L'anello
- L'anello d'argento -
On the shore we sat and hoped
Under the same pale moon
Whose guiding light chose you,
Chose you all
Nightwish – The Poet and the Pendulum
La
Nauglamír risplendeva come un manto di stelle sotto la fievole
luce delle lampade. Finrod la ripose nel suo scrigno, con delicatezza.
Era strano non sentirne più il peso, ed era strano il senso di
straniamento che provava a non averla più al collo.
Eppure il peso che
percepiva non accennava a scomparire. Finrod se lo sentiva addosso come
una seconda pelle, una consapevolezza ormai diventata naturale come il
respiro, ma non per questo più semplice da sopportare.
«Anche io devo pronunciare un giuramento, e devo essere libero di compierlo per poi scendere nella tenebra»,
aveva detto ad Artanis, un giorno che sembrava così lontano nel
tempo. Le parole erano salite alle sue labbra prima che potesse anche
solo pensarle. «E nulla di ciò che è nel mio regno durerà tanto che un figlio possa ereditarlo».
Poteva già quasi
percepire la rovina attorno a sé. Un vento di tempesta avrebbe
soffiato sulle ceneri del Nargothrond, sulle ossa carbonizzate dei
caduti, sopra le urla dei pochi sopravvissuti. Ma lui non sarebbe stato
lì, né sarebbe stato in suo potere evitarlo. Nelle pieghe
del tempo tutto era stato scritto, ma se poteva leggerci degli errori,
Finrod non vi trovava rimpianti.
Niente più peso
della Nauglamír attorno al collo, niente più peso della
corona sul suo capo. Risentiva nelle orecchie il rumore sordo
dell’oro che cozzava contro il pavimento di pietra della sala del
trono, sotto gli sguardi carichi di odio dei suoi cugini.
Di quale biasimo lui poteva arrogarsi il diritto?
Tutti avevano pronunciato giuramenti. Avrebbe potuto vedere nel fëa1
di Celegorm e Curufin lo stesso peso che opprimeva il suo, lo stesso
cammino oscuro, senza deviazioni e senza una via d’uscita.
Persino nella rabbia cieca che ancora provava, nel senso di abbandono e
tradimento da parte della sua gente, non pronunciava giudizi.
Con che diritto poteva
obbligare qualcuno a seguirlo in un cammino che non aveva portato altro
che morte? Aveva cominciato a percorrere quel sentiero ben prima di
rinchiudere il suo anello tra le mani di Barahir, da quando si era
lasciato alle spalle il mare torbido del sangue di Alqualondë e
gli occhi pieni di lacrime di suo padre.
Quando Beren era comparso
davanti al suo trono, Finrod aveva sentito le fila del suo destino
torcersi attorno a sé fino a togliergli il respiro. Ma non si
era tirato indietro. Avrebbe percorso quella strada verso il buio, a costo di percorrerla da solo, con addosso null’altro che la sua pelle.
Ormai nulla del Re del
Nargothrond gli era rimasta addosso. Né le ricche vesti,
né i paramenti, neppure uno dei gioielli e dei preziosi dei
quali andava tanto fiero. Re Finrod Felagund era stato rinchiuso negli
scrigni intarsiati e nei grossi bauli di quercia, e ciò che
rimaneva era solo Findaráto.
L’ultima cosa che ripose fu un piccolo anello d’argento, leggero come la piuma di un usignolo.
Lo tenne in mano per
lunghi istanti. Gli anni lo avevano reso sottile, tanto che credeva che
se avesse stretto il pugno lo avrebbe mandato in frantumi. Gli anelli
d’argento non erano fatti per attese prolungate, non erano mai
stati pegno di una promessa divisa da una maledizione che era ostacolo
molto più insormontabile del Mare. Un anello d’argento
appassiva in pochi anni, e scompariva nel fuoco a causa di due strade
che si separavano o veniva sostituito se invece erano unite per sempre.
Ricordava il suo sguardo il giorno in cui le aveva detto addio.
Sapeva che sarebbe
rimasta, ancor prima che lei stessa se ne rendesse conto. La sua
famiglia non l’avrebbe mai lasciata partire, e Finrod con nessuna
parola avrebbe potuto mutare la loro opinione, né
l’avrebbe desiderato.
Per cosa avrebbe dovuto
condurla nella Terra di Mezzo? Per perderla sul Ghiaccio Stridente,
come era accaduto a Elenwë? Per vederla perire assieme al suo
Regno, per lasciarla sola a causa di un giuramento? Per attenderla a
Mandos, oppure sperare che non vi giungesse mai e rimanesse per sempre
al di là del Mare, a consumarsi a causa di una maledizione della
quale non aveva nessuna colpa?
Con delicatezza, Finrod ripose l’anello nello scrigno, e richiuse il coperchio.
Non ne avrebbe avuto bisogno, nel luogo in cui sarebbe dovuto andare.
Il sole cominciò a
sorgere, i primi raggi s’infiltravano tra gli interstizi delle
tende. Il sole, che era sorto al suo arrivo nella Terra di Mezzo, ora
lo chiamava al suo destino.
Dov’era la speranza
di cui a lungo aveva parlato ad Andreth Saelind, in quel momento?
Sentiva ancora l’anello attorno all’indice. Sapeva che
avrebbe continuato a percepirlo lo stesso, per tutti i lunghi anni
dell’esilio, anche se fosse stato fuso assieme a quello di lei
prima della sua partenza. Era solo un cerchio d’argento, carico
di anni, privo di qualsiasi valore.
Voltò le spalle ai
suoi scrigni, alla sua corona, al Re che era stato nella Terra di
Mezzo. Rimase Findaráto, principe dei Noldor. Avrebbe mantenuto
fede al suo giuramento, e avrebbe pagato qualunque prezzo gli fosse
stato richiesto.
A ogni suo giuramento. A
quello fatto a Barahir e alla sua stirpe. E a quello fatto ad
Amarië, l’ultima volta che l’aveva stretta tra le
braccia e le aveva promesso che sarebbe tornato.
Spalancò le tende, e lasciò entrare la luce del sole.
A ogni suo giuramento. Finrod rimase a guardare il sole che si rifletteva sul fiume, e sorrise.
***
Un paio di note sparse:
La frase in corsivo è tratta da Il Silmarillion, J.R.R.Tolkien, capitolo XV: Dei Noldor del Beleriand.
Artanis è il nome paterno di Galadriel.
L’anello
d’argento è quello che due Elfi si scambiano al momento
del fidanzamento: se questo poi viene sciolto, gli anelli vengono
pubblicamente restituiti e poi fusi. Se i due invece si sposano, sono
sostituiti con anelli d’oro. Da qui la mia “licenza”
che non fossero fatti per durare – se sì in uno scrigno,
in guerra magari un po’ meno – anche se immagino che
essendo fatti dai Noldor probabilmente potrebbero resistere lustri-di-millenni senza neanche un graffio.
1. fëa: parola in Quenya che indica lo spirito immortale degli Eldar.
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