Another
Rainy Sunday...
...ops!
Volevo dire... Un autre dimanche pluvieux!
Okay,
Bells. Respira. Ce la puoi fare.
Naturale.
Sono
tre ore (almeno) che cammino su e giù per la stanza come
un'idiota e non ho ancora preso neanche mezza decisione.
Niente
di niente di niente.
La
proverbiale lampadina non ne vuole sapere di accendersi.
Forse
mi si è fulminata. Protesterò in direzione.
Apro
l'armadio, guardo dentro sconsolata e lo richiudo.
Uffff!!!!
Mi
siedo sul letto, ben decisa a farla finita.
Opzione
uno: telefonare in hotel e annullare quello stupido
appuntamento(mah...possibile...poi però chi la sente a
Renée?)
Opzione
due: sparire dalla circolazione per un paio d'ore e fingere di aver
casualmente dimenticato l'impegno (si...pura
fantascienza:Forks è talmente piccola che verrebbero a
sapere
subito dalla figlia della cognata del nipote del panettiere del
vicino di casa Charlie di avermi visto fuggire. E in ogni caso mi
beccherebbero all'istante. Possibilità da depennare)
Opzione
tre: arrendersi e andare a quello stupidissimo appuntamento.
Sigh.
Mentre
mi vesto, non posso fare a meno di sentirmi un po' giù.
Insomma,
chi ha voglia di andare a un appuntamento con una persona che conosci
a malapena e per quello che ti ricordi ti è pure antipatica?
Eppure,
ho deciso di andarci. Più che altro l'ho fatto per
Renée:
mi avrà telefonato almeno trenta volte per raccomandarmi di
andarci, se no poi chissà cosa pensano di noi e cosa diranno
di lei al circolo del golf (ora che ci penso, che diavolo ci fa la
mamma al circolo del golf? E soprattutto, che cavolo centra con
questa storia?)
Come
se non bastasse Alice è caccia insieme a Edward (ri-sigh.
Sono
18 ore consecutive che non lo vedo. Il mio cuoricino sta cominciando
a protestare) e Jasper e io non ho la più pallida idea di
cosa
mettermi, per cui pesco a caso un paio di jeans e una magliettina
leggera dall'armadio. E andare a casa Cullen è inutile,
visto
che l'esperta di moda è momentaneamente assente, a meno che
non voglia sentire gli sghignazzi di Emmett, le risatine snob di
Rosalie o i consigli da mamma premurosa degli anni '20 di Esme. E
Carlisle...boh, non mi sembra da prendere in considerazione per un
consiglio del genere, non si tratta mica di influenza! E poi anche a
volergli fare domande di moda cosa cavolo potrebbe rispondermi?
È
nato nel '600, per Dio!
Finisco
di prepararmi a malincuore, poi prendo le chiavi del pick-up ed esco.
Andiamo
a trovare la famosa nipote di Phil!
La
nipote di Phil è una ragazza alta, bionda, snella, con gli
occhi verdi e un sorrisetto moscio e snob sempre stampato sulla sua
boccuccia.
Ed
è francese.
Tale
donzella si chiama Lucy (all'anagrafe e per i suoi nonni paterni
Lucille Blanche Vannier), è la figlia di Grace, la sorella
di
Phil, e un avvocato francese che si chiama Xavier, che la simpatia
di uno yogurt scaduto e ha sempre quella faccia da schiaffi da
bambino petulante che ti fa venire voglia di prenderlo a sberle ogni
volta che lo vedi.
Io
li ho conosciuti una volta al matrimonio della mamma e Phil, e quella
è stata la prima e ultima volta che li ho visti. Dopo la
festa
hanno congedato tutti con un Au revoir e sono
saliti su un
Concorde che li ha rispediti dritti dritti nella vecchia Europa,
nella loro villetta da un milione di dollari nel bel mezzo di Parigi.
Cosa
che a me stava benissimo.
Ma
con mia solita grande sfortuna, la settimana scorsa sono andati a
Jacksonville a trovare Phil e la mamma, e trovandosi in America,
hanno deciso di venire a trovare anche me. Come se non avessi
già
abbastanza cose di cui preoccuparmi.
Mi
hanno dato appuntamento al Grand Hotel Superlusso dove alloggiano, un
po' fuori Forks (troppo cheap per tre ricconi come
loro).
Sono
appena arrivata e già non vedo l'ora di andarmene.
Ma
tanto so già come andrà a finire, con loro che mi
offrono un tè con biscotti parigini, mi cantilenano un sacco
di roba che non capisco e ci salutiamo di nuovo. Solo che in ogni
caso sarà una tragedia annunciata.
Attraverso
l'atrio a passo svelto, lisciandomi i jeans e lanciando un'occhiata
fugace alla mia immagine riflessa nella porta a vetri. So quanto
questi francesi tengono all'apparenza e io non ho esattamente
l'aspetto di una diva. Ma comunque.
Mi
fermo alla reception, dove mi raggiunge una ragazza bionda con una
camicetta bianca e un cartellino appeso al bavero che recita
“Amy”,
sorrisetto professionale d'ordinanza stampato in volto.
“Posso
aiutarla?”mi chiede col tono annoiato di una che ripete ogni
giorno
le stesse parole.
“Sono
Isabella Swan”rispondo, e un paio di donne in tailleur
elegante
alla mia destra si voltano a guardarmi. “Ho un appuntamento
con la
famiglia Vannier”
La
ragazza scorre in fretta un elenco da una grossa agenda, poi rialza
lo sguardo e mi rivolge un altro dei suoi sorrisi falsi.
“Certo.
Si accomodi, signorina Swan. I signori Vannier e la ragazza la stanno
aspettando nel lounge”
“La
ringrazio”
“Buona
giornata, miss Swan”
Mi
allontano dalla reception in direzione del lounge. Quando arrivo e li
vedo, ho solo voglia di darmela a gambe, ma con mia enorme sfortuna
Lucy si volta verso di me e mi nota. Subito un sorriso raggiante le
illumina il volto, mentre abbandona la tazza di tè e mi
viene
incontro correndo.
Mi
avvolge in un abbraccio entusiasta che io ricambio un po'
imbarazzata. Non sono abituata a tante effusioni.
Poi
si allontana da me e mi guarda, senza smettere di sorridere.
“è
bellissimo rivederti, Isabelle” trilla
con la sua vocetta
acuta storpiata dall'accento moscio tipicamente francese.
“Già”mormoro
io sospirando. Soprattutto è bellissimo sentire che non hai
perso il vizio di chiamarmi Isabelle. Già il mio nome non mi
fa tanta simpatia, in francese poi...
“Ti
trovo bene, Lucy . Davvero bene” aggiungo senza un minimo di
originalità. E poi a dire la verità la ricordavo
un po'
diversa. È piuttosto...bionda dall'ultima volta che l'ho
vista. Nel senso, è sempre stata bionda, ma era un biondo
più
naturale, giallino dorato. Ora sembra quasi che qualcuno le abbia
calato in testa un mucchietto di paglia. Non sono male, comunque, non
fosse per quel colore. Biondo platino, paglierino, ricorda un po'
quelle donnette dei film anni '50. Però è carina.
Lo è
sempre stata. Biondastra, occhi chiari, fisico slanciato...niente a
che vedere con Rosalie, certo, ma per essere umana è
piuttosto
bella. È una specie di strano incrocio tra Kate Winslet e
Nicole Kidman...in versione Tour Eiffel.
“Maman!
Viens ici, Isabelle est
arrivée!”
Grace
mi viene incontro a passi lenti, un bicchiere di brandy in una mano,
sigaretta accesa nell'altra.
“Bella!
Quanto tempo!”esclama avvicinandosi e mentre mi bacia sulle
guance
mi butta addosso una ventata di Chanel n.5 misto a fumo.
“Stai
d'incanto! L'ho sempre detto, io , a Renée!”
“Già”rispondo
io con la mia solita originalità. Cosa ha sempre detto a
Renée?
Dietro
di lei appare l'avvocato, quello con la faccia da schiaffi. Mi
osserva in faccia per non più di una frazione di secondo,
poi
torna a parlare al cellulare, liquidandomi con un “Bonjour,
mademoiselle Swan”
“Et
alors” attacca Lucy fissandomi raggiante. In
realtà è
quello che sta facendo già da cinque minuti buoni, e la cosa
sta cominciando a darmi sui nervi. Siamo sedute su un elegante
divanetto in velluto verde scuro a sorseggiare tè tibetano
allo zenzero, rosmarino, prezzemolo o quello che è, insieme
a
un piatto di biscotti marroncini dall'aria un po' triste provenienti
nientepopodimeno che da Parigi! (l'avevo detto, io)
L'avvocato
è sparito dietro ai suoi affairs, e non
si è più
visto. Cosa che a me va benissimo.
“Come
va,Bella?”mi chiede Grace cordiale, accendendosi l'ennesima
sigaretta. “Renée mi ha detto che ti sei
diplomata.
Complimenti! Hai già deciso cosa farai
all'università?”
“Oh...no,
veramente non ho le idee molto chiare. Ma dopotutto credo che
prenderò medicina”
“Medicina!”esclama
Grace colpita “Un bell'impegno. E dove?”
“Alaska,
credo. L'università di Juneau”
“Alaska!”
“Hou
la!” Lucy è più colpita della
madre “Tu iras
vraiment en Alaska?”
“Così
pare”
“Mon
Dieu! Ce n'est pas possible!Il est trop loin!”
“La
vie est sienne!Elle peut faire ce qui veut”
“Mais...en
Alaska...avec ce froid...”
Grace
agitò
la mano come a dire che non era un problema e si rivolse nuovamente
verso di me.
“Comunque
non preoccuparti per me, Lucy. Credo proprio che riuscirò a
sopravvivere”la rassicuro in risposta a qualcosa che mi
sembra di
aver capito dalla loro conversazione incomprensibile(per quanto il
mio francese sia davvero penoso). “E poi il mio fidanzato
viene con
me”aggiungo. Solo due secondi più tardi mi rendo
conto che
non era esattamente la cosa giusta da dire. Dalle loro espressioni da
Ho-visto-Johnny-Depp-in-boxer oserei dedurre
che la mamma non ne aveva fatto parola.
Ahia.
“il
tuo...fidanzato?”borbotta Grace confusa.
Annuisco.
“Si.
Edward. Verrà con me”
“Edouard?”
fa Lucy “Il s'appelle Edouard?”
Annuisco
di nuovo,
rassegnata a vuotare il sacco. “Edward Cullen”
“Cullen? Sul
serio?” Ho come l'impressione che a Grace potrebbe venire un
infarto in due secondi netti “Non sarà per caso un
parente
del dottor Cullen?”
“Bè,si.
In realtà è suo padre. Adottivo”
“Quoi?”mi
chiede Lucy con la voce stridula per lo sconcerto. “Sei
davvero
fidanzata con il figlio del dottore? Il biondo da infarto
dell'ospedale?”
Grace
le lancia
una mezza occhiata di rimprovero, ma neanche lei riesce a mascherare
la sopresa.
“Mon
Dieu...le fils du docteur...”sussurra Lucy
fissandomi con due
occhi grandi come piatti.
Ah!
Questo le
francesi non se l'aspettavano.
Quasi
quasi ci sto
pure prendendo gusto.
Sono
così
sbalordite che mi viene voglia di aggiungere qualche altro dettaglio,
del ti po”sapete, ci sposiamo a settembre”. Potrei
buttarlo lì,
con nochalance, la prossima volta che mi chiedono qualcosa. Non
sarebbe male...salvo poi avere due infarti sulla coscienza.
Però
è
divertente! Voglio dire, io credevo che saremmo finiti col
parlare(loro a parlare, io a fare finta di ascoltare) delle
meravigliose prodezze di Lucy e invece...
Mi
stanno
guardando tutte e due con un'espressione così reverenziale e
piena di ammirazione che non posso fare a meno di sentirmi un po'
compiaciuta. Mi sento una specie di eroina!
Aspetta
che lo
dica alla mamma!
Grace
sembra
ricomporsi. Vuota il bicchiere di brandy in due secondi netti e si
rivolge alla figlia.
“à
propos, Lucille...tu ne devais pas le dire... cette chose?”
Ammicca
con la
testa verso di me, e Lucy si risveglia, tornando a illuminarsi,
già
dimentica del fils du docteur e via dicendo.
“Mais
oui!”esclama allegra “Nous avons
préparé une
surprise, Isabelle!”
“Cosa?” Una
sorpresa? Che sorpresa?
Lucy
annuisce.
“Une fête!”
Una
che?
“Une
fête très belle...”ribadisce,come
se io avessi capito cosa abbia detto “Il
sera si
amusant!”
“Bene!”
mormoro, guardando prima Lucy, poi Grace. Sto cominciando a sudare.
Non mi piacciono gli sguardi di queste due. E poi di cosa diavolo
stanno parlando?
“Une
fête”ripete Lucy per la terza volta
“Sarà
bellissimo, n'est-ce pas?”
“Certo” Ovvio.
Tutti sanno cosa diavolo vuol dire une fête. Naturale.
Merda. Lo sapevo che avrei dovuto ripassare il francese, prima di
venire qui. O almeno potevo ricordarmi di portarmi un vocabolario.
Potevo occultarlo nella borsa, e al momento opportuno fingere di
andare in bagno...
“Una festa,
Bella” si affretta a chiarire Grace vedendo la mia
espressione.
Oh,
adesso è
tutto molto più chiaro.
Una
festa.
Ah.
Ora
si che inizio
a sudare sul serio.
“Pour mon
anniversaire” aggiunge Lucy con gli occhi che le
brillano “Il
est aujourd'hui!”
Ma
porca miseria,
Lucy, non puoi usare quel poco di inglese che sai, maledizione? Mi
stai facendo venire l'ulcera,per la miseria. Che cazzo sta dicendo
ancora?
“Oggi è
il compleanno di Lucy” riferisce il mio nuovissimo traduttore
universale alias Grace.
“Ah. Auguri,
allora”
“Merci,
Isabelle”
Le
sorrido, un po'
incerta. Dove vuole arrivare?
“Et
alors”esordisce “Andiamo a
prepararci?”
Lo
sapevo che
c'era l'inghippo. Lo sapevo.
Sapevo
che quando
queste francesi mi hanno telefonato per chiedermi di incontrarci per
un pomeriggio insieme in realtà stavano tramando
qualcosa.
Me lo sentivo.
Avrei
dovuto
chiedere ad Alice.
È
passata
più o meno un'oretta da quando Lucy mi ha trascinata nella
sezione termale dell'hotel. In uno sprizzo di allegria, mi ha
spiegato, concitata, che aveva organizzato una festa per il suo
compleanno e che io non potevo assolutamente
mancare. E
soprattutto che non ne avevano fatto parola su suggerimento di
Renée,
che le aveva spiegato che io “non + che adori le
feste” e che di
solito faccio tutto per evitarle.
Devo
ricordarmi di
dire due paroline alla mamma.
Così
avevano escogitato questo bel piano degno della CIA, solo
perché
,secondo la loro distorta visione dei fatti, io non potevo proprio
mancare a questo stupidissimo compleanno. Secondo loro. Nella mia
beata visione dei fatti, avrei potuto benissimo starmene a casina mia
a poltrire.
Lucy
aveva
prenotato un'estetista per tutte e due, per prepararci per la festa.
E
così
eccomi qui.
Rinchiusa
in una
suite ad ammirarmi allo specchio.
Sono
praticamente
irriconoscibile.
L'estetista
è
stata più crudele di Alice nei suoi giorni peggiori.
Indosso
un
elegante abito di seta lungo fino ai piedi, di un'inquietante colore
rosso sangue, aperta sulla schiena e con uno spacco che mi parte
dalla coscia e arriva giù al piede. Piede ancorato a una
scarpa rossa, aperta, e con il tacco più alto che io abbia
mai
visto(di sicuro inciamperò a ogni passo). Ho i capelli
lucidi,
raccolti in una strana acconciatura a onde, un po' anni '30. Sembro
quasi Penelope Cruz alla notte degli Oscar.
Non
che io
assomigli realmente a Penelope Cruz, era giusto per dare un'idea.
“Isabelle!”
Mi volto in tempo per vedere Lucy fare capolino dalla porta, abito
bianco corto, capelli stile Marylin Monroe.
“On va?”
“S'il
vouz plait, monsieurs, potete spostare questo tavolo
più a
ovest? E mettere gli aperitivi sul tavolo all'ingresso? Merci!”
Lucy si volta verso di me, in un turbinio di capelli biondi.
“Ti
stai divertendo, Isabelle?” mi porge un
bicchiere di
champagne che io afferro e mando giù in un secondo.
“Certo!”
esclamo, un po' troppo allegra. Deve essere l'effetto dello
champagne.
“A
proposito”esordisce ingollando un'olivetta da aperitivo. A
proposito di che? “Volevo dirti che ho invitato un po' di
gente”
Questo
era chiaro. Finora ci siamo solo io, lei, Grace e il suo brandy e
qualche cameriere dall'aria annoiata. Figuriamoci se si faceva un
sacco di chilometri solo per fare una festa in America con quattro
gatti!
“Bene.
È gente simpatica?” chiedo così per
conversazione.
“Oui.
C'è anche qualcuno che conosci”
“Sul
serio?” chi cavolo ha invitato?
“Un
po' di gente che c'era al matrimonio di tua madre e oncle
Philippe...me le hai presentati tu, ricordi? Siamo diventati
amici”
Cosa
sta...
Ah,
ora ricordo. Sta parlando del matrimonio. Mi era rimasta appiccicata
alle costole per tutta la mattina e quando siamo arrivati al
ricevimento l'ho sbolognata a un paio di conoscenti.
“Mon
Dieu! Ils sont ici!” urla a un tratto voltandosi
verso
l'entrata, tanto che io faccio un salto indietro per lo spavento.
“Annie! Jamie! Jud! Aspen! Che gioia rivedevi!”
Così
dicendo si fionda sui quattro biondi che sono appena arrivati. Mi
volto anch'io giusto per curiosità e...e Oh Mio Dio.
Quelle
lì sono Annie e Jamie? Cioè, sono proprio loro?
Caspita, non le vedo da una vita! Non che avrei voluto rivederle,
comunque. Mentre mi avvicino circospetta noto che nonostante gli anni
non sono cambiate per niente. Stesse facciotte ossute e snob, stesse
volgari pettinature biondastre, stessi orribili orecchini di perle
che avevano qualche anno fa. Non posso crederci. Le gemelle Hayden.
Le gemelle ochette in carne e ossa. Con loro c'è anche Jude.
Una volta eravamo davvero amiche. Si era trasferita nella casa
accanto alla nostra dopo che la madre aveva sorpreso il marito
(cioè
il padre di Jud) con la segretaria ventenne nell'ufficio, a Memphis.
Dopo il divorzio erano venute a Phoenix, e, devo riconoscerlo,
è
stata una delle migliori ragazze che abbia mai conosciuto.
Simpaticissima, sempre gentile e generosa con tutti. L'unico difetto
era il suo vizio di metterti in imbarazzo con una frase detta
così,
per caso. Sul serio, non lo faceva apposta, ma è una cosa di
lei che ho sempre odiato. Ma, a parte questo, siamo sempre andate
d'accordo.
E
ora eccola qui, col suo completino di jeans, e i suoi capelli biondi,
vicina alle gemelle-ochette a parlare con Lucy. Mi vede e mi saluta
con la mano, facendomi un sorrisone a trentadue denti, come se niente
fosse. Come se questi anni di distanza non fossero mai passati. E
accanto a loro c'è...Aspen.
Quello
è proprio...Aspen.
Oh
cazzo.
Ehm...che
ne dite? Fa pietà, lo so. Questa è solo la prima
parte,
però. La seconda...bè, a voi decidere se volerla
leggere o meno. Mi rimetto solennemente alla vostra decisione.
Scherzi a parte, che ne pensate? È un'idea che mi
è
venuta in mente così, in una delle tante noiose ore di
matematica in classe, quando faccio di tutto meno che ascoltare il
prof...allora? Mi farete sapere, vero? Ci posso contare? Grazie a
tutti quelli che lo faranno! Baci baci!!
Ps:
perdonatemi il francese penoso, non lo studio più da qualche
anno e per questa storia ho dovuto ritirare fuori il libro e fare
appello a tutta la mia memoria e rispolverare quello che ricordavo.
Se tra voi c'è qualcuno che lo parla meglio di me, per
favore
non si offenda. I'm sorry, ma è l'inglese il mio campo. Kiss.
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