Mael

di Miargi
(/viewuser.php?uid=583674)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


PROLOGO

 

C'era una volta in Bretagna, nella regione più interna e boscosa, chiamata dagli antichi Argoat, un imponente, severo e solido castello, grigio e scuro come il cielo che promette tempesta. Il castello era chiuso in difesa pronto a prepararsi ad un imminente attacco nemico, eppure il nobile Gwenael, il proprietario del castello e di buona parte della regione che lo attorniava, non aveva nessuna intenzione di attaccare briga con chichessia, e cosa forse più preoccupante non avrebbe avuto la forza nemmeno disperata di difendere se stesso, il suo unico figlio Mael e chi lavorava le sue terre con tutti i suoi poderi. Era, Gwenael, sì di una casata di guerrieri ma da quando la moglie Ladnel era morta mettendo in luce il suo unico figlio maschio, tutte le sue forze erano svanite, rapite dall'ultimo respiro dell'amata, e un dolore sordo ma costante lo disarmava nel profondo, lo lasciava costantemente distratto, perché oramai esisteva solo lui e il suo dolore, il dolore aveva preso il posto della amata moglie.

 

Mael era un giovane tredicenne, vispo e gaio dai capelli biondi come l'oro e con due occhi azzurri come un terso cielo invernale, che adorava stare all'aria aperta, cavalcare il suo possente cavallo costeggiando i fiumi argentati e immergendosi nella vasta e misteriosa foresta di querce e faggi che attorniava il castello.

 

Il tempo delle guerre era ormai un ricordo che riempiva soltanto d'inchiostro i libri e la bocca dei cantastorie. Nessuno aveva mai mai visto una guerra, ma le memorie delle antiche dispute costituivano l'orgoglio e la solidità morale del popolo tutto, dal più minuto al più colto e nobile. Nei giochi dei ragazzi i nomi leggendari degli antichi guerrieri risuonavano come parole magiche e facevano vibrare di furore le spade nei loro giochi.

 

La vita scorreva tranquilla senza particolari problemi, i raccolti dei cereali arrivavano puntuali col primo caldo, qualche anno più florido di un altro. Ogni stagione dava il suo frutto puntualmente. Gli animali si moltiplicavano con naturalezza e quelli più generosi, oltre alla propria vita, donavano anche fatica, lana, uova e latte. Gli artigiani erano laboriosi e onesti, i mercanti scambiavano il giusto col giusto e la loro percentuale risultava ragionevole e ampiamente sudata.

 

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2304694