Ed eccomi, dopo tre settimane di assenza,
con una storiella nuova nuova dalla dedica
chilometrica!
A tutte quelle che, come me, amano e hanno amato il
personaggio di Alex, malgrado
il ruolo di “rovinafamiglie” che gli hanno assegnato,
semplicemente perché è un ragazzo vero, gentile, più adulto di Marco….e bello
da morire, che non guasta.
Ma anche per chi Alex lo ha odiato con tutto il cuore e non vede l’ora che
se ne vada a New York (perché, andiamo, c’è davvero qualcuno che crede che Eva
lo seguirà?), lasciando i due piccioncini ai loro
eterni tira e molla.
Le parole della canzone che cita la pianista sono tratte da
“Parole nuove” di Matteo Branciamore, mentre il filo
conduttore è “New York New York” che non so da chi sia
stata scritta ma che è stata cantata da grandi come Liza
Minelli e Frank Sinatra.
Fatemi sapere che ne pensate!
Temperance
New York New York
Start
spreading the news
I’m
leaving today
“Good morning New York City! Let’s begin our…”
Sì, buongiorno.
Sono sveglio da due ore, altroché
buongiorno…
È il mio primo giorno qui e mi sono alzato presto per non
rischiare di tardare e poi dover cucinare tutto di fretta…e ho fatto bene,
perché per trovare il posto ci ho impiegato un’ora, anche se ci
ero già stato un paio di volte.
Il mio primo giorno di lavoro… quando sono arrivato a Roma,
nel mio quarto giorno l’ho conosciuta….
Ma a lei non va proprio bene niente, eh?
Così pare.
Vedrà che il dessert
la farà ricredere.
Così era stata da subito: critica, decisa, anche un po’
insolente.
Eva, insomma.
Eva che mi ha telefonato la settimana scorsa…
Scusa, ma non posso
più venire in America. Mi sono resa conto che lo amo ancora.
Perché non sono rimasto sorpreso
nemmeno un po’?
Perché si un illuso, Alex, lo sapevi che non sarebbe durata, lo sapevi che a New
York non ci sarebbe venuta, perché la sua vita è lì e tu di quella vita non sei
mai stato davvero parte.
Forse per un po’ anche lei ha creduto di amarmi…chissà,
magari mi ha pure amato davvero, ma ora io sono qui e
lei no.
Questo è ciò che conta.
Partendo da Roma ho dato un taglio netto a tutto.
Voglio dire, farò persino la pizza!
È lei l’unica cosa che non riesco a
dimenticare…
I want to be a part of it
New
York New York
La radio parla… un assassinio di qua, un incidente di là, un
night club che ha chiuso per smercio di droga, uno che
ha aperto per dargli il cambio, sennò poi i pusher dove vanno?
Arrestato un gruppo di prostitute con i
loro protettori…tutte minorenni, tutte straniere.
Un’attrice capricciosa è fuggita in lacrime dopo aver perso
quel premio che voleva tanto, mentre un’altra l’ha ritirato, quel premio, forse
felice per aver battuto l’altra, forse un po’triste,
perché l’altra le era amica…di sicuro soddisfatta.
New York è viva, eccome se lo è! E io voglio farne parte… lo voglio davvero!
Come volevo far parte di Roma,
della Garbatella, della famiglia Cesaroni…
di lei.
Di lei, più che di tutto il resto.
Eva è una ragazza
speciale e farò tutto ciò che è in mio potere per renderla felice.
Sì, ma io? Io non ho diritto a nemmeno un po’ di felicità?
Oh beh, ora vediamo di non fare la vittima… felice lo sono
stato…per poco, ma lo sono stato e ora sono qui, in una delle città più belle
del mondo, con un ristorante che stasera farà la sua inaugurazione in grande stile, perché tutto si può dire degli americani,
tranne che non amino le cose fatte alla grande.
E chi siamo noi, piccoli italiani,
per non dare loro le cose come le vogliono?
Peccato che tutto qui mi ricordi lei… ma,
dannazione, sono un cuoco! La cucina è la mia vita e ora non riesco nemmeno a prendere
in mano un mestolo senza che la mia memoria parta in
quarta per il Lazio, per il Bostonian…
These vagabond shoes
Are longing to stray
Right through the very star of it
New
York New York
Forse dovrei uscire… sono solo le
otto e ho già tutti gli ingredienti pronti…
Ma sì, dai Alex,
fatti un giro, nessuno ti sgriderà per questo!
E la tua attività non fallirà.
E la smetterai di pensare a Eva.
Beh, non esageriamo…
Infilo la giacca, mi avvio verso la porta…non so bene
nemmeno se sono io a voler uscire o se mi sto solo facendo portare dai miei
piedi.
Voglio staccare dalla mia vita.
Standby.
Voglio un nuovo inizio e lo voglio
qui.
Aspettami, New York!
I want to wake up in the city
that doesn’t sleep
To find I’m king of the hill
Top of the heap
Eccola qui, la città che non dorme mai.
Un bel respiro a pieni polmoni di aria
condita con fumo e smog e via!
Le strade sono piene, il traffico è peggio che sul raccordo,
la gente mi viene addosso, nemmeno mi vede, ma mi piace!
Non ho mai amato il caos: sono una persona tranquilla, ma
affogare nella folla è quanto di meglio si possa chiedere per scordarsi di
tutto il resto.
Tanta gente, tanti volti, tante
voci e tante lingue.
Tante donne.
Nessuna Eva.
Sembra quasi di volare, semplicemente trasportato dal flusso
della gente…
E poi, ad un tratto, volo davvero.
Già.
Lungo e tirato per terra.
Un paio di occhi neri e vivaci che
mi guardando, una lingua che fa su e giù, una coda che frusta l’aria.
Ho inciampato in un cane che il mio gatto potrebbe
mangiarsi, da quanto è minuscolo.
“Oh, I’m sorry, sir…”
Beh, la padrona non è tanto più grande.
Posa la chitarra e mi aiuta a rialzarmi.
È piccola…sembra una ragazzina, ma si vede che è adulta… o
forse lo sembra.
Forse è stata la sua vita a farla crescere….
Sì, perché non è di certo stata facile, almeno a giudicare
dagli stracci che ha addosso.
Un viso sporco dal sorriso più pulito che abbia mai visto.
Occhi verdi e felici più di quanto dovrebbero essere.
“Oh, accidenti.. le ho fatto male? Did…did I hurt you?”
“Italiano!” Esclama lei e si illumina
come non credevo fosse umanamente possibile. “I love Italy!”
Cinguetta, tornando a sedersi con una giravolta.
“Già…è bella..” Solo quando ho
finito di parlare mi accorgo che l’ho fatto nella mia
lingua.
Sto per correggermi, quando lei riprende la chitarra ed
esegue un accordo.
“Che cosa ti suono?” Domanda in un
italiano migliore del mio.
“Come.. com’è che conosci la mia
lingua?”
“Direi una bella canzone d’amore.”
“Tu mi vuoi male…” Rispondo, con un sorriso che sono sicuro essere il più idiota mai comparso sulla faccia
della terra.
Lei scuote la testa, scuote quei ricci
color miele che, puliti, risplenderebbero di mille riflessi.
“Sei triste per amore. Si vede dai tuoi occhi.”
“Che hanno i miei occhi?” Sulla
difensiva.
“Sono…empty…vuoti, sì?”
Annuisco.
“Tu sei un artista. Come me. Fai
l’attore?”
“Il cuoco…”
Il sorriso si allarga.
“Un pittore di aromi…e lei?”
“Giornalista…” Perché glielo sto dicendo? Chi è questa?
“Un cuore freddo..” Replica,
storcendo il naso. “Non fa per te.”
Che ne sa lei di chi fa per me?
“E da cosa lo deduci?”
“Ti fa soffrire…e tu non riesci più a creare.”
Touchè…
“Come lo sai?”
Sorride di nuovo e strimpella ancora un paio di note.
“Dicono che senza amare non si può
comporre una canzone. Il miglior pletro è la
passione.” Canticchiò
“Cosa?”
“Non riesci più a creare, vero?”
“Come… come lo sai?” Sono giorni che non riesco ad inventare
nuove ricette…
Lei si stringe nelle spalle e riprende a cantare.
A mettere in musica i miei sentimenti.
Ma come fa?
La lascio finire, poi lascio
scivolare una banconota nel piattino davanti a lei.
Sto per andarmene, quando mi sento afferrare per una mano.
“Non li voglio i tuoi soldi, signor
chef.”
“Sei stata brava, te li meriti.”
“Ma non li voglio.” Raccoglie la
banconota e me la restituisce.
“E cosa vuoi, allora?”
“Una nuova ricetta.”
Guardando quegli occhi di prato, mi viene un’idea un po’
folle che, però, forse vale la pena di ascoltare.
“Vieni con me!” Esclamo, prendendo il suo polso in una mano
e la chitarra nell’altra. “Andiamo a creare!”
“E dove?” Domanda lei, mentre il
minicane ci rincorre.
“Al mio ristorante.”
“E a che ti servo io?”
Rallento un po’, mi volto e le sorrido.
“Tu sei la mia ispirazione.”
E poi di nuovo via in mezzo alla
folla, al traffico, a quella cortina di luci e rumori che è la Grande Mela, un
nuovo inizio stretto tra le mani.
Ed Eva?
Eva è rimasta a Roma.
Eva è rimasta Eva.
Io inizio da capo.
These little town blues
Are melting away
I’ll make a brand new start of it
In old New York
“Wow, Alex,
è buonissimo!”
Eccola lì, la mia prima cliente, col viso finalmente pulito,
sprofondata in una camicia che è tre volte lei.
“Che ci hai messo?”
“Segreto.” Rispondo, sfiorandole il naso con un dito e
lanciando un pezzetto di pane al mezzo chihuahua Doorbell.
“Si chiamerà Sylvie’s Soufflè.”
“Uh, un soufflè tutto mio!”
“Com’è che parli italiano così bene?” Chiedo, tornando ai
fornelli: entro questa sera devo prepararne almeno una quarantina, di quei
soufflè.
“Mia madre era toscana.”
“Era?”
“È morta anni fa, insieme a mio
padre.” Pausa. “Vivevamo a Firenze, allora.” Continua, torturando i polsini
della camicia.
“Mi dispiace…” Che cosa ipocrita da dire ad una persona che
nemmeno conosco…
“È stato tanto tempo fa.” Si stringe nelle spalle.
“E come mai sei a New York?”
“Ehi, cos’è, un’intervista?”
“Diciamo che sono un tipo curioso.”
E che farei di tutto per non lasciarti andare via.
“Ok, Mr Alex… magari ti sembrerà melenso, ma io avevo un sogno:
volevo diventare una musicista professionista. Avevo sedici anni e giusto i
soldi indispensabili per il viaggio… oltre alla chitarra, naturalmente. Allora
pensavo che New York fosse una città magica, cove
tutto sarebbe stato facile. Invece sono cinque anni
che suono per strada, guadagnando appena ciò che basta per la mensa dei poveri.
Un ristorante come questo…beh, pensavo che non mi sarei mai nemmeno potuta
avvicinare ad un posto così.”
“A volte i sogni non bastano ad andare lontano, eh?”
Scuote energicamente il capo, facendo danzare i ricci
chiari.
“Al contrario: sono convinta, ora più che mai, che chi
riesce a fare ciò che vuole qui, poi lo potrà fare ovunque senza alcun
problema. New York è una città grande, dà tante possibilità, ma è anche una
città crudele: o hai talento nel tuo mestiere o sei fuori.”
“Scusa, fare tutto in che senso?” Che strana questa ragazza.. più che dalla Toscana sembra venire da un mondo perfetto:
non ho mai visto nessuno felice di vivere come vive lei.
“Tutto nel senso di tutto, no?” Ovviamente… “Lavoro, studio,
fama… amore…”
“Amore? Ho i miei dubbi. A Boston mi è andata male, a Roma
peggio…”
“Qui andrà bene.” Mi blocca lei.
Io scuoto la testa. Non ci riesco a
crederle… Io il mondo non lo vedo come una fiaba.
E, soprattutto, non vedo il lieto fine.
“E come faresti tu a saperlo?”
“Lo so.” Di nuovo, la sua espressione mi fa sentire un
idiota.
E lei se ne accorge.
“Fidati di me: la strada ha molto da insegnare.”
If I can make it there
I’ll make it anywhere
Sto a New York da più di due anni,
oramai.
Il ristorante va alla grande e la previsione di Sylvie si è rivelata azzeccata, perché la mia vita va
persino meglio degli affari.
E poi, oggi è un giorno speciale.
“Alex, stiamo aspettando una
famiglia di circa dodici persone con in testa un
signore sulla sessantina dall’aria arrabbiata?”
Sorrido, togliendomi il grembiule al volo e corro fuori dalla cucina, senza dimenticare di dare a Sylvie un bacio veloce.
“Alex!” Esclama Eva,
abbracciandomi forte ancora prima che riesca ad uscire dal tutto dalla cucina.
“Alex, quanto sono felice per te.!
Giuro che non ci credevo, quando me lo hai detto!”
“Nemmeno io, Eva, nemmeno io.” Rispondo, ridendo e
allontanandomi da lei il giusto per salutare il resto della tribù Cesaroni, con tanto di Walter e Carlotta in allegato.
“Eva ha ragione, è davvero
fantastico.” Ripete Marco, stringendomi la mano. “Non me ne vuoi, spero, per
quello che è successo, prima che partissi…”
“Ehi, accidenti, no! Se lei non fosse tornata con te io non avrei mai trovato Sylvie…Senza
offesa, eh, Eva!”
“Nessuna offesa, ma ora questa Sylvie la vogliamo conoscere!”
“Giusto!” Interviene Rudi. “E poi
pure mangiare vogliamo.”
Scuoto la testa, dandogli un buffetto sulla spalla. Poi mi
volto verso la cucina, dalla quale Doorbell esce
scodinzolando, per la gioia di Alice e Mimmo, che si
tuffano ad accarezzarlo.
Sylvie lo segue, elegante come non
è stata mai, nemmeno alla nostra prima uscita ufficiale, il miniabito un po’
tirato sulla pancia, ormai impossibile da non notare, i boccoli raccolti e gli
occhi abbassati.
È timida, la mia piccola chitarrista.
Ma subito si scioglie, rispondendo
alle domande di tutti.
Di dove sei… Quanti anni hai..
Quanti mesi mancano… È maschio o femmina… Come lo chiamerete…..
E poi, come vi siete conosciuti, tu
ed Alex?
“Beh…io inseguivo un sogno e lui ne aveva
perso uno. Ci siamo incontrati e…”
La interrompo, prendendola per
mano.
“E abbiamo trovato una realtà.”
Come on
Come through
New
York New York