La veste candida le solleticava i piedi, danzando fluida intorno a lei. Era notte, ma aveva un brutto presentimento e prima di recarsi a dormire voleva controllare che Aang fosse al sicuro.
Una luna piena faceva capolino dalle finestre della casa sull'isola di Ember. Katara procedeva a passo svelto ma leggero reggendo una candela per farsi luce. Arrivò infine davanti alla camera dove sapeva alloggiare l'Avatar e bussò.
«Avanti!» rispose un voce soffocata. Katara entrò preoccupata per scoprire che, semplicemente, Aang aveva affondato la faccia nel cuscino che aveva abbracciato e per questo il suo tono le era parso così strano.
«Aang... va tutto bene?» gli chiese con fare amorevole. Lui scosse la testa.
«La cometa di Sozin è sempre più vicina...» Lasciò cadere la frase, la sua paura trapelava anche senza completarla. Katara entrò e si chiuse la porta alle spalle, prima di sedere accanto a lui.
«Lo so.» gli fece eco, fissando le proprie mani che ancora reggevano la candela. La fiamma pulsava intimorita e calma al tempo stesso, per un attimo i due desiderarono essere come quella fiamma: in pace.
Un freddo invernale sembrava scorrere nella stanza, i due rabbrividirono anche se sapevano bene cos'era: era la paura. Pensare all'inverno un po' li rincuorava, significava che la fine non era ancora giunta, che avevano ancora tempo.
«Ho trovato questa conchiglia oggi in spiaggia.» riprese Aang dopo un po', tirando fuori dall'abbraccio del cuscino un pungo chiuso, «Era così bella che ho pensato stesse bene al tuo collo. Così ci ho infilato una cordicella... lo so che è una sciocchezza, ma voglio farti questo regalo, nel caso in cui non potessimo rivederci mai più.» concluse aprendo la mano e rivelando una conchiglia sottile e allungata.
«Non dire idiozie,» sbottò lei con la voce incrinata. «non ci succederà nulla.» E cercò di nascondere una lacrima.
«Prendila... e pensami quando sarà il momento.» Gli prese il suo palmo tra i propri per depositarvi il piccolo dono.
«Non ci succederà nulla.» ripeté lei dopo aver ripreso il controllo della propria voce. Poi si alzò e fece per andarsene, si fermò solo davanti alla porta per voltarsi e aggiungere con un sorriso: «Non perderti mai d'animo, io ti aspetterò quando tutto sarà finito.»
Uscì in fretta; mentre tornava nella sua camera, Katara non riuscì più a evitarlo e pianse, stringendosi al petto la piccola conchiglia.