Black Moon
1°)
A dream
- Non
sei mio figlio…
-
La spirale nera in cui era
stato risucchiato non sembrava
avere fine, così le immagini che feroci gli ferivano la
mente. Squarci di vita
passata, frammenti luccicanti di sangue al riflesso argenteo della luna
piena.
E poi quella voce, sprezzante e fredda, che penetrava in
profondità nel cuore.
Vegeta si prese il capo
tra le mani, sperando con tutto se
stesso che quel incubo finisse presto.
Perché era un
incubo. Doveva esserlo.
Ma in cor suo, lo sapeva,
non era che avvolto in un’ovattata
illusione quella, destinata come molte prima di lei a infrangersi in
mille
schegge luccicanti nel buio.
- Dov’è
finito il tuo
orgoglio? –
‘Perso, perso
per sempre.’
Vegeta ne
acquisì la gelida consapevolezza in quel istante.
Le parole risuonarono nel
fragore lontano di un tuono,
lasciando dietro di sé solo il grigiore della
verità. E il principe, per un
istante solo, volle che fossero false.
- Hai
disonorato la
tua stirpe… -
‘Stirpe? Quale
stirpe?’ si chiese Vegeta.
Lui era un principe senza
popolo, e sarebbe stato così per
sempre.
Tutti, tutti erano morti.
Tranne lui.
Persino Kaarot era perito,
con il sorriso sulle labbra. Gli
occhi neri –caratteristici della loro razza- accesi fino alla
fine dalla
propria forza.
Ucciso, dal suo stesso
cuore che non volle più battere.
Maledetta, maledetta
quella malattia che gli aveva portato
via uno scopo. Lo, scopo.
Di una vita intera,
trascorsa a rincorrere senza fiato
quella brillante luce dorata. La sua.
E il suo sorriso
irritante, promessa eterna di un duello
senza fine.
‘Mi hai mentito,
Kaarot! Mi hai sempre mentito!’
L’urlo rimase
muto nella gola. Arsa.
-
Riprendi la corona, riprendi lo
scettro…
-
Quale corona, quale
scettro? Avrebbe comandato su una
schiera d’ombre insanguinate?
La luna era nera da molti
anni, ormai.
E la sua anima solo una
distesa infinita di sogni infranti
nel buio.
E quelle schegge non
brillavano, perché a illuminarle c’era
solo un sole nero.
Solo il sangue le tingeva.
Rosso come il crepuscolo.
- Hai
forse rinnegato
definitivamente la tua razza? –
I Sayan. I più
forti, i più gloriosi. Li aveva rinnegati?
No, non avrebbe mai potuto
farlo. I loro sangue gli scorreva
prepotente nelle vene.
Ardente, reclamava a gran
voce il combattimento. Ribelle,
chiamava altro sangue.
Lui era un Sayan,
l’ultimo, ma sarebbe rimasto tale fino
all’ultimo battito del cuore.
Ma poteva definirsi ancora
un Sayan? Ne dubitava fortemente.
- Riprendi
il tuo
posto, regna, figlio mio –
Quale posto, quale regno?
I Sayan erano tutti morti. Morti!
- Le
sfere, le sfere
del drago… -
Le sfere…
ricreare il pianeta Vegeta… riportare in vita la
propria stirpe… ed essere finalmente re…
No! Era tardi, troppo
tardi!
E perché
regnare, senza uno scopo?
Perché essere
soltanto un burattino in questo volgare
spettacolo?
- Riporta
in vita
anche lui… anche lui… -
Anche Kaarot…
regnare sul proprio popolo e confrontarsi con
lui… raggiungerlo… superarlo…
Ma Kaarot era morto per
cause naturali! Non poteva essere
resuscitato!
- La
macchina… la
macchina del tempo… -
Ritornare indietro,
modificare gli eventi… uccidere, Kaarot,
per farlo vivere….
Si! Lui era il principe
dei Sayan, e presto, il Re!
Ma Trunks, Bulma?
- Un
principe… e una
regina… -
Il volto del padre gli
comparve davanti, sostituendo i
frammenti insanguinati del proprio passato.
Vegeta allungò
la mano, tremante.
- Padre… -
Il principe
spalancò gli occhi, scrutando rapace
l’oscurità.
‘Era veramente
un sogno…’
Gli occhi neri guizzarono
per la stanza, frenetici, fuori
dalla finestra.
C’era una luna
nera, quella notte.
Girò
lateralmente il capo, osservando Bulma dormiente.
La pelle perlacea e
vellutata era illuminata fiocamente
dalla luce delle stelle, piccoli diamanti lucenti incastonati nel nero
della
notte. La bocca, piccola e carnosa, era piegata in un broncio.
I capelli, blu mare, erano
sparsi sul cuscino come onde
marine.
Un
regina…
Vegeta richiuse gli occhi,
addormentandosi con il sorriso
sulle labbra.
Una falce
d’argento si intagliò fredda nel cielo. La luna
non era più completamente nera.
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