Aveva detto

«E’ morto» aveva detto.
Non comprendesti all’istante il concetto, Allen, ma ben presto il senso di irrequietezza evaporò a causa dell’intensità sprigionata dal gelido terrore che ti dilaniò il cuore, minando la tua ormai fioca speranza.
Johnny, forse perfino Kanda. E adesso anche lui.
Tutti morti.
Forse a causa tua.

In quel momento, non ti importò più nulla.
«Sarà emerso per un suo attimo di debolezza», penseranno loro, «uno sfortunato cedimento fisico o psicologico»

Ma, del resto, non era affatto vero.
Hai preferito rifugiarti spontaneamente all’interno della tua anima, rinchiudendoti in una fragile bolla di vetro.
Perché era più facile nascondersi e lasciare che il demone placasse il proprio rancore e la rabbia e il dolore – così incredibilmente simili ai tuoi sentimenti da risultare quasi riflessi - , sperando che distruggesse quel mondo che aveva perso un altro colore.
Quello più debole e meraviglioso, violento e intenso.

Ma mentre l’estasi dava forza alle tue membra, hai scorto con i suoi – tuoi – occhi una figura, celata gelosamente dalla nebbia di polveri.
Avvertisti un dolore pizzicarti fastidiosamente le gambe, e subito ti rendesti conto che il vostro corpo si stava avvicinando, – anche lui voleva accertarsi che fosse vero – .
I contorni si fecero più nitidi e intravedesti qualcosa agitarsi nel vento.
Una sciarpa.
Lo osservasti, rapito.
Lui si ritirò, riconsegnandoti il comando senza rammarico.


Ti avvicinasti, a decidere eri tu.

Ti fermasti, l’orrore a immobilizzarti.


Dinanzi a te, un ragazzo marciava con stretto al petto un corpo inerme.
Un uomo anziano, stanco, sereno.

«Lavi…?»
Si fermò. Ti osservò.



«E’ morto» aveva detto, espressione dura e sguardo severo.
«Io sono Bookman»