Benvenuti nell'atmosfera
cupa di Hogwarts nel settimo libro.
E bentornati con il terzo capitolo dell'unica saga Charming Roots
italiana, a quanto ne so (se mi sbaglio, fatemelo sapere!).
A chi si è perso le precedenti vicende, ecco i link.
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A MOTHER
HONORARY
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Siccome non pretendo che leggiate tutti quei capitoli, ho
provveduto ad un breve riassunto sul mio Live Space: qui
Come al solito cercherò di essere il più fedele
al canon possibile, anche se non necessariamente IC.
Angstily yours,
Saki
[aprile 1998]
La stanza era calda e spaziosa, arredata con ricercatezza. Le sarebbe
piaciuto stendersi su quel divano, raggomitolarsi in un angolo... e
dormire. Raccontargli tutto, liberarsi dal peso orribile di lunghi mesi
di torture e ricatti. Erano amici, no? E lui aveva abbastanza influenza
su Snape da poterla proteggere.
Sarebbero bastate poche
parole: sarebbe bastato essere sincera.
Ne fu tentata,
perché tutto in quella stanza invitava a
lasciarsi andare. I dolciumi sul tavolo, le tende vistose, il tappeto
soffice. Ma non era il suo mondo...
In nessun posto sarebbe
stata al sicuro... doveva farla finita.
Socchiuse gli occhi per
mettere a fuoco le etichette delle lunghe file di flaconi sugli
scaffali.
- Allora, che
cos'è che devi dirmi? - Era visibilmente
imbarazzato. Non sapeva cosa temere o sperare da quella visita
inaspettata, in piena notte.
- Non è
facile parlarne per me, Horace. Non so da dove iniziare, per la
verità.
Dovette ricacciare
indietro le lacrime, altrimenti non sarebbe riuscita a leggere nulla.
- Dal principio, giusto?
- Forse.
- Beh, siediti, almeno.
Le parole verranno.
Ma aveva già
trovato ciò per cui era venuta, non c'era
più motivo di inventare scuse. Accettò un
bicchierino di
liquore, che la scaldò un poco.
- Senti, è
tardi, ne parliamo un'altra volta.
- Riguarda... Filius?
- Anche. -
Aveva alzato gli occhi, in un goffo tentativo di lusinga.
- Domani ho il turno di
ronda, però, non mi troveresti. Preferirei che me ne
parlassi adesso, di qualsiasi cosa si tratti... possiamo trovare una
soluzione.
Erano frasi vuote. Vuote
come la
nebbia che circondava il castello, nonostante fosse primavera
inoltrata. Nebbia e gelo, creati dalla presenza dei Dissennatori
tutt'intorno alle mura.
Domani.
Sarà domani, allora.
Sarà
tutto finito.
***
Appena la porta si fu richiusa dietro di lei, Horace
boccheggiò, crollando sul divano con la testa tra le mani.
Non era uno stupido, non del tutto.
Non era un bambino.
Sapeva che le allusioni di lei erano una terribile bugia, che mai
avrebbe ricambiato i suoi sentimenti, che mai avrebbe messo in
discussione il suo matrimonio. Perché non era amore
ciò
che l'aveva spinta a piombare nella sua stanza nel cuore della notte,
era soltanto terrore, terrore e disperazione.
Non gli era sfuggito quello sguardo fisso sugli scaffali delle
pozioni... non era di lui che aveva bisogno, ma di qualcosa di molto
preciso... e pericoloso. E quando l'aveva trovato, se n'era andata,
riuscendo persino ad accertarsi di quando avrebbe avuto via libera per
impossessarsene.
Veleno antilumache.
Un intruglio che i pozionisti di Knockturn Alley non sarebbero mai
stati capaci di preparare: letale per qualsiasi animale, incluso
l'uomo, non aveva alcun effetto sulle piante: gli era stato
commissionato da Hagrid, disperato per le sue zucche, ma era rimasto
inutilizzato dopo il tentato arresto e la fuga di quest'ultimo.
Doveva averne parlato a Pomona all'inizio dell'anno, in qualche suo
accesso di vanità, e ora si pentiva amaramente di averlo
fatto.
Saltò
su, corse ad afferrare la boccetta e la gettò a terra, dove
si
infranse, e un odore nauseabondo si diffuse per la stanza.
Lanciò un
incantesimo per ripulire il pavimento, poi prese un flacone vuoto e lo
riempì di un liquido semitrasparente. Aggiunse qualche
goccia di
clorofilla, un poco di aloe e un ingrediente non del tutto legale da
utilizzare all'infuori del Ministero... ma non era il caso di badare
alle convenzioni, in una situazione così disperata.
Quando ebbe finito, vi applicò un'etichetta identica e lo
mise al posto di quello che aveva appena distrutto.
Affannato, con il sudore che gli imperlava la fronte, emise un
profondo sospiro e tentò di controllare il tremito delle
mani che solo allora si impossessava di lui.
- Cara, mia cara... che cosa ti spinge a desiderare la morte? Chi?
Il vento spalancò la finestra, e lasciando entrare quel
freddo
insopportabile. Horace rabbrividì nella sua leggera
vestaglia di seta.
In fondo aveva avuto una risposta: una parte della risposta, almeno.
Domani, quindi.
Domani
saprò tutto.
E se riesco a salvarla, non voglio nulla in cambio.
Solo il suo sorriso, solo la sua felicità.
Perché nessuno possa ancora vedere in me uno Slytherin
pavido e vanesio.
Fosse l'ultima cosa che farò...
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