A Driu e
Isabelle.
And the proof is
in this song
30 maggio 2014
“Su
le mani, Manchester!”
All’urlo
di Liam Harry si sentì morire. Ed era completamente solo,
fatta eccezione per
Patrick, uno dei tecnici degli effetti speciali.
Il
ragazzo, in preda al panico più totale, si voltò
verso la scenografia, come se
avesse potuto vedere Patrick attraverso i pannelli, e strinse forte il
microfono.
“Been a lot of places, I’ve
been
all around the world”
Liam
attaccò con la prima strofa e Harry cercò di
fare qualcosa di sensato, ad esempio saltellare a casaccio per il
palco. Si
ritrovò accanto a Zayn e gli lanciò
un’occhiata terrorizzata.
Doveva
lasciar perdere, era l’unica opzione.
D’altro
canto però non poteva: insomma, Patrick
era pronto e non sapeva che cosa sarebbe successo sul palco, quindi
avrebbe
fatto piovere coriandoli in ogni caso. Non che quello fosse un
problema, però
era la sola scusa a cui il cantante potesse aggrapparsi.
Niall
attaccò con il suo pezzo e l’ansia di Harry
crebbe a dismisura.
Sarebbe
potuto correre nel backstage e annullare
tutto. Si poteva sempre fare un altro giorno, magari in un altro Paese,
magari
durante un altro tour.
Harry
prese un profondo respiro, che risuonò in
tutta l’arena, con somma disapprovazione di Liam, e si
preparò a cantare.
“Don’t
forget where you belong, oh! Don’t forget where you belong,
oh! If
you ever feel alo…”
La
sua voce morì a metà ritornello.
Ecco,
sapeva che l’angoscia lo avrebbe fatto
stonare.
Liam
si voltò verso di lui e gli lanciò
un’occhiata preoccupato-interrogativa il cui significato era:
“Cosa fai? Lo sai
che la prossima strofa è la tua? Devo cantarla per
te?”
Harry
scosse impercettibilmente la testa e si
riprese in fretta, terminando con “And
the proof is in this song.”
Non
aveva mai odiato così tanto quella canzone.
Socchiuse
gli occhi e si lanciò con trasporto nel
suo pezzo: forse non avrebbe mai più cantato su un palco
come quello, era
meglio godersi ogni momento.
Oh,
no, non era assolutamente il caso di
cominciare con le paranoie, bastava già il terrore che si
era impossessato del
suo cervello e delle sue membra a complicare le cose.
Secondo
ritornello, la fine era sempre più
vicina.
Partì
l’assolo di Louis e Harry avvertì che qualcosa
stava cambiando: era come guardare un film a rallentatore, tutto era
calmo, il
suo cuore aveva pressoché smesso di battere ed era tutto
così vivido da
sembrare finto. La calma prima della tempesta. Si sentiva libero e
leggero, il
sudore sulla schiena non lo infastidiva più e non udiva
nemmeno le urla del
pubblico.
Terminato
il pezzo di Louis e Zayn, Harry
ricominciò a cantare con gli altri, mentre i secondi
scorrevano con una
lentezza disarmante.
Era
quasi ora, constatò lanciando uno sguardo al
soffitto, era quasi ora e non aveva paura. All’incirca.
Gli
spettatori presero a battere la mani a tempo.
Una sorta d’incoraggiamento, pensò il ragazzo, le
batté anche lui.
“Never,
never, never!”
Socchiuse
gli occhi. L’ultimo ritornello e poi
sarebbe stato il momento. Louis si mosse da quello opposto al suo lato
del
palco, andando a cantare vicino a Niall.
Perfetto.
“And the proof is in this
song.”
Con
uno scatto, in mezzo al coro generale di “oooh”,
Harry si portò a pochi centimetri
di distanza da Louis, evitò accuratamente di guardarlo negli
occhi, lo prese
con gentilezza per la maglietta e lo baciò, mentre una
pioggia di coriandoli si
riversava su di loro e su tutta l’arena.
14
maggio 2014
Harry
chiuse la chiamata con Zayn e si lasciò
cadere sul letto.
Ennesima
telefonata di lamentele, ennesima volta
in cui non aveva saputo che cosa rispondere all’amico: non
voleva essere egoista,
ma gli sembrava vagamente ingiusto che l’altro si sfogasse
per Perrie quando
lui da tre anni doveva nascondere la sua relazione. Almeno Zayn, anche
se
doveva sopportare la messa a nudo della sua vita privata - comunque se
avesse
voluto tenerla per sé non si sarebbe fatto tatuare una Bratz
formato gigante
sul braccio – e sentimentale, con Perrie poteva starci.
-
Il problema non è solo lei – gli aveva detto
–
Il fatto è che non abbiamo più niente, Haz.
Abbiamo tutto e non abbiamo più
niente. Ci sono persone a cui ho promesso un’uscita mesi fa e
che non sono
ancora riuscito a vedere. Mia madre non sta bene e non posso nemmeno
fermarmi
un po’ da lei. E non è una cosa che succede ogni
tanto: non una pausa, non un
po’ di riposo. Album, tour, altro album, altro tour. Io
proporrei di sfornare
due CD all’anno, già che ci siamo! E’
ridicolo. –
E
allora Harry glielo aveva chiesto. –
Preferiresti che la band non esistesse? –
Zayn
non aveva esitato nemmeno un istante. – Sì.
–
Non
che quello fosse stato chissà che segno
rivelatore: erano cose che pensavano tutti da mesi. Non poteva durare
per
sempre, no? Certo, nessuno aveva ancora parlato di fine,
anche perché con Midnight Memories al primo posto in
novantadue Paesi per la Modest! e la Syco parlare di fine era fuori
discussione, quindi stavano zitti, fatta eccezione per le discussioni
quasi
sottovoce fatte al telefono o su Skype.
Certo,
lui e Louis la famigerata fine la temevano
e sognavano quasi dall’inizio, ma la situazione era diversa:
era diventato un
desiderio condiviso.
Harry
tamburellò sullo schermo dell’iPhone e
sbuffò.
Nessuno
avrebbe mai preso in mano la questione,
lo sapeva perfettamente, così come lo sapevano gli altri
quattro. Cosa c’era da
prendere in mano, del resto? In mano loro non avevano mai avuto nulla!
Erano
vincolati dal contratto, non potevano decidere di mollare tutto da un
momento
all’altro, nessuno poteva scendere dal treno in corsa.
Il
cellulare s’illuminò: Louis lo stava
chiamando.
Chi
aveva detto che per fermare il treno fosse
necessario scendere?
16
Maggio 2014
Harry
non aveva mai desiderato così tanto aprirsi
con qualcuno. Peccato che gli venissero in mente solo Louis –
ed era un no
categorico – e Zayn – era un po’ meno
categorico, ma restava un no.
Aveva
così tanti dubbi, ma per una volta era il
caso che se li risolvesse da solo. Del resto, era tutto calcolato
magistralmente
e il piano era stato ideato in modo da non danneggiare nessuno.
Le
date del tour erano quasi tutte sold out e
annullarle sarebbe stato un suicidio, per cui le fan –
sì, Harry aveva pensato
alle fan – non correvano alcun rischio. Venire o meno, da
Manchester in poi,
sarebbe stata soltanto una loro scelta.
In
realtà, la cosa che lo tormentava di più era
l’opinione degli altri ragazzi: a volte avevano fantasticato
sulla possibilità
di compiere un gesto simile, ma tutti i discorsi erano terminati in uno
scoppio
di risa e nessuno aveva mai espresso un’opinione seria. Harry
però aveva
tastato ampiamente il terreno, tartassando tutti con domande
inquietanti del
tipo “Se tutto finisse all’improvviso, tu, Niall,
che cosa faresti?”
Oltretutto
era stufo di cedere ai ricatti in nome
del bene altrui. Per una volta che quel bene coincideva con il suo,
avrebbe
agito come più riteneva appropriato.
E
sarebbe stata una cosa dannatamente di classe,
proprio quello che Louis chiamava metterlo
in culo alla Modest!
22 maggio 2014
-
Ok, potete andare. –
L’arena
di Dublino era stata collaudata e le
prove erano andate bene. Mentre gli altri quattro lasciavano il palco
esausti,
pronti per tornare in hotel, Harry braccò un tecnico degli
effetti speciali,
quello che nel primo mese di tour gli era risultato più
simpatico. Lesse il
nome sul pass: Patrick.
Aveva
riflettuto parecchio sul migliore approccio
e, dopo aver scartato “Per quanti soldi saresti disposto a
perdere il tuo
lavoro?” e l’offerta di un concerto privato per le
sue figlie, in caso ne
avesse avute, aveva
deciso di essere
sincero.
-
Patrick, ciao. – boccheggiò.
Patrick
gli sorrise. – Bel lavoro oggi, eh? –
-
Sì, ottimo. Patrick, io avrei bisogno di un
favore. –
Ripetere
il suo nome ad ogni inizio frase lo
faceva sentire più in sintonia con quell’uomo
sconosciuto.
-
Ho bisogno di coriandoli. Verso la fine di Don’t
Forget Where You Belong. – e così
dicendo si cavò di tasca un foglio con il testo e
l’annotazione precisa della
strofa durante cui Patrick avrebbe dovuto agire.
-
Mi serve che tu lo faccia il 30, a Manchester.
–
L’uomo
scosse le spalle e gli rivolse un altro
sorriso.
-
Non c’è nessun problema, Harry! Potevi
benissimo chiedermelo il giorno stesso! –
Harry
trattenne il fiato. Doveva dire la verità,
se lo era imposto.
-
No, forse qualche problema c’è, Patrick. Non
è
una cosa programmata, non lo sa nessuno tranne me. E te –
aggiunse in fretta,
come se il fatto di condividere qualcosa con lui avesse dovuto
emozionare
particolarmente il povero tecnico – Diciamo che potrebbe
essere rischioso.
Insomma, tu non sai perché lo fai e io non ho intenzione di
dirtelo, per cui
nessuno ti accuserà di essere mio complice. Mi assumo ogni
responsabilità, è
ovvio, e sei più che autorizzato, anzi, sei obbligato, a
fare il mio nome
quando te lo chiederanno. –
Patrick
lo fissava perplesso.
-
Non credo che ci saranno conseguenze tremende,
perlomeno per te, ma devo metterti in guardia
perché… -
Il
tecnico gli poggiò con delicatezza una mano
sul braccio e gli sorrise per l’ennesima volta.
-
Harry, mi stai chiedendo di far cadere dei
coriandoli, non di uccidere un uomo. Se ho detto che non ci sono
problemi è
perché non ce ne sono. –
24
maggio 2014
Lo
show terminò e Harry, una volta nel backstage,
non attese nemmeno la fine degli applausi per avventarsi sulle labbra
di Louis.
Sapeva
di essere un tantino melodrammatico, ma la
reazione che temeva di più era proprio quella del suo
ragazzo, per cui si
atteggiava a Jack e si godeva gli ultimi istanti che il fato gli aveva
concesso
di trascorrere con Rose.
Quando
furono tutti in limousine, Harry s’infilò
le cuffie nelle orecchie, tenendo un braccio sulle spalle di Louis, e
fece
ripartire Don’t Forget Where You
Belong,
che stava cercando di assimilare talmente tanto da renderla la colonna
sonora
di tutta la sua giornata, dal momento in cui si svegliava a quello in
cui
andava a dormire, compresi tutti i baci che lui e Louis si scambiavano.
Forse
perché così avrebbe creato un’atmosfera
familiare o semplicemente perché era una bella canzone. A
dir la verità, non sapeva
nemmeno perché avesse scelto quella invece di Strong
o Happily, che
sarebbero stante molto più sensate. Molto più
sensate ma banali. Invece era
bello dare l’idea che lui appartenesse a Louis e Louis a lui,
che le cose non
fossero cambiate nonostante i continui stravolgimenti delle loro vite.
Era
l’unica canzone che non parlasse d’amore, ma era la
più romantica che a Harry
fosse venuta in mente.
E
poi piaceva anche a Patrick.
29
maggio 2014
-
Vi voglio bene. –
Niall
riaprì le tendine della sua cuccetta e
scrutò Harry, che era disteso sulla propria con Louis
sdraiato addosso.
-
Se hai finito la torta puoi volermi bene quanto
vuoi, ma sei morto comunque. –
-
Andate a fanculo tutti, ho mal di testa. –
grugnì Zayn, mentre Liam lo indicava e bisbigliava un
“E’ perché gli manca
Perrie.”
Harry
sospirò. Gli sarebbero mancati quei
momenti, rifletté mentre accarezzava delicatamente i capelli
di Louis, ma non
vedeva il motivo per cui avrebbero dovuto smettere di frequentarsi.
Chiuse
gli occhi e si lasciò andare a tutti i
viaggi mentali che aveva trattenuto per giorni.
E
se Louis lo avesse lasciato? E se Eleanor
avesse assunto dei sicari per farlo uccidere? Magari gli One Direction
sarebbero esisti ancora, la Modest! poteva benissimo prendere il gesto
di Harry
come una presa di posizione contro il loro eccessivo potere
decisionale, non
doveva per forza essere qualcosa di tragico. Magari il concerto di
Manchester
avrebbe segnato l’inizio di una nuova era e gli One Direction
sarebbero
diventati una band indipendente che non aveva bisogno di un management
perché
sapeva perfettamente autogestirsi.
E
Patrick? Che ne sarebbe stato di lui? Lo
avrebbero licenziato? Lo avrebbero messo alla gogna? E se lui lo avesse
detto a
qualcuno? Se lo show fosse saltato? I coriandoli finiti? Se il
meccanismo si
fosse inceppato? E se una fan avesse fatto irruzione nel backstage per
assassinare Patrick prima che lui potesse agire?
E
se Louis si fosse innamorato di Eleanor e non
glielo avesse detto per non ferirlo, ma fosse stato intenzionato a
lasciarlo
proprio dopo la data di Manchester? E se i Dalek fossero atterrati a
Manchester
proprio durante il concerto? Il Dottore li avrebbe salvati?
-
Non riesci a dormire? – gli sussurrò Louis
contro il collo.
Era
chiaramente la voce di uno innamorato della
ragazza che da due anni teneva come copertura.
-
Non tanto. Pensavo al futuro. –
Harry
si diede mentalmente dell’idiota perché non
si poteva riuscire a dormire poco o tanto, o ci si riusciva o non ci si
riusciva.
E poi nello stato in cui si ritrovava gli bastava un nonnulla per
spiattellare
tutto a chiunque si trovasse in quel tour bus, non era proprio il caso
che
Louis gli mormorasse cose.
-
Cristo, ma volete stare zitti? – tuonò Zayn
dalla cuccetta a fianco e Louis tirò le tendine.
-
E cosa c’è nel tuo futuro? –
bisbigliò,
mordicchiandogli un lobo.
Nostro.
-
Un concerto. –
30
maggio 2014
Harry
strinse Louis con forza esagerata. Voleva
stringere abbastanza forte per tutti e due perché non sapeva
se Louis avrebbe
ricambiato l’abbraccio, ma non fu necessario
perché lo senti rilassarsi contro
di lui e si chiese come potesse rilassarsi in una situazione del genere.
Attorno
a loro, l’arena veniva giù a suon di urla
e applausi. Il coro di “oooh”
si era
interrotto per circa un secondo, ma Niall, con un sorriso che gli
andava da un
orecchio all’altro e i capelli cosparsi di coriandoli
colorati, aveva preso ad
agitarsi sul palco e, con una potente gomitata a Liam, aveva
ristabilito
l’equilibrio.
Harry
si allontanò da Louis e si decise a
guardarlo negli occhi: era felice.
“And the
proof is in this song.”
Liam
terminò di cantare e alzò le braccia. –
Harry Styles e Louis Tomlinson, gente! –
Mentre
gli ultimi coriandoli si posavano a terra,
le note di Live While We’re Young
si
diffusero nell’arena e Harry sbiancò mentalmente:
si aspettavano davvero che
lui si ricordasse le parole in un momento simile?
Nel
frattempo Liam, per niente nel panico, aveva
cominciato con la sua strofa e tutti attorno a lui correvano e
ballavano come
se non fosse successo niente, tanto che il povero ragazzo
iniziò a pensare di
aver immaginato tutto. Aveva bisogno delle rassicurazioni di Patrick.
Accanto
a lui, Louis non sembrava per niente
toccato dall’accaduto e il pubblico non era minimamente
sconvolto. Ok, non che
Harry si aspettasse un suicidio di massa – o forse
sì?, ma, insomma, a parte
qualche ragazzina in lacrime – e quelle erano di routine e
per niente fuori
dalla norma, nessuno stava cercando di strapparsi i capelli o, come
minimo, di
andarsene.
Forse
il mondo era davvero migliore della caverna
piena di draghi e orchi che veniva descritta a lui e al suo ragazzo
ogni volta
che le parole coming out
s’inserivano
nel discorso.
Era
tutto talmente perfetto, con quella stupida
canzone in sottofondo e il pubblico in estasi, che Harry avrebbe voluto
scendere dal palco e abbracciare tutti, uno per uno. E si
ritrovò a cantare con
tutta la voce che aveva in gola, come se fosse sul punto di esplodere,
cercando
di mostrare a quelle migliaia di persone davanti a lui che le amava,
che erano
ancora più meravigliose di quanto si aspettasse e che
quell’istante valeva
tutti i viaggi estenuanti e le ore di sonno mancate.
Partì
What
Makes You Beautiful e Harry pensò che la voce di
Liam non fosse mai stata
così bella. Attendeva solo il ritornello per poter urlare di
nuovo e far vivere
quell’ultima canzone, ma i suoi buoni propositi furono
piacevolmente distrutti
da Louis, che gli si avvicinò e lo prese per la camicia.
Prima di chiudere gli occhi e
baciarlo ancora,
Harry fece in tempo a vedere una seconda cascata di coriandoli che si
riversava
sulla folla.
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