The Wind is Crying.

di DK in a Madow
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The Wind is Crying




And there will come a time, you'll see, with no more tears.
And love will not break your heart, but dismiss your fears.
Get over your hill and see what you find there,
with grace in your heart and flowers in your hair.
(Mumford and Sons – After The Storm)



















Prologo














È finita.

Una guancia contro il cielo, l’altra sull’asfalto. Intorno a me, l’abbraccio gelido della pioggia, i miei indumenti candidi ormai zuppi di stelle nere e, finalmente, tutto finisce.

Il dolore. Le urla deformi che abitano la mia mente. La musica. L’angoscia.

Abbandono tutto ciò e, per la prima volta in questa vita, sono felice.

Sorrido, sulla lingua il sapore del mio stesso sangue, le ginocchia doloranti dopo la caduta, i miei piedi che hanno abbandonato la velocità della corsa.

Non morirò, forse. Dipende dalle auto che mi corrono a fianco limitandosi a suonare impazzite, mentre aspetto che la più coraggiosa tra loro mi schiacci contro la strada, ma a quanto pare stanotte si sentono tutti un po’ santi nel lasciare un povero dannato disteso sotto la pioggia, al centro di una strada di New York, non sapendo che rimandare la sua anima al mittente lo renderebbe più euforico del sollevarsi da terra e mettersi in salvo.

Poi, il mio nome vola nell’aria, superando il rumore assordante del traffico newyorkese, e mi ritrovo a chiudere gli occhi come se questo bastasse per non sentire più quelle cinque lettere rimbombarmi nel petto. Ovviamente non serve e quel suono torna a far vibrare il timpano coperto dai capelli zuppi, mentre mi ritrovo a stringermi in posizione fetale, arricciando le dita dei piedi nei mocassini freddi.

- Lasciatemi qui. – sussurro, strascicando le parole, la guancia dolorante per via del taglio causato dalla caduta – Lasciatemi morire. – ma non mi sentono, nessuno mi ha mai veramente ascoltato. Si limitano tutti a chiamarmi per nome, come a voler fare un appello per esser certi che io sia ancora vivo ed è proprio per questo che non rispondo. Che mi credano morto, io non mi muovo.

- Jimmy.

Ancora. Ma questa volta è qualcun altro a chiamarmi. È la voce di chi mi ha portato ad abbracciare l’asfalto sperando di trovare le briciole di una vita che sia io, sia lei abbiamo perso. Mi porto le mani al petto, chiuse a pugno, e stringo le palpebre, sapendo che aprendole potrei scorgere i suoi lineamenti di fianco a me, i suoi occhi che mi scavano dentro con la loro malinconia.

- Lasciami dormire ancora un po’. – dico con la bocca impastata.

Un rumore, all’altezza del mio viso. Sembrava una risata.

- Non ancora, Jimmy. Svegliati.





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