Harry è uno di quei bambini che ogni volta aspetta il Natale
come la prima. Ogni anno ha gli occhi più luminosi quando si avvicina quel
giorno, gli leggi la speranza nello sguardo, quella gioia non dovuta ai
giocattoli che riceverà ma alla consapevolezza che assisterà, ancora una volta,
a qualcosa di magico.
Louis, nonostante siano nella stessa classe all’asilo, è un
po’ più grande e sa già la verità. Ma non è cattivo come quel ragazzino che ha
svelato a lui che Babbo Natale non esiste pochi mesi prima. Lui non lo dirà agli
altri bambini. Louis ha già negli occhi la malinconia di chi sa che certi
momenti non potranno più tornare.
Harry ha abbastanza magia negli occhi per entrambi e quando
Louis gli dà la mano mentre fanno la fila per sedersi sulle gambe di un Babbo
Natale che ha una ciocca di capelli neri che gli spunta da quelli bianchi quasi
si sente speranzoso anche lui. Quasi. Ma è felice, perché Harry è il suo
migliore amico e continua a saltellare senza posa al suo fianco e a chiedersi ad
alta voce se sia meglio ricevere un pony o un cane, perché uno lo puoi
cavalcare ma l’altro ti fa le feste quando torni a casa e così via. Louis per
una volta è il meno rumoroso, cammina lento in fila dietro agli altri,
stranamente senza tentare di superare.
Sta pensando a come fare per saltare il suo turno sulle
ginocchia dell’uomo barbuto. Sta pensando che quello che vorrebbe chiedere a
Babbo Natale in quel momento sarebbe solo di non essere lì. A Louis non sono
mai piaciute le bugie.
Ma poi Harry gli stringe ancora più forte la mano, agitato,
e lo guarda e ha gli occhi pieni di stelle e per la prima volta quel giorno Louis
sorride e sente che forse sì, forse ne vale comunque la pena.
***
È un gelido sabato pomeriggio a Londra e la nebbia grigia ha
assunto quel colore biancastro, quasi argentato e pungente tipico di dicembre. Louis
cammina per strada assorto, berretto di lana calcato quasi fin sugli occhi, lo
sguardo basso, le mani in tasca e le spalle curvate in avanti come a voler
chiudere fuori quel mondo ghiacciato, per conservare almeno un po’ di calore. È
ovvio che non veda il ragazzo che gli arriva addosso, perso com’è nei suoi pensieri
mentre si fissa le scarpe.
Non è che sia spiacevole. Cioè, la spallata che l’altro gli
dà contro lo sterno non è propriamente uno spasso. Ma il profumo buono che lo avvolge,
cannella e incenso, unito alla sensazione di morbido e caldo del corpo del
tizio contro il suo, quelli non sono niente male. E gli occhi che si spalancano
su di lui non appena si riprende e si scosta un po’, be’, quelli sono a dir
poco straordinari. Due occhi così Louis non li dimenticherebbe per niente al
mondo.
«… Harry?» chiede stupito, ma non c’è segno di incertezza
nella sua voce. Gli occhi sono quelli, i ricci disordinati, le gambe lunghe e
la scoordinazione anche. E le fossette che compaiono ai lati della sua bocca
quando finalmente sorride ed esclama «Louis!» sono inconfondibili. Harry gli
salta al collo come se non si vedessero da un giorno e lo abbraccia forte,
facendogli solletico al naso con i capelli.
***
Poco dopo sono seduti su una panchina di un parco con due
caffè bollenti in mano. Louis tenta di scaldarsi senza ustionarsi le mani nude
e gelate con il bicchiere di carta e guarda per un attimo con invidia i guanti
di lana spessi e colorati dell’altro.
«Ci credi ancora a Babbo Natale, Harry?» chiede dopo qualche
secondo di silenzio con un briciolo di malizia, ma il suo tono è pieno di
dolcezza.
Harry era il suo migliore amico da bambino e, anche se poi la
vita li ha separati, scuole diverse, quartieri diversi, amici diversi, c’è
sempre qualcosa che li lega. È strano. Anche questa volta, anche dopo quasi
dieci anni che non si vedevano o sentivano: è passato tanto tempo, eppure è come
se si fossero visti ieri e tutti i giorni prima. È come se, semplicemente,
ricominciassero da dove avevano lasciato l’ultima volta.
E Louis per un attimo stupidamente e inconsciamente ci spera
davvero, anche se sa che non è possibile che un ragazzo di quasi vent’anni
ancora creda a Babbo Natale. Per un attimo assapora l’idea di essere riuscito a
preservare la sua innocenza, e la cosa gli fa provare un brivido di piacere,
anche se ovviamente è solo una fantasia.
Per un momento sembra che Harry non voglia rispondere, ma
solo sorridere rapito guardando due bambini che si rincorrono attorno alle
altalene.
«No» dice invece poi, lieve, ancora con lo sguardo fisso
dritto davanti a sé.
Harry non ha gli stessi occhi di quando era bambino. Louis
si sente stupido per averlo anche solo pensato. Se ne accorge ora, quando lui
lo guarda e sul fondo delle sue iridi chiare, di un verde limpido e brillante, ben
nascosta, intravede una patina di dolore.
Nessuno sfugge alla vita, si trova a pensare con una fitta
di dolore allo stomaco.
«Ma» continua Harry sorridendo tra sé e riprendendo a
guardare lontano «credo ancora alla neve, ai fiocchi che si sciolgono sulla
lingua, ai maglioni di lana che prudono, al profumo di cannella che esce dal
forno, alle stelle, ai buoni libri letti di fronte a un camino, agli abbracci
di chi non vedi da un po’ di tempo, ai regali da scartare in pigiama, ai
bigliettini da leggere, alla cioccolata di mamma e al tè bollente con i
biscotti a forma di albero, alla musica del giradischi antico di mio padre, al
plaid rosso con le renne e al fatto che tutti meritano un po’ di amore e di
calore e che nessuno dovrebbe mai essere costretto a rinunciare a ciò che ama».
Louis lo fissa letteralmente a bocca aperta per qualche
secondo; poi sente un sapore salato sulle labbra e solo allora si accorge di
avere le guance rigate di lacrime.
Prima di questo, invece, si è accorto eccome che effettivamente
lui ha rinunciato a tutto.
Ai suoi sogni, quelli di diventare un calciatore
professionista o un cantante. E poi alla sua vita, all’amicizia, all’amore. Ha rinunciato,
semplicemente ha smesso di provare, di spingere e di scalciare per ottenere
quello che voleva e ha infine accettato il fatto di non essere abbastanza. Mai.
Si è trovato un lavoro come cameriere in una caffetteria, ha amici che vanno e
vengono e relazioni amorose che non durano più di un paio di uscite. Va avanti
così, perché questo è quello che è capitato. Perché non spera più in niente di
meglio.
E mentre ancora le lacrime gli scendono silenziose dagli
occhi, per una volta sente, forte, il desiderio di fermarsi e smettere per
anche solo un attimo di pensare agli altri, a cosa vogliono, a quello di cui
hanno bisogno e a quello che si aspettano o pretendono e invece, per una volta
sola, pensare a se stesso. Vuole, per una volta, respirare.
Per un attimo solo poter smettere di pensare, di
preoccuparsi, di avere la mente piena di grigio e di giorni tutti uguali e di
significato che manca e di vita che non va da nessuna parte.
Per una volta vorrebbe sperare.
Non sa neanche lui in che cosa, ma forse è proprio questo il
punto. Sa troppe cose Louis, sa troppo bene come va il mondo e sa che non ci
sono miracoli, o coincidenze, sa che non c’è un destino ma solo il caso; sa che
Babbo Natale non esiste, forse da troppo tempo.
E mentre pensa a tutto questo Harry gli prende la mano che
aveva lasciato abbandonata sulla panchina, prende la sua mano gelida e
arrossata nella sua, calda e morbida ora senza guanto e lo guarda come se sapesse,
senza alcuna pena o straniamento, solo con un sorriso pieno di affetto e di
calore e di tutte le cose buone e belle che ci sono nel mondo. Di cioccolata
calda e di bei libri davanti al camino e di regali da scartare e di sogni a cui
non rinunciare e di… Harry.
Perché Louis pensa che forse in effetti al mondo c’è ancora
della magia, e deve essersi nascosta tutta negli occhi di Harry Styles.