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Helena Annabel
“Helena, forza alzati! Sono le sette e venti! Farai tardi!” grida mia madre dal piano sottostante.
“Arrivo, arrivo!”
“Veloce! Annabel è già qua!”
Annabel è la mia migliore amica fin da quando siamo piccole. Ricordo ancora come ci siamo conosciute.
Eravamo in prima elementare e la nostra maestra chiese chi beveva ancora dal biberon e io alzai la mano; poco dopo andai in bagno per bere ma smisi quando vidi gli occhi azzurri di una bambina che mi scrutavano; rimase a fissarmi per qualche secondo con uno sguardo timoroso poi si decise a parlare:
“sai, anch’io bevo ancora dal biberon ma mi vergognavo ad alzare la mano davanti a tutti”.
Da allora siamo sempre state inseparabili; lei, la ragazza biondo chiaro con gli occhi piccoli e azzurri dai lineamenti tedeschi, estroversa e coraggiosa e io, la ragazza bionda scura con gli occhi grandi e color ghiaccio, timida e insicura.
Ora, da quando andiamo nella stessa scuola Annabel di tanto in tanto mi passa a prendere con sua madre e andiamo a scuola in macchina.
“Si si ho capito! Due minuti e scendo!”
Sbalzo giù dal letto, indosso un paio di leggings di color nero lucido e un magline lungo rosso bordò, infilo gli anfibi neri, mi trucco con un filo di matita blu e una quantità piuttosto abbondante di mascara in modo da far risaltare le mie lunghe ciglia.
Corro giù per le scale, afferro una brioche al volo e partiamo.
“Oggi ti va di trascorrere del tempo con me Hele?”
“Va bene, è da un po’ che non stiamo più insieme!”
La mattinata passò abbastanza lentamente tra due ore di francese, una di diritto e altre due di italiano ma a rincuorarmi era il pensiero che non appena uscita da li sarei stata con Annabel.
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