Thàlassa
Θάλασσα
Primo
Capitolo:
Θύελλα
Il
sangue iniziò a scorrere copioso, riversandosi sul terreno, il quale ben presto
si lordò di cremisi. Più di trecento uomini disarmati e privi di corazza
vennero trapassati da una miriade di frecce, i loro crani fracassati da
acuminate mazze, i loro corpi smembrati dai carri da guerra.
Il
cielo limpido era coperto da una spessa coltre di fumo proveniente da un vasto
incendio, che stava soffocando il campo dove avveniva la strage.
Davanti
a quello sterminio, su alte mura, si trovavano tre figure: una giovane donna di
all’incirca vent’anni, svestita e colma di gravi ferite, e due uomini più
anziani.
Uno
di questi aveva un ampio sorriso e rideva sguaiatamente, mentre calciava la
fanciulla in pieno stomaco e la chiamava in diversi modi volgari o denigrava
l’onore dei soldati che stavano venendo massacrati. L’altro invece era più
serio e osservava la scena con rammarico, senza però proferire parola.
<<
Hai visto Thàlassa? Visto com’è potente la tua falange? Visto?>> rise il
primo, costringendola ad alzare il capo, prendendola per i lunghi capelli
castani << Tu non farai la stessa fine. Sarebbe un onore per te fare una
simile fine. Sarai esiliata da questa terra, da tutte le terre sotto il mio
controllo, morendo divorata dal più stupido dei Giganti>>
Lei,
con gli occhi azzurro ghiaccio ardenti di ira e di vendetta, gli sputò in pieno
viso, ma fu di nuovo quietata da un potente pugno nel ventre.
<<
Puttana. Nient’altro che una sporca e sudicia puttana>> ringhiò lui, mentre
la giovane fece un ringhio cupo, come una bestia che medita una rivalsa.
Wall Rose,
settembre, anno 851.
Sempre più spesso
si era domandata se quella che stava vivendo si potesse definire realmente vita.
Le pareva d’esser diventata un semplice ninnolo da esporre, di cui vantarsi.
Il mercante che
l’aveva raccolta allo stremo delle forze le aveva donato un’immagine, una fama
indescrivibile. Infatti sempre più gente accorreva per vedere lo spettacolo
della Stupenda donna del mare.
Lei non si giudicava
bella, perché il bello non era utile in una guerra. Per questo, nel sentirsi
chiamare addirittura Dea (perché
alcuni la credevano la reincarnazione umana di una delle tre mura), provava un
certo astio. Non era stata forgiata per esistere in quel modo, senz’armi, con
una pesante catena al collo e ai piedi, vestita nient’altro che con leggeri
veli quasi trasparenti.
Lei era nata nel
sangue e pretendeva di morire nel sangue.
Quel giorno, come
le aveva preannunciato il suo padrone,
era piuttosto significativo. Infatti ad assistere all’esibizione di strada
della fanciulla sarebbero stati presenti persino membri importanti della
milizia, poiché incuriositi dalla ragazza che era riuscita a sopravvivere mesi
al di fuori delle mura.
La sua pelle leggermente
ambrata luccicava e odorava di fiori, grazie agli olii profumati che il
mercante le aveva ordinato di usare, donando così all’intera figura un’aria
ancora più magnifica. I capelli color nocciola mossi, acconciati in una
semplice pettinatura, emanavano anch’essi una deliziosa fragranza floreale e
facevano risaltare le iridi da fiera di un azzurro talmente chiaro e penetrante
da sembrar quasi irreale.
Sulle palpebre,
per evidenziare i grandi occhi, aveva un
marcato trucco blu scuro, mentre le sottili labbra, grazie ad un cosmetico
color notte, parevano più voluminose.
Osservò la folla
che l’incitava a danzare, osservò le persone definite importanti, che si
distinguevano dal popolo soltanto perché avevano abiti più sfarzosi. Osservò i
cavalli, grazie ai quali alcuni nobili e soldati dei ranghi più elevati erano
arrivati. Fissò i quadrupedi, prima di abbozzare un leggero sorriso quasi
impercettibile.
A ritmo di musica,
perlopiù percussioni, iniziò a muoversi nella circonferenza che le era stata
concessa in un modo talmente sciolto, talmente fluido da sembrar un’anima
separata dal corpo. Eseguiva eleganti salti, volteggi perfetti, passi
aggraziati, come se lei e la divinità fossero una cosa unica.
Era talmente
inumana che nessuno non poté staccare gli occhi da quell’oggetto, tutti erano
rapiti dalla sua bellezza che sempre in più giudicavano divina. Era un tutt’uno
con il vento, tanto che sembrava addirittura che questo soffiasse per lei. Era
un tutt’uno con la terra, su cui danzava in un modo armonioso. Era un tutt’uno
con il fuoco, perché quello lei era: il fuoco.
Bello,
ipnotico, devastante.
<< Lei>>
disse il commerciante al capo della Polizia
Militare, Neil Doak, indicando la
danzatrice << è la donna perfetta: non comprende la nostra lingua, non sa
combattere ed è anche molto bella>>
<< Non c’è
niente di più perfetto>> commentò il miliziano, visibilmente colpito
dalla ragazza.
<< Se volete
è in vendita. È solo una modica cifra, niente a confronto dei servizi futuri
che può sottostare>>
A quel punto un
uomo che non spiccava sicuramente per l’altezza si intromise nel discorso,
osservando con sguardo atono, ma al contempo frigido, il negoziante.
<< Come è
potuta sopravvivere una puttana fuori dalle mura?>> aveva utilizzato
un’intensità di voce molto più vicina ad un’affermazione che ad una domanda.
<< La
bellezza è anche nel mistero, Caporale Maggiore Levi>>
<< Lei è
tutto, fuorché bella>> gli rispose Levi, dopo aver notato una leggera
scintilla di odio nello sguardo celeste della fanciulla non appena le aveva affibbiato
il simpatico soprannome.
La musica rallentò
e la ragazza si fermò davanti ad un soldato e, prendendolo per la giacca,
avvicinò il proprio viso al suo, per poi allontanarsi un poco. Sostenne un
suadente gioco di corteggiamento, che finì quando il membro della Polizia
Militare, riconoscibile dallo stemma sulla giubba, tentò di sua iniziativa di
avvicinarsi e di strapparle un bacio.
A quel punto
accadde un fatto che atterrì gran parte dei presenti: infatti, con una potente
ginocchiata, la ballerina colpì in pieno stomaco il militare, strappandogli poi
il fucile dalla schiena e sparando un colpo per creare confusione.
Così, mentre i soldati
erano impegnati a placare la folla, lei era riuscita a rubare un cavallo e a
spronarlo verso l’uscita di quella gabbia di mura. Ma seppur lo stallone
corvino fosse veloce, presto si ritrovò alle calcagna parte del corpo della
milizia, tra cui anche alcuni membri della Legione Esplorativa.
Tutti i concetti
basati sulla sua poca intelligenza svanirono non appena i soldati dotati di
Equipaggiamento per la manovra tridimensionale notarono con orrore che i
proiettili, sparati da fucili abbastanza potenti, non riuscivano nemmeno a
scalfire la pelle della ragazza, divenuta resistente come il metallo.
Solo i Giganti
avevano simili capacità e tra l’altro unicamente quelli anomali dotati di
intelletto. Eppure lei non aveva l’aspetto di uno di quegli abomini, anche perché
a stento superava il metro e sessanta di altezza.
Levi riuscì a
raggiungerla, ma lei, con un elevato salto, arrivò ad aggrapparsi ad un tetto
di una casa e una volta sopra iniziò a correre ad una velocità notevolmente
maggiore rispetto a quella del quadrupede. Possedeva una muscolatura
estremamente potente, anche se all’apparenza non sembrava molto sviluppata.
<< Caporale
maggiore! Mi lascia andare?>> domandò impaziente un ragazzo a cavallo dai
lunghi capelli bianchi e spettinati, con una folta frangia che gli copriva gli
occhi rossi come il sangue.
Legato alla
schiena aveva una bizzarra e pesante arma da fuoco con doppia impugnatura per poterla
manipolarla meglio.
<< Cerca di
non fare troppi danni>> disse Levi, allontanandosi strategicamente dal giovane.
Quest’ultimo
smontò dallo stallone e prendendo la mira dove la leggiadra figura femminile
stava per dirigersi, sparò un singolo colpo. Il contraccolpo però lo fece quasi
cadere per terra, rimanendo in piedi unicamente perché era appoggiato al muro
di una casa.
Il proiettile
saettò veloce verso il proprio obbiettivo e, mentre stava per impattarsi,
esplose in un inferno di lingue di fuoco che inglobò, oltre all’abitazione,
anche la giovane, la quale fu colta di sorpresa. Le fiamme le ustionarono la pelle
e le arsero i vestiti, mentre il fumo che s’introduceva repentino nella sua
gola le impediva quasi di respirare.
Lei allora fuggì
dall’esplosione, prendendo una leggera rincorsa ed eseguendo un altissimo salto
e atterrando al di fuori dell’incendio. Tuttavia una serie di spari riuscirono
a penetrare nella sua carne, ferendola alla gamba sinistra e facendola così
sbilanciare, rotolando giù dal tetto spiovente.
Riuscì ad
afferrare l’anta di una edificio, ma questa si scardinò e lei cadde sulla via
principale, dove ben presto venne circondata dai membri della milizia. Lo
stesso ragazzo albino che aveva provocato l’esplosione, le gettò addosso una
gelida secchiata d’acqua, la quale fu utile per estinguere il fuoco che ormai
le aveva consumato quasi completamente gli abiti.
<< Cosa
intendi fare?>> le chiese Levi, avvicinandosi.
<< Caporale,
ma lei non capisce la nostra lingua!>> esclamò un soldato, ma fu fermato
dalla fanciulla.
<< Hanno
anche detto che sono stupida, incapace di combattere...>> disse in tono
sarcastico lei, mentre si estraeva dalla gamba i proiettili, poi fulminò con lo
sguardo l’uomo alto quasi quanto lei, se non qualche centimetro in meno
<< e anche puttana>>
Levi si chinò per
essere al suo pari, poi la guardò diritta negli occhi.
<< Chi sei?>>
<< Lachesi.
O anche Thàlassa, che è il mio soprannome>> gli rispose << Sono una
modesta danzatrice>>
Si osservarono per
un lungo istante. Lui riuscì ovviamente a cogliere il tono ironico che la
giovane aveva volutamente utilizzato, poiché quel gioco la divertiva
visibilmente. Ormai era ovvio che non poteva essere una comune ballerina, così
come non poteva assolutamente essere
un’umana.
<< E dimmi, Thàlassa,
cosa faresti per la libertà?>>
<< Cosa
farei? Beh... dipende che concetto hai di libertà. Per me la mia libertà è
poter di nuovo combattere, uccidere Giganti, lordarmi del loro sangue per
permettere a qualcuno in futuro di vivere>> fece una leggera pausa, nella
quale le sue labbra s’inarcarono leggermente in un sorriso, ricco però di
rammarico << Io per la libertà altrui donerei anche la vita>>
Nelle sue parole
non esisteva alcuna traccia di menzogna, così come nelle sue iridi, che brillavano
di speranza. Levi rimase piacevolmente colpito da quella determinazione, che
aveva visto poche volte nella sua vita e fece un leggero, quasi impercettibile
cenno con il capo, come per approvare quelle parole.
L’unica cosa che
le disse, fu un leggero sussurro, nel quale la giovane capì chiaramente un Fidati. Gli altri soldati non erano
riusciti a sentire ciò che aveva detto, soltanto l’albino, che stava
giocherellando con una pistola, sembrò comprendere quel bisbiglio, seppur si
trovasse piuttosto distante e in mezzo alla confusione.
Non appena però il
caporale maggiore si allontanò, la ragazza fu presa dalle guardie e trascinata
per la catena che le cingeva il collo. Anche se aveva la forza per ucciderli,
sottostò a quella umiliazione, che durò finché non raggiunse il tribunale.
Come il mare prima
di una violenta tempesta, Thàlassa non si era mossa, rimanendo calma,
impassibile, attendendo unicamente il soffio di vento che avrebbe causato una
burrasca. E lei attendeva solo quel momento, il momento in cui avrebbe
dimostrato uno dei suoi tanti punti cardine.
Fine primo capitolo!
Nome capitolo:
Tempesta
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