16
december – Regret Night
William T. Spears sapeva
perfettamente che quel giorno
sarebbe stato quanto mai diverso dagli altri. Diverso in quel caso
era,
ovviamente, un eufemismo.
Non avrebbe finto, come aveva fatto
negli anni
passati, di non ricordare cosa significasse quella data, nel vano
tentativo di
sminuirne l’importanza.
Perché era perfettamente
consapevole di ciò che
sarebbe accaduto di lì a poco. In questa data, ogni anni
ormai da quando ne
aveva memoria, accadevano pressappoco le stesse cose, nel medesimo
ordine.
Appena uscito dal suo appartamento,
avrebbe avuto sì e
no il tempo di fare qualche passo prima che il suo sottoposto, Grell
Sutcliff,
si avventasse con foga su di lui, stringendolo a sé e
augurandogli un buon
anniversario. William lo avrebbe bruscamente allontanato da
sé senza proferire
parola e Grell sarebbe rimasto lì a mormorare a mezza bocca
parole di
apprezzamento (non proprio innocenti) nei suoi confronti.
Dopodiché, il rosso
avrebbe insistito per passare la
giornata insieme a lui: era una data speciale, quella,
perché William non
poteva essere un po’ più comprensivo? Anzi,
perché per una volta non potevano
sgattaiolare fuori e andarsene da qualche parte, solo loro due,
mandando al
diavolo il lavoro e tutto il resto?
Di fronte al suo rifiuto secco,
Grell avrebbe storto
il naso, indignandosi e dandogli dell’insensibile. Salvo poi
ammettere che era
proprio quella sua freddezza a renderlo così attraente.
William si sarebbe semplicemente
lasciato scivolare
addosso quelle sciocche smancerie e avrebbe svolto il suo lavoro, come
sempre.
Le richieste di attenzione del rosso sarebbero diventate più
soffocanti che
mai, così come si sarebbero inaspriti i rimproveri di
William di fronte a quei
gesti inopportuni.
La giornata sarebbe stata una fuga
continua ed
estenuante, di questo William era più che certo, ma sarebbe
stato fiero di se
stesso per essere riuscito a non cedere neanche una volta.
Questo almeno finché non
fosse calata la notte. La
notte, tornando nella sua abitazione, avrebbe trovato Grell (entrato
là dentro,
poi, chissà come) languidamente disteso sul letto, o sul
divano, o sul
pavimento. La notte, William avrebbe avvertito il peso della giornata
appena
trascorsa sulle sue spalle e sarebbe stato improvvisamente stanco di
fuggire
dalle attenzioni del rosso.
Tentando di preservare quella poca
forza di volontà
che gli era rimasta, William lo avrebbe di sicuro intimato a uscire,
ricevendo
una risposta negativa. Al contrario, avrebbe visto Grell avvicinarsi a
lui, con
passo lento e sicuro, in modo che il moro avesse tempo di ammirare il
suo corpo
e –suo malgrado– di fantasticare su di esso. Grell
gli avrebbe innocentemente
posato una mano sulla guancia, oppure sulla spalla, e gli avrebbe
ricordato
quel momento di tanti anni fa, in cui capirono di essere “una
cosa sola”, il
momento della loro prima unione, quando Grell aveva salvato William e
William
aveva fatto conoscere a Grell il vero significato della parola
“amore”,
salvandolo a sua volta. O almeno, così avrebbe detto lui.
Il moro avrebbe cercato di
interrompere le sue
chiacchiere sdolcinate, gli avrebbe fatto notare come quella pagliacciata
si ripetesse ogni anno e che non l’avrebbe avuta vinta di
nuovo. Ma nemmeno lui
avrebbe creduto alle sue parole, questo Grell lo sapeva, e di
conseguenza avrebbe
avvicinato le proprie labbra a quelle di William, sfiorandole appena,
in
attesa. Lo avrebbe provocato, lasciando che fosse lui a fare la prima
mossa e,
dopo un incredibile conflitto tra la propria coscienza e il proprio
desiderio, William
l’avrebbe fatta.
Avrebbe tanto voluto trattenersi,
davvero, ma il
richiamo della carne lo avrebbe reso cedevole, forse anche troppo.
D’altronde, il rosso
sapeva già come sarebbe andata a
finire. Avrebbe sentito le labbra del moro esplorare la propria
morbida, candida
pelle. Avrebbe lasciato che saziasse tutti i suoi appetiti. Si sarebbe
sentito
pervadere e invadere dalla sua presenza, greve
degli impulsi repressi
fino a quel momento. William era perfettamente conscio
dell’effetto che aveva
sul rosso. Viceversa, Grell sapeva di essergli indispensabile, per
quell’unica
notte all’anno in cui, in onore della loro “prima
unione”, il momento in cui
avevano compreso di aver bisogno l’uno dall’altro,
alla stessa maniera l’uno
all’altro si sarebbero concessi.
Esauritosi quel momento di pura
estasi, William si
sarebbe gettato stremato sulle lenzuola, lasciando che
l’altro gli poggiasse il
capo sul petto, e con un sorriso sornione quest’ultimo si
sarebbe messo a
rivivere il giorno in cui, insieme, avevano preso la loro prima anima
ed erano
diventati shinigami.
William non lo ascoltava mai veramente, poiché anche lui
ricordava tutto alla
perfezione. La sua mente, più che altro, sarebbe stata
tormentata circa il
motivo per cui aveva permesso a Grell di passare la notte
insieme a lui.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che, in quel momento, non
erano più
il supervisore Spears e il suo sottoposto, ma soltanto William e Grell.
Era
terribile e quasi devastante sapere di aver seguito, una volta tanto,
ciò che
gli suggeriva la propria volontà, invece di aver fatto
“ciò che andava fatto”:
rifiutare il rosso e passare la notte in completa solitudine, come del
resto
faceva tutte le altre notti. Ogni volta si riprometteva di non cedere,
l’anno
successivo, e di mandare via Grell dal suo appartamento fin da subito
cosicché
non avesse nemmeno il tempo per cercare di sedurlo.
Ma era davvero quello che voleva?
Voleva davvero
rinunciare a quell’unica notte di conforto? Voleva davvero
mettere Grell alla
porta? E se il rosso si fosse irritato e avesse deciso di passare la
notte con
qualcun altro, qualcuno che non lo avrebbe rifiutato? Sarebbe stato
disposto a
perderlo solo per conservare la sua integrità? Ma
soprattutto, per quale motivo non
voleva perderlo?
Tutti quegli interrogativi erano
assillanti, una vera
e propria tortura, ma sembravano quasi scomparire mentre William si
lasciava
cullare dalla voce di Grell e dalle sue mani che, consapevole o no,
lasciava
libere di vagare sulle braccia e sull’addome del suo amante.
Il sonno avrebbe
infine avuto la meglio e al mattino William, risvegliandosi con il
rosso
accanto a sé, ci avrebbe messo un po’ a pentirsi
di essersi lasciato andare
anche quella notte.
Sapeva che avrebbe scacciato Grell
dal suo letto senza
troppi complimenti per cancellare la vergogna, che alla fine il rimorso
di ciò
che aveva fatto lo avrebbe sopraffatto e soffocato per i giorni
avvenire,
lasciandolo con l’amaro in bocca e con quella confortante
sensazione di
solitudine con cui ormai aveva imparato a convivere da tempo, ma
purtroppo ancora
inebriato dal ricordo di quelle carezze proibite, di quei baci sonori e
bagnati
e di quella pelle calda e fremente che aveva fatto
sua, mordendola,
graffiandola, succhiandola avidamente…
William scosse la testa
improvvisamente, come
risvegliandosi da uno stato di trance. Raddrizzò la schiena
e si schiarì la
voce. Cercò di concentrarsi su quanto sgradevole fosse la
continua insistenza
del rosso, vergognandosi di se stesso anche solo per aver pensato a lui
in un
ambito che non fosse puramente professionale. Gli anni passati forse si
erano
concessi qualche momento di distrazione e qualche
notte di troppo in
onore di quello che Grell definiva “il loro
anniversario”, ma questa volta non
avrebbe ceduto. Avrebbe opposto una ferma resistenza e i suoi impulsi
non
avrebbero avuto la meglio. Anzi, sarebbe stato Grell a non avere la
meglio e a
capire, finalmente, di non avere alcun tipo di potere su William T.
Spears.
Finalmente riuscì a
calmarsi e a tornare in sé e,
riacquistando il proprio contegno, uscì dalla stanza con
passo sicuro.
-Oh, Will! Eccoti, finalmente!
La giornata aveva avuto inizio.
L’angolo
dell’autrice
(devo assolutamente trovare un nome più originale di questo):
Io
che scrivo
Grelliam.
Parliamone.
Non so come, ma è successo. Tra Friday
I’m in Love, Let her go e la
magica I Love You di Tanita
Tikaram, è uscita fuori questa… cosa, non so cosa
sia.
Da premettere che il mio primo approccio a questa coppia è
stato di odio
totale. Poi sono passata dall’odio alla semplice
curiosità. E dalla curiosità
all’amore il passo è breve. Troppo breve.
È una bella fic? Sinceramente non lo so. A me tutto sommato
piace, altrimenti
non l’avrei pubblicata, no? Mi rendo conto che non
è il meglio del meglio. Ma
qualche parte bisogna pur cominciare, no? (Io poi avevo una voglia
matta di
scrivere qualcosa su di loro), quindi…
Vi supplico, siate buoni, molto buoni. Estremamente buoni.
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