Lapidi
I personaggi non mi appartengono, sono maggiorenni e
comunque non esistono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Sospiri
La sua voce, il suo ricordo, mi rimbombavano nella
testa, stordendomi.
Non sapevo chi fosse quella creatura senza volto che
popolava i miei incubi, ma non riuscivo ad ignorarla – non potevo.
Così, disperato, lo cercai.
Chiusi gli occhi, tentando di sondare quel poco d’anima
che mi era rimasta, ma non arrivai a nulla.
Eppure la sua voce continuava ad urlare il mio nome.
Lo odiavo.
Mi faceva male, quel suono – solo dopo giorni mi accorsi
che piangeva.
Cristalline le sue lacrime mi dilaniavano l’anima.
Se solo avessi capito chi era l’avrei cercato e ucciso,
ma, per me, lui rimaneva e rimane tutt’ora il più grande dei misteri.
Con il passare del tempo la sua voce divenne prima un
urlo, poi un lamento sofferente, quasi impercettibile – eppure lui continuavo a
sentirlo, e quella disperata resa fu peggio di ogni urlo.
Feci a pezzi degli estranei per sfogare tutta questa
rabbia – ma è ancora in me.
Ero stanco – molto stanco.
Così, decisi di assecondarlo, di tentare di ricordare
che cosa mi urlava ogni notte, ma, ahimè, ne ricavai solo sofferenza – e
rimpianto, per non averlo interrogato prima, quando sembrava desiderare solo
parlarmi.
Se non si fosse trattato di un sogno gli avrei puntato
Kusanagi alla gola, ordinandogli di mostrarsi a me sotto la luce della luna, di
rivelarmi il suo nome.
Purtroppo al suo cospetto ero sempre disarmato – crudele
destino.
Questa storia andò avanti per almeno due anni – solo due
anni?
Poi, un giorno, anche il lamento cessò.
Sono passati dieci anni, ormai, ma ricordo ancora quel
giorno come se fosse ieri: era la notte a cavallo fra il nove ed il dieci
ottobre e, come ogni sera, sognai la stanza d’ombra – senza pareti o soffitto,
sola oscurità – ma questa volta ad accogliermi non ci fu il suo solito lamento.
No, quella sera mi sorrise – non potevo vederlo, ma sapevo che lo stava facendo.
Per un istante sperai che si sarebbe mostrato a me,
spiegandomi ogni cosa – il mio cuore, ironia della sorte!, già sapeva che non
sarebbe successo, ma pregò purché accadesse.
Indietreggiai di un passo mentre lui, per la prima
volta, mi si avvicinò così tanto da potermi sfiorare. Altro che colpirlo, fino a
quel momento non avevo osato neanche accostarmi a lui ed il suo gesto mi sembrò
profondamente sbagliato.
Con un moto di terrore feci per respingerlo – l’avevo
odiato così tanto da desiderare che quel gioco continuasse.
Amavo odiare – che sciocco bambino.
Lui ridacchiò piano, era dolore quello che sentivo?, per
poi appoggiarmi le mani sulle spalle, sfiorandomi una guancia con un bacio.
Riconobbi il suo profumo.
E piansi.
Poiché quello era un addio – che il mio inconscio avesse
finalmente rotto quel legame?
Pregai che fosse così, pur sapendo che non ne ero in
grado – se così fosse stato, non avrei dovuto sentire dolore, giusto? E allora
perché il fiato mi si bloccava in gola? Perché il mio cuore batté così forte da
sembrare stare per scoppiare? - Sanguinava?
Non ero io che gli stavo dicendo addio, ma lui a me.
Con un moto di terrore tentai di afferrargli un braccio,
la si scostò portandosi una mano sul volto.
Piangeva. Come me.
Quella sera mi svegliai di soprassalto, l’anima agitata
come nel sogno.
Arrancai fuori dal letto, cadendo subito – le gambe mi
tremavano così tanto che non riuscivano a sostenere il mio peso.
Mi ci volle molto per riprendermi, ma il pensiero che
adesso sapevo chi cercare mi diede forza.
Lo trovai dopo tre giorni.
Ed il cuore mi si spezzò - Lui non c’era più.
Ciò che, invece, incontrai fu una bambola rotta dagli
occhi di sangue ed il ghigno d’un animale.
La sua anima era stata divorata da quella bestia – aveva
fatto si che venisse divorata?
Ed il demone quando mi vide sorrise, per poi chinare il
capo in un triste gesto di saluto.
Non capii – che ci fosse ancora qualche ombra dell’umano
che era? Che quel mostro non avesse distrutto tutto?
Ma la mia era una vana speranza.
Il Kyubi portò le mani davanti a quel volto – diverso –
intrecciandolo in segno di preghiera.
Chiusi gli occhi – quando li avrei riaperti tutto
sarebbe ritornato a posto, lui mi avrebbe prima offeso e poi sorriso.
Ma quando tornai alla realtà, la volpe pregava ancora.
Non piansi – non ne ero più in grado.
Ma pregai con lei – fu poco più di un sussurro che si
perse nel vento, l’unico altro testimone di queste esequie.
Non ebbe una lapide, lui.
Il suo nome non venne inciso su quel maledetto monumento
e tutt’ora solo in pochi sanno che fine abbia fatto – gli altri non lo
accetterebbero.
Eppure ogni anno io sono qui, in questa Valle ed il
Mostro è con me, sempre – la prima volta non avevo capito, convinto d’esser
stato ingannato o di aver visto dolore solo perché io volevo che fosse così.
Ero solo uno stupido ragazzino – cosa che adesso non
sono più.
E quindi posso ammettere, con il sorriso sulle labbra,
di non essere l’unico a cui, quel giorno, si spezzò il cuore.
E lo saluto, ogni anno, promettendogli che ci rivedremo.
Non sono in grado di dirgli addio.
Piccola Flash Fic Introspettiva, angst.
Dovrebbe essere abbastanza chiaro, ma io lo dico lo
stesso (il nome di una spada può essere dimenticato facilmente^^) a parlare è
Sasuke mentre l’ombra è Naruto.
Bhà, una volta tanto non ho niente da dire, solo che…
bhè, è solo uno stato d’animo.
18/05/08
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