Mai dare in mano a una
scrittrice compulsiva di fan fiction un nuovo soggetto sui cui
elucubrare e delirare...perché poi vengono fuori cose del
genere. Il mio povero cervello mi ha rinnegata però almeno mi
sono fatta due risate.
Qualche precisazione:
la fic è stata spudoratamente ispirata da Ikunnaprinsessa, una
collaborazione di Ville risalente al '99 con la band finlandese “The
Agents”, è una canzoncina che non ve la togliete dalla
testa nemmeno morti e ha un ritornello micidiale...per chi non lo
sapesse Katsoo in Finnico significa “Guarda”...fate un
po' voi XD
Enjoy
As usual la fic è
dedicata alle mie compagnucce himmiche! Thaanks angels
The princess is
looking out...
Naisiin
ei voi pieni poikanen luottaa Ne suuren ikävän pieneen
sydämeen tuottaa Mut ikkunaa tuijottaa kai pienikin poika
illoin saa Sieltä katsoo prinsessa unelmain
Ruudun
takaa, Ruudun takaa Ruudun takaa tyttöni katsoo vain
(The
little boy can't trust in women They cause in little hearts a lot
of sorrow But even a little boy may stare at a window in the
evening Out of which a dream princess is looking
Behind
the windowpane behind the windowpane My girl is looking out
)
Ikunnaprinsessa-
Valo and the agents
Da
brava e die-hard fan degli HIM, una volta in Finlandia la prima cosa
che stavo facendo non era controllare che tutte le mie carte per
l'Erasmus fossero a posto, ne pulire il mio appartamento, ne fare un
giro per la città. Sicuramente starà facendo la spesa,
direte voi. Ebbene mi dispiace deludervi, nessuna di queste cose era
prima nella mia lista
“Cose
da fare appena arrivata nella terra di Ville Valo”
La
prima era incontrarlo, ma su di questa dovevo lavorare ancora
parecchio. La seconda era fare un giro negli hot spot del
Villevalesimo allo stadio acuto.
Il
primo dei quali era il negozio del padre di Ville, il bonario e
gentile Kari Valo, che decidendo di aprire un sex shop a Helsinki non
si sarebbe probabilmente mai aspettato che negli anni, tutto grazie
alla fama di suo figlio maggiore, una buona percentuale della
clientela sarebbe stata composta da fan impazziti per la sua
progenie, tutti in cerca di quindici minuti di valosità
endovena.
E
anche io, dal mio 160 di QI mi trovavo ora li davanti a fare la
figura della fan delirante, pronta a qualsiasi cosa pur di vedere e
possibilmente abbracciare sangue del sangue del mio unico dio
personale.
Avevo
fatto davvero carte false per venire a fare l'Erasmus in quella terra
quasi sperduta, avevo imparato il finlandese in sei mesi, accendendo
ceri al mio cervello che mi sorprendeva ogni giorno. Ora con orgoglio
potevo dire di sapere inglese, italiano e finlandese. Chi mi
conosceva bene sapeva il motivo della mia leggerissima fissa per la
Finlandia, e mi prendevano in giro come disperati, il resto del mondo
semplicemente mi prendeva per pazza. Ormai me ne ero fatta una
ragione.
Presi
coraggio ed entrai nel negozietto, piccolo e colorato, tappezzato di
heartagram ovunque. Era già diventato il mio posto preferito
sulla faccia della terra. Detti un occhiata al bancone. Non c'era
traccia del Sr. Valo, ma solo di un commesso con un orrendo cappello
blu e la testa ripiegata sui gomiti, profondamente addormentato.
Meglio
per me. Potevo vagare incontrollata per il sexy shop senza occhi
fissi sulle mie spalle.
Trovai
un bel frustino nero con un heartagram viola che sarebbe stato
perfetto attaccato alla mia porta. Delle mutande masticabili al gusto
di fragole e panna. Avevo fame, le avrei mangiate una volta uscita, e
varie manette sempre con su disegnato l'amato simboletto. Proprio
mentre mi avvicinavo completamente in adorazione ad un lenzuolo con
un enorme riproduzione di Ville a misura naturale, urtai un qualcosa
per terra che fece un rumore metallico, peggio delle unghie sulla
lavagna.
Ed
ecco che non potevo vagare più incontrastata. Il commesso
iniziò a stiracchiarsi in maniera del tutto disumana e mi
decisi che tanto valeva andare a pagare, sarei tornata presto, con la
speranza di incontrare Kari.
Mi
avvinai al bancone.
Il
commesso era di schiena e il cuore mi mancò di un colpo.
Io
quella schiena la conoscevo.
Ora
si era girato, il cappello gli copriva la faccia, ma i capelli, quei
maledetti capelli, non potevano essere di nessun altro.
E
le gambe non mi ressero.
Franai
per terra come una pera cotta, completamente priva della facoltà
di reggermi in piedi.
“Cazzo”
esclamai caracollando sul pavimento.
“Cazzo,
cazzo, cazzo” continuai non riuscendo a smettere di imprecare,
tanto non mi capiva.
“oh
cazzo” continuai facendo marcia indietro coi pensieri, non
capiva cazzo in italiano ma...
“Ehy,
ho visto che sei caduta non c'è bisogno che continui a
ripetere di guardare” disse lui. Terza persona singolare. Non
c'è nemmeno bisogno di presentarvelo deduco. Capelli soffici
come lo zucchero filato, occhi peggio di un faro di notte, e la voce,
cazzo che voce. Ogni lettera era un orgasmo, se mi permettete la
finesse. E in finlandese vi assicuro, è pure meglio.
Alzai
gli occhi e con la bocca aperta, della serie facciamoci vedere per la
prima volta in posa “pesce lesso”, lo fissai senza
crederci. Scossi la testa, mi diedi qualche pizzicotto sulla guancia.
Mi scoprii il polso e glielo feci vedere.
Vedere
il mio tatuaggio sicuramente gli fece capire che non ero svenuta
perché stavo male, ma solo perché la sua presenza mi
stava provocando un acutissima sindrome di Stendhal.
Punto
1: erano 5 anni, non noccioline, che io amavo lui e solo lui. Pendevo
da ogni singola stronzata che usciva dalle sue labbra.
Punto
2: non lo stavo incontrando ad un meet&greet dove a buona ragione
sarebbe stato scocciato, ma da soli, per caso, in un sexy shop, porca
fragola
Punto
3: avete presente le foto? Dove è bello come un dio greco,
quelle che state a fissarle incredule che possa esistere tanta
bellezza al mondo. Beh dimenticatevele, dal vivo è non meglio.
Di più
Dopo
aver elencato questi 3 punti è un miracolo che io sia colpita
solo dalla sindrome di Stendhal, è un miracolo che io non sia
morta e sepolta. Morta felice eh? Non fatevi strane idee. Ma già
che c'ero avrei rimandato la morte di qualche minuto, giusto per aver
tempo di parlargli due minuti.
Giusto
due chiacchiere in compagnia, sapete com'è.
Respira,
Glen, Respira.
E'
un essere umano come te, non ha una aria divina intorno, ne lancia
fulmini e saette, se gli parli non muori, tranquilla. Era la me
stessa più razionale che stava parlando in quel momento.
Ma
brutta lavativa, togliti dal cappero, non capisci nulla, le dissi. É
Ville Valo, mica Riccardo Scatorcio, o come si chiama, è un
dio, è unico e solo, posso stare qui a fissarlo come una
melanzana per quanto mi pare, lasciami in pace.
In
quel momento mi porse la mano. Capite?! La mano!!! Per aiutare ad
alzarmi. Potevo morire felice ora. Ma magari prima avrei approfittato
un attimo della sua gentilezza.
Presi
la mano. E mi tirai in piedi. Con sommo sforzo riuscii a ridargliela
indietro, non volevo aggiungesse punti alla lista mentale che si
stava facendo “quanto è pazza questa”.
“Grazie”
riusciì a mormorare in un inglese scarso. Non c'era chance di
parlare finlandese. La mia memoria stentava a ricordarsi l'italiano
in questo momento.
“Di
nulla” mi disse ridendo sotto I baffi “faccio questo
effetto lo so”.
Era
pure ironico. L'avevo sempre saputo in fondo che era l'uomo perfetto.
“ma
che ci fai qui?”
Oo
oh.
Aricazzo.
Incontravo
Ville Valo e la prima frase coerente che mi usciva dalla bocca era
Cosa ci fai qui? Ma...ma...cazzoooooo.
Mi
guardò con aria interdetta. Forse aspettava che mi spiegassi.
Proprio
mentre avevo quasi trovato le parole per spiegargli la mia domanda,
fu lui a sorprendermi.
Ok.
adesso dimenticate tutte le pose secssi da servizio fotografico,
dimenticatevi tutte le descrizioni stile harmony che si trovano nelle
fic (I suoi occhi mi distrussero come un fulmine in un mare di
ghiacciata armonia e cose del genere). Una volta che avete fatto
piazza pulita di tutte queste cose, visualizzate la sua smorfia
migliore, un occhio socchiuso, la fronte aggrottata, un lato della
bocca alzato, ed una profonda aria di concentrazione.
Così
mi stava guardando in quel momento.
Ed
era peggio di qualsiasi sguardo da principe azzurro o cowboy
arrapato. Molto peggio. Nel senso migliore della parola.
Per
questa sua smorfia lo amavo ogni giorno di più.
Avendo
ormai perso l'uso della parola quando si decise a parlare cercai di
connettere almeno il cervello per assimilare le sue parole.
“Ma
io ti conosco” esclamò felice.
Mi
conosce?!
“Mi
conosci?!”
Datemi
una bombola d'ossigeno. E portate un defibrillatore. Non solo non mi
aveva cacciato via a calci dopo che gli ero svenuta davanti, ma stava
anche affermando di conoscermi.
Salvatemi.
“Si
si, sono sicuro, sei Glenna Taisio, la campionessa mondiale di
scacchi”
Bocca
aperta. Cervello andato.
Mi
appoggiai al suo braccio e lui mi sostenne finché non mi
ripresi dallo shock. Poi, udite udite, mi prese la mano tra le sue, e
fece un piccolo inchino, inclinando il capo nella maniera più
celestiale che avessi mai visto.
Mi
riscossi un attimo. C'era qualcosa che non andava.
“Fermo,
non muovere un altro solo muscolo” dissi suonando seria “sono
io quella che si deve inchinare, non tu. Dovresti stare fermo e fare
il dio greco quale sei, e farti adorare, non inchinarti. Nono mio
caro non ci siamo”
Di
certo non era come mi ero immaginata di incontrare per la prima volta
il mio eroe personale. Però fino ad ora la cosa prometteva
bene.
Mi
sorrise. Arrossendo come un peperone.
“Per
una volta ti prego, fammi fare il fan ti prego!!” quasi mi
supplicava con gli occhi “ho sempre questa schiera di
adoratrici dietro, per una volta tanto che mi trovo davanti a
qualcuno che sinceramente ammiro, tra l'altro sono convinto di
poterti battere, voglio godermela”
“Si
ma Ville, c'è un piccolo problema” eravamo già
passai ai nomi propri “io sono una tua fan, ma non una normale,
capisci? Sono venuta in Finlandia per conoscerti, avevo tutti I miei
film mentali su come ti avrei trovato e ora mi ti inchini perché
casualmente sono brava a giocare a scacchi?”
Non
rispose. Scoppiò solo a ridere.
Che
dannato bastardo. E aveva pure osato dire che mi avrebbe battuto a
scacchi. Giammai.
Mi
prese sottobraccio. “Senti, quanto ti fermi a Helsinki?”
“Perché?”
“Tu
dimmelo e basta”
“Un
anno”
Gli
si illuminarono gli occhi.
“Allora
siamo a posto, voglio solo vedere la faccia degli altri quando
vedranno chi gli porto stasera alla prove”
Gli
altri?
Le
prove?
Stasera?
Ditemi
che è un sogno. E ditemi che posso non svegliarmi. Vi prego
ditemelo.
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