I know the world's a broken bone, but melt your headaches, call it home

di Alphabet Loser
(/viewuser.php?uid=515559)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.



La chiave si infila nella serratura, gira.
Clac.
Con una mano abbassa la maniglia, con l’altra si tira dietro il trolley. Entra in casa. L’appartamento è in penombra, la luce della luna filtra da una finestra mezza aperta. Il silenzio invade ogni angolo. È assordante.
Entra nella sua camera e si butta sul letto. La sua guancia è schiacciata contro il cuscino dalla fodera azzurrina. I suoi occhi sono fissi sul muro spoglio. Non ha nemmeno acceso la luce. Di colpo, senza preavviso, una sensazione di totale malessere si fa strada dentro di lui. Parte dalla pancia, gli rimescola sgradevolmente lo stomaco, poi arriva alla gola, e si trasforma in nausea. Disagio. Non saprebbe come altro descriverlo.
Da quanto dura?
A farsi queste domande, si sente uno psicologo.
Sì, è vero, ma da quanto dura?
Non lo sa. Gli sembra di non sapere più nulla.  Non sa neanche se abbia senso andare in giro e continuare a spacciarsi per un altro. Perché lui non si sente più Ryan Ross. Non si sente più nessuno. Ed è una cosa che lo opprime. Ma forse, ora, ha l’occasione di plasmare un nuovo, diverso, migliore se stesso. Sa che non sarà una scelta facile, ma spera di averne il coraggio.
Divergenze artistiche.
Perché no.
Bella scusa.
E non è nemmeno una bugia.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2305263