The night is ours

di Little_Weak
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John correva come un pazzo. Si sentiva come un bambino che, appena uscito da scuola, corre tra le braccia di sua madre.
Lo aveva visto da lontano, era solo un piccolo puntino nero, ma lo aveva riconosciuto subito.
Non poteva sbagliarsi. La sciarpa blu, il lungo cappotto, i guanti neri, i riccioli ribelli.. Era Sherlock.. Sherlock Holmes!
Lo vide venirgli incontro.. lo vide correre molto più veloce di lui a causa della lunghezza delle sue gambe. Si stavano avvicinando sempre di più e John era ormai sicuro che la sua mente non gli stesse giocando uno scherzo (anche se i suoi occhi erano così pieni di lacrime.)
Sherlock si era fermato anche se ormai era a pochi metri di distanza da lui. Aveva riacquistato la sua compostezza, la sua fierezza. Aspettava che fosse John a fare il primo passo, come al solito daltronde.
Non si arrabbiò il dottore per questo particolare, infondo era proprio da Sherlock fare così.
Aveva una voglia tremenda di urlargli contro, di maledirlo, di fargli capire l'inferno subìto senza il suo coinquilino, il suo migliore amico, il suo cuore.
Gli si gettò addosso ma, al posto di parlare, iniziò a piangere a dirotto. Buttò via tutto il dolore. Gli passarono davanti tante immagini: la tomba nera di Sherlock, le serate passate ad ubriacarsi pensando di non riuscire più a vivere, i pianti dalla terapista, i finti sorrisi lanciati ai pazienti.. Tutto.
Si sentì improvvisamente svuotato da ogni sua certezza.. Ma Sherlock era vivo ora e avrebbe potuto ricominciare a vivere.
Troppe emozioni.. Si sentì precipitare nel vuoto. Si aggrappò a tutto ciò che gli fu possibile: le spalle del detective, il suo respiro, il suo odore.
 Alzò gli occhi e si immerse nel mare che erano i suoi. Sorrise, Sherlock, sollevando un angolo della bocca. Gli prese il viso consumato dal dolore e gli diede un tenero bacio.
«Sei vivo!» disse John tra i singhiozzi
«È senza di te che non lo sono»





«John, svegliati! Calmati, smettila di piangere»
La voce di una donna lo fece sussultare e di colpo Sherlock sparì dalle sua braccia.
John si ritrovò accecato da una luce e in un letto che non era il suo.
Dov'era Scherlock? Il panico lo assalì.
«Lasciami, lasciami» Urlò il dottore ancora ad occhi chiusi.
«John, John calmati. Sono io, tranquillo. E' solo un sogno. E' la guerra, vero? E' quella che ti tormenta?»
John poi ricordò tutto. Capì tutto.
La donna accanto a lui era Mary, la sua attuale ragazza, la persona che, credeva, sarebbe riuscito a colmare il grosso buco lasciato da Sherlock.
«Si Mary. La guerra, l'Afghanistan. Un sogno, solo un sogno. Torna a dormire, sto bene ora»
Sperò di riaddormentarsi subito per tornare tra le braccia del suo amico. Poco importava se non fosse reale: almeno riusciva a distrarlo dall'immagine del cranio insanguinato e dalla sensazione del polso assente del detective dopo il suo folle salto.
"Torna Sherlock, almeno nella mia testa. Torna a farmi stare bene. Voglio rifugiarmi nel sogno, nel nostro sogno. La notte sarà solo nostra e la vita non ci separerà più, te lo prometto"





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