Disclaimer:
questa storia non l'ho scritta io, né si tratta di una
traduzione. E' stata fatta dal mio supermegafratello di 12 anni come
compito per casa di italiano e ne è venuta fuori una cosa
così bella che - ovviamente con il suo consenso - ho deciso di
pubblicarla.
Il compito che doveva fare consisteva nello scrivere una storia che
collegasse due quadri di Edward Hopper (mio fratello ha scelto i due
che
trovate in basso). Non so dirvi a parole quanto sia orgogliosa del mio
fratellino perché io di sicuro non sarei riuscita a venire fuori
con una storia del genere. Non ci ha nemmeno messo troppo tempo ad
idearla, ci siamo seduti di fronte al computer e le idee gli venivano
fuori a cascata, tanto che ho dovuto fermarlo un paio di volte per
farmi spiegare bene la trama, visto che continuava a sovrapporre idee
su idee e non riuscivo a stargli dietro.
Se potete, lasciate una recensioncina, sarebbe molto importante sia per me che per l'autore della storia (cui ovviamente riferirò!) :D
La lettera d'addio
Mi svegliai la mattina del 15 maggio 1956 e lo ricordo come se fosse
ieri. Mi rannicchiai seduta sul letto e guardai il paesaggio fuori
dalla finestra. Vidi una coppia che litigava nel palazzo di fronte e mi
ricordai della lettera che dovevo scrivere.
Mi alzai e mi sedetti al tavolino
che si trovava nella mia stanza d'albergo. Aprii il cassetto e tirai
fuori la carta da lettere e la penna stilografica e mi misi a scrivere.
Caro John,
ci ho
riflettuto a lungo durante la notte più lunga della mia vita.
Non è stata una scelta facile per me e mi dispiace tanto per
quello che devo dirti.
Ti lascio. Non
sono mai stata innamorata di te. Ti ho sposato solo perché lo
volevano i miei genitori e non sono riuscita a dir loro di no.
Ti auguro di avere una vita felice con una donna che sappia amarti per quello che sei.
Elisabeth
Mi alzai dalla sedia e mi vestii
per uscire. Poi presi la lettera e la misi in borsa. Afferrai la
valigia fatta la sera prima e uscii dalla stanza. Diedi le chiavi al
tizio della reception e uscii dall'albergo.
Mi diressi verso la stazione ,
comprai il biglietto per Washington e aspettai mezz'ora prima che il
treno arrivasse. Il vagone della prima classe era vuoto. Mi sedetti su
una morbida poltrona e il treno partì.
Mi misi a guardare fuori dal
finestrino: la stazione diventava sempre più piccola man mano
che il treno si allontanava. Mi stancai subito di guardare il
paesaggio, quindi tirai fuori il romanzo che avevo in borsa e continuai
a leggerlo, ma il mio pensiero era rivolto alla lettera e non riuscivo
a concentrarmi. Posai il libro accanto a me sul sedile e presi la
lettera.
La rilessi più volte,
ripensando a tutti i diversi modi in cui avrei potuto scriverla, ma
alla fine mi rassegnai a lasciarla così: ormai non potevo
più modificarla.
Arrivò la mia fermata e
scesi dal treno. Cercai la buca della posta e sospirai, tenendo la
lettera in bilico sulla fessura. Ero indecisa se spedirla davvero o no.
Qualcuno mi spinse e la lettera scivolò nella buca della posta.
Il cuore mi batté a mille e
per un momento pensai a come avrei potuto recuperarla, ma poi mi
rassegnai: doveva essere destino. Mi sentii più leggera e uscii
a prendere il taxi.
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