Tutto inizia per caso: conti i giorni, poi li riconti, ancora e ancora. È proprio così, hai avuto un rapporto a rischio con tuo marito. Sei felice perché in cuor tuo un figlio lo desideravi già e hai la certezza di essere incinta.
Non resisti, non aspetti il ritardo e fai quel test. Negativo.
Ma non ti abbatti, sai che non si resta incinte al primo colpo o per caso; hai letto di anni di ricerche e sai che la norma è provare per diversi mesi. Speri di non arrivare all'anno, speri ancora di più di non avere problemi di fertilità. Ti dai un ultimatum: sei mesi, dopo inizierai a fare i test per scoprire se nel tuo corpo c'è qualcosa che non funziona a dovere.
Scopri anche gli stick di ovulazione che possono essere usati come test precoci, stesso costo di un vero e proprio test, ma in una scatola ce ne sono otto. E ogni mese è la stessa routine, non riesci ad aspettare il ritardo, preferisci sapere prima possibile.
Voglio farti un regalo
Qualcosa di dolce
Qualcosa di raro
Non un comune regalo
Di quelli che hai perso
O mai aperto
O lasciato in treno
O mai accettato
Sono passati tre mesi, non sono nulla, ma li senti pesare come un macigno. Inizi a invidiare chi annuncia il proprio test positivo, vuoi quella gioia per te.
Natale è alle porte e anche se non ci credi più, anche se sai che non esiste, non ti costa nulla scrivere quella letterina. ‘Vorrei quello stick positivo, per me e mio marito. Vorrei avere un figlio.’ Scrivi solo questo, poche parole ma cariche di significato e abbandoni la busta anonima in un'altrettanta anonima buca delle lettere.
Passa il Natale, arriva Capodanno e quindi il tuo compleanno. È presto, ma vuoi farti un regalo: uno stick senza pretese. Il risultato è ambiguo, avresti preferito un negativo, ora la tua mente inizia a vagare. E quando cadrai – perché cadrai – ti farai molto male.
Un giorno. Due giorni. Tre giorni. Al quarto non resisti, ripeti lo stick: positivo. Non ci credi e fai un test: negativo. Non capisci.
Sai che i test possono sbagliare e che gli stick non sbagliano mai. Esci alla ricerca di un test digitale, il migliore nel suo campo, ma per non sbagliare vuoi aspettare ancora.
Al secondo giorno non resisti di nuovo; ti svegli alle 5 di mattina, cerchi di tirare il più a lungo possibile finché non riesci più a trattenerla e devi andare in bagno.
«Vado a fare il test, vieni con me?» chiedi a tuo marito che sta ancora dormendo.
Il sistema è il solito: bicchiere, pipì, test e poi tocca aspettare. La clessidra gira mentre lo stick elabora gli ormoni che ha trovato. Poi la magica scritta: ‘Incinta’.
Non ci credi, forse è stato davvero merito di Babbo Natale, forse era solo una questione di tempo, senti solo le braccia di tuo marito che ti avvolgono mentre non riesci a trattenere quelle lacrime di gioia che ti sei tenuta dentro troppo a lungo. E non riesci a smettere di leggere il responso.
Prima di tornare a dormire calcoli la data presunta del parto on-line: 16 Settembre.
Di quelli che apri e poi piangi
Che sei contenta e non fingi
In questo giorno di metà settembre
Ti dedicherò
Il regalo mio più grande
Vuoi la certezza, anche se sai che un test può essere un falso negativo ma mai un falso positivo. Ti rechi al laboratorio analisi a fare l'esame del sangue beta-HCG. Il responso non solo ti confermerà la gravidanza, ma ti dirà anche di quante settimane sei, devi solo aspettare l'ora di pranzo per andarle a ritirare. L'attesa ti logora, cerchi di distrarti in ogni modo, ma la tua mente torna sempre lì. Sei felice, ma hai anche paura che qualcosa possa andare storto. Poi arriva finalmente il momento di andare a prendere i risultati. Non riesci ad aspettare di uscire dal laboratorio e subito controlli: c'è un bel numerone.
Esci raggiante per tornartene a casa, aspetti con ansia tuo marito per farle vedere anche a lui, nel frattempo cerchi di capire di quante settimane sei. Una doccia fredda ti gela le ossa quando leggi ‘seconda settimana’; secondo i tuoi calcoli dovresti essere a cavallo tra la quarta e quinta. Non ti spieghi quel numero, improvvisamente ti sembra troppo basso anche se è comunque positivo, poi capisci: il referto indica le settimane dal concepimento, non quelle di gestazione. E allora i conti tornano a quadrare, tiri un sospiro di sollievo e il terrore di poco prima è solo un brutto ricordo.
Avevi visto giusto allora, il concepimento è avvenuto il giorno di Natale. È il tuo più bel regalo di sempre.
Torna tuo marito e insieme potete godervi la gioia di una nuova vita che realmente c'è, esiste. Ora sei diventata una generatrice di vita, tuo è il potere e l'immenso amore che già provi per questo esserino, che altri non è che un piccolo ammasso di cellule invisibili.
Sei così felice che non resisti e annunci subito la notizia ai futuri nonni... e a tua sorella, che sta per diventare zia. Telefoni anche al medico, non conosci bene l'iter da seguire, sai che ci sono analisi da fare, visite, ecografie, ma non sai come muoverti; così ecco le prime impegnative, i primi esami, i primi appuntamenti.
Arriva quella della prima visita, della prima ecografia: un altro piccolo passo verso la consapevolezza. Il ginecologo parla ma non riesci a capire cosa dice, aspetti con troppa ansia di vedere quella nuova vita e lui finalmente ti accontenta.
Ti spogli, sali sul lettino mentre lui prende la sonda – quella trans-vaginale – applica il gel e inizia l'ecografia. Dopo poco eccolo lì, un piccolo abbozzo bianco in un ovale nero. Si muove, vibra tutto al ritmo del suo cuore che è grosso quasi l'intero suo corpo; gli vedi già la testa e gli arti abbozzati, un bimbo microscopico. Il ginecologo lo misura: due centimetri.
E mentre la neve di inizio Febbraio continua a cadere, tu esci dall'ospedale coi tuoi due centimetri di vita nella pancia.
Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perché
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Le prime settimane ti scorrono lente, tra nausee e la paura che qualcosa possa andare male. Non ci vuoi pensare, ti distrai con libri e musica, chatti in internet con persone che non conosci parlando di cose frivole, ma la tua mente è sempre lì.
Poi arriva. Finalmente la visita del primo trimestre in cui finalmente rivedrai il tuo piccolo bambino. Lo riconosci subito, si è già notevolmente sviluppato tanto che lo vedi salutarti con la manina. Tutto procede bene, le paure se ne sono andate, sono partite per non tornare mai più; perché la fine del primo trimestre è infine giunta e con essa si decreta anche la fine di un possibile aborto spontaneo.
Allora, solo allora racconti di questa nuova gioia al mondo intero. Lo dici al lavoro, lo dici a tutti i parenti e a quelle amiche che non vedi da un po' – quelle più importanti già erano a conoscenza del lieto evento; sei così felice che lo dici anche a un vecchietto per strada e dal medico quando vai a fare le solite impegnative di rito. Perché è questo il tuo nuovo rito mensile: analisi del sangue, ritiro referti, visita ginecologica. E nel frattempo il tempo vola donandoti la gioia che solo un esserino non ancora nato può darti.
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai partenza
Regalo mio più grande
Regalo mio più grande
Spesso e a lungo avete parlato di nomi, quelli che piacciono a te non piacciono a lui e viceversa. Riuscite infine ad accordarvi su due, uno maschile e uno femminile. Tu non hai preferenze sul sesso, ma tuo marito vorrebbe una femmina. A ogni visita vorresti chiedere di controllare il sesso al ginecologo, ma non ne hai mai il coraggio, ti tieni la curiosità fino all'ecografia del secondo trimestre.
Finalmente arriva, alla soglia delle venti settimane hai appuntamento per la morfologica; è una classica ecografia, come ne hai fatte a bizzeffe, con la sola differenza che misureranno in tutto e per tutto il tuo bambino. Controlleranno che abbia tutti gli organi al posto giusto, di conseguenza controllare il sesso è praticamente di routine.
Non stai nella pelle, il tuo turno sembra non arrivare mai e quando finalmente ti chiamano dalla sala quasi voli per non perdere altri attimi preziosi. Si iniziano con le misure, già da tempo sono passati dalla sonda trans-vaginale a quella addominale e a parte in quelle rare occasioni in cui il ginecologo deve premere – ma premere forte e fa male sul serio – ti godi il resto della visita. Ormai il bimbo è grande e non ci sta tutto nello schermo, non capisci bene cosa stai guardando in questo momento, ma il dottore ti aiuta spiegandoti cosa sta inquadrando; vedi il femore e l'omero, vedi il suo dolce visino, con un nasino all'insù proprio come il tuo. Anche tuo marito lo nota e ti stringe una mano per trasmetterti il suo affetto. Poi finalmente il momento che tanto aspettavi.
«Congratulazioni, è una femmina.»
Non credi a quelle parole. Sposti lo sguardo dal monitor solo per fissare tuo marito negli occhi: ha lo sguardo stralunato, nemmeno lui crede che il suo desiderio sarà realtà. E in quel momento ti commuovi, una lacrima sfugge al tuo controllo e ti annebbia la vista. Non guardi più sullo schermo, non segui più le indicazioni del ginecologo, la tua gioia l'hai già trovata e in quel momento è più grande che mai.
Vorrei mi facessi un regalo
Un sogno inespresso
Donarmelo adesso
Di quelli che non so aprire
Di fronte ad altra gente
Perché il regalo più grande
È solo nostro per sempre
Fai il tuo primo acquisto in rosa, e già che ci sei compri anche un libro che possa aiutarti nella gestione dei primi mesi della bimba; non sai già se lo userai, se i suoi consigli ti saranno utili, ti sei solo fatta prendere la mano dal cosiddetto baby-shopping. Acquisti anche un ciondolo, viene definito ‘chiama-angeli’: è una specie di campanellino a forma di pallina su una collana molto lunga; la pallina ti arriva sul pancione e il flebile suono arriva diretto alla piccola.
Nel frattempo hai anche iniziato il corso di preparazione al parto – o corso pre-parto – in cui imparerai molte cose che ti serviranno al momento del parto e nei primissimi giorni. Non temi il dolore del travaglio, non ancora almeno, ma vuoi essere pronta a tutto; ti studi le posizioni migliori per alleviare il dolore, fai gli esercizi per il perineo, ti metti in contatto con la tua bimba tramite quelli di visualizzazione. Poi c'è tutto il dopo, come funziona l'allattamento, cosa bisogna fare per evitare gli ingorghi, come trattare le ragadi. Ti danno anche una lista dell'ospedale con tutte le cose da portare per il ricovero.
Allora e solo allora ti dai alla pazza gioia con gli acquisti: prendi il corredino per l'ospedale e qualche altro per casa – non molti, sai già che ti arriveranno coi regali. Acquisti anche roba per te, camicie da notte e una vestaglia, ciabatte e quei prodotti che ti ha consigliato l'ostetrica del corso pre-parto, da portare in ospedale, per curarti nei primi giorni dopo il parto. E inizi così a prepararti la valigia, dovrà essere pronta e sistemata in macchina a partire dalla trentasettesima settimana, da lì in poi ogni momento è buono per la nascita.
Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perché
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai...
Alla fine arriva quel giorno, quello che non vorresti vedere mai.
Avevi un fastidio allo stomaco – o questo ti pareva – e vai in bagno. Poi lo vedi: sangue, sangue rosso vivo. Urli e tuo marito si precipita da te, prima di prenderti di peso e infilarti in macchina così come sei per portarti in ospedale.
Tra te e te continui a ripeterti come un mantra ‘Fa che stia bene, fa che stia bene, fa che la bimba stia bene’, non vuoi nemmeno pensare a quale possa essere l'altra eventualità, ma quella parola si fa strada sempre più dentro te: aborto, aborto, rischio di aborto. Aggiungere ‘rischio’ ti rassicura, ma solo il ginecologo del Pronto Soccorso ti darà il sollievo finale: la piccola sta bene, ma vogliono tenerti in ospedale in osservazione. E così, a sole trentaquattro settimane, ti ricoverano fino al momento in cui dovrai partorire.
Il tempo passa lento, vedi mamme arrivare, partorire, ripartire; inizi a essere insofferente, l'unico pensiero che ti permette di resistere e andare avanti è che stai facendo tutto questo per la tua bambina. Il telefono squilla spesso, gente che ti chiede come stai e quando la piccola nascerà, come se tu potessi prevedere il futuro. Non sopporti più nemmeno quelle. Le settimane passano e alla soglia della trentottesima finalmente vedi il tuo sole: un liquido caldo ti cola tra le gambe, quasi come se te la fossi fatta addosso; hai rotto le acque, inizia il travaglio.
E se arrivasse ora la fine
Che sia in un burrone
Non per volermi odiare
Solo per voler volare
E se ti nega tutto quest'estrema agonia
E se ti nega anche la vita respira la mia
E stavo attento a non amare prima di incontrarti
E confondevo la mia vita con quella degli altri
Non voglio farmi più del male adesso
Amore..
Amore..
Dolore. Mai nella tua vita avresti creduto potesse esistere dolore più grande. E allo stesso modo non avresti potuto credere che nella pausa tra il dolore e il successivo si potesse stare così bene.
Resisti, concentri tutte le tue energie sul non urlare, respingi la contrazione anche se sai che è sbagliato: non devi respingerla, devi affrontarla. Non passa molto tempo e già sei stanca, vuoi qualcosa che ti aiuti a sentire meno male, il travaglio in acqua, qualsiasi cosa, ma ti concedono solo una doccia.
Sotto l'acqua calda stai meglio, il dolore è più gestibile, ma è sempre lì. Punti il getto del telefono non appena senti arrivare la prossima contrazione, appena scompare torni a scaldarti il resto del corpo. Dopo un tempo che ti pare infinito esci, certa di essere già a buon punto, invece la successiva visita ti butta giù: la dilatazione non è proseguita di molto.
Passano le ore e, più il tempo passa, più perdi la cognizione stessa del tempo. Il dolore non fa che aumentare, le pause tra una contrazione e l'altra sono sempre uguali ma non ti permettono di rilassarti abbastanza, sei allo stremo. Decidono di riattaccarti il monitoraggio per controllare contrazioni e battito del bimbo, ma stare immobile sul lettino è una tortura ben peggiore: arriva il dolore, devi stare ferma ma non riesci, ti contorci, non sai cosa fare. È già da un po' che urli ogni volta che raggiungi il picco, spesso non lo distingui nemmeno, non senti la contrazione arrivare fermarsi e scendere, senti solo dolore. Sei così stremata che tra una contrazione e l'altra ti addormenti... e ti svegli urlando.
Non ce la fai più, per l'ennesima volta chiedi a tuo marito di chiamare l'ostetrica e lui finalmente acconsente. E così arriva, un'altra visita ancora, sei già pronta al peggio. Non ti interessa più se ti dicono che la dilatazione non è proseguita, basta che non decidano per un cesareo d'urgenza, quello ti spaventa più di tutti. Saresti sola, senza tuo marito e senza poter abbracciare tua figlia, per la prima volta, appena nata.
Nel frattempo i tuoi parenti aspettano la lieta novella, ma tu, in questo momento, non vedi una via d'uscita in questo tunnel oscuro fatto solo di dolore.
Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente
E poi...
Non credevi sarebbe arrivato il momento in cui ti avrebbero detto ‘dilatazione completa’; finalmente ti portano in sala parto, quasi corri sul lettino, non vuoi più quel dolore, vuoi solo partorire.
Incredibilmente le contrazioni le senti diverse, forse perché non devi più subirle passivamente: le utilizzi per spingere, incanali tutto in quel piccolo semplice gesto. Spingi, non sai nemmeno se lo fai nel modo giusto, ma lo fai e ti senti bene; finalmente, quando già non vedevi una via d'uscita da quella giornata, stai di nuovo bene.
Ti dicono che spingi correttamente, ma il tempo passa. Tu comunque non te ne accorgi, ora che hai qualcosa da fare potresti star lì anche fino alla fine del mondo. Tuo marito è di là che guarda, non vuole perdersi la nascita della sua piccola; a un certo punto ti dice che vede la testa. Non ci vuoi credere, ma ti dicono che se vuoi puoi toccarla. E la senti, la tua piccola sta veramente nascendo.
Un'ultima spinta, inspiri, ti fermi e spingi, spingi più forte che puoi, a lungo. Ti senti quasi soffocare, come se qualcuno ti avesse messo un tappo nella parte sbagliata del corpo; devi riprendere aria prima di spingere ancora. Una spinta: esce la testa. Un'altra spinta: la tua bambina è nata, la senti sulla tua pancia, non più dentro la tua pancia.
Amore dato, amore preso, amore mai reso
Amore grande come il tempo che non si è arreso
Amore che mi parla coi tuoi occhi qui di fronte
Sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu
Il regalo mio più grande
Stai continuando ad ansimare, non riesci a calmare il tuo respiro, ma in questo momento non ci fai quasi più caso. Lei alza i suoi occhi azzurri su di te, un istante solo.
Non piange più, continua solo a fissarti mentre si muove, striscia verso il tuo viso, cerca il tuo seno. Ti accorgi a malapena che qualcuno l'ha coperta con un panno verde per proteggerla dal freddo, ti accorgi a malapena che tuo marito sta tagliando il cordone ombelicale, ti accorgi a malapena del secondamento. Senti solo il suo profumo, non sai definirlo, ma è il più buono che tu abbia mai sentito.
I suoi occhi ti parlano, ti dicono tutte le cose che volevi sapere, anche quelle che non credevi di dover chiedere: vi leggi il suo amore per te, il bisogno che ha di te, sembra dirti ‘Non preoccuparti mamma, ora ci sono io, ora sono qui, non devi più temere per me.’
E lei diventa la tua forza; sarà lei a farti affrontare le difficoltà della vita a testa alta, sarà lei che non ti farà mai perdere d'animo, sarà lei che ti strapperà sempre un sorriso. Il tuo mondo è diventato solo lei, non vedi nient'altro, non ascolti nessun altro, non parli; abbracci solo la sua pelle scivolosa mentre le sorridi e una lacrima di felicità ti accarezza la guancia. Perchè hai troppo amore dentro e hai paura di non contenerlo, non sai nemmeno spiegarlo. Ora capisci cosa significhi ‘essere al settimo cielo’.
Una mamma amerà sempre suo figlio.