Aarlong Park

di metaldolphin
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Nel buio di questa cella sono confuso.
Mille pensieri mi vorticano nella testa, mille immagini, un solo volto, un solo sguardo, un solo sorriso.

Nami.

Che nella mia mente è diventata sinonimo di contraddizione.

Nami, che ci aiuta contro Buggy e la sua Ciurma, senza nemmeno sapere chi siamo io e Rufy.
Nami, che accetta di essere la nostra Navigatrice.
Nami, che calcia le mie katane, ferita, per aiutare il villaggio di Usopp e Kaya.
Nami, che scompare al Baratie, portandosi via la Going Merry.
Nami, che sfoggia, tatuato sulla spalla, lo stemma di Aarlong.
Nami, cartografa ed unica umana a far parte di quella feccia dei pirati uomini-pesci.
Nami, che non riesce a vedermi morire e mi ripesca, quando mi getto in mare legato come un salame.
Nami, che infierisce sulle bende che coprono lo squarcio infertomi da Mihawk.
Nami, che ordina di gettarmi in questa lurida cella, buia ed umida.

Le corde strette e il dolore al petto, fanno sì che non riesca a liberarmi… non mi aiuta nemmeno qualche linea di febbre.
Resto seduto sul pavimento, gambe incrociate e schiena curva.
Quando la porta si apre, la luce che entra mi ferisce gli occhi ed ho bisogno di qualche secondo per distinguere la sagoma che vi si staglia netta; è femminilmente sinuosa, ma dritta ed autoritaria: dopotutto riesce a tenere testa a quei bruti là fuori.

Sempre lei, Nami.

Avanza di uno, poi due passi.
In mano ha un coltello affilato: in questo momento la rossa ha il potere di decidere della mia vita.
Non so per cosa propenderà: a questo punto, potrebbe fare indifferentemente qualsiasi cosa… nella contraddizione vivente che si è dimostrata essere, potrebbe anche aver deciso per la mia eliminazione.
La lama scintilla rapida nella penombra e, dopo qualche secondo di apnea, scopro di poter respirare ancora.
Resto imbambolato a guardarla, le corde appena tagliate tra le mani.
Andando via, mi dice di filarmela, poi esce.
Sul pavimento ha lasciato la Wado Ichimonji, l’ultima spada che mi è rimasta, la spada di Kuina, la spada donatami dal sensei del dojo, suo padre, alla prematura morte della figlia.
La raccolgo, saldamente in mano, mi sporgo con cautela dalla porta socchiusa… di Nami nessuna traccia.

Tutte le immagini che mi affollavano la mente sono scomparse: rimane solo lo sguardo triste di Nami che va via.
Quell’uomo-pesce non ha capito nulla di lei, mi sono accorto che finge.
Non so ancora perché, l’unica cosa certa è che deve essere in una brutta situazione, per condurre questo doppio gioco.
È vero che non la conosco da molto, ma sono riuscito a leggere qualcosa in quello sguardo malinconico.
Ed è a causa di ciò che vi ho visto, che decido di non seguire il suo consiglio.
Non fuggirò.
Mi siedo ad aspettare che torni quell’uomo-pesce, devo toglierlo di mezzo.
Devo liberare questo villaggio.
Devo liberare Nami.
Il mio Capitano mi ha chiesto di riportare la nostra Navigatrice a bordo….
E anche io comincio a credere che, senza lei, sarei davvero perso.




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