Damned
Christmas Tree
«Tony,
vieni qui.»
«Ho da fare.» gli
urlò in risposta.
«Non mi interessa, adesso
vieni qui e fai questa cosa con
me.» sbuffò; Tony lavorava decisamente troppo, e
aveva bisogno di una pausa. O
almeno, lui aveva bisogno che Tony facesse una pausa.
«Cos’è
questa cosa?» chiese con voce lasciva dall’altra
stanza.
«Vieni qui e lo
vedi.»
«Mi piace questa cosa,
ghiacciolo.» si arrese a uscire dal
laboratorio e a salire fino all’attico; se Steve si
scomodava a decidere di
usare l’interfono per una cosa simile non se lo sarebbe certo
fatto scappare,
non l’unica volta che lui prendeva l’iniziativa.
Uscì
dall’ascensore già sfilandosi la maglia scura per
non
perdere nemmeno un istante e non lasciare all’altro il tempo
di cambiare idea.
Se lo avesse trovato nudo sul divano sarebbe stato perfetto.
«Ma che stai
facendo?» lo fermò il biondo con espressione
confusa.
«Mi sto spogliando, che
domande. Tu piuttosto cosa ci fai
vestito?»
«Perché non
dovrei essere vestito? È dicembre, fa freddo.»
«Tu
non…?» rinunciò a sfilarsi la maglia e
la riabbassò
coprendo la pelle ancora abbronzata che era rimasta esposta.
«Non cosa?»
«Non mi hai detto di venire
per, beh, venire?»
«Cosa diavolo stai
dicendo?»
Alzò gli occhi al cielo
«Non mi hai chiamato per fare sesso,
vero?»
«No!»
esclamò scandalizzato, arrossendo in modo adorabile.
«Peccato.»
«Perché lo hai
pensato?»
«Viviamo insieme, stiamo
insieme, mi chiami in quel modo…»
«Ti ho chiamato per fare
una cosa insieme.»
«Appunto. Torno sotto, ho
da fare.» si votò verso
l’ascensore.
«Solo perché non
ti accontento come un bambino viziato mi
lasci solo?» chiese indignato solo per nascondere quanto in
realtà fosse
ferito. Ci teneva alla loro relazione, e non poteva pensare che si
limitasse a
una misera storia di sesso in cui si trovavano a convivere solo per una
questione di comodità.
«No, Stebe,
aspetta.» tornò da lui e gli prese il viso tra
le mani; odiava vedere quelle bellissime iridi color cielo sporcate
dalla
tristezza «Resto qui con te, non vado via.»
Dopo quei settant’anni
passati sotto il ghiaccio,
settant’anni in cui aveva perso tutto, odiava restare da
solo, e Tony non
voleva essere un’altra persona che lo abbandonava; certo,
nessuno di quelli che
conoscevano Steve negli anni ’40 lo aveva lasciato solo
volontariamente, non
era colpa loro se gli anni li avevano uccisi, ma comunque Steve si era
trovato,
dopo essersi sacrificato proprio per quelle persone, solo in un mondo
nuovo che
in sua assenza era cambiato in modo radicale, buttato in pasto a cose
che non
conosceva senza nemmeno il sostegno di una persona amica che potesse
confortarlo. Allora era stato Tony a provare a fargli da guida in quel
presente
assurdo, facendolo vivere nella Tower e insegnandogli con una pazienza
che non
credeva di avere cosa non sapeva; in breve il loro rapporto era
cambiato,
passando da un’iniziale sopportazione a una forte amicizia e
infine a una
relazione vera e propria che li aveva colti di sorpresa.
Nessuno di loro aveva ipotizzato di
trovarsi coinvolto in
una cosa simile; inizialmente Tony lo aveva accettato solo
perché in confronto
a Fury che lo avrebbe guardato male con l’unico occhio che si
ritrovava per il
resto dei suoi giorni un novantenne con un corpo da ventenne che
ragionava come
un novantenne e parlava come un ventenne degli anni ’40 era
una benedizione, ma
poi gli si era affezionato, non aveva pensato che fosse possibile,
aveva
creduto che al massimo ci sarebbero state delle belle scopate, delle grandiose scopate, ma niente di
più,
niente che lo avrebbe coinvolto in quel modo. In pochissimo tempo si
era
accorto che vivere con Steve gli faceva bene, che l’avere
qualcuno con cui
parlare tutti i giorni era bello e rilassante, che il portarselo a
letto la
sera non la cosa più importante, e difatti aveva aspettato,
lasciando che il
biondo si abituasse a lui fino a riuscire finalmente ad averlo per
sé per una
notte. Dalla mattina successiva le cose tra loro erano cambiate, e Tony
ora non
capiva come avesse fatto a vivere senza di lui fino a quel momento.
«Resto qui con
te.» ripeté sfiorandogli dolcemente le labbra
con le proprie.
Sorrise brevemente. Adorava quando
Tony si accorgeva in quel
modo di cosa lo preoccupava o lo intristiva e poi faceva di tutto, fino
ad
accontentare ogni sua richiesta per distrarlo; qualcun altro avrebbe
potuto
approfittarsi di una cosa simile, ma lui non l’avrebbe mai
fatto, teneva troppo
al moro anche solo per pensare una cosa simile.
«Allora, per cosa mi hai
chiamato?» chiese il miliardario
distogliendolo dai suoi pensieri.
«È quasi Natale,
dobbiamo fare l’albero.» si spostò
indicandogli degli scatoloni che fino a quel momento era stati nascosti
alla
sua vista.
«Sul serio?»
inarcò un sopracciglio, a metà tra lo stupito e
il divertito.
«Sì, ho sempre
fatto l’albero quando ero piccolo, ed è una
delle poche cose dei miei tempi che è rimasta anche ora, mi
piacerebbe
continuare questa tradizione. Sempre se per te va bene,
certo.» aggiunse,
sentendosi ancora un intruso a casa dell’altro.
«Ma certo che va
bene.» gli sorrise intenerito da quella
costante timidezza che portava il biondo ad arrossire in ogni momento.
«Grazie.»
mormorò contro le sue labbra andando a baciarlo.
«Cosa posso fare per
convincerti a rimandare le
decorazioni?» domandò sospirando.
«Niente, voglio fare
l’albero.» disse deciso.
«Forse alla tua maniacale
voglia di decorare è sfuggito un
particolare: manca l’albero.»
«Mi spiace, lo stanno per
consegnare, non mi scappi.»
«Mai detto di volerti
scappare.» gli passò le braccia
attorno alla vita e lo attirò a sé, leccandogli
lascivamente le labbra.
«Hai capito
benissimo.» rise.
«Purtroppo
sì…»
«Bene, allora sbrigati ad
aprire gli scatoloni e poi forse
ti ricompenserò per avermi aiutato.» gli
lasciò un bacio lento e bagnato sulla
bocca, trotterellando poi via tre le risate mentre Tony lo fissava con
desiderio.
«Non possiamo far finta che
io ti abbia già aiutato e che
sia ora della mia ricompensa?»
«No.» rise
sedendosi per terra accanto a una scatola.
«Saresti quasi
all’altezza giusta…»
«Tony!»
«E
dai…»
«Dopo questa uscita anche
se ne avevo una vaga intenzione ho
cambiato idea.»
«Facciamo anche finta che
io non abbia parlato.» gli si
sedette accanto passandogli le mani sul petto.
«Anche se tu non avessi
parlato avremmo fatto lo stesso
l’albero.»
«Steeeeebe…»
»Cosa?»
«Non farmi
questo…»
«Questo cosa?»
«Questo.»
allargò le braccia accennando alle decine di
scatole che li circondavano.
«Smettila di lamentarti e
aiutami.»
«Non ci penso
proprio.» si buttò a terra come un bambino.
Alzò gli occhi al cielo,
ma prima che potesse mettersi a
trascinarlo lungo il pavimento per farlo alzare Jarvis gli
comunicò che
l’albero di Natale era arrivato e che bisognava provare a
estrarlo
dall’ascensore in cui i tizi delle consegne erano riusciti
con difficoltà a
incastrarlo; lasciò perdere il cinquenne che si agitava sul
pavimento e
sbuffando andò a prendere il loro albero, cericandoselo
sulle spalle e finendo
sepolto sotto una valanga di aghi.
«Steve?» rise
Tony tirandosi a sedere «Vedo solo più le tue
gambe.»
Devo portarlo nell’angolo
del salone.» disse una voce da
dentro l’albero, forse di uno scoiattolo.
«Ti vedo convinto, non ti
disturbo a portarlo là.» se ne
tirò diplomaticamente fuori sperando di cavarsela
così.
«Vieni subito
qui.» lo richiamò.
«Ma
Steve…»
«Ma niente, vieni
qui.» ordinò.
Strascicando i piedi si diresse verso
l’albero che aveva
inghiottito il suo Capitano «Cosa devo fare?»
«Aiutarmi a uscire di
qui.»
«Perché? Sei
buffo lì dentro.» rise indicando
l’insieme di
rami in cui era intrappolato il biondo.
«Vuoi la tua ricompensa
dopo? Bene, tirami fuori.»
«Stai cadendo in basso,
Capsicle, non credevo che saresti
arrivato a ricattarmi usando il sesso.» rise ancora cercando
di farlo uscire
dall’albero che sembrava adorarlo proprio come faceva lui,
tanto da non volersi
più staccare da lui.
«Questo coso
punge.» si lamentò, riuscendo finalmente a
liberarsi grazie all’aiuto dell’altro.
«Sei tu che hai voluto
l’albero.» gli ricordò spazzandogli
via dalle ampie spalle una notevole quantità di aghi
«Non potevi prenderlo
sintetico? Ci saranno aghi ovunque per mesi.»
«Da piccolo non avevo un
albero sintetico, non esisteva,
quindi se vogliamo continuare la tradizione deve essere vero.»
«Ho capito, ho
capito.» si allontanò e guardò il
mastodontico albero che gli invadeva casa «Ora cosa dobbiamo
fare?»
«Decorarlo.»
sorrise raggiante verso di lui.
«Ma grazie, Capitan Ovvio.
Intendo: come?»
«Non hai mai decorato un
albero di Natale?» chiese
sbigottito.
«No, quando ero piccolo se
ne occupavano i domestici e
comunque la mia famiglia non si sarebbe mai presa il disturbo di
passare un pomeriggio
con me per una cosa banale e privata come fare l’albero di
Natale; se ci fosse
stata la stampa forse sì, lo avrebbero fatto, ma tra noi, da
soli, non era
necessario fingerci una famiglia felice.» abbassò
lo sguardo e si trovò
abbracciato da Steve che appoggiò il mento alla sua testa.
«Ma ora possiamo farlo
insieme.» sussurrò contro i suoi
capelli.
«Non è che ci
tenga così tanto.»
«Smettila di fingere con
me.» disse dolcemente, e Tony si
arrese all’idea che quello lo conoscesse come nessun altro e
che sarebbe sempre
riuscito a capire cosa si nascondeva dietro il suo cinismo.
«E va bene, facciamo
l’albero insieme.» sospirò
«Suppongo
che ci vogliano i nastri colorati, le lucine e le palline, ma come
facciamo a
farle stare su? Appoggiandole ai rami cadono…»
«Non posso credere che tu
ti faccia chiamare “genio”.» rise
tornando verso le scatole «Hanno dei ganci.»
spiegò sollevando una pallina e
mostrandogli quella strana scoperta scientifica.
Guardò la decorazione con
un’espressione indecifrabile,
offeso dalla banalità e dalla stupidità di quella
scoperta.
«Ora vieni qui, mettiamo le
lucine, poi i nastri e alla fine
le decorazioni da appendere.» gli mise uno scatolone tra le
braccia in modo che
fosse vicino all’albero.
«E come facciamo a metterle
in cima?» chiese lanciando uno
sguardo alla sommità dell’albero che per poco non
sfiorava il soffitto.
«Ti prendo sulle
spalle.» spiegò semplicemente iniziando a
srotolare le lucine.
«Non sono un
bambino.»
«Ma alla cima non arriviamo
se non facciamo così.» lo guardò
con occhi da cucciolo e Tony non poté resistergli.
«E va bene. Ora chinati che
ci provo.» gli si avvicinò e,
quando il biondo si accucciò a terra, gli posò le
gambe sulle spalle e si tenne
alla sua testa per non cadere «Piano, campione, non riesco a
tenermi.»
«Ci penso io, tu prendi le
lucine.» gli porse il filo ricco
di lampadine e poi gli posò le mani sugli stinchi in modo
che fosse bloccato e
non potesse cadere.
«Se ti voltassi potremmo
fare altro…»
«Tony!»
esclamò arrossendo «Alla prossima battuta simile
ti
faccio cadere.»
»Come sei noioso, Capitan
Non-Più-Tanto Verginello. Ehi!»
esclamò mentre il biondo lo faceva sbilanciare
all’indietro, afferrandolo
all’ultimo proprio prima che cadesse.
«Così impari a
non fare come ti dico.»
«Che noioso, solo per una
battuta.» si piegò su se stesso, e
quando l’altro sollevò il viso riuscì a
raggiungere le sue labbra e a baciarlo
dolcemente, giocando con la sua bocca che lo accoglieva con entusiasmo
a
dispetto della ramanzina che avrebbe voluto fargli «Ora
torniamo a fare
l’albero, così sei contento e non provi
più a uccidermi.»
«Non ho provato a
ucciderti.» si difese.
«No, hai solo provato a
farmi schiantare al suolo, non hai
cercato di uccidermi. Ora trotta vicino all’albero,
cavallino.» impugnò due
ciocche bionde come delle briglie e con un colpo di talloni lo
spronò a
muoversi nella direzione che gli aveva indicato.
Steve rise divertito ma fece come
quello voleva,
assecondando il suo atteggiamento giocoso che sembrava finalmente
entrato
nell’ottica del Natale.
«Come facciamo
ora?»
«Giro intorno
all’albero e tu cerchi di non impiccarti
mentre le fai passare sui rami scendendo verso il basso.
«La vedo
difficile…» commentò iniziando
però a eseguire le
sue indicazioni; in breve riuscirono a piazzare tutte le lucine senza
nemmeno
uccidersi, allora passarono ai nastri argentati e dorati.
«Dammi
quello.»indicò un nastro che Steve gli
passò subito,
ma nel farlo si impigliò tra le sue dita e
l’albero, e quando Tony strattonò la
decorazione questa si ruppe e precipitò
all’indietro, trascinando il biondo con
sé; fortunatamente atterrarono sul cumulo di nastri che
avevano spostato prima.
«Stai bene?» si
preoccupò subito Steve voltandosi verso di
lui, senza badare alla posizione fraintendibile in cui si trovava.
«Forse sono
morto.» borbottò massaggiandosi la nuca che
aveva sbattuto contro un altro cumulo di nastri.
«Non sei morto.»
si puntellò con una mano sulla sua gamba,
facendo involontariamente scorrere con lentezza le dita
sull’interno della sua
coscia.
«Rettifico: sono
decisamente vivo.» fece leva sui gomiti per
tenersi sollevato e guardarlo negli occhi con aria lasciva.
Sbuffò, ma decise che dopo
averlo quasi ucciso forse era ora
di dargli un premio; proseguì con le dita lungo la linea che
aveva
inconsciamente iniziato a tracciare prima.
«No, non lo sei.»
mormorò allargando la mano e comprendo con
questa l’erezione evidente sotto il tessuto dei pantaloni.
Tony sgranò gli occhi,
stupito dal fatto che l’altro avesse
preso per una volta l’iniziativa «Cosa
stai…?»
«Niente.» disse
vago spostandosi verso l’altro senza però
muovere la mano da dove si trovava.
«Ah, niente?»
chiese mentre le labbra del biondo si
chiudevano sulle sue e la sua lingua si intrufolava nella sua bocca
incontrando
la gemella; Tony si abbandonò a quel bacio, lasciando che
fosse Steve a
condurre i giochi, apprezzando il fatto che per quella volta fosse
stato il
biondo e non lui a dare il via alle danze. Mugolò nella sua
bocca quando la
mano di Steve iniziò a muoversi facendo sfregare il tessuto
contro la sua pelle
sensibile, gemendo con più forza quando la mano fu sostituita dal bacino
del
biondo che si spingeva contro il suo «Mi piace decorare
l’albero di Natale…»
mormorò al suo orecchio mordendone il lobo.
«Ma adesso dobbiamo finire
di farlo.»
«Oh sì, sono
più che d’accordo.» con un colpo di reni
invertì rapidamente le loro posizioni, iniziando poi a
strusciarsi con
decisione contro l’altro in modo da farlo impazzire.
«Intendevo…
l’albero.» disse tra uno sbuffo e un mugolio di
piacere dovuto alle attenzioni di Tony che non stavano passando del
tutto
inosservate.
«L’albero
può aspettare, io no.» ribadì il
concetto andando
a stuzzicare con le labbra quel punto del suo collo che lo faceva
sempre gemere
e gettare la testa all’indietro.
«No, ora
l’albero.» provò a opporsi spingendo con
le mani
contro il suo petto.
«Ora noi, dopo
l’albero.» morse piano la pelle sentibile che
già iniziava ad arrossarsi.
«Avevamo deciso…
di fare l’albero.»
«Ora abbiamo deciso
diversamente.»
«Tony…»
«Cosa?»
«Dopo.»
sussurrò «Dopo facciamo tutto quello che vuoi, ma
ora voglio finire lì.»
«Finiamo qui e poi finiamo
lì.»
«Non puoi avere sempre
tutto quello che vuoi.»
«Lo vuoi anche
tu.» si premette ancora contro di lui
facendogli notare quanto fossero entrambi eccitati.
«Sì, ma ora
abbiamo iniziato questo e lo finiamo. Prendila
come una lezione sul finire le cose che si iniziano.
«Io finisco sempre le cose
che inizio.» disse
maliziosamente.
Alzò ancora una volta gli
occhi al cielo «Dopo.» ribadì
spostandosi e rialzandosi, tornando verso l’albero.
«Ma Steve!» si
lamentò voltandosi sulla schiena «Come puoi
pensare che io riesca a decorare un fottuto albero di Natale in queste
condizioni?»
«Pensala così:
prima finiamo di fare l’albero prima avrai
ciò che vuoi.» andò a prendere un altro
scatolone, e alla “mente” eccitata di
Tony sembrò quasi che stesse sculettando.
«Ma
come…?»
«Metti i polsi sotto
l’acqua fredda e vieni qui.»
Sbuffò e con riluttanza
fece come gli aveva detto,
arrendendosi a decorare uno stupido albero di Natale.
Inutile dire che dopo circa due
minuti saltò addosso a Steve
e ottenne ciò che voleva su un letto di aghi di pino.
Note della
Vecchia
Volpe
Piccola shot demenziale scritta per
il contest natalizio del
gruppo Efp Madness (per chi volesse accedere: https://www.facebook.com/groups/efpMadness/?bookmark_t=group
)
spero che vi piaccia, fatemi sapere
che ne pensate,
dopotutto a Natale siamo tutti più buoni e un commentino
potete lasciarmelo J
Grazie a tutti per la lettura
<3
|