II
Ad una settimana dal compleanno di Lyanna, la famiglia Darcy giunse
nella tenuta del signore e della signora Bingley. Le ragazze
passeggiarono volenterose per il giardino di casa con la loro madre e
la zia Jane, mentre venivano scaricate le valigie. Iniziarono ad
escogitare uno dei loro intrattenimenti preferiti, la musica. Volevano
inventare una qualche simpatica canzoncina con la zia per la sua
bambina e qualche danza di gruppo per farla divertire. Rosamund si
recò nel salotto a provare qualche melodia, ma
pensò subito che se ci fosse stato bel tempo, sarebbe stato
uno spreco rimanere in casa ed allora cercò di comporre una
canzone che non avesse per forza la necessità di un
accompagnamento musicale. Matthew intanto illustrò ai suoi
cugini, Aaron e il piccolo William, un gioco che avrebbero potuto fare.
Approvata l’idea la condivisero con Alice, la primogenita di
Jane, e le quattro sorelle di Matthew.
La settimana dei preparativi
passò in fretta e tutti cercarono di mantenere la piccola
Lyanna all’oscuro abbastanza a lungo da non insospettirla
troppo sul piano che infine erano riusciti a mettere su tutti quanti
insieme.
Arrivò la mattina del
fatidico giorno. Con tutta la leggerezza che il sig. Bingley e il sig.
Darcy disponevano, entrarono nella stanza di Lyanna e il padre la prese
in braccio portandola in giardino, cercando di non svegliarla. Le loro
mogli stavano intanto preparando il giardino, mentre i figli tornarono
con dei piccoli cestini e ne porsero due alle signore. Il sig. Bingley
adagiò la sua bambina ancora assopita sulla sedia imbottita
posta in mezzo al prato del giardino a ovest della villa. Lui e sua
moglie si scambiarono un sorriso e poi prese il suo cestino, lasciando
a Jane il resto.
La madre prese delicatamente le mani di
Lyanna tra le sue e cominciò a canticchiare la canzone
composta dalla nipote Cecilia.
“Per il tuo compleanno
sarà festa tutto il dì. Regina oggi tu sarai se
canterai così.”
Lyanna strabuzzò gli
occhietti chiari e la prima cosa che vide fu sua madre sorriderle ed
indietreggiare saltellando. Elizabeth le porse il suo cestino e
cominciarono a ballare battendo le mani e canticchiando il motivetto,
provocando il più sincero e fanciullesco divertimento. Dai
cestini le ragazze lanciarono dei petali di fiori, mentre i ragazzi
mantenevano il ritmo e continuarono a danzare in girotondo,
finché non vennero interrotti dall’arrivo di una
carrozza.
“Dev’essere
Caroline.” informò Jane sua sorella, che la
fissò allibita.
“L’hai
invitata?”
“Certo, non potevo non farlo.
Doveva però arrivare appena questa sera.”
Lyanna si guardava intorno preoccupata e
i suoi cugini pensarono bene di riprendere a cantare e così
il divertimento ricominciò. Cantata l’ultima
strofa - giusto in tempo per andare a riceve la propria ospite - il
signor Bingley si avvicinò alla sua bambina e le chiese di
assentarsi un attimo con sua madre e gli zii, cosa che gli venne
concessa, mentre i cugini la intrattenevano con danze semi inventate
tra quei pochi petali che rimanevano nei cestini.
I quattro si avvicinarono alla carrozza
dalla quale stava scendendo la signora Hamilton, ma potevano ancora
sentire distintamente le voci dei ragazzi che si divertivano. Le due
sorelle controllarono alle loro spalle e non poterono fare a meno di
sorridere, vedendoli così contenti.
Lady Caroline non era invece dello
stesso raggiante buon umore e guardava in modo quasi sprezzante quello
che i suoi numerosi nipoti combinavano sull’erba.
“Sorella cara. Non ti
aspettavamo prima di stasera.” l’accolse suo
fratello Charles con grande e calorosa cortesia.
“Ho potuto liberarmi dai miei
impegni prima del dovuto e volevo farvi una sorpresa.”
“Molto ben
riuscita.” confermò Jane con un sorriso
più gentile del dovuto.
“Cosa sta facendo
Lyanna?” chiese la zia con una nota di disappunto nella voce.
“Gioca e danza con i suoi
cugini e fratelli. Abbiamo da poco finito di cantarle una canzone che
Cecilia si è premurata di scriverle.”
“Già, veramente
deliziosa.” aggiunse il sig. Bingley accennando un segno di
sincero ringraziamento all’amico, che rispose con un sorriso.
Notava che Bingley era veramente
contento per la riuscita della sorpresa e questo allietò il
suo animo già abbastanza turbato dagli ultimi eventi.
Ultimissimo tra questi la venuta così anticipata della
sig.ra ….
“Non lo metto in dubbio. Idea
graziosa. Vostra figlia ha sempre avuto un buon gusto per la
musica.”
“Grazie.” rispose
fredda Elizabeth.
“Scusate la scortesia. Prego,
accomodatevi.”
Un tuono fece cenno della sua presenza
da lontano e le nuvole oscurarono il cielo.
“Strano. Fino a poco fa
c’era il sole…” mormorò Grace.
“Temo che sia stata la zia
Caroline a farlo sparire.” le sussurrò Matthew.
La battuta piuttosto tagliente fece
ridere tutti i presenti, che si prepararono a rimettere tutto quanto a
posto. Non avevano parecchia voglia di aspettare i domestici per una
sedia, così mentre le signorine e William fecero a gara a
chi arrivava prima alla villa, Matthew e Aaron presero cestini e sedia
e rientrarono con calma. Durante il tragitto discussero a lungo sulla
torta che il giovane Bingley avrebbe visto, ma non era sicuro se fosse
con le fragole, i lamponi o entrambe.
Matthew entrò dalla porta
finestra e domandò dove appoggiare la sedia. Un domestico la
prese in custodia sotto lo sguardo attento dell’appena
arrivata parente, che non poté fare a meno di inarcare un
sopracciglio, mentre Aaron si complimentava con il cugino per la forza.
Sostenne che in un confronto, era lui quello più
mingherlino, ma Matthew ribadì che avrebbe potuto benissimo
riuscire anche lui a fare una simile fatica, se non peggiore. Le madri
quasi si commossero e furono orgogliose del legame che si era
instaurato tra i due.
I padri rientrarono con lo stuolo di
figli appresso e William si riunì ai due cugini, mentre le
altre parlottarono tra di loro e Lyanna, che si sentiva al centro
dell’attenzione, elargiva sorrisi disinteressati e dolci a
chiunque nella stanza.
Un altro rombo di un tuono
segnò l’inizio di un’altra pioggia
primaverile e Grace balzò in piedi pensando che uno dei
giochi che avevano organizzato era caccia al tesoro e si
sentì in colpa per il regalo che avevano nascosto in
giardino per la cugina. Corse fuori senza mantello e così il
fratello la dovette rincorrere nel parco seguito dal padre.
Grace era la più giovane
delle sorelle, non aveva neanche dieci anni ed era estremamente onesta
e generosa, nonché innocente come tutte le bimbe della sua
età. Coperta dal fratello, che
l’accompagnò fino all’albero in cui
avevano sepolto il regalo, si mise di buona lena a scavare per terra
con lui ed infine col padre, che li raggiunse poco dopo, e tirarono
fuori il pacchetto e finalmente rientrarono.
Al loro rientro, più di
qualcuno non riuscì a trattenere una risata, gli stessi
interessati compresi. Solo Lady Caroline non riusciva a comprendere le
ragioni di quella ilarità generale, squadrandoli con occhi
critici e stupiti. Avevano un aspetto scandaloso: erano ricoperti di
fango dalla vita in giù tutti e tre, la graziosa crocchia di
Grace si era completamente scompigliata e le mani sporche di terra che
reggevano l’oggetto in una carta che, anche se pulita,
sarebbe risultata decisamente poco elegante, la fecero allibire.
Bingley la prese con molta
più leggerezza, ammirazione e gratitudine. Nel primo caso,
era contento di vedere l’amico e i suoi figli lasciarsi
andare a cuor così leggero di tanto in tanto, trascinati
dalla frenesia della piccola Darcy, nel secondo l’ammirazione
fu provocata dall’affetto familiare che li univa e nel terzo,
erano in quello stato proprio per l’affetto che provavano
verso Lyanna e non poté non essere grato per aver stretto
una parentela più felice di quella. Jane comprese il sorriso
che accompagnava lo sguardo del marito sui tre e condivise il pensiero,
ma si riprese prima di lui e chiamò una domestica per
accompagnarli in un’altra stanza, dove si sarebbero potuti
cambiare ed asciugare. La prontezza della padrona di casa non
mancò le aspettative di Elizabeth.
Non appena usciti, la signora Hamilton
si avvicinò a suo fratello e coprendosi col ventaglio -
perché nonostante la pioggia sosteneva di sentire caldo -
cominciò a criticare quel comportamento per lei
così irragionevole.
“Non ho mai visto il signor
Darcy comportarsi così, Charles. Mai. Il matrimonio lo ha
cambiato profondamente, non lo nego, ma in così tanti anni
è in assoluto la prima volta che lo vedo così
diverso. Non sembra neanche più lui, cielo!”
“Si vede che non hai figli,
Caroline.”
“Cosa c’entra
adesso, questo?”
“Se tu avessi figli,
comprenderesti il cambiamento radicale come questo che stai ora
criticando.”
“Smettila di dire
assurdità. Il solo fatto di aver sposato quella campagnola
che diventa sempre più indecente per lui col passare degli
anni e la sua influenza, devono averlo reso così
diverso.”
“Attenta a come parli. Ti
proibisco di insultare così i membri della mia famiglia,
sorella. Non lo accetto!”
Alzatosi con uno sdegno che non
riuscì a passare inosservato agli occhi dei presenti e che
per di più stupì la signora Hamilton,
l’uomo uscì dalla stanza per accertarsi che i suoi
ospiti stessero bene. Jane lo seguì con lo sguardo
preoccupato finché non sparì dietro la porta e lo
avrebbe anche fisicamente raggiunto, se la sua piccola Lyanna non
l’avesse tenuta per uno dei nastri che adorava portare,
attirando la sua attenzione.
Dopo un’innaturale silenzio
per casa Bingley, Alice si dimostrò perfettamente capace di
intavolare e intrattenere una conversazione con le sue cugine e suo
fratello Aaron, estendendo poi questo a tutti i presenti con frequenti
e dolci interventi della madre e altrettanti, più freddi e
razionali, della zia. Anche Elizabeth si unì con qualche
frase, ma solo se interpellata, perché era preoccupata per
la figlia minore. In un modo o nell’altro, anche Matthew, che
era definito il cugino meno loquace in assoluto, finì per
essere coinvolto, forse, per far piacere alla cugina Lyanna, che gli
aveva chiesto notizie sul suo viaggio.
“Cosa sei andato a fare a
Londra, cugino?” chiese Alice cordiale.
“Ho accompagnato mio padre per
questioni d’affari. Cose che, di solito, le signorine come te
non apprezzano molto.”
“Cosa sono le questioni
d’affari, mamma?” domandò ingenuamente
la festeggiata.
Jane non poté non sorridere
ad una domanda postale con tale innocenza che iniziò a
spiegarle con calma e cercando di essere chiara
sull’argomento un po’ insidioso. Gli altri
continuarono il loro colloquio e le ragazze sfogarono la
curiosità che per troppi giorni rimasta celata.
“Hai incontrato qualche
signorina di tuo gradimento?” domandò schietta
Gwendolyn.
“No, nessuna. Temo che tutte
le signorine di mio gradimento siano riunite in questa
stanza.”
Una risata generale avvolse i presenti e
Matthew scoccò un’occhiata eloquente ad Aaron che
si apprestò a reggergli il gioco.
“Ma cugino… Non
puoi affermare una cosa simile. Ci dev’essere almeno una che
ti sia più gradita delle altre.”
“Non costringermi a scegliere,
te ne prego. Non favorirebbe l’amore fraterno né
quello tra cugini. Il cielo non me ne voglia.”
“Qual è il vostro
problema con le damigelle che esistono fuori dalla vostra cerchia
familiare, Matthew?” intervenne con tono petulante la signora
Hamilton.
“Il fatto che siano fuori
dalla cerchia familiare!”
L’ironica battuta produsse
l’effetto sperato e tutti risero capendo che non stava
parlando sul serio, ma allo stesso tempo Lady Caroline, che aveva posto
la domanda, capì che a Londra non aveva trovato nessuna
ragazza interessante per lui.
“Santo cielo! Devo supporre
che vi apprestiate a fare una proposta ad una vostra cugina in
futuro?”
A questa affermazione, Alice e Meredith
ammutolirono di colpo, mentre Jane e Elizabeth guardavano sprezzanti
Caroline che si permetteva di mandare avanti con tanta impertinenza, un
argomento che non era stato citato per essere preso seriamente.
“Come ho già
ribadito, il cielo non
me ne voglia a scegliere una delle mie cugine.” rispose
Matthew ora con un disagio che decise, saggiamente, di non far
trapelare.
“Alice sarebbe più
che adatta.”
“Certamente. Alice
è una fanciulla graziosissima. Sarebbe però
sprecata con Matthew. Sono così differenti che la passione
si spegnerebbe all’istante e il matrimonio non durerebbe
neanche un giorno.” scherzò Gwendolyn, augurandosi
di terminare così una conversazione, che non solo lei stessa
aveva incitato, ma che stava diventando piuttosto imbarazzante.
“Hai veramente così
poca fiducia nei sentimenti del mio cuore?”
“Bada a come parli dei tuoi
sentimenti, Matthew. Un giorno ti innamorerai anche tu e dovrai
imparare a tenere a freno la lingua.” lo zittì la
cugina.
Meredith aveva i capelli più
rossastri ed era di carattere nobile e spensierato, ma non per questo
meno seria della sorella Alice, nonostante i sedici anni da poco
passati. Era veramente graziosa e sognava l’amore vero, per
questo le infastidivano tutte quelle battute.
“Parole simili Jane le aveva
rivolte anche a me, tanti anni fa. Sinceramente, credo che sia un buon
consiglio.” concluse Lizzy con un sorriso divertito.
L’ironica e pungente
conversazione che aveva fatto arrossire la signorina Bingley e le
sorelle Darcy volse presto al termine con un’ultima domanda
da parte della signora Hamilton e del suo personale interesse verso i
Darcy.
“Vostro fratello Percival
rimarrà a Londra ancora molto?”
“No, è partito poco
prima di noi con i gli zii Gardiner alla volta dei Laghi. Si scusa di
non essere riuscito a venire e promette a te, Lyanna, di portare il
più bel regalo che tu abbia mai visto.”
“Lo prendiamo in
parola.” scherzò Meredith.
“Ve lo sconsiglio. Ha un gusto
così particolare che potrebbe portare la cosa più
inaspettata che si conosca.”
“E voi non siete stato
invitato?” riprese petulante Lady Caroline.
“Oh, sì.
L’invito me l’avevano esteso, ma ho preferito
rinunciare e tornare a casa con mio padre.”
La risposta era stata data con molta
naturalezza, ma era troppo succinta per sembrare reale. Poco dopo, la
signora Hamilton chiese ad Alice di suonare qualcosa al pianoforte.
L’idea venne ben apprezzata da tutti e Matthew chiese a sua
zia Jane di poter andare in biblioteca a prendere un libro,
perché non desiderava conversare oltre, ma si
risparmiò di dirlo. Venne seguito dalla madre, che si
congedò con la scusa di andare a vedere lo stato della
figlia minore.
Entrata in biblioteca, notò
il figlio osservare i libri con palese distrazione e si
avvicinò per cercare di capire cosa contenesse lo scaffale
interessato.
“Non sei mai stato un grande
amante della botanica.” affermò alle sue spalle,
facendolo trasalire.
Si ricompose quasi subito e rispose:
“E’ vero, ma ci sono certe piante di cui vorrei
conoscere almeno il nome. Temo però che questo non sia il
momento per consultare questi volumi. Cosa mi consigli?”
“Quello che più
può sollevarti dal dispiacere.”
“Allora dubito che qua ci sia
qualcosa di simile, al di fuori della tua presenza.”
“Vogliamo parlarne?”
Si sedettero sulle poltroncine poste
vicino ad un caminetto, uno di fronte all’altro e nel mezzo
solo un basso tavolino per appoggiarvisi i libri a dividerli. Matthew
si mise comodo e sospirò, guardando in direzione della
finestra e oltre, verso l’incontaminata natura del
…shire con un totale cambiamento nella sua espressione.
“Vorrei poter dedurre che si
tratti solo
di una delusione amorosa.” trasse Elizabeth da quello sguardo
così afflitto. “Ma evidentemente, non è
così.”
Lui la guardò con una
scintilla di dispiacere negli occhi e le curve della sua bocca gli
diedero un’aria ancora più avvilita ed amareggiata.
“E’ stato tradito,
ferito ed umiliato. Diceva di non avere più un onore, di
voler dimenticare al più presto tutto ciò che gli
è capitato, in modo da poter tornare più sereno a
casa. Ovviamente, nostro padre non sa nulla e preferirei che mantenessi
questo riserbo.”
“Sono mai stata
pettegola?”
La risposta lo fece sorridere, anche se
l’espressione fu una smorfia amara che non alleviò
la preoccupazione che costernava le madri e che ora Elizabeth ne
sentiva completamente il peso.
“Ho fallito, madre. Come
fratello, come amico e come confidente. Non ho saputo fare niente per
Percival ed ora potrebbe, giustamente, essere arrabbiato con me. Mi
sento così ridicolo e stupido però, a non esser
riuscito a far di più!”
“E’ per
amore?”
“Sembrerebbe, ma
c’è di più. Oh, se
c’è molto di più! Quella donna lo ha
ingannato in tutti i modi possibili e quelli che si definivano i suoi
amici da tanti anni si sono dimostrati dei traditori della peggior
specie e…!”
“Modera le tue parole!
C’è troppa rabbia e amarezza in esse. Calmati e
parla con più un occhio più oggettivo.”
“Non ci riuscirei neanche se
mi minacciaste! Santo cielo… Lo hanno trattato in modo
meschino e benché nella nostra famiglia nessuno non sia
sensibile come in quella della zia Jane, ferire così
l’orgoglio di un ragazzo tanto rispettabile e amabile
è assolutamente inconcepibile. Non li perdonerei mai,
neanche tornassero a chiedermelo in ginocchio! Avrei preferito vivere
io una simile sciagura. Sarei stato più attento e avrei
sicuramente assorbito meglio il colpo.”
“Gli amici di cui parli sono i
fratelli della famiglia Wighton, suppongo.”
“Esattamente. Mai li voglio
rivedere, né risentire! E tanto meno sarò
d’accordo che le mie sorelle riaprano con loro i
rapporti.”
“Questo lascia che sia io a
deciderlo. Per tua sfortuna, non sei ancora a capo della
famiglia.”
Nel tono della signora c’era
ironia, ma un fondo di amara e severa verità che a Matthew
non poté sfuggire. Era troppo attento e di mente troppo
sveglia, perché non se ne accorgesse. Sospirò
profondamente per più volte e dopo aver camminato di nuovo
fino alla finestra, tornò indietro e con più
calma si accomodò sul divanetto color edera.
“Perdona la mia insolenza
madre. E’ stata detta in un momento di rabbia, non era mia
intenzione offendere nessuno. Ma ora che mi sono sfogato sono pronto a
raccontarti tutto. Per primo, è meglio che tu legga questa
lettera. Poi ti detterò i fatti.”
La signora Darcy prese la busta e
notò che i lati erano parecchio stropicciati. Era stata
tenuta in mano non solo da mani forti, ma presumibilmente anche
emotivamente toccate e che sfogarono su quel foglio la forza delle loro
emozioni. Non poté non immaginare il figlio minore con le
lacrime agli occhi, di rabbia, se aveva ben inteso il messaggio di
quello maggiore.
Pensò che non valesse la pena
di crucciarsi così e aprì la lettera. Portava la
data di poco più di due settimane fa.
Mio caro signor
Percival Darcy,
non dimenticherò mai la vostra gentilezza, la
sincerità e l’emozione con cui mi avete
privilegiata dell’onore della vostra proposta che a quel
tempo, ho accettato. Ero forse troppo confusa o accecata dalla vostra
grandezza per far chiarezza sui miei sentimenti. Ora sono invece
propensa, per la mia e la vostra felicità, a declinare la
vostra offerta che è stata poi indegnamente approvata dai
miei parenti, pensando solo al profitto di tale unione. Credo che
sarebbe davvero un’offesa nei vostri confronti, per questa
ragione vi scrivo.
Non ho il coraggio di respingervi a viso aperto,
perché so che il dovere che sento nei vostri confronti
è decisamente troppo forte e mi farebbe mentire di nuovo. Vi
prego di comprendere queste mie parole, che so, posso immaginare, vi
addoloreranno molto. Prendo atto di cosa avete passato per me e per
convincere non solo voi stesso, ma il resto del mondo che scruta sempre
con un occhio più impertinente, crudele e giudizioso di
quanto dovrebbe, le ragioni del cuore, in questo caso il vostro. Il mio
dolore mentre scrivo è immenso.
Non spero di certo che possiate perdonarmi, vi conosco da
troppo tempo per sapere che il vostro orgoglio creerà una
barriera, d’ora in poi insormontabile per me, e preferirei di
certo il vostro disprezzo al vostro compatimento.
Con questa lettera desideravo solo poter liberare tutti i
miei amari sentimenti e non le scuse, bensì la
verità, che credo almeno di dovervi. Vi ringrazio per tutto,
amico mio.
Addio,
Violet Shelley
Elizabeth era rimasta
allibita dal fatto che la rabbia di Matthew fosse stata provocata da
una lettera, che anche lei in realtà, aveva trovato a dir
poco sconvolgente. Sapeva che la signorina Shelley era una ragazza a
modo, molto graziosa e sensibile e stentava a credere che proprio lei
avesse scritto cose di simile peso. Ancora di più non
riusciva a credere che suo figlio Percival, che aveva sempre visto come
un ragazzo spensierato come lei, avesse l’intenzione di
chiederla in sposa - lui aveva compiuto da poco diciotto anni e la
signorina Shelley era ancora una dolce sedicenne - e che soffrisse
così tanto per un rifiuto, da non poter tornare a casa. Poi
ricordò l’amarezza che aveva costernato la lettera
che suo marito le aveva lasciato a Rosings molti anni prima e si rese
conto che, da quel punto di vista, era il ritratto del padre.
Il figlio la guardava però
con un’espressione da farle paura, perché sembrava
che il peggio non fosse ancora arrivato. Chiuse la lettera e si
preparò a ricevere la peggiore delle notizie.
“E’
scappata.”
“Santo
cielo…”
“Lasciatemi finire.
E’ scappata dai suoi sentimenti per un uomo che non ama e che
non la renderebbe felice nemmeno con tutto il suo patrimonio! Ed
inoltre non ha dato spiegazioni nemmeno ai suoi amici. Se
n’è andata, ha fatto le valigie per
…shire con la sua famiglia e nessuno li ha più
visti. Sono anche stato a casa sua, ma non mi hanno permesso di
vederla. A me, che sono un suo caro amico d’infanzia! Dovevi
vedere Percival, madre. Era così triste che la zia Gardiner
si augurava che non morisse di crepacuore.”
“Era la dote di tuo fratello
il problema? Hanno litigato?”
“No! No. In realtà,
credo che avesse fatto il doppio gioco da un po’. Non dico da
quando ci siamo conosciuti più di sette anni fa, ma immagino
ci abbia pensato bene.”
“Le accuse che lanci sono
molto gravi.”
Fece una pausa per dare nuova lettura
alla lettera. Alcuni passaggi erano così colmi di tristezza
che stava cominciando a capire la rabbia di suo figlio, non per Violet,
ma per chi l’aveva indotta a rinunciare ad un simile
matrimonio preferendo un altro. Eppure da ogni punto di vista -
rispettabilità, posizione, vantaggio economico - era un
ottimo matrimonio, seppur non era riuscita a conquistare il primogenito
dei Darcy.
“Per chi?”
“Per un certo pavone
imbellettato di Londra che è stato nominato Sir dalla regina
non più di tre o quattro mesi fa.”
“Ah, sì. Sir
Harris, ne ho sentito parlare.”
“Anch’io e
l’ho persino conosciuto. L’uomo meno gradevole che
conosca.”
“Più del il signor
Collins?” la buttò sull’ironico
Elizabeth.
“Lui passa in secondo piano, a
confronto. E’ un pomposo buffone, mentre Sir Harris
è proprio sgradevole di carattere e modi, e non lo dico per
Violet. E’ l’impressione che mi ha fatto, se non
fin da subito, in meno di un’ora e parlargli più e
più volte in diverse occasioni per ragioni di
decoro è stata per me una gran tortura, credetemi.”
“Ti crederò, se mi
spiegherai cos’è successo esattamente a
Percival.”
“Io… Io non lo so.
Quella lettera, il suo atteggiamento, tutto era cambiato. Lui si
è chiuso, diventando freddo con me e so che non mi ha mai
raccontato tutta la verità.”
“Questa lettera oltre che ad
essere dolorosa, sembrerebbe essere stata scritta in maniera
forzata.”
“Sembra anche a voi?
Anch’io e Percival eravamo arrivati a questa conclusione e
abbiamo provato a fare delle ricerche all’inizio. E sai cosa?
Quell’uomo li ha portati tutti dalla sua parte, i fratelli
Wighton e il signor Moore e chiunque altro potesse essere amico. Tutti.
Ci hanno ostacolato in tutti i modi, ti assicuro e i Wighton hanno
anche gravemente insultato mio fratello, definendolo un arrogante ed
uno spocchioso, perché si riteneva più altolocato
di loro e un traditore per aver svelato alcune loro scappatelle. Ti
garantisco che quando lo abbiamo scoperto noi dalla loro bocca, ci
siamo sentiti molto peggio di loro. Erano definiti da Percival tra la
cerchia di amici avesse a Londra. Hanno continuato ad infangare il
nostro nome per tutto il palazzo del signor …, che come ben
sai è piuttosto importante, ma tutte le voci vennero
smentite da papà, anche se non capiva il perché
tanto risentimento nei nostri confronti. Percy non gli aveva rivelato
completamente le sue intenzioni con Violet e io avevo giurato che
finché non avessimo avuto un’argomentazione
decente fra le mani, non avrei aperto bocca con lui. Non desideravo
dargli dispiaceri. Oh, madre, credevo ci fossimo scelti degli amici
migliori!”
“Ho anch’io avuto
modo di avere simili dispiaceri, figlio mio. E’ triste, ma
bisogna imparare a convivere con la doppiezza delle persone o con le
ragioni che le spingono a fare certe cose. E dimmi, alla fine
l’avete trovato il motivo del rifiuto di Violet?”
“No, purtroppo. Quando siamo
riusciti a parlare con il signor Shelley è stato chiaro nel
volerci mandare via e a non voler più l’unione di
sua figlia con lui. Non ha dato giustificazioni abbastanza valide -
parlava di misera dote per lei e di stupide accuse sul comportamento di
lui - e noi avevamo insistito nel voler sapere la verità, ma
ci ha letteralmente mandati via. C’è qualcosa di
strano sotto.”
“C’è di
sicuro, ma non so se Percy ha i mezzi per scoprirlo, così
come tutti noi. Se il motivo è conosciuto solo a Violet e
alla sua famiglia, è difficile che lui riesca a
scoprire qualcosa.”
“Dopo quella conversazione ha
trovato la lettera e l’ha letta. In tutta la mia vita non
ricordo di averlo mai visto piangere così tanto,
né di essere mai stato così in collera con
qualcuno, madre. Era una fortuna che tu non ci fossi, ma allo stesso
tempo forse sarebbe stato meglio che fossi stata al suo fianco.
L’ho costretto a rimanere a casa e al massimo di andare dagli
zii a Gracechurch Street per un paio di giorni, ma non si
placò così facilmente. I fratelli Wighton hanno
continuato ad inondarci di insulti e scortesie ogni volta che ci
incontravamo e, ti confesso, una volta siamo venuti alle
mani.”
“Buon Dio! Tutto questo per
una ragazza?”
“Non per una ragazza, per
onore e per orgoglio. C’è sotto qualcosa mamma, ma
non so che cosa. E’ questo che mi turba e mi fa sentire
così in pena! Il non sapere come agire e il non essere
riuscito a proteggere mio fratello da quelle malevolenze dei
Wighton.”
“Non ti viene nemmeno
un’idea con quale pretesto sparlassero di Percival, se non
quelli elencati?”
“Nessun altro.”
“E’ così,
Percival è andato ai Laghi a sfogare il suo
dolore.”
“Suppongo di sì. Un
bagno o due forse lo faranno stare meglio, ma ho chiesto agli zii di
avere un occhio di riguardo.”
“I cugini Julian e Laurence,
sono andati anche loro ai Laghi?”
“Sì. Loro sono
veramente provvidenziali.”
“Come mai un tale
elogio?”
“Hanno aiutato gli zii a
smentire le cattive voci che giravano in città su di noi. Ci
sarebbe davvero dispiaciuto che papà perdesse credito per
delle ragioni futili come l’invidia. Però
all’interno i rapporti si stanno incrinando un po’,
se non con Percival, con me. Dice che ho fatto male a non aver voluto
raccontargli nulla di quel che era successo da quando ci aveva lasciati
da soli a casa dei Wighton e che quindi ero in parte responsabile
dell’infelicità di mio fratello. Non so se
l’hai notato ma ha sempre una faccia parecchio contrariata
quando mi guarda e con me parla poco. E’ a dir poco
una situazione penosa, per non dire peggio.”
Elizabeth guardava suo figlio
così abbattuto e non poté non condividere il suo
dolore, però lo rassicurò sui rapporti col padre,
che in qualche modo si sarebbero sicuramente ristabiliti. Sapeva che se
lo trattava così era per correggere la presunzione dovuta al
desiderio di proteggere la sua famiglia dall’infamia e non
per un qualche risentimento nei suoi confronti. Ne era certa, conosceva
bene suo marito. Queste parole furono di grande conforto a Matthew, che
riprese il suo racconto.
“Comunque ci sono stati molto
vicini, sai, i cugini Gardiner, così come i signori Harvey e
Adams. Sono felice che io e Percy condividiamo la maggior parte dei cari amici di
Londra, anche se non capisco perché certi se la siano
presa solo con lui.”
“Probabilmente la sua proposta
era scomoda a qualcuno di più potente. Ho sempre visto in
Percy una predilezione per Violet, mi auguravo che la chiedesse in
sposa (certo, non così presto forse), perché
né io né tuo padre abbiamo nulla da obiettare nei
suoi confronti. Non capisco perché nessun altro ci fosse mai
arrivato e tuttavia vedo che la situazione è più
misteriosa e complessa per essere solo questa la ragione di tale
subbuglio.”
“Troppo complicata, forse.
Ormai dubito che si rivedranno ancora. E se accadrà, lei
sarà una donna sposata.”
“Semmai dovesse accadere,
auguriamoci che la passione di lui
sia sopita e le ragioni di lei più
valide di quelle espresse da chiunque altro. Il dolore provocato
è stato grande su molti fronti.”
“Avete capito alla
perfezione.”
Al termine della loro conversazione
rimasero in silenzio e Elizabeth consolò dolcemente Matthew
raccontandogli piccoli aneddoti che lo fecero sorridere, ma non quanto
lei sperasse. Immaginò che ciò che le avesse
raccontato fosse sì la verità, ma che avesse di
proposito trascurato qualcosa. D’altro canto, lui si sarebbe
rifiutato di raccontarle tutte le cattiverie dette contro di lei da
gente che già conosceva, ragion per cui non desiderava
rientrare nel salotto quando il signor Bingley li trovò in
biblioteca. Si scusò del disturbo, prese il volume di
botanica e si ritirò in camera sua dicendo di avere un forte
mal di testa, lasciando la madre e lo zio perplessi.
Nota autrice: Salve a tutti. Uhm, in questo
capitolo trovate una visione completa delle famiglie Darcy e Bingley.
Lo so, lo so... Il cognome Hamilton sembra quello del tipo di Formula1?
MotoGP? Ma non potevo farne a meno... Secondo me, stava bene a
Caroline. xP
In realtà, non ho ancora bene capito come funziona la
differenza tra Lady, Marchesa, Duchessa, ecc...per cui farò
una ricerca più approfondita, ma non le cambierò
il grado, signor no. (mi sta antipatica, se non si fosse capito ù3u )
Ma parliamo della famiglia Bingley! (la parte piacevole s'intende). I
nostri cari Charles e Jane hanno cinque figli: Alice, la primogenita di
circa vent'anni e a seguito Aaron, primo figlio maschio, Meredith e i
più piccoli Lyanna e William.
Ho inoltre accennato alla famiglia Gardiner (che personalmente adoro!),
di cui due figli maschi, Julian e Laurence, di ventisette e
ventiquattro anni.
Così giusto per chiarirvi un po' le idee.
Al prossimo capitolo e grazie ancora per aver letto
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