Allora.. visto che va parecchio di
moda la visione di un Ryan omosessuale, ho deciso di
provare ad adottarla anche io, anche se in modo un po’ diverso da quello delle
classiche fiction slash.
Anche in questa storia è presente Kelsi perché, amici o innamorati, per me questi due
personaggi sono fatti per stare insieme.
La canzone è “Il mio amico” di Anna
Tatangelo.
Temperance
L’amore non ha sesso
Kelsi si schiarì la gola nel microfono per
attirare l’attenzione del pubblico, più numeroso della media solita del pianobar.
Evidentemente, si era
sparsa la voce che ci sarebbe stata la festa di compleanno del proprietario e i
soliti scrocconi vi avevano visto una buona occasione
per bere gratis.
Illusi.
Ryan sarà pure stato buono,
ma stupido proprio no.
“Buonasera a tutti!”
Salutò la giovane, alzandosi in piedi. “Questa serata sarà aperta dal mio
regalo di compleanno per il festeggiato di oggi.”
Ryan le sorrise da dietro il bancone,
gettandosi lo straccio che stava usando per asciugare i bicchieri sulle spalle
e appoggiando i gomiti sul piano di legno, pronto ad ascoltare.
“Sapete, è da circa
tre anni che divido il mio appartamento con quel ragazzo biondo che ogni sera
vi serve da bere. Tre anni in cui lui mi ha sempre regalato un sorriso quando ne avevo bisogno, in cui mi è sempre stato
accanto e mi ha persino offerto questo meraviglioso lavoro.
Tre anni in cui lui
per me ha fatto tantissimo e io non ho mai potuto
davvero ripagarlo. Questa canzone vuole essere un po’ il mio modo per
ringraziarlo e, magari, per farlo stare, almeno stasera, un po’ meglio, perché
io, in questi tre anni, il mio amico non l’ho mai visto davvero felice…solo
perché è un po’ diverso.” Fece una pausa, tornando a
sedersi sullo sgabello davanti al pianoforte e poi aggiunse, rivolta solo a se
stessa: “ Anche se io ancora devo capirlo, dove sia tutta questa diversità.”
Il mio amico che non dome mai di notte
Resta sveglio fino a quando
fa mattina
Con il viso stanco e ancora un po’ di trucco
Lascia i soagni
chiusi dentro ad un cuscino
Kelsi entrò in cucina
sbadigliando, con ancora addosso il suo pijamone rosa invernale.
Come al solito, la colazione
l’aspettava già pronta sul tavolo: il latte ancora fumante nella sua tazza
gialla con la Vespa e quattro pancake bagnati con lo sciroppo d’acero ordinatamente
impilati nel piatto.
Di lui nessuna traccia.
“Ryan, tu mi vizi!” Esclamò,
abbastanza forte perché fosse possibile udirla in ogni parte della casa.
“E continuerò a farlo.” Rispose una
voce melodiosa alle sue spalle, mentre due braccia le cingevano la vita,
facendola sobbalzare.
Ryan si chinò a posarle un bacio
leggero sulla guancia e lei lo lasciò fare, godendosi quel momento di mattutina
intimità familiare. Perché era inutile negarlo: Ryan era la sua famiglia da parecchio tempo oramai.
A vederli dall’esterno potevano sembrare due semplici
innamorati, Ryan Evans e Kelsi Nielsen e ci voleva un
esame molto, molto più accurato per capire che il loro rapporto era più simile
a quello di due amiche del cuore.
“Devi smetterla, invece.” Ribattè
lei, voltandosi per guardarlo in viso. “O finirò per diventare una balenottera
obesa.”
“Saresti sempre la mia migliore amica, anche con cento chili
in più.”
“Lo so, ma preferirei rimanere come sono.”
Mentre gli sorrideva, Kelsi
notò i segni scuri che ancora contornavano gli occhi cerulei. “Oh, Ry, non hai dormito nemmeno stanotte?”
“Da cosa l’hai capito, questa volta?” Domandò il giovane con
aria rassegnata: era impossibile nasconderle qualcosa!
“Hai ancora la matita sugli occhi e non dimentichi mai di toglierla quando vai a letto.”
“Beccato!” Sorrise lui, alzando le mani in segno di resa.
“Non riuscivo a dormire e ho dato una pulita in giro, tutto qui.”
“Perché?” Chiese Kelsi, preoccupata.
“Perché era da più di un mese che
non lo facevo come si deve e…”
“Ryan, hai capito benissimo cosa
intendevo. Perché non hai dormito?”
Ryan sospirò e si sedette,
passandosi una mano tra i lisci capelli chiari.
“Incubi.” Disse, semplicemente. “Da quando mi hanno
devastato la vetrina non sogno altro che ragazzi
armati che irrompono nel locale e mi fanno svenire di botte…Se passo qualche
notte in bianco, almeno poi sono troppo stanco per sognare.”
La vetrina in questione era stata imbrattata la settimana
prima da un gruppo di teppistelli che, prima di
tirarci contro un sasso, l’avevano ricoperta di
scritte sul genere “Muori, frocio di merda”.
Il mondo di oggi è tollerante… sì,
come no…
“Oh, Ry…” Mormorò lei, sedendogli
in braccio e stringendolo forte.
Che diritto aveva, quella gente che
non capiva nulla di portare via persino il sonno del suo amico?
Il mio amico ha molta luce dentro agli
occhi
Per guardare chi non c’è
Fa di tutto per assomigliarmi tanto
Vuole amare come me
“Avanti: Prada o Gucci?”
“Non lo so, Ry, non capisco molto
di moda… e poi è solo una borsa, nemmeno se ne accorgerà!”
Rispose Kelsi, infilandosi il lungo trench grigio.
“Forse quell’idiota del tuo
ragazzo non se ne accorge, ma ti assicuro che Dave lo fa eccome. Lavora a ‘Vogue?, accidenti, se non ci fa caso lui a queste cose!”
La giovane si prese un istante per ammirare, affascinata, la
luce che brillava nei suoi occhi quando parlava del
suo innamorato.
Quanto avrebbe voluto scorgerla anche negli occhi di Dave, quella scintilla nemmeno lei lo sapeva con esattezza.
E invece no, ancora una volta non
era quello giusto, ancora una volta lui avrebbe sofferto.
“Questa qui.” Dichiarò, convinta, puntando l’indice a caso
su una delle due borse.
“Giusto: Gucci non passa mai di
moda. Grazie, piccolina… Kels, però dai, non puoi
andare in giro così! Vieni qui.”
Lamentandosi del suo pessimo senso
dell’eleganza, Ryan le sistemò collo e cintura del
cappotto, mentre lei lo osservava, divertita, nel vederlo compiere gesti più
aggraziati dei suoi.
Era raro vederlo così allegro…
“Ecco, così sei perfetta.” Disse il giovane, una volta
terminata l’opera di ristrutturazione, posandole un bacio affettuoso sulla
fronte.
“Grazie mille! Buona serata!”
“Anche a te… ma fa che non debba
mai più vedere un abbinamento di colori simile, ok?”
Ma poi si chiude dentro sé
Ryan rientrò verso le tre del
mattino e si lasciò cadere pesantemente sul divano, senza nemmeno togliersi
giacca e scarpe.
“Ry, sei tu?” La voce di Kelsi, impastata dal sonno, lo raggiunse in contemporanea
con la luce che si accendeva.
Non rispose. Non voleva che lei si accorgesse che la sua
voce tremava. Voleva solo che tornasse a dormire e lo lasciasse solo.
“Ryan?”
OK, evidentemente i suoi desideri non si sarebbero avverati.
“Sono qui.” Rispose, cercando di trattenere le lacrime il
più possibile.
Tempo dieci secondi e Kelsi era
già accucciata al suo fianco, una tazza di caffè in
mano.
“Cos’è quella?”
“Caffè… non volevo andare a letto prima che tu tornassi.”
“Kels… non dovevi!” Ecco, ora si
sentiva pure in colpa. Wunderbar!
“Avevo un cattivo presentimento e lo sai
che non sbaglio, di solito. È successo qualcosa, vero?”
Ryan si lasciò sfuggire un sospiro tremolante e appoggiò il capo sulle gambe di Kelsi, lasciando che lei gli accarezzasse i capelli.
“Dave, eh?”
“Mi ha mandato a dire che non vuole
più vedermi… nemmeno è venuto lui di persona…”
“Sssh, me lo dirai domani. Ora
cerca di dormire, ok?”
“Ok…posso dirti una cosa, Kels?”
“Certo, tutto quello che vuoi.”
“Vorrei tanto poter amare te…”
Il mio amico s’incammina per la strada
Fa un cenno e ti saluta col sorriso
Nel suo sguardo attento e un poco malizioso
Per avvicinarsi trova mille scuse
“Sono a fare due
passi. Ci vediamo a pranzo. Baci, Ry.”
Kelsi ripiegò il biglietto che
aveva trovato sul tavolo accanto alla sua colazione domenicale –uova, bacon
eccetera- e se lo infilò nella tasca dei jeans.
Chissà a che ora era uscito, Ryan…
doveva averla portata a letto in braccio come una bambina, perché ricordava
benissimo di essersi addormentata con lui sul divano, la sera prima.
Il campanello la riscosse dai suoi pensieri: doveva essere
Max che la passava a prendere.
Velocemente, si infilò la giacca,
prese la borsa e uscì, salutando il suo fidanzato con un bacio veloce, prima di
avviarsi con lui lungo la pista ciclabile che faceva il giro del quartiere.
Non gli parlò della nottata passata in bianco per aspettare Ryan: sapeva che lui non approvava la sua convivenza con un
altro uomo, nemmeno con uno come Ry.
Max era un bravo ragazzo e lei gli voleva bene, ma in quanto
a tolleranza aveva molto da lavorare.
“Kely, ci sei? Ti vedo persa,
stamattina.”
“Sì, sì, scusa è che…ho dormito poco, avevo.. mal di testa.” Inventò su due piedi.
“Lavori troppo, te lo dico sempre!
Molla tutto e vieni a vivere con me; io guadagno abbastanza per tutti e due.”
“Lei non vuole dipendere da nessuno. È libera, la mia Kelsi.” Rispose
una voce alle loro spalle, ponendo particolare accento sulla pronuncia esatta
del nome.
“Dio, Evans, mi hai fatto prendere
un colpo!” Esclamò Max, prendendo Kelsi
sottobraccio con gesto possessivo.
“Sì? E perché sei ancora vivo?”
La ragazza alzò gli occhi al cielo: che il suo migliore
amico e il suo fidanzato si odiassero non era una
novità, ma a volte sembravano veramente dei bambini dell’asilo.
“Ciao stella” La salutò Ryan,
sfiorando la tesa del cappello e interponendosi tra i due, con evidente
fastidio di Max.
“Ciao, Ry.” Rispose lei, cercando
in tutti i modi di non scoppiare a ridere.
Asilo, aveva pensato? Forse il nido calzava di più.
“Com’era la colazione?”
“Lui ti fa la colazione?”
“Tutte le mattine, problemi?”
“Sì, tanti.”
“Risolviteli.”
“Stop!” Esclamò Kelsi, tentando di
metter un argine prima che il fiume straripasse.
2Allora, sentite un po’ la mia idea: io vado a fare un salutino a Martha e voi
due cercate di parlare come due persone civili, ok?”
“Ma Kel!”
Esclamarono i due uomini all’unisono, mentre lei già correva via, ridendo:
finalmente era riuscita a metterli d’accordo, per lo meno in un’esclamazione.
Il mio amico avvolto dentro all’amarezza
Mi fa tanta tenerezza
Anche quando nasce l’alba più sicura
Poi di notte gli regala la paura
“No… no, per favore, no! No!Lasciatemi in pace!”
“Ry…”
“No! Lasciami stare! Vattene! Fuori di qui!”
“Ryan, svegliati. Sono io, Kelsi.” Sussurrò la giovane all’orecchio dell’amico,
scuotendolo leggermente per una spalla..
“Kels…”Biascicò lui, aprendo gli
occhi chiari nella luce fievole dell’abat-jour.
“Sono qui, stai tranquillo…” Lo rassicurò lei, sedendosi sul
letto e raggomitolandosi nel suo abbraccio.
Perché di nuovo? Quella mattina era così sereno… aveva persino preso in giro Max…
“Ci sono io con te.”
Ci sarebbe sempre stata, lei.
Almeno di questo era sicura.
Dimmi che male
c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’
di più
Dimmi che male
c’è
Se ami un uomo come te
Se il cuore batte forte
Dà vita a quella
morte che vive dentro te…
La pianista alzò per
un istante gli occhi dai tasti del pianoforte e lanciò un rapido sguardo sulla
sala strapiena.
C’era chi la osservava
sbigottito, chi recava negli occhi pesanti tracce di disapprovazione e chi di
tenerezza.
E poi c’era lui che
serviva birre senza nemmeno guardare il bicchiere, gli occhi di quel fenomenale
azzurro tutto suo fissi su di lei in un’espressione a
metà tra il riso e il pianto, simile a quella che aveva in viso fin troppo
spesso, ma, allo stesso tempo, totalmente diversa.
Non era triste, era commosso.
La donna si concesse
un sorriso, continuando suonare e pensando a perché tutta quella gente
lo vedesse così diverso lui, il suo amico.
Nessuno aveva mai
detto, dopotutto, che l’amore dovesse avere caratteristiche uguali per tutti.
Beh, per lo meno
nessuno che per lei contasse anche solo minimamente.
Cosa volevano capirne, psicologi ed
ecclesiastici, che magari nemmeno avevano mai parlato con una persona come Ryan? Il suo modo di amare,
dopotutto, era identico a quello suo, solo l’oggetto cambiava.
Ma se il cuore batte,
se le mani sudano, se gli occhi risplendono, perché non dovrebbe andare bene comunque?
Sapeva che con quella
canzone non avrebbe cambiato nulla, ma forse avrebbe almeno
fatto riflettere qualcuno.
Forse.
O forse no.
Pazienza.
Il mio amico cerca un nuovo fidanzato
Perché l’altro già da un pezzo l’ha tradito
“Che fai di bello?”
“Niente!” Esclamò Ryan con aria
colpevole, chiudendo di scatto il laptop che stava
usando.
“Dai, fa vedere!” Insistette Kelsi,
avvicinandosi e cercando di togliergli il computer dalle mani.
“No! Ehi, ma tu lo sai la parola privacy
cosa vuol dire?”
“Certo. E io non ne ho, quindi, per una volta che è la
sottoscritta ad essere curiosa, dalle la soddisfazione di vedere che accidenti
stai combinando.”
“Ok, ok,
te lo meriti. Però non fare commenti.” Si arrese lui,
lasciando il portatile.
“Non è niente di illegale, ver…oh, Ry!”
“Ecco, lo sapevo che non dovevo darti retta.” Si lamentò il biondo, alzandosi e facendo per uscire dalla
stanza.
“Ryan, ma perché lo fai?” Domandò
lei, rincorrendolo, il computer ancora stretto in mano.
“Perché, Kelsi,
sono stufo di stare solo. Ho bisogno di qualcuno, capisci?
Tu hai Max… è un deficiente, certo, ma almeno c’è. Io no, non ho nessuno e,
dato che di persona sembro non piacere, ho pensato che
su internet…”
“Hai pensato male. Non sei uno
stupido, Ry, lo capisci anche tu che i rapporti di
questo tipo sono falsi come una banconota da tre dollari!”
“Oh, Kelsi, sii realista! Quanti
ragazzi gay conosci oltre a me?”
“Io…”
“Ecco, appunto.”
Dorme spesso insieme a me dentro al
mio letto
E si lascia
accarezzare come un gatto
Il mio amico mi confida le sue cose
Anche quelle che non sa
Poi mi guarda mentre spegne il suo
sorriso
Spera sempre in quell’amore che non
ha
Ryan socchiuse silenziosamente la
porta della camera di Kelsi ed entrò piano piano, un sorriso malinconico in viso, mentre guardava la
schiena dell’amica che fingeva di dormire.
Era successo: Max l’aveva lasciata.
Personalmente, non credeva che fosse un male, anzi, era
piuttosto felice che fosse successo così presto, prima che lei potesse essere
troppo presa, ma Kelsi ci stava male e questo, ora,
era quello che contava.
“Stellina, sei sveglia?” Sussurrò, avvicinandosi.
“No.” Gli rispose la voce tremante della ragazza.
“Tesoro…va così male? Cerca di riprenderti, sembri me e non
è una buona cosa.” Cercò di scherzare, sollevando un
poco le coperte e stendendosi accanto a lei.
“Come fai ad esserci passato così tante volte?” Domandò lei,
passandosi una manica sugli occhi umidi.
“È dura, ma la vita va avanti. Certo, senza amore è un po’
più triste, ma ci sono sempre gli amici, no? Ci sono sempre
io, Kels, non ti lascio.”
“Lo so…Lo so…” Ripeté Kelsi, scoppiando di nuovo a piangere e stringendosi a lui,
il capo nell’incavo tra collo e spalla, una mano sul suo cuore, l’altra sul
capo ad accarezzare quei capelli di seta dorata.
Era vero, lui c’era sempre… ma non come avrebbe voluto lei.
Non ne era innamorata,
assolutamente, ma a volte avrebbe voluto un uomo che la capisse come faceva
lui, che le fosse sempre vicino, che non la facesse piangere e che di piangere
davanti a lei non avesse paura.
Tuttavia, si rendeva conto benissimo che un uomo del genere
era più una leggenda metropolitana che una realtà.
Pian piano, il respiro della giovane tornò regolare e i suoi
occhi smisero di riversare la loro pioggia salata sulla pelle diafana di Ryan, che, accortosi del cambiamento, allontanò un po’ da
sé l’amica, per poterla guardar in viso.
“Meglio?” Chiese.
“Meglio… però a dormire non ce la faccio.”
“E chi ha detto che devi dormire?
Gioco?”
“E gioco sia!” Rispose Kelsi, tornando finalmente a sorridere. Non sapeva cosa
fosse, ma Ryan aveva sempre avuto qualcosa che
riusciva a farle superare in un attimo anche il dolore più grande.
Per questo aveva accettato di vivere con lui: era il suo
antidoto alla tristezza, la persona più simile ad un fratello che avesse mai
avuto e non riusciva ad immaginare come si potesse non volergli bene.
“Obbligo, giudizio o verità?”
Il sorriso di Kelsi si allargò:
era dai tempi del liceo che non facevano quel gioco!
D’altronde, sapevano tutto l’uno dell’altra…
“Obbligo.”
“Devi andare alla finestra, aprirla e gridare che ami la
musica dei Tokyo Hotel di un amore eterno ed
incondizionato.”
Ecco… mai scegliere obbligo!
“Uff..e
va bene…”
“Sì!” Esultò Ryan.
Kelsi eseguì il proprio compito a
malincuore, lieta del fatto che quasi tutti nel suo quartiere fossero troppo
anziani per aver anche solo presente chi fossero
quelle sottospecie di cantanti detti Tokyo Hotel (senza offesa per le fan! Tempe, nda).
“Ok, ok,
la mia figuraccia l’ho fatta… ora tocca a te.”
“Verità.”
Verità…c’era una cosa che voleva sapere da un sacco di
tempo… poteva chiedergliela?
Decise che sì, poteva… dopotutto, non era né offensiva né
eccessivamente invadente, visto il rapporto che c’era tra loro.
Era solo curiosa… una semplice domanda curiosa.
“Bene bene… Ti sei mai sentito
attratto da una donna?”
Gli occhi di Ryan si velarono di
malinconia e Kelsi fu immediatamente certa di aver fatto un errore, ma lui la rassicurò con lo sguardo.
“Una volta sola, poco tempo fa. Credevo…. Credevo di essermi
innamorato di te, ecco.” Ammise, arrossendo come un
ragazzino e guardando in basso, verso la decorazione a patchwork
della coperta.
“Di…di me?” Di tutte le risposte che Kelsi
si aspettava, quella era di certo in fondo alla lista… o forse nemmeno l’aveva
mai presa in considerazione.
“Sì… non so bene perché, ma ho pensato che tu potessi essere
quell’amore che cerco da una vita, che stare con te
sarebbe stato meglio che con chiunque altro, uomo o
donna che fosse. Per questo non sopportavo l’idea che tu uscissi
con quell’idiota di Max… non ti merita, non ti merita
assolutamente, perché tu sei… speciale. E poi, devo dire
che anche fisicamente non sei niente male.” Concluse
il giovane, superato l’imbarazzo, facendole l’occhiolino.
Di slancio, Kelsi avvicinò il viso
al suo e gli posò un bacio leggero sulle labbra semiaperte, per poi riallontanarsi, sorridendo all’espressione stupita di lui.
“Che… perché?”
“È la cosa più dolce che mi abbiano mai detto. Ti voglio
bene, Ry.”
“Anche io….” Replicò lui,
sciogliendosi e tornando a essere il malinconico e
spigliato Ryan di sempre. “Tantissimo.”
Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te
C’è chi ti guarda con disprezzo
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro sé
A chi dice che non sei normale
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio
Lo aveva capito al primo anno di università,
Kelsi, che era impensabile sperare che tutti
vedessero Ryan come lo vedeva lei.
Era il primo giorno del secondo semestre e un gruppetto con
cui aveva stretto un’amicizia basata più che altro sullo studio si era
avvicinato a lei. Pensò che volessero chiederle di uscire con loro e si stava già preparando la risposta negativa che il non ancora
concluso trasloco l’avrebbe costretta a dare, quando Chealsea,
una delle ragazze, aveva iniziato a parlare.
E non di una festa, questo era
certo.
“È vero che dividi l’appartamento con Evans
di scienze dello spettacolo?”
“Ciao anche a te, Chay, tutto
bene?” Se c’era una cosa che Kelsi non aveva mai
potuto sopportare era la maleducazione.
“Rispondi, per favore.”
“Sì, è vero. Mi spieghi perché è tanto importante?” Domandò la ragazza sulla difensiva.
“No, no, niente… è che… oh, insomma, ma non avevi scelta?
Voglio dire, se me lo avessi chiesto ti avrei
volentieri affittato una camera di casa mia.”
“Grazie, Chay, ma sto bene così,
davvero.”
“Non puoi dire sul serio.”
“Perché no, scusa? Io e Ry siamo amici da una vita e mi
sembra più logico stare con lui piuttosto che con una che ho conosciuto da
dieci minuti, senza offesa.”
“Ma Kelsi,
è gay!”
“Lo so…” Rispose Kelsi, spaesata.
“Come fai a voler vivere con uno così? Mi farebbe troppo
schifo!”
“Fosse per me andrebbero tutti bruciati.” Si
intromise Johnas, detto Red
a causa del colore dei suoi capelli, seguito a ruota da Luke,
il suo migliore amico.
“Se dovessi mai salire al governo, la prima cosa che farei
sarebbe cercare di cacciarli tutti, dal primo all’ultimo.”
“Oh, finitela!” esclamò Kelsi, aumentando il passo, ben sapendo che far ragionare
la gente così era impossibile. E li aveva anche trovati simpatici, fino ad allora….
“E dai, K!” La richiamò Chealsea, prendendola per un braccio. “Non mi dirai che il tuo amichetto è normale, spero!”
“Perché, dire cose del genere su un altro essere umano
secondo te è normale? Scusa, ma io non la penso così.”
Strappandosi dalla presa dell’altra ragazza, la compositrice si allontanò di
corsa, desiderando di non dover sentire mai più parole simili a quelle.
Illusa.
Dimmi che male
c’è
Se ami un uomo come te
Se il cuore batte forte
Dà vita a quella morte che vive dentro te…
Kelsi suonò il finale, poi scostò le mani dai
tasti e si alzò in piedi, pensando di ricevere pochi applausi intimiditi.
Si sbagliava, Kelsi Nielsen…si sbagliava di grosso perché se quegli applausi furono timidi,
allora quelli entusiasti non esistono.
Sorridendo entusiasta, Ryan corse sul palco e
la strinse forte a sé, quasi sollevandola da terra.
Quando si separarono, Kelsi
aveva le lacrime agli occhi e il battito di mani si stava lentamente spegnendo.
“È il regalo più
bello che abbia mai ricevuto.”
“Non cambierà il
mondo.” Rispose la ragazza, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
“No, ma hai reso una
serata migliore di quanto sarebbe mai stata senza di te. A casa ti aspetta un
premio.”
“Gelato alla menta?”
Domandò la giovane speranzosa.
Ryan le fece segno di avvicinarsi, come se
avesse dovuto sussurrarle un segreto.
“Con le scaglie di
cioccolato!”
Fine