A Present For you2
A Present For
You
Il
tramonto è forse il momento in cui il cielo assume i colori più
suggestivi.
E' il momento della giornata in cui tutto quello che vorresti
fare è stare lì, seduto, con gli occhi puntati verso il sole morente, immerso
nei tuoi pensieri.
E' impossibile individuare tutte le sfumature di colori
che appaiono: ad ogni nuovo sguardo si riesce a scorgere un nuovo aspetto della
volta celeste. Una vita intera non basterebbe per cogliere ogni emozione che
senti vedendo un simile spettacolo.
Seduto sull'erba accanto al lago, il
ragazzo sorrise.
Lui era come il cielo al tramonto: nessuno poteva affermare
di aver compreso appieno il suo carattere. Il solo fatto di essere lì, quel
giorno e in quel preciso momento, solo, ad ammirare il lago al tramonto, poteva
sembrare strano, ma lui non aveva voglia di folla e confusione, nè tantomeno di
attenzioni: quello era tutto ciò che
voleva.
Afferrò la sua chitarra e suonò qualche nota, con lo sguardo assente.
Un altro anno passato. E, come tutti gli anni, eccolo lì, a passare il suo giorno in completa solitudine.
Il
giorno in questione era il suo compleanno.
Non riusciva a capire come tutti
potessero essere sconvolti dal suo desiderio di non festeggiare: cosa poteva
esserci di strano, dopotutto? Ogni anno Taichi cercava di convincerlo a cambiare
idea, lamentandosi di "perdere un'occasione per fare baldoria", ma lui era
sempre stato irremovibile.
Detestava ricevere regali, spegnere candeline ed
essere al centro dell'attenzione di tutto.
I regali, poi. Cosa poteva esserci
di più gratificante dello spettacolo del tramonto?
Yamato sorrise tra sè. Era
proprio un tipo impossibile, lo sapeva bene. Ma forse era diventato così
solitario a causa di avvenimenti passati.
Esprimere i suoi sentimenti era
diventata un'impresa: ormai ci riusciva soltanto attraverso la musica,
attraverso ciò che componeva. Sapeva anche che non era un bene, ma non poteva
farci niente.
Come tutti gli anni, aspettava il calare della sera in
silenzio, contemplando la sua vita, accompagnato solo dal suono della sua
chitarra.
Ma quell'anno sarebbe stato diverso.
Un rumore di passi lo fece
fermare. Passi che si avvicinavano a lui.
Si voltò.
Un ragazzo più piccolo
di lui, con grandi occhi azzurri e capelli biondi esattamente come i suoi, era
fermo davanti a lui, con un sorriso. Yamato sorrise in risposta.
"Takeru.
Cosa ci fai qui?", chiese. Non si aspettava che suo fratello minore sarebbe
giunto nello stesso luogo scelto da lui.
"Sono qui per farti gli auguri di
buon compleanno", rispose l'altro semplicemente. "Neanche quest'anno festeggi,
eh?"
"Come sempre." Yamato si voltò di nuovo a osservare il riflesso del
tramonto sul lago. "Lo sai che odio le feste di compleanno."
"Lo so. Ormai ho
fatto l'abitudine alle tue stranezze." Takeru sedette accanto a lui. "Ma non
riesco a capire lo stesso come mai tu voglia invecchiare da solo: perché ti
isoli?"
Il maggiore dei due fratelli ridacchiò divertito. "Mi aiuta a
riflettere. Vengo qui ogni anno, sai."
"So anche questo: non ti avrei
trovato qui oggi se non lo sapessi da anni. Niente di meglio da
fare?"
"Credimi, è meglio di qualsiasi Tanti
auguri."
"Se lo dici tu." Chiuse il discorso Takeru.
Yamato lo
stava osservando. Aveva qualcosa in mano; un'occhiata più attenta permise di
riconoscere una cartellina. "Cos'hai lì?", domandò curioso.
L'altro fece un
sorrisetto. "Il tuo regalo da parte mia."
"Mi hai fatto... Cosa?" Non era
stato chiaro a riguardo? "Aspetta, ti avevo detto esplicitamente Niente regali! Perché lo hai fatto?"
"Ehi,
lasciami finire!" Takeru rise divertito. "Non è quello che pensi tu, tranquillo.
E' una cosa che volevo farti vedere, tutto qui."
Yamato era perplesso. "Farmi
vedere? Sarebbe un regalo di compleanno, farmi vedere qualcosa?", chiese
ironico.
"Non hai niente da perdere, credimi."
C'era qualcosa negli occhi
di Takeru: sembrava lo stesse supplicando con la sola forza dello sguardo.
Yamato rimase interdetto. Cosa poteva avere di così importante da
mostrargli?
Sospirò rassegnato. "Avanti, che cos'è?"
Takeru sorrise; poi
aprì la cartellina, estraendo un foglio di carta stropicciato e piegato agli
angoli.
Osservò interessato suo fratello stendere il foglio come per dargli
un'aria più presentabile; poi lo porse a lui.
Yamato rimase
sbigottito.
Era un disegno di bambino.
Quattro figure stereotipate
sorridevano dal foglio: un uomo e una donna che si tenevano per mano, e poco più
in là due bambini dai capelli biondi che giocavano insieme. Il disegno non era
per nulla verosimile, ma il ragazzo capì immediatamente cosa fosse
rappresentato.
Era la loro famiglia.
"L'ho trovato l'altro giorno, mentre
cercavo un libro", spiegò Takeru. "E' un mio vecchio disegno. Ero piccolo quando
lo feci."
Yamato si costrinse a sorridere maliziosamente. "Questo dovrei
essere io? Sono un mostro."
"Piantala: ero piccolo, no?", ribattè
l'altro.
"Beh, comunque non sapevi disegnare", scherzò ancora il
maggiore.
Takeru alzò gli occhi al cielo con aria esasperata.
Yamato
assunse di nuovo un'aria seria. "Perché me lo stai mostrando?"
"Per farti
capire una cosa. Guarda il disegno e dimmi cosa vedi."
Dopo un momento di
silenzio il ragazzo rispose: "Una grande menzogna." E indicò le figure dei
genitori.
Takeru sorrise tristemente. "L'ho pensato anch'io quando l'ho
trovato. A quel tempo ancora non immaginavo quello che stava succedendo tra
loro: sognavo ancora una famiglia felice, che rimanesse con me per
sempre."
Il tono di voce del fratello minore era malinconico. Yamato sentì un
gran peso sullo stomaco. Takeru era piccolo quando i genitori avevano deciso la
separazione: doveva aver sofferto molto, forse anche più di lui.
"Quando papà
se n'è andato e ti ha portato via con sé, io non riuscivo a capire perché.
Perché avevate lasciato la casa, perché tutto ad un tratto ero stato privato
della presenza di mio padre e di mio fratello, perché mamma piangeva sempre.
Quando l'ho saputo, non volevo crederci: in fondo, ho sempre sperato in un
vostro ritorno."
La voce gli si spezzò. Il silenzio calò pesante tra i
due.
"Ancora non riesco a capire perché tu voglia mostrarmi tutto questo",
insistette Yamato. "Sono tanti anni ormai che viviamo separati."
"Aspetta, mi
hai frainteso. Non è tutto quello che vedo osservandolo." Takeru indicò ancora
il disegno. "Guarda le nostre figure e dimmi cosa vedi."
"Due bambini che
giocano insieme." Il ragazzo non riusciva a capire dove il fratello volesse
andare a parare.
Il minore sorrise. "Esatto. Riesci a vedere menzogna in
questo, Yamato?"
L'altro alzò un sopracciglio. "No. Era quello che
facevamo."
"Già. Eravamo inseparabili."
Yamato sapeva che suo fratello
stesse aspettando qualcosa da lui, ma non riusciva a capire cosa. "Che vuoi dire
con questo?", domandò di nuovo.
"Voglio dire che ci capivamo alla perfezione,
che avevamo bisogno di passare tutto il tempo insieme. Voglio dire che eravamo
sempre vicini l'un l'altro. E che questo non è cambiato." Rispose Takeru.
Il
maggiore si limitò a fissarlo, e l'altro continuò.
"Quando siamo andati a
Digiworld la prima volta, io ero contentissimo: eravamo di nuovo insieme.
Quell'occasione ci ha permesso di riavvicinarci, e io adesso so che quel legame
che ci univa da piccoli non si è spezzato con il vivere separati: nonostante
questi anni passati lontani, io ti voglio ancora lo stesso bene di tanti anni
fa."
Yamato non riusciva a dire nulla: aveva come un groppo in gola. Takeru
gli sorrise di nuovo.
"Questo era il
mio regalo di compleanno. Non ti sentire mai solo, non chiuderti: anch'io ho
sofferto la solitudine, ma vado avanti, perché noi due siamo più forti di tutto
questo."
Ascoltando le parole di suo fratello, il ragazzo sentiva che avrebbe
voluto dirgli tante cose, ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscito a parole: si
limitò a guardarlo negli occhi, e a sorridere affettuosamente.
Takeru parve
capire. Con lui le parole erano meno espressive dei silenzi. Il suo sorriso
innocente si allargò per un attimo; poi si alzò in piedi.
"Sarà meglio che
vada: si è fatto tardi", disse. "Tanti auguri davvero, Yamato, anche da parte di
mamma. E salutami papà."
"Certo. Ciao, Takeru."
Yamato lo osservò
allontanarsi. Poi, preso da una determinazione inspiegabile, afferrò il suo
cellulare.
Takeru sobbalzò sorpreso al suono di un messaggio. Prese il
suo telefono: lo stupore crebbe quando si accorse di quello che era
scritto.
E' il più bel regalo di compleanno
che abbia mai ricevuto (anche se disegnato male...). Grazie per il tuo saper
esprimere quello che provi anche al posto mio. Yamato.
Takeru alzò lo
sguardo verso la figura del fratello sull'erba, ma lui non lo guardava: suonava
la chitarra. Sorrise; poi si voltò e si incamminò verso casa, mentre nel cielo
imbrunito compariva la prima stella.
Dedicata a tutte le
persone che hanno fratelli o sorelle... Perché niente potrà mai essere come il
legame che li unisce per sempre. Grazie a tutti quelli che hanno letto!! Alla
prossima!
Padme
Undomiel
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