Minus One Degrees

di Pineapple__
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Ti ho trovata, nell’ora più buia
Ti ho trovata, sotto la pioggia battente
Ti ho trovata, quando ne avevo bisogno
         E il tuo amore mi ha fatto indietreggiare nuovamente.

-I Found You, The Wanted-


L’uomo camminava imperturbato per la spiaggia, mentre la tempesta gli soffiava intorno, tempestanto i suoi scuri abiti di gelidi fiocchi nivei. Scostava bruscamente la leggera sabbia al suo imponente passaggio. Lo sguardo perennemente abbassato, quasi malinconico.
 
Sbuffò, generando con il suo fiato delle dense nuvolette lattee. Lo sciabordare delle onde imbizzarrite che si infrangevano sulla fine arena ed umida gli bombardava incessante le orecchie. Puntò i suoi occhi color del ghiaccio su quella infinita distesa d’acqua burrascosa, contemplando mutamente la sua grande forza distruttiva. Enormi cavalloni si abbattevano violentemente sulla riva, stuzzicando fastidiosamente il naso dell’uomo con l’odore salmastro della spuma.
 
Avviluppò le grandi mani nelle imbottite tasche del lungo cappotto all’ennesima folata di vento gelido. La più profonda e deprimente solitudine di quell’isola desolata lo avvolgeva nelle sue ignobili spire.
L’avevano strappato dal suo equipaggio e collocato in quella dannata e sperduta isola. Digrignò rabbiosamente i denti al solo pensiero di quel riso sarcastico e strafottente degli uomini della Marina.
Solo una cosa lo faceva sentire rasserenato; sapeva che il suo equipaggio stava bene e questo era tutto quello che di più al momento gli importava.
 
Un poderoso vagito lo distolse dai suoi pensieri, costringendolo a guardarsi intorno per capire da dove venisse quell’insolito suono. Solo lui viveva sull’isola e poteva giurare di non aver mai visto o udito bambini in tutto il tempo che aveva passato in quel luogo. Il suo sguardo attonito finalmente ricadde poco più avanti, su una cesta mezza carbonizzata, che batteva la sciupata base sulla sabbia, seguendo il moto ondulatorio dell’oceano.
 
Il pirata si avvicinò a grandi falcate verso il canestrino, mentre una serie di domande frullavano impetuose nella sua mente. Lo raggiunse e lo sollevò delicatamente, consapevole che, se l’avesse sbatacchiata troppo, si sarebbe sfasciata e il contenuto sarebbe caduto tristemente al suolo. Scostò cautamente la scoperchiatura e si ritrovò davanti qualcosa, o meglio qualcuno, che non avrebbe mai pensato lo raggiungesse su quella dispersa terra circondata dalle acque. Il corpicino coperto da un’inconsistente copertina lanuginosa di una neonata strillante si presentò davanti ai suoi occhi.
 
Il Chirurgo alzò sfacciatamente un sopracciglio e sbuffò sonoramente, guardandosi intorno per verificare che  quelli della Marina non gli stessero tirando un altro brutto scherzo. Non vedendo nessuna forma di vita oltre a loro due, riportò l’attenzione sul fagottino che teneva in braccio. La piccola continuava imperterrita a piangere, riempiendo l’aria circostante con i suoi disperati lamenti.
“Certo che per essere così piccola ne hai di aria nei polmoni. Dai, spegniti un po’, stai già cominciando a darmi alla testa.” commentò estraendola dalla pericolante cesta.
 
Rabbrividì non appena toccò il corpo della piccina. Era gelido. Si meravigliò di come quella creatura così fragile potesse essere ancora viva. Si aprì la giacca sul petto e vi ci infilò la neonata. Ringraziò che nessuno, in quel momento, li stesse vedendo. Non ci avrebbe fatto una grande figura. La piccola lo guardò, confusa, scoprendo due magnifici occhi che parevano smeraldi. Lui girò stizzosamente il capo con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto.
“Non so chi sei e nemmeno mi interessa saperlo. Ma non posso lasciarti morire qui. Andiamo.” e detto questo di incamminò svelto verso casa.




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