A night to remember

di lulubellula
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A night to remember
 
 
Chiudi gli occhi per un istante, solo uno.
Senti la musica provenire dallo stereo e il vociare dei bambini che corrono per il salotto travestiti per Halloween.
Una fata.
Una piccola zucca.
Una principessa astronauta.
Alla fine ha trovato un compromesso ai vostri due costumi, così diversi, così agli antipodi.
Come voi in questo momento.
Così distanti, così lontane, spezzate, inavvicinabili.
Come due frammenti di un cuore solo che non combaciano più, che, forse non vogliono più nemmeno combaciare.
Ok, no, questo non lo devi nemmeno pensare, Arizona.
Vedi Sofia che corre fuori dal portone della vecchia casa di Meredith, inseguita dal vociare di tua moglie, ex, Callie.
La vedi correre felice attraverso la veranda, raggiungere Zola e girarsi per vedere se state arrivando.
“Callie”.
La donna si volta distrattamente, quasi controvoglia, ma si gira verso di te e sembra pronta a sentire ciò che hai da dirle.
“Sono felice che alla fine abbiamo raggiunto un compromesso”.
Lei annuisce piano.
“Ha quasi tre anni, non li avrà per sempre, ma soprattutto non vorrà fare ‘dolcetto o scherzetto?’ con noi troppo a lungo. Non voglio sprecare questo tempo litigando con te, né dover dividere questi momenti a metà, voglio godermeli sino in fondo, come se fossero la cosa più preziosa che possieda al mondo. Perciò dovrò accettare che lei indossi un pezzo del vestito che le ho confezionato io e un altro di quello che le hai cucito tu”.
Annuisci piano, provando a soffocare una replica, una risposta, una lacrima che sai che sta per sfuggirti contro la tua volontà.
“Sembra felice. Anche se le cose sono diverse, Sofia sembra una bambina felice. No?”.
Callie ti guarda con occhi spenti e senza gioia, come se ti stessi osservando e al tempo stesso volgendo lo sguardo oltre di te, oltre il tuo volto.
Sembra passare un secolo anche se in realtà è solo una manciata di secondi; vedi quello che avresti potuto avere e non hai: una figlia piccola e una in arrivo, le mani di tua moglie che ti accarezzano il pancione e il suo orecchio teso a sentire i movimenti della nascitura.
Oppure ancora un piccolo party nella casa con il giardino e le altalene, un tavolo imbandito di dolcetti e festoni e una zucca intagliata e illuminata da un tetro e casalingo lumicino.
Invece tutto quello che ti resta è una stanza d’albergo e una donna che non ami tra quelle lenzuola, una figlia che puoi vedere solo in giorni stabiliti e un vestito a metà, mezza te, mezza Callie, un pezzo dell’una, un pezzo dell’altra, due parti strappate e sbilenche che nemmeno combaciano a dovere.
Il freddo della notte e una casa che nemmeno è la vostra, ospiti di una felicità che una volta avevate anche voi e che ora guardate da lontano, che sentite ancora come lontana e che forse non riavrete più indietro, forse non assaporerete più.
Vedere quel volto, quegli occhi, quelle spalle amate voltarsi, volgendo altrove e pensare che, in fondo, un pezzo alla volta, avete costruito attorno a voi un muro d’odio e di bugie, di frasi non dette, taciute, negate e portate alla luce troppo tardi, quando ormai non eravate nient’altro che due semplici, orgogliose, estranee.
E anche se è tardi, anche se è buio e la vedi allontanarsi da te, non puoi fare altro che desiderare quello che avevi prima e che ora non hai, non più.
Allora resti sola, sola con te stessa, in quella notte buia, una notte da dimenticare, una notte da ricordare.
 




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