2/05/2014: Ho apportato leggere modifiche a questo capitolo. Niente panico: la storia non è cambiata. Primo, Tenten non è la sola ad avere difficoltà a non odiare gli Uomini. Sarebbe poco realistico, avendo alcune delle Amazzoni subìto esperienze forti. Secondo, ho posticipato parte del dialogo tra Tenten e Sango, per non sovraccaricare questo capitolo iniziale con troppe tensioni.
Appunto, però, la storia della fanfic non è cambiata, quindi non preoccupatevi :)
Questa fanfic è dedicata a Samidare, che nell'inverno del 2012 aveva indetto il contest al quale avrebbe dovuto partecipare. Anche se forse il prodotto finale non sarà all'altezza delle sue aspettative, unicamente a lei devo l'ispirazione per averla scritta.
Grazie.
PARTE PRIMA
Rubini sulla
neve
Due erano le cose che Tenten amava oltre ogni misura: la neve e
la vita da Amazzone.
Da ormai sette anni abitava con le sue Sorelle nelle Terre del Nord,
ricoperte dalla nivea coltre per tre quarti dell'anno. Per
l'avventuriero inesperto
era un disagio potenzialmente fatale: la neve sapeva essere accecante
come il sole, sapeva annullare ogni punto di riferimento amalgamando il
paesaggio sotto di sé, sapeva nascondere crepacci
mortali.
A coloro che la conoscevano da
tempo, però, la neve sapeva sempre sussurrare i propri
segreti.
Quella mattina di novembre, Tenten stava investendo il proprio giorno
di
riposo dagli impegni della locanda passeggiando
attraverso la
ricca foresta secolare. Le bianche cime degli alberi svettavano verso
l'alto, sfumando nel cielo di latte.
All'improvviso, la candida compagna le
gridò, assordante. Ai piedi di un abete, tre macchie di
sangue,
piccole ma brillanti. Come esili papaveri al centro di un immenso campo
di
cotone.
Tenten non percepì alcuna minaccia: a chiunque appartenesse
quel
sangue, doveva essere privo di sensi, se non già morto.
Sollevò lo sguardo verso i rami sovrastanti, ma non vide
nient'altro che la volta pallida affacciarsi tra di essi. Poi la neve
le sussurrò un altro dettaglio: a pochi metri da lei,
un'area
generosa della distesa strideva con il paesaggio circostante. Non si
trattava di un contrasto oggettivo o lampante: fu più che
altro una sensazione a guidare Tenten.
Iniziò a scavare lentamente, incuriosita. Circolavano
piccole bande di malviventi nella valle, ma solitamente i cadaveri dei
viandanti derubati venivano gettati in un crepaccio. Gli autori
inesperti di questo occultamento non dovevano essere abitanti delle
Terre del Nord.
Fu nuovamente del sangue a guidarla: rivoli cremisi disegnavano le
nocche e le dita
di una mano, permettendo di distinguere l'incarnato diafano dalla neve.
Presto anche il volto della vittima riemerse, una cascata di
capelli d'ebano a coprirlo, quasi un lenzuolo funebre. Pareva
uno spettro.
Tenten scostò la chioma gelida. Appena il tempo
di
avvertire un debole respiro sulle dita ed un brivido le
squarciò
la schiena. Non era uno spettro. Era molto peggio: era un Uomo.
D'un tratto altre urla riecheggiarono nella sua testa. Diverse dalle
precedenti,
provenivano da un luogo molto più lontano. Tenten era sola
con un uomo, in
una fitta foresta, la guardia bassa. Era una trappola, un complice si
celava tra gli alberi. Doveva andarsene, doveva raggiungere il centro
della prateria.
Un attimo dopo, Tenten realizzò di aver ripreso a camminare
a
passo sostenuto, la buca rimasta alle sue spalle. La mano attorcigliata
intorno al rotolo per le evocazioni delle armi.
Il vento freddo la schiaffeggiò e le tolse il fiato,
riportandola al presente. Non c'era nessun altro oltre a
lei, la sua impulsiva suggestione e
quell'essere.
Quell'essere... Lo avrebbe lasciato agonizzare, certamente. Non avrebbe
mai salvato la vita ad un uomo.
Il mondo sarebbe stato ripulito dalla sua inutile e velenosa esistenza.
Il paesaggio, tuttavia, sembrava avere altri progetti per Tenten e
ricominciò il proprio mormorio, silenzioso ma incessante. Le
mostrò rami spezzati, imperfezioni del manto
innevato e
graffi sulle cortecce degli alberi. Non più di un'ora prima
in
quello stesso punto c'era stato un combattimento tra ninja.
Tenten si fermò e rientrò in possesso del suo
consueto
realismo. Presto o tardi qualcuna delle Sorelle avrebbe forse
rinvenuto quel
corpo e avrebbe
dedotto che anche Tenten doveva esservisi imbattuta, nel corso della
sua passeggiata. Doveva prenderlo con sé, altrimenti la sua debolezza sarebbe
stata sotto gli occhi di tutte. La Madre insegnava alle Amazzoni a non
odiare il Nemico, poiché quello era un
sentimento in grado di distruggere sia
chi lo riceveva sia chi lo coltivava. Le Amazzoni dovevano imparare a
diffidare del Nemico e ad esserne indipendenti. Poche di loro ne erano
effettivamente in grado. Soprattutto per le Sorelle maggiori, di cui
Tenten faceva parte, era arduo lasciarsi alle spalle l'amarezza delle
esperienze subìte.
Per Tenten, in particolare, avrebbe significato tradire la memoria di
una carissima amica.
Al contempo, tuttavia, essere un'Amazzone a pieno titolo era
ciò cui aspirava maggiormente, ciò
cui aveva deciso di votare il resto della sua vita. Aveva inoltre un
enorme
debito di riconoscenza nei confronti di chi le aveva dato una
nuova vita, quando il resto del mondo l'aveva ripudiata.
Tenten si abbandonò ad un profondo sospiro, che
trascinò via con sé ogni tensione.
Tornò accanto al ninja. I finissimi capelli di pece, i
lineamenti sottili e taglienti, l'incarnato cinereo imbrattato dagli
schizzi sanguigni. Era aggrappato alla vita con un solo, lacero,
filo.
D'istinto, Tenten accarezzò nuovamente il rotolo.
No, lo avrebbe portato con sé alla baita, perché
fosse curato dalle sue Sorelle più abili. Non le importava
salvargli la vita. Anzi, sperava che sarebbe perito, nonostante le
medicazioni. Lo avrebbe fatto per se stessa e per la Madre, per vedere
i suoi occhi di ametista accendersi di orgoglio. Era il
massimo gesto di generosità che avrebbe mai potuto rivolgere
ad
un Uomo, le sarebbe costato moltissimo: la Madre lo avrebbe
apprezzato e, forse, lo avrebbe ritenuto più che
sufficiente, almeno per il momento.
Tenten rimase a lungo a fissare il grottesco ed affascinante sposalizio
fra i tre colori puri sul viso del ninja. Decisamente, non
riusciva a
non provare piacere
all'idea che un Uomo si stesse inesorabilmente
dissanguando.
La Madre era colei che occupava la posizione più elevata
all'interno delle Amazzoni. Una donna ormai sulla sessantina che
gestiva la locanda con cui si
guadagnavano da vivere, insegnava l'arte del combattimento alle
nuove venute e, trent'anni prima, aveva scelto per la sua
comunità di sole donne
quella località sperduta tra le cime innevate, ove nessun
fastidio proveniente dal mondo esterno avrebbe potuto
raggiungerle.
La Madre agiva e deliberava all'insegna del bene delle Amazzoni.
Le sue decisioni erano sempre giuste e necessarie.
Quando Tenten guardava alla Madre, vi vedeva tutto ciò che
aspirava a diventare: saggia, integerrima e solida come una roccia.
Una volta tornata dal colloquio con lei, tuttavia, dovette
trattenersi dallo sbattere la porta della propria stanza. Salvare la
creatura non sarebbe stato sufficiente, le aveva detto la Madre. Per
quanto ammirata dall'inaspettata intraprendenza di Tenten, non le
aveva permesso di affidare il moribondo alle cure di una Sorella
più esperta.
- La tua prova non starà nel singolo e
breve atto di un momento. -
aveva deliberato, - Dovrai salvare quest'uomo con tutta te stessa,
giorno
dopo giorno. La sua vita è una fiamma affievolita,
ma non ancora
perduta. Lo accudirai personalmente, nella tua stanza. Non avrai paura
che un moribondo possa sopraffarti fisicamente? - aveva aggiunto
provocatoria, sapendo come incoraggiarla.
Tenten guardò il ninja, disteso sopra un futon accanto al
suo
letto. Avrebbe dovuto coricarsi per giorni a meno di un metro di
distanza da un uomo, all'interno di quell'alloggio austero che mai le
era sembrato tanto angusto. Un letto, un armadio ed una specchiera in uno spazio appena sufficiente per una persona. Ora, per raggiungere uno qualsiasi dei componenti d'arredo o la porta, Tenten avrebbe dovuto scavalcare il futon, come fosse una voragine al centro esatto della stanza. Non sarebbe più stato un'oasi agognata dopo una giornata di duro lavoro, affidabile retroscena in cui spogliarsi delle maschere
indossate in pubblico. Bensì antro nel quale la foresta di sette anni prima avrebbe insidiato le sue radici.
- Puoi fissarlo quanto vuoi, ma sai bene che non
sparirà. -
I capelli di fuoco raccolti in una treccia voluminosa e gli occhi
di smeraldo, Sango si richiuse delicatamente la porta alle spalle. Senza esitazione
alcuna, Tenten l'avrebbe definita come la Sorella cui era
più legata. Per la quale, malgrado l'assenza di un legame di sangue, quella maiuscola non era necessaria.
- Sono orgogliosa di te, Tenten. Sei finalmente pronta a lasciarti l'odio alle spalle. -
- Vorrei che morisse. Qui e adesso. -
- Tutto sommato, credo ricaccerò indietro il mio
orgoglio. -
Sango si accomodò sul bordo del letto e osservò
Tenten medicare l'uomo con gesti stizzosi.
- La sua pelle sembra porcellana. - mormorò
assorta, -
Eppure i capelli sono del colore della notte. E' un contrasto che gli
conferisce un'aria nobile e insieme... malinconica. -
- Non riuscirai a farmelo piacere. - puntualizzò
secca Tenten.
Sango accennò una risata: - Dai, ammetti almeno che
è tra
gli uomini più giovani che questa locanda abbia mai visto!
Deve avere all'incirca la tua età. I
pellegrini e gli esploratori che si avventurano fin qui sono sempre
così attempati... A proposito, sai da dove venga? -
- No, affatto. Chiunque l'abbia sconfitto ha portato con
sé documenti e attrezzatura ninja. Hanno anche cercato di
nascondere le tracce del combattimento, ma in questo sono stati meno
efficaci. -
- Quindi non sono di queste terre. E quello cos'è?
- chiese Sango all'improvviso, sporgendosi verso il giovane.
Dopo aver pulito la ferita più grave, riportata alla spalla,
Tenten aveva sfilato delle bende che il ninja portava intorno alla
testa, rivelando un tatuaggio stinto sulla fronte: un sigillo.
- Ci sono delle piccole ustioni,
è
stato attivato da poco. - commentò la rossa, - Che pratica
barbara. Deve essere stato un dolore lancinante. -
Tenten sbuffò rumorosamente: - E' un Uomo, Sango. -
- E' un essere umano, Tenten. - replicò l'altra,
gli occhi affilati come lame.
Tenten si alzò stizzita e andò verso l'armadio
per cercare un lenimento contro le bruciature. Detestava discutere proprio con lei, ma negli ultimi tempi, da quando Sango aveva intrapreso la gravidanza, ricorreva sempre più spesso. A ferirla maggiormente, tuttavia, erano le parole acide che l'amica sputava sulle regole delle Amazzoni.
- Non ho intenzione di ricominciare
questo discorso. Non oggi. -
Sango intrappolò tra i denti il contrattacco che aveva
già preparato. Seguì i movimenti della Sorella,
tanto rigidi da far sospettare che non stesse neppure respirando. A
dispetto del suo discreto autocontrollo, Tenten appariva più
pallida da quando lei era entrata in camera. I suoi nervi erano tesi
nello sforzo di fingere che quell'Uomo non fosse realmente a pochi
centimetri da lei. Tutti i suoi sensi erano concentrati nel filtrarne
al massimo la percezione.
Sango le sfiorò un braccio, bloccandola davanti a
sé.
- Sei più forte. Lo sei rispetto ad allora e lo
sei rispetto a lui. -
- Lo so. - ribatté Tenten, ma Sango
distinse una vibrazione in quelle parole.
Insistere con gli incoraggiamenti l'avrebbe soltanto indisposta, così Sango si alzò e le
scompigliò i capelli ribelli.
- Ricordati che da domani inizia la tua settimana di alter
ego, piccola guerriera. - le disse, prima di uscire dalla porta.
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Eccomi qui, di nuovo, dopo un anno e mezzo. Questa fanfic
sarà una long, scritta sulla falsariga della fiaba
"Biancaneve" dei fratelli Grimm. Tale era il progetto assegnatomi in un
vecchio contest, dal quale mi dovetti poi ritirare per mancanza di
tempo.
L'idea, però, non ha mai smesso di affascinarmi.
Ho scelto il contesto generale/vago perché nessuna voce era esauriente. Mi spiego. Siamo nel mondo di "Naruto", ma sotto l'ipotesi che Naruto e
Sasuke si siano uccisi a vicenda durante uno scontro. Il mondo non è in guerra, insomma. Inoltre, ho immaginato l'universo di "Naruto" molto meno paritario. Nessuna donna ricopre posizioni di vertice e le kunoichi sono rarissime. Le donne non hanno potere e sono per lo più rimesse al volere dei capoclan, dei padri o dei mariti.
Cercherò di pubblicare capitoli di media lunghezza, per non
appesantire la lettura a computer. Una notevole differenza, rispetto a
"Missione a Bai Shi", l'altra mia long. Per chi l'avesse letta,
inoltre, vorrei precisare che questa storia avrà
un'atmosfera più cupa e drammatica.
"Missione a Bai Shi" voleva sostanzialmente essere un fumetto descritto
a parole. Questa volta, vorrei provare a fare un passo avanti, sebbene
tema di non esserne in grado. (Sono brava ad incoraggiare potenziali
lettori, eh?)
Questo primo capitolo è stato, finora, il più
difficile da scrivere. So che molti passaggi vi risulteranno vaghi, ma
nei prossimi capitoli scoprirete di più sulle Amazzoni e sul
loro stile di vita.
Vi prego, siate schietti se avete perplessità o critiche, su
qualunque aspetto. Non riesco a dare un giudizio definitivo su
ciò che ho scritto fin quando non ascolto il parere degli
altri.
Esatto, se non si fosse capito... sono in panico da prestazione!
francyXD
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