Eight

di Applejuice
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Alle dieci, Janet Miller parcheggiò nel bel mezzo del vialetto del grattacielo Bresten liquidando le proteste del posteggiatore con un “Ma mi lasci in pace, idiota”, e si precipitò nel ingresso. Batté fortemente alla porta della portineria, e quando la signora Richter le aprì la scostò bruscamente.
“Allora? Dov’è mia sorella?” sbraitò.
Le venne incontro un uomo di mezza età con una valigetta rossa che le porse gentilmente la mano.
“La signorina Janet Miller presumo. Io sono il dottor Nels…”
“Ma che me ne frega. Dov’è mia sorella?” lo interruppe Janet, oltrepassandolo. Il dottor Nelson, per la seconda volta rimase con la mano a mezz’aria. Se la mise in tasca.
“Sua sorella è andata al gabinetto, signorina Miller, non penso ci voglia molto. Si sieda, prego”
Janet rimase in piedi al centro della stanza. “Che le hanno fatto?” chiese.
“Sua sorella non vuole parlare, abbiamo chiamato lei apposta per…”
“E ci credo che con lei non vuole parlare, con quel brutto grugno che si ritrova. Si rasi ogni tanto, avrebbe meno pazienti terrorizzati e…Oh, Emma!” Janet fece un gridolino abbracciando la sorella appena entrata nella stanza “Cos’è successo? Che ti hanno fatto? Quell’idiota di un dottore ti ha importunata? Ti ha fatto molte domande? Scommetto che è un incapace, Dio solo sa chi gli ha dato la laurea. E quella vecchiaccia, lì che ti ha detto? Ti hanno…”
“La vecchiaccia ha fatto il the” la interruppe la signora Richter, arrivando dalla cucina con un vassoio tra le mani “se vuole favorire… la ragazza è già abbastanza scossa. Un the caldo e dei biscotti sarebbero l’ideale, non è vero cara?” aggiunse sorridendo a Emma e poggiando il vassoio sul tavolino. Emma ricambiò il sorriso.
“E, tanto per la precisione, io mi sono laureato alla Granem University” disse il dottore “vuole un biscotto, signorina?”
 
Il tragitto verso casa con la macchina di Janet fu silenzioso. Emma stava sul sedile posteriore, e guardava distrattamente  la campagna che correva fuori dal finestrino.
“Emma” disse Janet all’improvviso, guardando la sorella dallo specchietto retrovisore “cos’è successo ieri notte?”
Emma non rispose.
“Emma, a me puoi dirlo”
“Non lo so, Janet. Giuro che non riesco a ricordare niente. Ho come un buco nella memoria, ieri sera è  il buio. Ricordo solo una strana sensazione come… adrenalinica. Paura mista a tanta felicità. Capisci cosa intendo, Janet?”
“Certo. Tipo come quando vai sull’ISpeed, no?”
Emma alzò le spalle. “Sì Janet...  Proprio così”
 La macchina ripiombò nel silenzio, che regnò per il resto del viaggio.
 
Arrivarono a casa di Emma, a Staltfond, alle quattro.
Ordinarono una pizza, che mangiarono davanti alla tv.
“Emma, mi vai a prendere una birra? Tutta questa mozzarella mi ha fatto venire una sete. Tu non hai sete? Quel pezzo lo mangi?”
Emma si alzò senza rispondere ed andò in cucina. Prese due bottiglie dal frigo e tornò nel salone. In quel momento, le campane della chiesa Saint James suonarono sette rintocchi. Le bottiglie le caddero di mano, e finirono in pezzi sul pavimento.
“Emma, che hai?” Janet mise in pausa il film “stai tremando”
Le si avvicinò e l’abbracciò.
“Janet” sussurrò Emma “Janet…ora ricordo. Ricordo cos’è successo ieri sera”
 “Dicono che se racconti un incubo poi non lo sogni più” disse Janet, e le passò una mano fra i capelli.
“Ma Janet, quello non era un sogno. Era reale. Ho paura, Jan” piangeva.




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