La
sera che precede il compleanno di Makoto, Haruka si ferma a cena dai
Tachibana come da tradizione ormai consolidata. Il giorno dopo c'è
sempre molta confusione -specialmente a causa dei bambini- per
preparare tutte le cose che al festeggiato piace di più
mangiare, oltre alla gigantesca torta al cioccolato decorata -anche
questo da tradizione- dalle abili mani di Haruka.
La
sera prima è diventata abitudine condurre una specie di
festeggiamento “privato”, tranquillo, con lui che è
suo migliore amico dai tempi del bavaglino. Quell'anno il compleanno
cade anche di domenica, quindi l'atmosfera sembra più festosa,
se non altro perché nessuno deve alzarsi presto per correre da
qualche parte.
Quando
dopo la cena i due ragazzi terminano di dare una mano alla signora
Tachibana e salgono insieme in camera (essendo riusciti a scrollarsi
di dosso le due scimmiette urlanti), Makoto si dirige subito verso il
letto e si lascia cadere lentamente a faccia ingiù con un
profondo sospiro.
Haruka
lo fissa per qualche secondo chiedendosi come riesca a starci tutto
sopra il materasso. Si avvicina al borsone con dentro il pigiama e
lancia un'occhiata rapida alla scrivania ordinata.
Un
triangolino di carta bianco che spunta da sotto un romanzo attira la
sua attenzione. Senza rifletterci troppo lo prende tra le mani,
convinto sia una specie di tentativo di costruire un origami, ma
quando lo apre si ritrova davanti la precisa calligrafia del suo
migliore amico e gli occhi cominciano immediatamente a scorrere tra
le righe del papiro.
Passano
diversi minuti di totale silenzio; Makoto riemerge dalle pieghe
morbide del copriletto e sembra aver riconquistato un po' di energia.
Si volta per cercare con lo sguardo Haruka, troppo silenzioso e
immobile, ma quando vede cos'ha tra le mani lancia un verso stridulo
e rotola giù per accorrere con affanno.
Gli
sfila la lettera dalle dita e la nasconde dietro la schiena come un
bambino, il volto paonazzo.
«Non
dovevi guardarla, Haru!», si agita.
Haruka
è molto tranquillo, il perfetto opposto dell'altro. Lo scruta
dal basso, le braccia finite penzoloni lungo i fianchi, e inclina
appena la testa.
«Non
avevo finito, Makoto. Posso riaverla?»
Tutto
il sangue defluisce dal viso di Makoto e le labbra si schiudono
dandogli un'espressione quasi ebete. Immediatamente dopo il rossore
torna ad aggredirlo violentemente, mentre tremando e balbettando fa
un cenno di diniego e la caccia dentro il cassetto.
«Non...
non è da leggere.»
«Era
per me.»
Makoto
guarda ovunque tranne lui, le gambe che decidono di portarlo di nuovo
verso il letto, dove si siede e raccoglie le mani in grembo, lo
sguardo basso e mortificato.
«Dovevo
nasconderla meglio. Anzi, non dovevo proprio scriverla.»
Il
ragazzo sospira e si tortura le dita. Sono dita lunghe su mani
grandissime e fa un certo effetto vedere uno alto e ben strutturato
come lui che cerca quasi di rannicchiarsi e sparire dal mondo.
Haruka
si avvicina dopo qualche secondo di silenzio denso, carico del
disagio del suo amico, e va a sederglisi accanto, perché
Makoto è sempre il posto più caldo dentro una stanza.
«Le
ragazze ogni tanto mi scrivono delle lettere piene di frasi dolci e
anche se le respingo sono contente di avermi fatto sapere quello che
provano. Mi sembrava davvero un comportamento strano, ma ho
cominciato a pensare che se mettere su carta i sentimenti può
davvero far sentire meglio una persona, a-allora...»
Lo
sbircia appena, veloce, deglutendo prima di terminare.
«...
dovevo provarci.»
«Stai
male, Makoto?»
La
mano di Haruka si solleva, chiara contro i capelli castani dell'amico
d'infanzia. Gli accarezza la testa con manovre lentissime e quasi
timorose, ma la sua voce non trema e il braccio è sicuro.
«Non
pensare a me», dichiara, facendosi ancora più piccolo.
«Hai letto quelle frasi tremende, ho paura che tu non
stia bene.»
Riprendono
a guardarsi, a lungo e in silenzio. Questa volta, anche se ha le
guance pericolosamente color mattone, non tenta di sfuggirgli.
La
sua mano è ancora sulla testa di Makoto, docile come stesse
coccolando un gattino randagio che deve fidarsi prima di volersi
avvicinare davvero.
«Vuoi
ancora dormire qui, Haru?»
L'altro
rimane tranquillo e non dice nulla finché non decide di
alzarsi e indicare semplicemente il piumone. «Voglio dormire
vicino a Makoto come quando eravamo piccoli.»
Il
volto di Makoto è ancora molto arrossato dalla vergogna, ma il
sorriso che gli offre è uno dei più teneri. Gli tende
la mano e si fa aiutare a tornare in piedi, quindi lascia che Haruka
entri nel letto e si allontana brevemente solo per indossare il suo
pigiama e prendersi qualche minuto per calmare il battito furioso del
cuore.
Ha
scritto quella lettera per lui, mettendoci dentro tutte le frasi più
sciocche e romantiche che l'amore, da sfogare in qualche modo, gli
suggeriva. Pensieri, desideri, speranze per il futuro, tutto quello
che avrebbe voluto potergli dire a parole, tutto quello che vorrebbe
fare e che non si può permettere, come stringerlo tanto forte
da diventare imbarazzante per entrambi.
Non
aveva messo in conto di fargliela leggere sul serio e aveva quasi
dimenticato di averla lasciata così in vista: era una lettera
indirizzata ad Haruka, ma non era destinata ai suoi occhi.
Torna
vicino al letto e si infila dentro con lui, sussultando di sorpresa
quando viene placcato in modo imprevisto. La testa di Haruka si preme
sullo sterno con forza.
Con
le braccia sollevate, Makoto sembra smarrito, ma poi, lentamente, le
appoggia alla sua schiena e si assicura che sia sotto le coperte.
«Domani
è il tuo compleanno.»
Makoto
chiude gli occhi e fa un piccolo cenno con la testa.
«Credevo
che quando è il compleanno di qualcuno è la persona
celebrata che riceve dei regali, Makoto.»
Il
ragazzo corruga delicatamente la fronte, posando il palmo sulla nuca
dell'amico che gli sta premuto addosso come fosse diventato uno
scoglio in mezzo all'oceano in tempesta.
Crede
che faccia così per dimostrargli che è importante, che
ci tiene davvero molto a lui, anche se non provano le stesse cose e
quel rapporto di fiducia non può evolvere ulteriormente.
Per
quell'ultima affermazione, invece, non riesce a capire dove voglia
arrivare, ma sembra che le braccia di Haruka siano diventate molto
più possessive e che tutto il suo corpo, dalla postura alla
fermezza della stretta nella quale l'ha intrappolato, voglia dirgli
qualcosa che a parole non riesce a fare.
«Non
mi pare che le cose siano cambiate», risponde incerto.
La
faccia di Haruka sparisce tra le stelle marine e i cavallucci verdi
del pigiama che indossa Makoto, il quale ha ormai le guance in fiamme
mentre si dice che sicuramente il battito del proprio cuore gli sta
assordando l'orecchio.
È
per questo che si stringe così? Lo incuriosisce ascoltare quel
fracasso?
«Però
non è il mio compleanno.»
Makoto
comprende cosa stia cercando di dirgli e sente gli occhi pizzicare.
No,
non lo incuriosisce né diverte. Il battito del suo cuore lo
emoziona, ecco perché lo sta cercando.
«Era
una bella lettera, Haru?», sussurra con voce spezzata.
«Era
una bella lettera, Makoto. Scrivimene altre.»
Si
sposta verso l'alto per cercare gli occhi del migliore amico alla
luce della lampada sul comodino. Ora sono socchiusi, intenti a
osservarlo di rimando con una dolcezza indescrivibile che vale più
di ogni dichiarazione, scritta o sussurrata. Non sono mai esistiti
termini appropriati per rendere giustizia alle espressioni amorevoli
che gli rivolge ogni giorno.
La
mano di Makoto si solleva e con due dita gli sfiora la guancia,
accorgendosi di come improvvisamente quel blu speciale stia brillando
senza avergli nominato alcuna fonte d'acqua.
«Se
non ti dà fastidio che...»
Senza
sbattere le palpebre, Haruka prende la sua mano e se la preme
completamente sul viso.
«Mi
ami.»
Si
gode il suo rossore, visibile anche con quella luce tenue.
Dev'esserci qualcosa di contagioso nel suo imbarazzo -o forse si
rende conto a scoppio ritardato di aver detto qualcosa di fortemente
destabilizzante-, perché entrambi finiscono per assomigliare a
due budini alla ciliegia.
«Voglio
amarti anch'io.»
Haruka
abbassa all'istante lo sguardo e sprofonda nella sua spalla, il naso
alla ricerca del profumo che conosce tanto bene.
«Sarebbe
un regalo troppo grande», sorride l'altro, non smettendo un
istante di accarezzarlo.
Sono
così vicini, adesso, che è difficile stabilire con
esattezza quale sia il cuore che fa più confusione o quali
siano le gambe che per prime hanno deciso di creare un intreccio con
le altre.
Haruka
chiude gli occhi e sposta il viso per sfiorargli il collo con le
labbra.
«Buon
compleanno, Makoto.»
-Angolo
Autrice-
A
qualcuno verrà un colpo vedendo che ho pubblicato una storia
(anche se in un altro fandom), ma prima di tutto sentivo il bisogno
fisico di dare amore pubblico a questa coppia chuosa e poi... mah,
sono istintiva? :)
La
dedico a Amy, perché le servono cose carine da leggere (e noi
tutte/i dobbiamo gridare quotidianamente.)
Addio~
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