Anime di Luce

di niky999
(/viewuser.php?uid=179798)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


"ANIME DI LUCE"
3. LA VENDETTA VA SERVITA IN UN PIATTO D'ARGENTO
Ringrazio:
-Meister Angie
-_Lunastorta_
-Ellie Dream
-kirabest99
per le loro recensioni!


Lo guardai allibita.
“ E non ti piacerà. “ cosa stava a significare?
Naturalmente nulla di buono. O lontanamente immaginabile.
Da quando avevo visto Dan tutto improvvisamente si era fatto più misterioso. A partire dai suoi occhi, 
così diversi e quasi ‘anormali’; poi la sua carnagione, così pallida e calda; i suoi modi di fare: quando mi esponevo alla luce, rimaneva fisso sulle mie iridi con un’espressione nervosa.
E infine questo. Qualcosa di apparentemente inspiegabile. Completamente senza senso. Essere 
catapultati in un altro corpo, o così credevo che fosse, non era cosa di tutti i giorni.
Questa volta non si trattava di essere 
semplicemente ‘paranoici’, ma ‘spaventati’.
Sapevo che quello che avevo visto era reale, 
seppure senza senso. Sapevo che, qualunque cosa fosse, era successo. Sapevo che Dan, in tutta quella storia centrava qualcosa. Lo sapevo fin dall’inizio che quel ragazzo, ‘anima di luce’, avrebbe condizionato la mia vita per sempre.
Era destino.
E al destino non si sfugge.
---
Un attimo dopo ero a casa di Dan.
Per tutto il tempo non aveva fatto altro che rimanere in silenzio di fronte alla miriade di domande che gli ponevo, e questo mi aveva dato un certo fastidio.
Avevo tutto il diritto di sapere e di certo non mi sarei arresa così facilmente!
Mi aveva strattonata fino alla porta di casa e poi eccoci qui.
Io, Dan e una ragazza minuta e snella. Aveva lunghi capelli biondi legati in una coda, occhi azzurro ghiaccio, carnagione chiara e un neo poco distante dal labbro superiore. Vestiva di una semplice canotta bianca e shorts di jeans, e se ne stava lì, seduta su una poltrona con le braccia conserte e le gambe accavallate a fissarmi. Non distoglieva gli occhi da me nemmeno per un secondo, quasi fossi una psicopatica pronta a saltargli addosso con un coltello nascosto nelle tasche.
Continuò a squadrarmi, dalla punta delle dita dei piedi fino all’ultimo capello. Poi il suo sguardo si posò di nuovo sulle mie iridi e un piccolo sorrisetto comparve sulle sue labbra rosee e sottili.
Mi chiesi cosa ci fosse di divertente in me, proprio in quel momento, appena dopo una sorta di “incarnazione” che, se avessi raccontato a qualcuno, avrebbe causato una reazione del tipo:” Questa è una psicopatica pronta a saltarmi addosso con un coltello nascosto nelle tasche”.
Il suo sguardo però, non tradiva niente. Nessuna emozione, nessun sentimento. Ai miei occhi sembrava uno scudo; non ci misi molto a capire che lei fosse la sorella minore di Dan.
Poi si voltò e vidi scomparire il suo sorriso.
‘Parli del diavolo e spuntano le corna’; eccolo lì, appoggiato allo stipite della porta, che mi guarda con fare disinvolto e… infastidito.
Sì, infastidito. In una manciata di secondi aveva cambiato totalmente il suo umore.
Lo fissai pensierosa, in cerca di risposte, ma non ne ricevetti.
“ E’ lei? “ domandò allora la bionda, indicandomi con lo sguardo.
Dan annuì e sbuffò, inclinando il capo di lato e facendo una smorfia.
Cosa? ‘Lei’ chi? Che avevo fatto di male?
“ Sei sicuro? Non mi sembra proprio come… ecco hai capito. “
Come chi? Forse non all’altezza delle loro aspettative? E poi, quali aspettative?
Il biondo si mise le mani nelle tasche e mi squadrò di nuovo.
Ma quella era una loro abitudine? No perché altrimenti avrei contattato i loro genitori per fargli una lezione su come si educano i figli.
“ Non ne sono certo Arya, però i fatti parlano. Quello che ha visto… potrebbe convalidare la nostra ipotesi, come il suo aspetto potrebbe smontarla. L’avevano descritta diversa, lei mi sembra troppo.. ragazzina. E comune. “
“ Cosa? Mi volete spiegare cosa diavolo state dicendo? “ sbottai infastidita, di fronte alle loro accuse. Mi avevano dato della ‘ragazzina comune’. Ma cosa avevano nel cervello?
Arya sospirò, massaggiandosi le tempie con gli occhi socchiusi. “ Io tenterei. Al limite la eliminiamo. “ commentò disinvolta.
Come come come?? Diceva sul serio? ‘Al limite la eliminiamo’, ma cos’ero, una macchina usa e getta? Veniva spontaneo chiedersi quanti ‘lei’ avessero eliminato. E poi, cosa stava a significare quel ‘eliminiamo’? Avevano davvero intenzione di uccidermi? E cosa più importante, chi erano loro?
“Ma dico siete impazziti? Non sono un oggetto che potete usare e distruggere quando vi pare, sono un’umana! Fino a prova contraria ho gli stessi diritti che avete voi!” entrambi si lasciarono sfuggire uno strano sorrisetto. “ E poi nemmeno vi conosco! Cosa volete da me? Chi siete voi? “ sbottai di nuovo in preda a un attacco di panico.
Quella non era di certo una delle situazioni migliori.
“ Non puoi saperlo, ragazzina. E poi fai troppe domande. Dovresti imparare un po’ a tacere. “ commentò Dan, con sguardo freddo e distante.
In quel momento il mondo sembrò crollarmi addosso. Non seppi perché, né come, ma le sue parole, le parole di un perfetto sconosciuto, mi ferirono profondamente.
“ Io non sono una ragazzina. E non sono nemmeno ‘comune’. Le riconosco le persone come voi, che un attimo prima si mostrano gentili e quello dopo ti scaricano. Beh, potete andare tranquillamente a farvi fottere! Voi e i vostri ‘misteri’. Pensate io sia un essere che non conti nulla? Bene, dimenticatemi dalla faccia della Terra e lasciatemi in pace! “ le parole mi uscirono di getto, come un fiume in piena. Mi ero trattenuta fin troppo; alla fin fine avevo tutte le ragioni dalla mia parte per una simile reazione. Insomma, non li conoscevo nemmeno! Come si permettevano di insultarmi così?
“ Lo vedi? Ecco cosa intendevo. Non può essere sicuramente lei. “ fece Dan, con una nota nervosa nella voce. Sembrava quasi ‘incerto’.
“ Ok, senti, calmiamoci e non saltiamo a conclusioni affrettate. Se è veramente lei lo scopriremo, tempo al tempo. “ La bionda si alzò in piedi sospirando, poi con pochi e veloci passi, salì le scale e chiuse dietro di sé la porta di una stanza.
Si udì appena la sua camminata dal pavimento di sopra, poi il silenzio avvolse quella fredda atmosfera. Riuscivo ad avvertire, quasi toccare, il distacco che c’era fra di noi.
Sembrava così incredibile che potessi essermi quasi innamorata di un tipo come lui, e mi ero meravigliata che fosse davvero successo.
Non ero il genere di persona che si faceva abbindolare tanto facilmente, ma dovevo ammettere che quella volta mi ero lasciata un po’ troppo andare.
Mai fidarsi degli sconosciuti.
“ Qual è il tuo problema? “ ringhiai all’improvviso, rompendo quel silenzio insopportabile.
Dan alzò lentamente lo sguardo, posando i suoi occhi di ghiaccio sui miei.
Mi voltai di scatto; un lieve tremolio scosse le mie mani. Non riuscivo a trovare la forza di guardarlo in faccia, nemmeno per un secondo.
Fui assalita da una sensazione strana: non sapevo se quel tremore fosse causato dai sentimenti che provavo per lui o dall’incredibile voglia di aprire la porta e scappare da quel manicomio.
Mi morsi il labbro inferiore dando vita a piccoli rivoli di sangue che pian piano invasero tutta la mia bocca. Feci una smorfia deglutendo del sangue, poi mi ricomposi e cercai Dan con lo sguardo, ma non lo vidi: era la mia occasione.
Balzai in piedi con uno scatto, leccai le ultime tracce di sangue rimaste sul labbro, poi raggiunsi la porta principale e feci per girare la maniglia, quando una mano mi sfiorò la spalla.
Sussultai per lo spavento, perdendo istantaneamente l’equilibrio, e un braccio muscoloso mi avvolse da dietro la schiena tirandomi su.
Incrociai gli occhi di ghiaccio, i ‘suoi’ occhi, e per un attimo sentii che avrei preferito senz’altro scivolare per terra e rompermi il naso piuttosto che ritrovarmelo a un palmo dal viso.
La fredda atmosfera di poco fa sembrò accendersi, come se qualcuno avesse impostato il riscaldamento.
Il contatto tra di noi era bollente; sembrava che attorno ai nostri corpi soffiasse aria calda, come un ventilatore impostato al contrario.
Ero letteralmente paralizzata.
“Cosa stavi facendo?” mi domandò. Sembrava quasi che non si fosse nemmeno accorto dell’atmosfera bollente che ci percorreva.
Per l’ennesima volta mi ricomposi, visibilmente ferita nel profondo dell’animo. Stava giocando con i miei sentimenti, glielo si leggeva in faccia.
Trattenni le lacrime a stento, sentendole bruciare terribilmente.
Risistemai il grande coccio di cuore che mi era scivolato dalle mani e ripresi il controllo di me stessa, della “Hope Harrys” che avevo nascosto in un remoto angolino della mia anima dopo aver conosciuto Dan.
Ricacciai indietro tutte le emozioni che attimo per attimo stavano maturando nella mia testa e finalmente trovai la forza che avevo perso poco fa.
“Torno a casa. Grazie per la piacevole chiacchierata.” gli rivolsi un sorrisetto vittorioso e gli sbattei la porta in faccia, proprio come lui aveva fatto nel mio cuore.
‘La vendetta va servita in un piatto d'argento.’
Non avevo mai compreso la grande importanza che celava quella frase come quel giorno.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2342821