soli perfino quella barriera era ormai superata. Psservò anche i presenti:
nessuno sembrava sconvolto da quello che accadeva, come se fosse una cosa ormai
assodata; a Remus gli anni trascorsi lontano da casa parvero ora un’eternità.
Severus aveva concesso ad Harry
di dormire da Ron quella notte. A casa Weasley c’erano sempre un pigiama e uno
spazzolino pronti per lui e benché le prime volte il professore avesse fatto un
po’ di resistenza adesso ad Harry bastava chiederlo per ottenere quasi
sicuramente un sì, con la promessa che ormai ripeteva a memoria di non fare
arrabbiare la signora Weasley e di spegnere la luce ad un’ora decente. Piton
sentiva gli occhi di Remus addosso e questo lo metteva stranamente a disagio.
Si sforzava di ignorarlo ma era quasi
come essere sotto esame. Lui a Remus non doveva dimostrare proprio un bel
niente eppure non riusciva a levarsi di torno quella sensazione insofferente.
Non voleva fare scenate, soprattutto con i bambini che giravano per la casa. Il
ritorno di Harry lo fece quasi trasalire. Teneva fra le mani una scatola da
scarpe.
Lupin non si curava dei discorsi
che si accavallavano intorno a lui: guardava adesso il piccolo Potter
consegnare a Piton una scatola da scarpe. Lo sentì dire che era il lavoretto
fatto al museo e Remus allora ricordò. Durante le ore trascorse insieme Harry
si era un po’ crucciato con lui di non averlo potuto completare, così lo aveva
dato a Ron per poi terminarlo una volta rincasato. Aveva parlato con entusiasmo
di quel regalo speciale senza rivelare cosa fosse e per chi
fosse e Remus, preso dalla foga di scoprire ben altre verità, non ci aveva dato
peso. Ora scopriva che quel dono era per Piton. Sentì una fitta di gelosia. Severus
d’altro canto non se lo aspettava, aveva lo sguardo sinceramente sorpreso. Lo
vide aprire la scatola sotto gli occhi impazienti di Harry che saltellava da un
piede all’altro. Non riuscì poi a decifrare l’espressione del pozionista di
fronte all’oggetto contenuto. Severus non lo estrasse dall’involucro ma lo
fissò a lungo. Quando rialzò lo sguardo verso Harry a Lupin parve di
vederci oltre al compiacimento anche
commozione. Ringraziò Harry che si lasciò sfuggire un gridolino di piacere. –
Lo sai cos’è Severus? –
- Lo so. E non potevi scegliere
regalo migliore. - Accarezzò Harry sulla testa. Poi gli disse di tornare pure a
giocare perché alla cena non mancava molto. Il bimbo corse via felice. Severus
riprese i discorsi interrotti con l’auror tenendo stretta la scatola sulle
gambe, quasi fosse un forziere.
Nel frattempo la cena era pronta.
Non si fermarono tutti, e il ridotto numero degli ospiti avrebbe indotto prima
o poi Lupin e Piton ad un nuovo confronto.
Grazie alla presenza di Alastor
Moody, che sapeva come intrattenere un pubblico variegato con aneddoti e
storielle per tutti i gusti e le età, la cena e il dopocena trascorsero
alacremente e in fretta. Per i bambini era arrivato il momento di lavarsi e
denti e filare a letto. Piton sparì con Harry per qualche minuto. Remus
immaginò i due darsi la buona notte: le ultime raccomandazioni e un bacio prima
di raggiungere Ron sotto le coperte. Niente di diverso da quello che accade
normalmente nella maggior parte delle famiglie. Ancora una fitta lo colse, una
sensazione amara alla bocca dello stomaco. Poi vide la scatola. Era poggiata
sul ripiano di una credenza del salotto e nessuno sembrava farci caso. Remus fu
colto dall’irresistibile tentazione di aprirla: cosa poteva avere confezionato
Harry per il suo tutore? Per uno come Piton? Quando fu davanti al pacchetto
invece esitò, colto da un sussulto di coscienza. Che diritto aveva di farlo in
fin dei conti? Era qualcosa che apparteneva solo ad Harry e a Severus. E non
importava che lui faticasse a capire come fosse potuto accadere che quei due si
fossero incontrati. Aveva spiato i pensieri del bambino poche ore prima. Per
una persona irreprensibile come si era sempre ritenuto aveva già colmato la
misura. Ritrasse la mano ma la voce di Severus gli giunse vellutata e sferzante
alle spalle.
- Vuoi sapere cosa c’è dentro?
Aprila. –
Remus si voltò di scatto. E il
duello di sguardi ricominciò.
- Cosa ti succede Lupin, porti
via di nascosto un bambino e poi non hai il coraggio di aprire un dono non tuo?
–
- Puoi provocarmi fino allo
sfinimento, ma non ti darò la soddisfazione di cedere. Ho commesso un errore e
me ne pento, ma non per riguardo tuo sia chiaro. –
- Del tuo riguardo non so cosa
farmene, non ne ho mai avuto da nessuno di voi. Ma non tollero intromissioni nel
mio rapporto con Harry. -
- Ho tutto il diritto di
intromettermi invece, Harry è il figlio dei miei amici morti durante una guerra
in cui, se ben ricordo, tu parteggiavi dalla parte opposta! –
- Puoi sbattermi in faccia il
passato quanto ti pare, io ci convivo e combatto da anni. Ma se ho imparato una
cosa da quando Harry sta con me è che le Fenici non vivono solo nell’ufficio di
Silente. –
Nell’ultima occhiata che diede a
Remus c’era orgoglio. Non disprezzo, non rabbia, solo orgoglio. Quello di essere
dalla parte giusta, questa volta. Severus si allontanò lasciando la scatola
dov’era. Lupin tornò a guardarla: se anche avesse avuto ancora dubbi sulla
decisione di aprirla o meno, ora in cuor suo sapeva che non avrebbe potuto
farlo. Qualsiasi cosa ci fosse stata
dentro non aveva importanza: un uomo che credeva perduto era risorto dalle
proprie ceneri e sebbene continuasse a far fatica a realizzarlo sapeva che era
la verità. Dentro quella scatola c’era sicuramente l’affetto vero di un bambino
per quell’uomo. E lui non aveva alcun diritto di violarlo.
Silente e Piton uscirono dal
camino: nell’ufficio del Preside, rischiarato dalla luce calda delle candele
profumate, Fanny dormiva con la testa sotto un’ala.
- Una giornata piuttosto
movimentata Severus… devo dire che mi hai sorpreso positivamente. Ma non è certo una novità… –
- Non lodarmi con troppa facilità
Albus, in un'altra situazione Lupin non se la sarebbe cavata solo con il vostro
ridicolo rimprovero. –
- Perché non riesco a credere che
gli avresti fatto davvero del male Severus? Forse perché proprio stamattina
dicevi di amare Harry… non gli daresti mai il cattivo esempio. Per via di
esemplarità potresti concorrere per il premio del genitore dell’anno. –
- Non sei divertente Albus. –
- Imparerai anche a divertirti
Severus, tu impari che è una meraviglia… Severus, Remus ha capito qual è il suo
posto. E quale il tuo.–
- Me lo auguro per lui. – Albus
sorrise benevolo. Ed era come sempre in contrasto con il volto risentito del
pozionista.
- Ti auguro una buona notte
figliolo. Lo sarà certamente, visto il contenuto di quello che tieni sotto il
braccio. –
Severus strinse automaticamente a
sé la scatola.
- E tu cosa ne sai? Non avrai
mica sbirciato… anche se non me ne meraviglierei. –
- Non è stato necessario. Me lo
ha detto Harry cosa c’è dentro. – Se non
fosse stato per la penombra Albus avrebbe giurato di aver visto del
colore sulle guance del suo insegnante.
- Oh so benissimo che i babbani
non hanno ben chiaro il reale significato di quell’amuleto Cheyenne. Ma la
storia babbana è piena di sviste, talvolta anche divertenti. – Albus ridacchiò.
- Quel che conta sono le
intenzioni di Harry giusto? L’ha fatto apposta per te. E sono sicuro che
funzionerà anche senza essere un vero oggetto magico. Vuoi bere un sorso di tè
con me e Minerva prima di ritirarti? –
Severus si riscosse
dall’immobilità in cui lo avevano posto le ultime parole di Albus.
- No grazie,credo che andrò
subito a letto. Sono d’accordo con te Albus, per una volta. Credo che dormirò serenamente
stanotte.– Uscì salutando e scese nelle sue stanze. Posò la scatola sul
comodino, l’aprì, estrasse il regalo di Harry e lo appese sulla testiera del
letto con un incantesimo. Guardò l’oggetto con riconoscenza. Si spogliò. Poi si
avviò verso il bagno. La porta della camera da letto si chiuse senza far
rumore. Un rudimentale acchiappasogni oscillò nel leggero spostamento d’aria.
Chiedendo venia per la lunga
assenza e spero di avervi dato una nuova buona storia da leggere in queste
prime umide sere d’autunno. Sono rimasta “senza parole” per tutto questo tempo
nel senso che mi è mancata un po’ l’ispirazione. Spero adesso di riprendere il
via e di aggiornare con più frequenza anche se vorrei evitare di diventare
ripetitiva. Grazie a tutti coloro che mi leggeranno.