Ci vediamo a casa

di Neera6
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I can't count the miles away, from where I wanna be.
I bet your skin is warm and that you're smiling.
Yeah, that's what I always loved the most about you.
You're so strong come and knock me down, hey




 
  “Grazie Tokyo! Siete fantastici!”, urla per l’ultima volta Niall, al pubblico in delirio.
Abbraccio di gruppo, come sempre.
Inchino, come sempre.
Sorrisi, come sempre.
Nel pubblico vedo ragazze in lacrime, che ci guardano con aria sognante e disperata.
Molte di loro sono state in coda fuori dal palazzetto per ore, pur di essere un prima fila. Pur di vederci da vicino per una manciata di minuti.
Mi sembra tutto così assurdo.
Sorrido, esausto; Liam saluta un’ultima volta, ringraziando per il supporto dimostrato dalle nostre fans di tutto il mondo: questo tour mondiale è stato lungo, siamo stati in giro da febbraio a novembre, con poche pause e molte date.
Ma oggi era l’ultima.
Le luci si spengono, corriamo nel backstage per l’ultima volta prima di un, seppur breve, meritato riposo.
Le nostre fans non lo sanno ancora, ma in pochi mesi torneremo di nuovo in tour, ma negli stadi. Ora si disperano perché non sanno quando ci rivedranno. Molto carino da parte loro, ma io ne sono felice: ho bisogno di una pausa.
Ho bisogno di tornare a casa, da mia madre, da mia sorella… da tutti quelli che mi amavano prima del successo. Ho bisogno di disintossicarmi dalla fama, per un po’.
“Non riesco a credere che sia finito – dice Zayn, sospirando – Mi sento molto meglio; ho bisogno di una vacanza”. Louis ride: “Anche io sono sollevato… magari potessi passare un po’ di tempo sul serio lontano dai riflettori”. “Temo che la vostra vita non sarà comunque facile”, sospira Liam, facendo cenno a me e a Louis.
Ci guardiamo. Entrambi pensiamo alla stessa storia: i “Larry”.
Scuoto le spalle: “Ormai siamo rassegnati”. Louis sorride e fa cenno di sì con la testa.
Ci diamo una sistemata veloce e siamo pronti per tornare in albergo.
Siamo stanchi e non vediamo l’ora di essere a casa: non vogliamo festeggiare la fine del tour, non vogliamo ubriacarci, non vogliamo andare a ballare.
Vogliamo solo andare a dormire, per far passare in fretta queste ultime ore che ci tengono lontano da casa.
In macchina Niall si addormenta sulla spalla di Louis e anche io sonnecchio un po’, ma, arrivati davanti all’albergo, siamo svegliati di soprassalto: la solita mandria di ragazze urlanti ci attende: è tardi, saranno ormai le due di notte, fa freddo e noi non abbiamo le forze di uscire a salutarle.
Ma loro sono lì, cercano di guardare dentro alla macchina, schiacciano i visi contro i vetri e sbattono le mani sulle fiancate dell’auto, svegliando il biondino, che esclama, assonnato: “È iniziata la guerra?”.
Ridiamo e gli rispondo: “Questa volta ci hai azzeccato, amico”; ci sentiamo un po’ in trappola: la macchina è bloccata nella folla, ci sembra di essere chiusi in un’enorme batteria durante un concerto metal.
L’autista si gira: “Ragazzi, mi dispiace, ma se vado avanti rischio di investire qualcuno”.
“Non si preoccupi, è comprensibile. Possiamo aspettare”.
“Ok. C’è una chiamata per voi dall’altra macchina. Metto in vivavoce”
Le urla si fanno più forti, perché ora sono trasmesse e amplificate dalla telefonata di Paul, che probabilmente è in macchina col finestrino abbassato. Tipico.
“PRONTO? PRONTO? NON SI SENTE NIENTE – urla – Alza quel finestrino, per carità! NO, ALZALO! Ma perché non ho imparato il giapponese? Sì, bravo! CHIUSO!”.
Ora il rumore è attutito, e Paul sente le nostre risate. “Non c’è niente da ridere, ragazzi, io sto impazzendo. Ogni volta è così, è un dramma…”
“Scusa Paul! – esclama, ridendo, Zayn – Dai, questa è l’ultima…”
“Ultima, sì, magari… ti dimentichi che c’è anche domani mattina. E il prossimo tour. E l’arrivo all’aeroporto a Londra. E…”
“Ok, si è capito”, dico.
“Bene. Solita domanda: volete scendere a salutare le fans?”. Ci guardiamo. Zayn è diventato verde solo al pensiero, Niall ha gli occhi gonfi di sonno e Louis è talmente stanco da non riuscire nemmeno a sorridere. Probabilmente le mie borse sotto gli occhi mi fanno sembrare un panda, per non parlare del mio morale a terra. Liam sembra l’unico ancora in grado di rimanere in piedi; forse se ne rende conto e risponde per tutti: “Onestamente, Paul, siamo messi parecchio male. Potremmo salutare da lontano, il bagno di folla potrebbe ammazzarci”.
“Immaginavo”, risponde Paul.
“Chiederemo alle ragazze di spostarsi, da qualche parte dovremmo avere il megafono giocattolo di Niall”, faccio io.
“Ricevuto. Ma fate in fretta, perché altrimenti investo qualcuno”.
Click, fine della comunicazione.
Niall tira fuori il suo megafono rosso, comprato il giorno prima per 700 Yen (circa 4 sterline) da un venditore ambulante, e apre di qualche centimetro il tettuccio dell’auto.
Accende il megafono e si schiarisce la voce.
Fuori le urla si placano, vediamo le ragazze guardarsi intorno, smarrite.
“Ciao a tutti, sono Niall Horan. Vi sto parlando dalla seconda auto che state…ehm… bloccando, sì. Data la situazione, non possiamo né scendere dall’auto né andare avanti o indietro. Se non vi spostate rimarremo così tutta la notte e non mi pare una grande idehhhaa… scusate lo sbadiglio, sto morendo di sonno”.
Zayn si mette una mano davanti agli occhi, rassegnato.
Mi alzo e prendo il megafono. “Ecco, sì. Sono Harry. Sì, vorremmo chiedervi se gentilmente vi potete spostare, così possiamo scendere a salutarvi per qualche minuto, prima di tornare nelle nostre stanze…”
Neanche finisco di parlare e la folla si sposta. Raggiungiamo l’ingresso dell’hotel, scendiamo dall’auto e un boato ci investe.
Sono davvero tenaci, le ragazze. Incredibile. Anche se siamo stanchi, non possiamo evitare di ammirarle.
Salutiamo, ringraziamo, ci facciamo scattare qualche foto… lanciamo del merchandising autografato.
Dopo qualche minuto, davvero esausti, ci congediamo.
Ed è questo il momento che preferisco: la pace.
Chiudo la porta alle mie spalle, mi spoglio, faccio una doccia calda e mi butto tra le coperte.
Prima di chiudere gli occhi, guardo il cellulare. Tra meno di dodici ore sarò sull’aereo che mi riporterà a casa.
“A presto, famiglia. Vi voglio bene”, scrivo a mia madre e a mia sorella.
Poi scorro la rubrica e vedo il suo nome: Nicole.
Non la sento da una vita. Vorrei mandarle un messaggio, ma non saprei che dirle.
“Ehi…”, inizio a digitare, ma mi fermo.
Che messaggio ridicolo.
Spengo il telefono, la luce e il cervello e chiudo gli occhi.
Domani sarò a casa.




http://www.youtube.com/watch?v=_K1M_bNb9ao




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