«Home»
Le
cose importanti, quelle davvero, davvero, importanti finiscono
sempre perse, perse nella confusione di una stanza troppo disordinata,
o di una mente troppo piena, o ancora di una biblioteca troppo grande
dove non trovi mai il libro che cerchi.
La letteratura
non è mai stata il mio punto di forza, leggevo i libri di
studio, gli spartiti che più amavo e quelli che componevo,
ma non libri così, per il gusto di passare un momento in
silenzio davanti al fuoco immerso in un altro mondo.
C’eri
tu che leggevi per me, infinite, drammatiche e struggenti storie
d’amore che non credevo potessero piacerti, ti chiedevo
leggermi di grandi ed epiche battaglie, lo chiedevo scherzando e lo
sapevi.
Hai sempre saputo
che non mi importava cosa stessi leggendo, che tutto ciò che
contava era la tua voce.
Tu leggevi per me
ed io suonavo per te, componevo per te a dire il vero ma non
l’ho mai detto, suonavo e lasciavo che la musica ti dicesse
quello che avevo paura di dire, e tu capivi, non l’hai mai
detto ma so che capivi.
E sorridevi.
Eri importante,
forse ciò che di più importante mi era rimasto,
ti avevo trovato, eravamo legati, eri come una famiglia.
La casa in cui tornare quando il
giorno finisce , quando ti perdi per le strade nebbiose e grigie di una
Londra ormai lontana.
Il tempo
è così crudele, fratello
mio,
così crudele da far male ad un corpo che ha già
sofferto a lungo.
Ho una vita di
nuovo, da vivere appieno, in salute, una vita che non hai mai visto.
Mi hai accettato
quando ero solo un bambino la cui esistenza poteva svanire in un
battito di ciglia, quando ero un ragazzo dipendente da una droga che lo
manteneva in vita e lo uccideva al tempo stesso, quando dovevi
prendermi per mano, sorreggermi fino alla mia stanza cercando di
scherzare e sorridere comunque, quando mi tenevi la mano, nei momenti
peggiori ed io ti chiedevo di andartene, perché nei tuoi
occhi vedevo un dolore più grande del mio e tu rispondevi
recitando l’Antico Testamento.
«Non
insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza
di te; perché dove andrai tu andrò anch'io; dove
ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio
popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu,
morirò anch'io e vi sarò sepolta. Il Signore mi
punisca come vuole, se altra cosa che la morte mi separerà
da te.»
Quei versi da cui
deriva il nostro giuramento, quelle parole che facevano svanire nelle
lacrime ogni dolore, e nelle tue braccia che mi circondavano in un
abbraccio silenzioso.
Tutte le cose
davvero importanti vengono perse alla fine, a volte si ritrovano, a
volte no.
Cosa ne
sarà di me in questa vita senza di te?
Ogni pensiero
nella sua mente si interruppe al cigolio della porta in legno; si era
fatto coraggio, una volta tornato umano dopo 133 anni, per incontrare
un ragazzo che portava lo stesso nome del suo Parabatai.
La runa sbiadita
sul suo braccio sembrava bruciare al pensiero di ciò che
ormai era perso.
Si
voltò ma non era il giovane Herondale ad essere appena
entrato, bensì un gatto dal pelo bianco e morbido,
forzò un sorriso inginocchiandosi e accarezzandolo, non
aveva idea di cosa fosse accaduto ma, sicuramente, quello non era un
gatto comune.
Per la prima
volta in tutti quegli anni l’unico ricordo che gli venne alla
mente fece nascere un sorriso.
“Quello
stupido gatto si è mangiato il mio stilo!”
Ti osservavo
senza parole e con un sorriso accarezzando il manto candido del
cosiddetto colpevole.
“L’avrai
perso nella tua stanza. Di nuovo.”
Sottolineai
pacato mentre tu continuavi ad inveire senza sosta.
“Alla
fine era sotto il materasso...”
Disse come se
stesse raccontando a qualcuno quell’aneddoto, Church
miagolò piano andandosi ad acciambellare su una poltrona
quando il Cacciatore si alzò.
Davanti a quella
poltrona, e lo notò solo allora, un vecchio violino, era
come comparso dal nulla, per lui.
Lo prese ed
iniziò a suonare entrando in un mondo solo suo.
Una melodia che
viaggiava a ritroso nel tempo, ad una Londra Vittoriana , a strade
nebbiose, carrozze e cocchieri che si destreggiavano come le auto nelle
grandi vie di New York, una melodia che passava tra vicoli scuri e
ponti meravigliosi, tra stanze così familiari ed
accoglienti, e si fermava su visi amici che sorridevano, su strane
invenzioni senza nome o uso, su vite lontane, su riccioli bruni e iridi
color cielo.
E
finalmente era di nuovo a casa.
Note
dell'autrice: Per
la serie "ogni tanto ritornano" TA DAAAA~!!! Sono tornata ad infestare
il sito con qualcosa di mio, ma passamo ai dettagli.
La citazione da
cui deriva il giuramento, beh lo dico anche sopra, viene dall'Antico
Testamento, l'alleanza tra Rut e Naomi per la precisione.
La scena dello
stilo mangiato da Church l'ha tirata fuori una amica invece, mi ha
mandato l'immagine di un gatto grasso su facebook dicendomi che Church
si era mangiato il suo stilo e che dovevo prestargli il mio... sempre
ad incolpare il gatto, mah...
La scena invece in cui dice di aspettare Jace Herondale invece
è basata su queste tre tavole... QUI
E...
basta, al solito, non ho riletto o avrei cambiato idea sul postare,
fate un fischio se vedete errori osceni (Che l'Angelo me ne scampi)
e... spero vi sia piaciuta.
Alla prossima (E
spero non tra sei mesi)
Bye Bye~
Aki
|