Il
Cielo Finto
«Quindi secondo la tua teoria il cielo sarebbe finto...»
Francois era seduto su una logora poltrona al centro del salotto. Alla
finestra il suo interlocutore scrutava, da dietro il vetro, la Torre
Eiffel immersa nell'oscurità.
«Sono solo speculazioni, mio caro Francois», disse Pierre, allargando
le braccia, «solo speculazioni, niente di più. Se vuoi avventurarti in
questo discorso dovrai sottostare a queste regole. Nessuna prova.
Nessun teorema. Pura filosofia.»
«Quello che dici mi intriga», rispose Francois, «continua, ti prego.»
Pierre si voltò verso di lui e bevve un sorso di caffè dalla tazza che
teneva in mano.
«Fammi fare qualche passo indietro allora. Il problema che ci poniamo è
il seguente: come facciamo a stabilire se il nostro mondo è davvero
reale? Tutto dipende dal concetto di reale, sei daccordo?».
L'altro assentì.
«Se consideriamo vero tutto quello che percepiamo con i nostri sensi,
allora ogni cosa che ci circonda è reale. Il tuo senso del tatto
percepisce la vecchia imbottitura della mia poltrona, la vista divide i
colori, l'olfatto gli odori, e così via... Non è difficile da
comprendere. Tutta la nostra umana esperienza si basa – giustamente –
su quello che noi acquisiamo dai nostri sensi.»
«Certo!», disse Francois, «è il nostro modo di crescere.»
«Assoluamente, mio caro ragazzo, assolutamente!», rispose Pierre, «Ma
permettimi di darti un altro piccolo input. Facciamo un esempio.
Prendiamo in considerazione una situazione paradossale: diciamo che un
tirannosauro compaia al centro della nostra bella Parigi. Cosa
penseresti?»
Francois rimase un attimo spiazzato. Cercava di capire se l'amico lo
stesse prendendo in giro o facesse sul serio.
«Beh, direi che scapperei il più lontano possibile.»
«E' naturale. Ma se fossi solo tu a vederlo? Chiaramente le altre
persone penserebbero che sia solo una tua allucinazione e il tuo
comportamento sarebbe giudicato pazzesco. Ma se fossero gli altri a
vederlo e solo tu no? Allora probabilmente penseresti che sono gli
altri ad essere pazzi. Ecco allora che arriviamo ad una prima
conclusione. Se un insieme di persone vede e percepisce qualcosa, cioè se
ognuno di loro trova conferma nel comportamento degli altri
dell'esistenza di questo qualcosa,
allora il qualcosa
diventa reale per loro, e sarà considerato come tale.»
Francois non ci aveva mai pensato. Doveva ammettere che era
dannatamente coinvolto dalle parole di Pierre.
«Allora mi chiedo: e se io applicassi questo ragionamento alla totalità
degli esseri viventi? Ne dedurremo che viviamo in un mondo che
percepiamo tutti come tale, ma che in realtà così non è.»
Pierre era euforico.
«In altre parole: se credi intensamente in qualcosa, chi può dire se è
reale o no?»
All'improvviso un fulmine illuminò la stanza di bianco. Aveva iniziato
a piovere. Pierre si versò dell'altro caffè nella tazza e ne offrì
all'amico. Poi si sedette sull'altra poltrona presente in quel salotto
e si schiarì la voce.
«I miraggi, come la Fata Morgana ad esempio, sono esattamente ciò che
dicevamo: illusioni generate da una combinazione di sole, aria e
densità, eppure per un pellegrino nel deserto potrebbero essere vere
quanto te, me, questa stanza e l'intera Parigi.»
«Pensi dunque che i nostri sensi siano ingannati? Come in una specie di
“The Matrix”?», disse Francois.
«Molto più di quello, mio caro ragazzo! Molto di più! Hai mai sentito
parlare di H. P. Lovecraft? E' stato uno scrittore statunitense, in
parte bollato come “maledetto” per i suoi spaventosi racconti di
terrore. Ebbene, nelle sue storie menziona spesso un luogo chiamato
Leng.»
«Il Leng....», disse Francois pensieroso, «ne ho sentito parlare, una
specie di pianoro mi sembra.»
Pierre scoppiò in una fragorosa risata.
«Hai ragione! Hai assolutamente ragione! Ma non è un pianoro nel senso
convenzionale del termine. In realtà è proiettato verso uno spazio
matematico superiore.»
«E cosa vuol dire?»
«Secondo Lovecraft gli uomini non sono dove pensano di essere e non
sono nemmeno ciò che pensano di essere. Viviamo sul Leng. Siamo correnti di ricordi che
trascinano ricordi dei luoghi che visitiamo e delle persone con cui
crediamo di entrare in contatto.»
«Non credo di seguirti più...»
«Siamo ingannati», disse Pierre.
Aveva parlato con un senso di liberazione misto a sconforto.
«Ma se siamo ingannati e il mondo che ci circonda non è poi così vero
come ci vuole far credere, allora potremmo pensare di poter manipolare
questo mondo su cui brillano stelle finte. Magari il pensiero ha
davvero una diretta influenza su quello che accade intorno a noi. Se
molte persone pensassero intensamente che un certo avvenimento possa
aver luogo, è probabile che questo avrà davvero luogo.»
«Ora stai esagerando!», disse Francois, «non basterebbe certo il
pensiero di tanti per far sparire la nostra bella Tour!»
Pierre sogghignò.
«Facciamo ancora una volta un passo indietro, d'accordo? Permettimi di
agganciarmi allo spunto che mi hai dato prima con il celebre film dei
Wachowski. Conosci uno scienziato di nome Rich Terrile?»
Francois scosse la testa.
«E' stato uno dei primi a teorizzare che la nostra realtà possa essere
una simulazione fatta al computer, e questo perché essa può essere
simulata – anche se per il momento in forma ridotta – per mezzo di
esso. Quindi come fai tu, che sei un corpo interno al sistema, a sapere
che non viviamo davvero in una simulazione magari del futuro? Vediamo
quello che ci è necessario vedere quando ci serve vederlo, e basta.
Niente di più, niente di meno.»
«Se avessi ragione, allora sarebbe tutto molto triste.»
«Ah, ma tu parli di sentimenti! E la mente si perde nelle profondità
del cuore», rispose Pierre.
All'improvviso la luce si spense nella stanza. E tutto piombò nella più
tetra oscurità.
«Accipicchia», esclamò Pierre, «deve essere saltato il generatore!
Andrò a controllare».
Nel frattempo Francois si alzò e accese una candela. La luce che
proiettava era evanescente, quasi spettrale. Si avvicinò alla finestra
e vide che invero gran parte di Parigi era al buio. Non riusciva
neanche più a vedere la Torre. Non poteva immaginare che in realtà era
sparita per sempre.
L'Angolo
dell'Autore
Ciao a tutti! Eccomi con un racconto dai toni un po' filosofici e un
po' fantascientifici. L'idea mi è venuta durante un discorso con alcuni
amici, e da lì ho deciso di evolverla in un racconto. Mi sono preso la
libertà di citare personaggi che sono realmente esistiti, come
Lovecraft e l'ancor vivente Rich Terrile, semplificandone e
modificandone in parte il pensiero e le parole per poterli integrare a
dovere nella storia. Spero vi sia piaciuta! Mi piacerebbe molto sapere
cosa ne pensate, quindi ogni commento è graditissimo!
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