Pairing:
Fleur
Delacour/Bill Weasley
Rating: G
Genere: Triste, Romantico
Note: One-shot
Note autrice: Fiction
scritta per il concorso sul
Mitica Beauxbatons forum. Prima
fiction su Bill e Fleur. Dato che la Row non ha specificato
cosa accada dopo il morso di Bill[è
certo che però non diventi un lupo mannaro] quindi mi sono
immaginata tutto.
Disclaimers: “Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di JK
Rowling, che ne detiene
tutti i diritti; questa Storia è stata quindi scritta senza
alcuno scopo di
lucro.”
Full
Moon
~
{
ne
pas avoir peur de la grande lune méchante}
~
Rimase
accanto a lui per giorni, aspettando che si risvegliasse.
Ogni
singolo giorno spalmò l’unguento maleodorante che
gli infermieri le portavano
sulle ferite che gli sfiguravano il volto.
Ogni
singolo giorno poteva avvertire il dolore di quella
sera unito al sollievo per non averlo perso.
Era
passata una settimana ormai dalla battaglia al castello. Le ferite,
nonostante
le cure di Madama Chips a Hogwarts e dei medimaghi al San Mungo, non
sparirono.
Rimasero sul suo volto, segni indelebili dell’orrore e del
dolore di quella
notte.
Fu
solo in
una calda mattina di agosto che il ragazzo riaprì gli occhi.
Li aprì
lentamente, infastidito dalla forte luce della stanza. Aprì
la bocca per
parlare ma non ne uscì alcun suono. Provò a
schiarirsi la voce.
«Fleur» riuscì a
sussurrare, cercandola
con lo sguardo di fronte a sé. Non la vide.
Fleur
era rannicchiata su una sedia accanto al letto e aveva allungato una
mano per
tenergli la sua. Aveva ceduto alla stanchezza e ora dormiva
profondamente. Alcune
ciocche bionde le ricadevano sul viso e si muovevano leggere ad ogni
suo
respiro. La fissò per qualche istante e tentò di
stringerle la mano ma le
braccia non risposero ai comandi. Voleva girarsi ma una fitta al fianco
gli
fece cambiare idea. Rimase a guardarla finché non si
svegliò.
Fleur
aprì leggermente gli occhi ma li sbarrò di colpo
non appena lo vide
sveglio.
«Ciao.»
le sussurrò piano.
La
ragazza si portò una mano alla bocca mentre una lacrima di
gioia le scendeva
piano sulla guancia. Si protese verso di lui e lo abbracciò,
continuando a
singhiozzare. Nonostante le fitte che continuavano a colpirlo ad ogni
piccolo
movimento, Bill la strinse a sé e le baciò
delicatamente la fronte.
Subito
dopo Fleur avvertì i medimaghi che, dopo varie visite ed
esami, dissero ai due
che non ci sarebbero stati effetti dovuti al morso di Greyback.
Tutto
quello che sarebbe rimasto a Bill di quell’attacco,
assicurarono, sarebbero
state le cicatrici.
Ma non
poterono
prevedere gli effetti della grande lune
méchante.
*
Col
tempo qualcosa in lui cambiò. I cambiamenti di umore
divennero frequenti, i
suoi sensi si acuirono, permettendogli di cogliere suoni e profumi
apparentemente impercettibili. La trasformazione in licantropo non
avvenne
poiché quando Bill fu ferito Greyback non era trasformato.
Nonostante questo la
luna ebbe comunque influssi su di lui.
Nelle
notti di luna piena si ritrovava a vagare in mezzo ai campi, senza
ricordare
come ci fosse arrivato, in mezzo ad animali uccisi con furia violenta.
Qualche
volta gli capitò di trovarsi lungo la costa di fronte a
villa Conchiglia ed era
in quei momenti che aveva paura di poter fare del male a Fleur.
Non
ebbe mai il coraggio di raccontare quello che gli succedeva,
né a Fleur né alla
sua famiglia.
Ma
in una serata di primavera, disturbata dalle notizie della guerra
lontana da
villa Conchiglia, a quasi sei mesi dal loro matrimonio, la sua indole
nascosta
prese il sopravvento.
Dopo
una giornata estenuante per via dei tanti incarichi
dell’Ordine, Bill tornò a
casa e, buttando come scusa che non aveva fame e che aveva sonno, si
rifugiò in
camera, lasciando la moglie da sola.
Fleur
non poteva sapere cosa sarebbe successo di lì a poco, non
appena le tenebre
fossero discese e la luna avesse cominciato a splendere.
Mangiò
da sola e non salì da Bill per paura di disturbarlo. Non
appena ebbe finito di
sistemare la cucina un rumore sordo catturò la sua
attenzione.
Afferrò
istintivamente la bacchetta e corse in salotto.
«Bill?»
chiese esitante nel buoi più totale. La sola luce che
arrivava nella stanza era
quella della luna piena ma era talmente debole che la ragazza non
riusciva a
distinguere nulla. La luna sparì dietro alle nuvole,
lasciando nuovamente la
stanza nel buio.
Si
girò verso le scale e fece illuminare la punta della
bacchetta con un Lumos sussurrato.
Un altro rumore
sinistro arrivò dal piano sovrastante. Fleur
avanzò lentamente, preparandosi a
difendersi da un eventuale attacco.
Quando
giunse in cima alle scale proseguì vero l’unica
stanza illuminata, la loro
camera. I rumori provenivano da lì, la porta era socchiusa.
Si
avvicinò e guardo attraverso esitante lo spiraglio lasciato
dalla porta.
«Bill,
che stai fasc-» cominciò a chiedere ma la scena
che le si presentò davanti le
spezzò la voce.
La
camera da letto era totalmente sottosopra: l’armadio,
solitamente accanto alla
porta, era rovesciato a terra e i vestiti giacevano scomposti sul
pavimento. Le
ante erano spezzate e le schegge di legno erano finite addirittura sul
letto.
Per
terra c’era di tutto. I cuscini squarciati erano accanto ai
vestiti e la
lampada,che fino a poco prima era sul comodino accanto a letto, era ora
a
terra, in frantumi.
Fleur
spinse leggermente la porta, che si aprì lentamente con un
cigolio.
«Bill?»
la nota di paura nella sua voce era evidente.
«Vattene.»
La
voce che sentì non era la sua
voce,
la voce che la faceva sentire al sicuro, la voce dell’uomo
che amava. Era
bassa, grottesca. D’istinto sarebbe corsa via, quel tono non
poteva certo
annunciare qualcosa di buono.
Aprì
del tutto la porta ed entrò con passi- falsamente-deciso.
Bill
era di fronte alla finestra che dava sulla costa, di spalle a Fleur e
senza
maglietta. Le cicatrici infertegli dal licantropo erano rosse, quasi
quanto la
notte dell’attacco. Si voltò verso di lei.
«Vattene
Fleur.»
Lei
avanzò di qualche passo, timorosa ma allo stesso tempo
decisa a sapere cosa
stava accadendo.
«Non.»
Si
avvicinò ancora di più e posò la sua
mano sulla guancia di Bill.
«Non
guardarmi. Sono un mostro.» le sussurrò lui.
«Non. Tu
n’es pas un monstre.»
Bill
abbassò lo sguardo, evitando di guardarla negli occhi.
Fleur
si alzò in punta di piedi e gli sussurrò le
stesse parole all’orecchio.
«Tu n’es pas un monstre.»
Lui
rialzò leggermente lo sguardo. Scese verso le sue labbra e
la baciò
delicatamente.
Proprio
in quel momento la luna riapparve da dietro le nuvole.
L’espressione
negli occhi di Bill cambiò. Una rabbia cieca li
mutò, facendoli diventare neri
come la pece.
Il
ragazzo emise un ringhio minaccioso e con un gesto repentino
afferrò Fleur con
le braccia e la sbatté contro il muro. Con un gemito
sommesso Fleur tentò di
liberarsi dalla sua presa, inutilmente.
Le
braccia cominciarono a farle male, era impossibile liberarsi da
lui.
Continuò
a fissarlo negli occhi, in quegli occhi nei quali non riusciva a
riconoscerlo. Spostò una mano dal suo braccio e la
portò al suo collo, quasi soffocandola. Una lacrima le scese
piano sulla guancia. Mentre il suo ringhio cominciava a
diventare più forte lei parlò di nuovo.
«Tu n’es pas un monstre.»
Le
stesse parole. Le pronunciò lentamente, come se fossero un
incantesimo per
bloccare quel momento e far tornare Bill in sé stesso. Il
ringhio cessò ma le
sue speranze svanirono nell’aria quando lui la
lasciò andare e se ne andò,
saltando giù dalla finestra.
Fleur
rimase immobile per qualche istante e si accasciò sul
pavimento, lasciandosi
scivolare sul muro.
Cominciò
a singhiozzare forte, per la paura, per il terrore di
quell’attimo. Le lacrime
continuarono a uscire incontrollabili. Il tempo sembrò
fermarsi.
Fleur
rimase sola per quella che sembrò un eternità.
Crollò addormentata, provata
dalla paura e dal terrore appena provato.
Nel
frattempo la luna scomparì ancora una volta dietro alle
nuvole.
*
Six
years
gone
«Maman?»
La
testolina bionda della bambina fece capolino nella stanza. I suoi
grandi occhi azzurri
fissavano la donna in piedi di fronte alla finestra della camera. Fleur
si girò
verso la figlia, che si avvicinò a lei. Si chinò
e la prese in braccio.
«Dov’è
papà?» chiese la bimba, curiosa.
«E’
uscito, Victorie.»
«Quando
torna?»
«Presto,
tesoro. Il papà torna presto.»
«Ma
perché è uscito?» Fleur la
fissò per un attimo, incapace di darle una risposta.
«E’
andato a fare un giro, tutto qui.»
«E
ci va ogni mese?»
L’innocenza
con cui Victorie le faceva le domande su Bill la spiazzò.
Aveva notato che il
padre scompariva una volta al mese ma non poteva certo dirle il motivo.
«Victoire,
al papà piace la luna piena.»
«Posso
andare con lui la prossima volta?»
«Non. Non si può.» il
suo tono si fece un
po’ più duro.
«Ma
perché?»
«La lune est méchant, ma chérie.»
Diede
un leggero bacio sulla fronte della figlia e rimasero lì, a
fissare la grande
luna piena.
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