Un istante di effimero
splendore
Era da poco che ero entrato in Alba.
Io ero l’ultimo arrivato,nell’Akatsuki.
Ero divenuto il compagno di Kakuzu,perchè
in Alba era usanza che i membri andassero sempre insieme in coppia,in modo da
stabilire legami di fiducia e collaborazione,in modo da sfruttare sempre meglio
ciò di cui eravamo dotati…
E certo, ovviamente ero l’unico che non potesse
uccidere…
Ed è così che cominciarono i miei pellegrinaggi con Kakuzu,il più sanguinario membro di Alba…
Era così materiale…
Sempre attaccato ai soldi e ai beni terreni….liquidava con
fredda razionalità i miei dubbi sulla morte,con
praticità le mie domande sull’eterno…
La mia religione per lui non aveva nessun senso,per lui non esisteva nessun Dio a cui dare ascolto,per lui
non c’era niente se questo squallido presente e un altrettanto squallido
prossimo futuro…
Lui non s’interrogava su cosa guida i cuori degli uomini,su cosa dia gioia,su cosa essi veramente temano…egli dava
al denaro ogni colpa e ogni merito,egli credeva che non c’era uomo che non
avesse il suo prezzo…per lui la morte era priva di significato,la notte priva
di mistero,il sangue privo di calore…nient’altro che oggetti inutili…
Uccideva per denaro,ignorando di
uccidere…con la stessa praticità con cui si strapperebbe un fiore lui strappava
le vite,per poi rivenderle come avrebbe rivenduto una qualsiasi rosa…
…Kakuzu era il mio compagno di battaglie,sopportava
le mie preghiere,e passavo con lui i lunghi giorni della mia esistenza
consacrata a Dio…
…eppure mi sentivo sempre più solo.
Non c’era nessuno in quel luogo chiuso e isolato,che potesse capire il mio dolore.
Poi venne Lui.
Ricordo bene quel giorno,né mai
potrò dimenticarlo.
Era uno di quei pochi,ari giorni in
cui eravamo riuniti tutti insieme,in cui i nove membri dell’Akatsuki
risiedevano in un luogo solo,in attesa lenta e snervante di sapere ciò che
Pain,nostro Leader,avrebbe deciso.
Il luogo scelto era insolitamente ameno e accogliente,una grotta sigillata e curata,come sempre,ma in mezzo a una
valle,tra alberi scuri…perfino un fiume scorreva argenteo come un serpente,le
acque e il loro perpetuo canto proprio accanto a noi…un posto così sicuro che
ci era permesso di uscire a godere della carezza del vento e del calore del
sole…
Non tentai di far notare queste cose a Kakuzu.Sapevo benissimo che sarebbe stato inutile.
Mi avrebbe risposto che aria e sole non erano cose che si
potevano vendere,che non c’era niente di bello in quei
tronchi scuri e secolari,probabilmente marci,che quelle foglie verdi si
sarebbero presto appassite diventando rifiuti,e quindi era inutile
contemplarle.
Era così materiale Kakuzu.
Eppure io volevo uscire,volevo
trovare una radura silenziosa dove pregare e ringraziare Dio di tutto questo,e
pregarlo ancora una volta che la mia morte giungesse presto,in modo da
raggiungerlo e abbandonare quel mondo che non lo ascoltava.
Ricordo che volevo vedere il fiume.
Mi ricordava la mia casa e la mia terra,anni
e anni prima,quando ancora non avevo scoperto la vera fede.
Fu così che mi avvicinai alle sue acque argentee e vive,in una radura silenziosa.
Seduto su di un masso che affiorava tra l’acqua
c’era qualcuno,i biondi capelli che gli nascondevano il viso pallido,tra le
mani bianche un uccello d’argilla di squisita fattura.
I capelli biondi ricadevano lisci sulla
nere divisa a nuvole rosse di Alba.
-T u sei Hidan,giusto?-
La sua voce aveva un che particolare,come
se nonostante le sue intenzioni non potesse evitare che un lieve accento
seccato e arrogante trasparisse dalle sue parole…strascicata…si forse era quall la parola giusta…
-Sì,sono io. E tu chi sei?- chiesi, guardandolo, lui dalla bellezza androgina
seduto sul masso al pari di uno spirito del fiume.
-Io sono Deidara- rispose lui,la
stessa voce,lo sguardo interessato.
Deidara. Quel nome mi ricordava qualcosa.
-sono in coppia con Sasori- aggiunse poi,come
se questo dovesse chiarirmi le cose.
E difatti lo fece.
Vidi davanti a me il volto di Sasori della Sabbia Rossa,mentre pronunciava il suo nome.
-Deidara?è il mio
compagno,e fossi in te lo lascerei perdere.
È un tizio strano,ambiguo,che non capisce niente di arte e ancor meno della
vita. Dammi retta,non vale la pena nemmeno ricordare
il suo nome-
-Sei quello nuovo,giusto?-
-Sì- risposi,mentre lui si
tormentava tra le dita quel grazioso oggetto.
-Mi hanno detto che sei un tipo un po’ particolare-
-Ah sì?- chiesi,senza capire cosa
si aspettasse che gli dicessi. Forse che gli declamassi versi e insegnamenti
del mio Dio?
-Sì. Ti va di vedere una cosa?- chiese poi,il
tono soave,come se vi fosse qualcosa di implicito e sfuggevole in quelle
parole,la voce improvvisamente carezzevole.
-Perchè no?- mormorai io.
Lui parve deliziato da quelle parole.
-Guarda- mormorò poi e immerse
nell’acqua quella statuetta così delicata.
Poi fece rapidi gesti con le mani.
Una forte esplosione,dolce boato e
fulgido lampo,e poi l’acqua sprizzò,alta come gli alberi attorno a
noi,colorandosi di un intenso color vino,rilucente al sole come uno spruzzo di
gemme.
Un brevissimo,splendido istante,poi
l’acqua ricadde come gocce di sangue.
-Cosa ne pensi?- chiese poi lui,le
mani ancora unite come in preghiera,voltandosi verso di me.
-Penso che sia stato splendido,anche
se troppo breve- mormorai io prima di potermi fermare.
-Questa è l’Arte. Un istante di effimero
splendore-
Non seppi cosa rispondere,ma il mio
cuore aveva accelerato.
Vedevo sul suo volto dipinti
gioia,venerazione,consapevolezza e serietà…vedevo nel suo volto che anche lui
si era posto le mie stesse domande,e anche lui aveva trovato le sue
risposte,che anche lui era incompreso,che anche lui si sentiva solo.
Condivideva il mio disprezzo per le cose materiali,per il denaro,per le guerre e le battaglie,per qualsuasu cisa che non fosse la
nostra vera essenza…per me la Religione…per lui l’Arte…
Ma d’altronde celebrare la bellezza come faceva lui,non voleva anche celebrare il Dio che l’aveva creata?
Un vago sorriso,quasi
impercettibile,e poi mi invitò a sedermi accanto a lui,su quel masso freddo.
Lo feci,come se stessi obbedendo a
un ordine.
Restammo lì insieme per ore,il
silenzio rotto solo dalle nostre parole.
Credo che anche lui ne fosse
felice.
Passarono mesi,forse addirittura un
anno,da quella volta, e io continuavo il mio pellegrinaggio con Kakuzu,come
sempre materiale,come sempre non ci capivamo,come sempre ci abituavamo ai
capricci dell’uno e dell’altro…
Ma mi sentivo meno solo…
Mi limitavo a pensare a quel volto,per
ricordarmi che c’era qualcuno come me,e che un giorno o l’altro l’avrei
rivisto.
Poi quel giorno venne,quel giorno
venimmo convocati,e ricordo che Kakuzu mi guardava come se non mi riconoscesse;
accorciavo le cerimonie,acceleravo il passo,non mi opponevo più ai suoi
ordini,non mi intestardivo nell’uccidere chiunque mi capitasse a tiro,purchè ci sbrigassimo ad arrivare, purchè
avessi potuto vederlo ancora al più presto,purchè per
qualche minuto non mi sentissi più solo.
-L’esplosione è arte- disse,sorridendo e guardandomi,cercando forse in me quella
comprensione che nessun’altro poteva dargli.
-Un istante di effimero splendore…un’istante di puro piacere...-mormorai io,mentre un brivido
mi correva lungo la schiena.
Eravamo davvero più simili di quanto credessi?
Non mi ero allora illuso in tutti quei lunghi giorni,credendo in lui,cullandomi nella vaga illusione di non
essere solo?
Questa volta eravamo nascosti tra rocce fredde di un monte
lontano,tra la neve perenne che mai si scioglie e mai
si sporca,perenne bianco abbagliante.
Deidara aveva scelto un’insenatura di un candido abbagliante,in contrasto con il cielo cupo sopra di noi,che non
attendeva altro che di scaricare su di noi tutte le sue lacrime,per i suoi
figli che camminavano su quella terra scura.
Era stato a lui a dirmi come trovarla,in
un biglietto dentro un delizioso uccellino di argilla.
Non voleva che nessuno potesse infastidirci.
Potevo ancora ricordare il battito accelerato del mio cuore
immortale quando me l’aveva dato di sfuggita,sfiorandomi
inavvertitamente con le sue dita bianche.
Potevo ricordare i suoi occhi,e
potevo ricordare di non essermi mai sentito così vivo,se non ora che sono
morto.
-Questa è l’Arte- disse allora,sorridendo
con le labbra su cui aleggiava sempre quel sorrisetto
ironico e quasi arrogante che permeava la sua voce,e a cui ero ormai così
affezionato,vivo nei miei ricordi.
-È questo che rende le cose così
belle- dissi allora io,chiedendomi,nonostante la mia voce sicura,se lui non
avrebbe preso le mie parole come celia,come semplici suoni nel vento,se per
quelle parole non avessi perso la sua stima che lo spingeva a cercarmi,per non
sentirci più soli.
-La loro brevità…è il fatto che
quel piacere e quello splendore durino per un tempo così breve a renderle così
speciali…
se fossero cose continue a
costanti,non sarebbero più per noi così belle…
sarebbero come il sorgere del sole
o la luce delle stelle,la cui bellezza ci è troppo famigliare perchè si possa
veramente apprezzarla…-
Lo guardai,quasi
esitante,chiedendomi se anche lui condivideva le mie idee…
Lui mi guardava,le labbra
spalancate,gli occhi dilatati,come se cercasse disperatamente di credere…
…credere che tutto quello che io gli dicevo non era solo un
sogno?
Poi rise,una risata argentea e
squillante,come il suono di una campana
-Non ci posso credere,Hidan-kun!-
sorrise,rivelando i bianchi denti –Dopo tanto tempo,proprio tu!-
Lo guardai,anch’io incredulo.
-Lo stesso vale per me,Deidara-san-
dissi io,ma lo vidi scuotere la testa.
-Kun.Deidara-kun se proprio devi
usare un appellativo-
-Siete il mio senpai- dissi io,la
voce quasi sarcastica,sorridendogli.
-Senpai?- scosse la testa,mentre con lui ondeggiavano i lunghi capelli biondi
-Non sono più grande né più abile di te,Hidan-kun…sono
solo un uomo,felice di aver trovato qualcuno che lo possa capire come non ci
riuscirebbe la più abile delle madri!-
Madri?
Quella parola,per la prima volta,mi
fece notare quanto era giovane il mio amico,un volto liscio e privo di
imperfezioni,come di quell’aria matura e sapiente che
caratterizza gli uomini…
Era solo un ragazzo,avrei detto,se
quegli occhi non fossero stati così colmi di esperienza,così segnati anche loro
da quella solitudine che mi era così famigliare.
-D’accordo Deidara…Deidara-kun-
Ridacchiò,sbarazzino e
arrogante,mentre io non potevo fare a meno di sorridergli.
-Hidan-kun, non puoi sapere quanto
sia felice di averti conosciuto- disse
poi,riacquistando calma pacata e tono soave –Ma forse provi anche tu la mia
gioia?-
-La provo,e ringrazio Dio per
questo- risposi poi….e mi accorsi che era la prima volta che ringraziavo Dio
per qualcosa di vivo…
-Il tuo discorso era molto bello,Hidan.
Sei capace di esprimere ciò che io posso solo pensare.
Sai cos’altro mi richiamano le
esplosioni,Hidan-kun? I fuochi d’artificio. Li conosci,no?-
-Erano molto famosi,al mio
villaggio…quando ancora vi abitavo,almeno-
Quando esisteva ancora,almeno
-Esatto…si usano per celebrare avvenimenti e ricorrenze
d’elevata importanza…
e questo mi ricorda sempre che ogni
volta che uso un’esplosione ,qualcuno muore…
muore proprio nell’effimero momento
di massimo splendore…
la morte si palesa solo in quell’istante,come se anche la Morte fosse talmente bella
da essere così breve ed effimera,pur lasciando
tracce indelebili e incancellabili…
nell’istante di massimo splendore
Ella incede…in beltà ella incede…
e se quel momento di splendore
assoluto venisse creato apposta per accoglierla?
Più ci penso,e più me ne convinco…-
Torni a posare il tuo sguardo su di me…su di me che mi sono proteso,cercando di avvicinarmi a te,cercando di
nutrirmi della linfa delle tue parole…perchè non posso credere a tutto
questo,troppo per me,posso davvero credere che Dio ti abbia plasmato per
portarmi il suo messaggio di eterna fede?
Sei forse il suo angelo,gettato in
questo mondo così freddo,creato perchè io potessi trovarti e cancellare le mie
pene e le mie angosce,seppellire nelle tue parole i miei tormenti?
Anche questa è arte Deidara…hai parlato solo per qualche
minuto,ma ignori la bellezza delle tue parole…
Un istante di effimero splendore…
Siamo forse entrambi destinati a trovarci per cancellare le
nostre pene?
Io sicuramente no,Deidara,me ne
rendo conto solo ora…devi essere tu il suo angelo…
La tua mano bianche dalle dita così
abili,si posano sulla mia guancia…solo ora mi rendo conto di esserti così
vicino,non più lontano di un tuo sospiro…le tue dita profumano …di un lieve
odore di quella che chiamano incenso e mirra,e che è l’unica cosa in grado di mutilare l’odore
acre della polvere da sparo e dell’argilla…eppure riesco ancora a sentirle…
Mi avvicino ancora un po’,poi sei
tu a farlo.
Fulmineo,avvicini le tue labbra
alle mie,entri in me irruente come un fiume,e mentre fai esplodere il mio cuore
e annuvoli la mia mente,io non posso fare altro che accettarti,mio piccolo
abile angelo,guastandomi il tuo bacio e il tuo tocco,senza pensare ad altro che
al tuo sapore di cannella e vaniglia…
Poi ti stacchi da me,con una
decisione che,lo so, ti costa caro,e mi guardi,gli occhi accesi e luminosi,il
sorriso ironico eterno sulle tue labbra.
Un istante di effimero splendore
Bene,ecco fatto…
Che dire? Questa coppia mi è
balenata in mente poco dopo la comparsa di Hidan…
Inizialmente pensavo solo a un
discorso tra loro due…poi mentre l’immaginavo è partita una canzone d’amore
alla radio…
E mi sono immaginata la scena…che mi è rimasta impressa,fastidiosa,finchè non l’ho
scritta…
La mia prima shonen-ai guarda un
po’ a chi la vado a dedicare…
Va be’,ormai è andata.
Spero vi sia piaciuta. ^^ è parecchio difficile…soprattutto rendere il fatto che entrambi hanno praticamente legato la
loro esistenza a due passioni…
E poi dover continuare a fare la fanatica
religiosa e ringraziare Dio…
Va be’ grazie Dio della Religione Jashin…è tutto merito tuo ^^